Appalti pubblici: semaforo verde all’impugnazione del verbale di ammissione alla procedura di gara. Stop all’aggiudicazione in seduta privata

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Tutte le fasi dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico devono svolgersi in seduta pubblica, pena la nullità del contratto per violazione dei principi di trasparenza e dell’imparzialità. Il verbale con cui è ammesso un nuovo concorrente alla procedura di gara è impugnabile nelle forme e nei modi previsti di legge, poiché costituisce un atto endoprocedimentale. Sono questi, in estrema sintesi, i principi di diritto sanciti dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5866 depositata lo scorso 4 novembre.

La vicenda affrontata. Un’associazione temporanea di imprese (ati), arrivata seconda nel concorso per l’aggiudicazione del servizio di archiviazione delle cartelle cliniche di alcune ASL consorziate, di durata quinquennale impugnava, per una pluralità di motivi, l’aggiudicazione dello stesso ad una società, ritenuta carente dei presupposti di legge per l’ammissione alla procedura. Il ricorso era rigettato in prime cure, sì che l’ati gravava la decisione presso il Consiglio di Stato che accoglieva le sue richieste, respingendo i ricorsi incidentali della stazione appaltante e della ditta aggiudicataria.

Il provvedimento offre interessanti riflessioni processuali e chiarisce alcuni punti ambigui della disciplina.

Ricorso principale od incidentale, quale deve essere esaminato per primo? Il CDS esplica che, in generale, per il principio di economia processuale, deve essere vagliato per primo quello che permette di risolvere la lite. In ogni caso preliminarmente deve essere valutato il ricorso principale salvo che, come nella fattispecie, quello incidentale non introduca questioni pregiudiziali che hanno la precedenza su tutti gli altri aspetti processuali sottoposti all’esame della corte (cfr CDS sez. V n. 1052 e sez. VI n. 9577 del 2010).

Ciò trova conferma nel principio di diritto, consolidato dalla decisione del CDS, adunanza plenaria, n. 4/11, “secondo cui il ricorso incidentale, diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale mediante la censura della sua ammissione alla procedura di gara, deve essere esaminato prioritariamente”. “Più in generale, ove dalla definizione delle questioni dedotte con il ricorso incidentale discendano soluzioni ostative o preclusive dell’esame delle ragioni dedotte col ricorso principale, l’esame delle questioni dedotte con il ricorso incidentale deve avere priorità logica nell’ordine di trattazione delle questioni”.

Il verbale di ammissione alla gara: appello sì, appello no? Premesso che l’onere di impugnare tempestivamente il provvedimento di aggiudicazione sorge soltanto quando questa diviene definitiva è sempre possibile impugnare quella provvisoria, perché si tratta di un atto endoprocessuale che l’interessato ha la facoltà, ma non l’obbligo, di gravare a tutela dei propri interessi legittimi.

Infatti “l’aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione della ditta non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l’aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima ed in riferimento esclusivamente alla quale, quindi, va verificata la tempestività del ricorso.Il carattere endoprocedimentale e di mera aspettativa dell’aggiudicazione provvisoria rende la sua impugnazione oggetto di una facoltà, ma non di un onere, essendo l’atto effettivamente lesivo quello conclusivo del procedimento, da impugnare in ogni caso. (…)I principi relativi al rapporto tra aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definiva sono applicabili anche alla ipotesi in cui alla aggiudicazione definitiva segua un ulteriore segmento procedimentale (verifiche) e questo porti alla esclusione del primo aggiudicatario e ad una nuova aggiudicazione nell’ambito dello stesso procedimento” (CDS sez. V n. 3671/11 con nota di Giannini in Rassegna del Consiglio di Stato in DirittoeGiustizi@ ed. Giuffrè del 19/7/11). Ovviamente, se una volta proclamato il vincitore della gara, il controinteressato non impugna il relativo provvedimento, non potrà invocare il vaglio dell’aggiudicazione provvisoria.

Principio di pubblicità e differenze tra offerta economica ed offerta tecnica. Come sopra ricordato tutte le fasi preliminari all’aggiudicazione del contratto di appalto devono svolgersi in seduta pubblica sì da garantire la trasparenza, l’imparzialità della PA e la parità di trattamento di tutti i partecipanti. Più precisamente “una recentissima sentenza l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 13 del 28 luglio 2011, ha affermato che, negli appalti pubblici da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il principio della pubblicità delle operazioni da svolgere in seduta pubblica trova applicazione con specifico riferimento anche all’apertura della busta dell’offerta tecnica.”. Le ditte che partecipano alla procedura concorsuale devono avere, in ogni momento, la possibilità “di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche dell’interesse pubblico alla trasparenza e all’imparzialità dell’azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato”.

