Appalti pubblici:esigenza preventiva della necessaria approvazione della varianteC.Cass.III Sez. Civ.,9 gennaio 2013, n. 343

Pipino Massimo 30/04/13
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Con la sentenza che ci si propone di esaminare la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta riaffermando con estrema precisione un principio che più volte era già stato precedentemente delineato in riferimento al divieto per l’impresa appaltatrice di eseguire lavori extracontrattuali nel caso in cui non si sia preventivamente esperita la regolare procedura di approvazione della variante. Nella sentenza in esame vengono in primo luogo messe in rilievo alcune disposizioni che sono relative alla legislazione precedentemente vigente (il riferimento è diretto in particolare all’articolo 134 del D.P.R. n. 554/99 ed all’articolo 10 del d.m. ll.pp. n. 145/2000), disposizioni che oggi sono confluite nell’ambito dell’articolo 161 del D.P.R. n. 107/2010. I principi più rilevanti delle norme appena citate sono contenuti ai commi 1, 2 e 5 di quest’ultima disposizione: secondo l’articolo 161 del citato D.P.R. n. 107/2010 nessuna variazione al progetto può essere eseguita da parte dell’impresa appaltatrice se non viene disposta ad opera del direttore dei lavori e preventivamente approvata dall’amministrazione. Il mancato rispetto di tale prescrizione ha come diretta conseguenza la responsabilità in capo all’appaltatore il quale, fatta salva la possibilità di una diversa valutazione da parte del RUP, dovrà successivamente procedere alla rimessa in pristino dei lavori e delle opere extracontrattuali, la cui esecuzione è stata ritenuta arbitraria, fermo restando il fatto che in nessun caso egli potrà vantare nei confronti dell’Amministrazione il diritto a percepire compensi, rimborsi o indennizzi per i lavori eseguiti (comma 2). Sotto il profilo formale, poi, viene sancito il fatto che, per poter eseguire tale tipologia di lavori extracontrattuali, l’appaltatore deve ricevere un ordine in forma scritta da parte del direttore dei lavori contenente espressi riferimenti (che, in quanto tali, sono successivamente controllabili) all’intervenuta approvazione dei lavori stessi (comma 5, articolo 161 D.P.R. n. 107/2010). Sulla scia di tali disposizioni, l’articolata pronuncia in esame procede quindi nell’affermare che nel caso in cui siano stati eseguiti lavori extracontrattuali non preventivamente approvati dall’organo deliberante della stazione appaltante, non può essere posto a carico di quest’ultima né il pagamento del prezzo di mercato delle maggiori e diverse opere realizzate dall’impresa appaltatrice, né tanto meno il pagamento di un indennizzo per indebito arricchimento, considerato che l’azione di indebito arricchimento esperita ai sensi degli articoli 2041 e 2042 del Codice civile è praticabile soltanto nel caso in cui non sussista un espresso divieto ad eseguire determinate prestazioni, divieto, però, che nel caso di specie, così come è stato già accennato, è esplicitamente sancito dai primi due commi dell’articolo 161 del D.P.R. n. 207/2010. Un’ulteriore conseguenza di estrema gravità che la sentenza della Suprema Corte in commento trae dalla fattispecie in esame è che il Direttore dei lavori, il quale disponga o consenta l’esecuzione di opere extracontrattuali senza avere ricevuto la preventiva approvazione della perizia da cui si evince la necessità delle opere extracontrattuali da parte dell’organo deliberante, agisce in modo esorbitante rispetto ai suoi poteri, e, di conseguenza, quale “falsus procurator” della stazione appaltante. Da ciò ne consegue che l’impresa appaltatrice la quale, va ribadito, non ha alcun diritto nei confronti della stazione appaltante, ha però titolo per farsi indennizzare direttamente dal direttore dei lavori ex articolo 1398 del Codice civile (in base a tale articolo, colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà che gli sono state conferite, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto). Si tratta di una decisione che, lo si è già anticipato in precedenza, riprende quanto già era stato espresso dalla Suprema Corte nella sentenza del 9 maggio 2002, sezione II, n. 6647, nella quale era stato affermato il principio secondo cui l’azione di indebito arricchimento, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 2042 Codice civile, ha carattere sussidiario e non può essere esercitata nel caso in cui il danneggiato abbia titolo ad esperire un’altra azione tipica nei confronti dell’arricchito o di altre persone (ad esempio, nel caso di specie, il direttore dei lavori) che siano obbligate per legge o per contratto nei confronti dell’impoverito (nella specie l’appaltatore). Da quanto è stato detto emerge l’esigenza di suggerire sia alle imprese appaltatrici sia ai direttori dei lavori l’uso di una estrema cautela nei casi in cui si ritenga siano necessari lavori extracontrattuali. In tal caso dovrà essere immediatamente disposta una sospensione totale o parziale dei lavori a seconda dei casi e gli stessi potranno essere ripresi solo a partire dal momento in cui la perizia, da cui si può evincere la necessità delle opere extracontrattuali, sarà stata approvata. Ciò eviterà che l’appaltatore si possa trovare ad eseguire lavori che poi non gli verranno remunerati e che il direttore dei lavori, da parte sua, incorra in pesanti responsabilità. È opportuno inoltre che in questa sede, a titolo di corollario al principio che sopra è stato enunciato, venga ricordato quanto viene stabilito ad opera dell’articolo 228 del D.P.R. n. 207/2010, secondo cui ove il collaudatore accerti l’esistenza di lavori extracontrattuali che non siano stati preventivamente autorizzati dall’organo deliberante della stazione appaltante, ma che sono comunque meritevoli di collaudo e indispensabili per la corretta esecuzione dell’opera, li deve ammettere in contabilità se rientranti nei limiti delle spese approvate ovvero, in caso contrario, ne deve proporre l’approvazione all’amministrazione per il tramite del RUP. È da ricordare che in tal caso il concetto di indispensabilità presuppone l’accertamento dell’esistenza di un nesso di causalità diretta esistente tra le opere extracontrattuali che non sono state preventivamente autorizzate e l’esigenza che l’opera risulti eseguita senza vizi ed in perfetta sicurezza. Si richiama infine l’attenzione dei lettori sulla circostanza che anche relativamente a tale ultimo caso (articolo 228) varie pronunce della Cassazione stabiliscono il principio secondo cui per il pagamento delle opere non preventivamente autorizzate ma ritenute indispensabili è necessaria la condicio sine qua non della preventiva tempestiva iscrizione della relativa riserva sul registro di contabilità e perciò contestualmente all’atto di emissione del SAL che avrebbe dovuto contenere la contabilizzazione delle opere extracontrattuali eseguite.

Pipino Massimo

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