Quali buste devono essere aperte per prime? Inoltre è illegittima e nulla la clausola del bando “che prevede, per la fase di apertura delle buste contenenti le offerte tecniche, una seduta riservata, atteso che all’apertura delle buste delle offerte tecniche, come per quelle contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica, deve procedersi in seduta pubblica, trattandosi di un passaggio essenziale e determinante dell’esito della procedura concorsuale che deve essere presidiata dalle medesime garanzie previste per l’aperture delle buste contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica, a tutela degli interessi privati e pubblici coinvolti dal procedimento” (cfr CDS sez.VI n. 1856/08, sez. IV n. 5217/07, sez. V nn. 2370/06, 1077/05, 1427/04, TAR Lombardia Milano sez. I n. 11/10).

Si noti che la dottrina e la giurisprudenza, anche di legittimità, non è sempre stata concorde sul punto, poiché un precedente e sinora maggioritario orientamento prevedeva la possibilità di aprire tali buste in seduta privata (“La pubblicità delle sedute di gara: contrasti giurisprudenziale in attesa di un regolamento” in www.mediagraficic.it; CDS sez. V. n. 6311/09) e, una terza tesi intermedia, stabiliva che le offerte economiche dovessero essere rese note prima delle altre,poiché, a pena di nullità, in esse non dovevano essere indicati elementi economici (cfr CDS sez. V ord. n. 2987/11, sentenza n. 5735/06, sez. VI n. 3848/02, , TAR Puglia Lecce, sez. II n. 3977/03, Emilia Romagna Bologna, sez. II n. 751/01; Lorenzi “La commissione deve aprire prima le offerte tecniche”) per impedire “sostituzioni strategiche”.

Si ricordi quanto espresso dal CDS sez. V. n. 1296/08, in netto contrasto col principio in epigrafe. La Corte sosteneva l’obbligo di predisporre cautele a tutela dell’integrità delle buste concernenti le offerte delle imprese partecipanti, in mancanza di apposita previsione da parte del legislatore, discende necessariamente dalla stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara pubblica per l’individuazione del contraente nei contratti delle pubblica amministrazione, in quanto l’integrità dei plichi contenenti le offerte delle imprese partecipanti all’incanto è uno degli elementi sintomatici della segretezza delle offerte e della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi -consacrati dall’art. 97 della Costituzione- di buon andamento ed imparzialità cui deve uniformarsi l’azione amministrativa.” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, 6 marzo 2006, n. 1068).”. Afferma, però, anche che “nel caso di aggiudicazione basata su apprezzamenti discrezionali con attribuzione di punteggi, legati a valutazioni di ordine tecnico (licitazione privata con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa; appalto concorso), l’illegittima esclusione di un concorrente, se accertata dopo l’esame delle altre offerte, rende necessario il rinnovo dell’intero procedimento di gara, a partire dalla stessa fase di presentazione delle offerte.”.

Sotto questo aspetto, perciò, il contrasto è solo apparente, in quanto conferma la legittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto alla controricorrente. In tal senso si è espresso anche il CDS nella fattispecie.

Decisione del Consiglio di Stato. Ha confermato la violazione dei principi sopra enunciati e che l’apertura delle “buste amministrative”, contenti la documentazione prevista per legge e richiesta dal bando e l’offerta economica deve essere contestuale all’apertura di quelle tecniche sì da garantire la chiarezza dei rapporti e le tutele dei concorrenti sinora descritte.

Esclusione dalla gara per la violazione dell’art. 38 Dlgs 163/06. Il codice dei contratti pubblici prevede l’estromissione di tutti coloro che non rispettano i canoni di probità morale ed onorabilità sanciti dal menzionato articolo. In particolar modo devono essere esclusi tutti coloro che hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”. Tutto ciò deve essere dichiarato nell’istanza di partecipazione.

Nel caso in esame si ribadisce che “la giurisprudenza ha peraltro chiarito che l’esclusione dalla gara non ha carattere sanzionatorio e che per procedere alla esclusione è necessario che l’amministrazione, con atto motivato, dia conto della gravità della negligenza o dell’errore professionale commesso e del rilievo che tali elementi hanno sull’affidabilità dell’impresa e sull’interesse pubblico a stipulare un nuovo contratto con la stessa (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 296 del 27 gennaio 2010)”. Più precisamente si chiarisce che “la valutazione sulla rilevanza, ai fini dell’affidamento di un nuovo appalto, della negligenza o dell’errore professionale e quindi sulla sussistenza o meno del requisito di affidabilità, ha quindi carattere discrezionale e, per questo, occorre, come si è già detto, che il provvedimento di esclusione sia adeguatamente motivato con l’indicazione delle ragioni del convincimento circa la mancanza del requisito di affidabilità dell’impresa partecipante alla gara (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 409 del 21 gennaio 2011).”.

In realtà l’orientamento più recente ed in ascesa della giurisprudenza neghi tale sanatoria e commini la nullità dell’istanza e la revoca del contratto, se il vizio è conosciuto dopo la conclusione della procedura (Milizia “L’azienda non rende le dichiarazioni richieste: esclusa dal concorso…o no?” nota a sentenza TAR Veneto sez. I n. 1512 e TAR Piemonte sez. I n. 1060 del 2011 in www.dirittoegiustizia.it). Va anche rilevato come questa opinione non sia univoca e che vi sia , quindi, un contrasto sul punto dato che una tesi prevede la sanabilità della domanda rendendo le dovute dichiarazioni all’atto della contestazione dell’omissione con un’integrazione ex post della documentazione, purchè essa avvenga prima che la procedura giunga al termine (TAR Veneto n. 1387/11: il favor partecipationis deve prevalere su ogni altro elemento ostativo sulla sanabilità di questa omissione e la possibilità di integrare la domanda ex post, ma pur sempre prima che l’appalto sia aggiudicato e che l’orientamento in costante ascesa).

Si ricordi che la recente sentenza del TAR piemontese, sopra citata, ha negato che in questi casi possa applicarsi la disciplina sul falso innocuo e che ogni omissione costituisca un errore inescusabile (ignorantia non excusat) sì da essere sanzionato con l’estromissione dalla gara (CDS sez V, n. 3069/2011, sez. III, n. 1371/2011 e sez. V, n. 7524/2010).

Per ogni ulteriore approfondimento si rinvia al testo della sentenza e delle citate fonti.

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) , SENTENZA N. 05866/2011:

3.- Questo Collegio ritiene di dover preliminarmente esaminare gli appelli incidentali proposti dalla ** e dalla società I.Al riguardo si deve ricordare che, per principio consolidato, il giudice, nel caso in cui siano stati proposti un ricorso principale ed uno incidentale, può esaminare con priorità, a seconda dei casi, il ricorso che risulta decisivo per dirimere la lite, tenendo conto dei principi di economia processuale e di logicità (Consiglio Stato, sez. IV, 12 giugno 2009, n. 3696).Normalmente il ricorso incidentale, per la sua funzione difensiva, va esaminato dopo quello principale. Ma il ricorso incidentale va esaminato prima se con esso si propone una questione di carattere pregiudiziale, rispetto al merito della domanda (oggetto del ricorso principale), ed idonea a determinare la declaratoria d’inammissibilità del gravame principale per difetto di interesse (Consiglio Stato, sez. V, 21 febbraio 2011, n. 1072), come accade quando viene sollevata una questione riguardante l’ammissione alla gara del ricorrente principale (Consiglio Stato, sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9577). In proposito l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 4 del 7 aprile 2011, ha ribadito il principio di diritto secondo cui il ricorso incidentale, diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale mediante la censura della sua ammissione alla procedura di gara, deve essere esaminato prioritariamente. Più in generale, ove dalla definizione delle questioni dedotte con il ricorso incidentale discendano soluzioni ostative o preclusive dell’esame delle ragioni dedotte col ricorso principale, l’esame delle questioni dedotte con il ricorso incidentale deve avere priorità logica nell’ordine di trattazione delle questioni.

4.- Ciò premesso, sostiene con il suo appello incidentale l’** che il ricorso della Ati P. doveva essere dichiarato inammissibile per la mancata tempestiva impugnazione del verbale di gara dal quale si evinceva l’ammissione alla gara della appellata I.

La censura è chiaramente infondata.

Per principio pacifico infatti, ai fini dell’ammissibilità di un ricorso proposto avverso l’aggiudicazione di un appalto, è sufficiente che sia stato impugnato il provvedimento di aggiudicazione definitiva, non costituendo causa di inammissibilità del ricorso la mancata impugnazione del verbale di gara con il quale la controinteressata (risultata aggiudicataria) è stata ammessa alla procedura che costituisce un atto endoprocedimentale.

Si è precisato che anche l’aggiudicazione provvisoria costituisce un atto endoprocedimentale la cui impugnazione è una facoltà ma non un onere, essendo l’atto effettivamente lesivo (da impugnare) quello conclusivo del procedimento dell’aggiudicazione definitiva (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3671 del 20 giugno 2011).

5.- L’** nel suo appello incidentale ha anche censurato la parte della sentenza del TAR di Firenze con la quale è stata disposta la compensazione fra le parti delle spese di giudizio.

Ma la censura è manifestamente infondata.

Per principio costante la decisione in materia di spese processuali è infatti censurabile soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa. Non è invece sindacabile, neppure per difetto di motivazione, la valutazione di merito operata dal giudice sulla loro compensazione (fra le più recenti: Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4052 del 7 luglio 2011, Sez. VI n. 8224 del 24 novembre 2010).

6.- Anche la I. ha proposto appello incidentale sostenendo che l’Ati P. doveva essere esclusa dalla gara per aver indicato, nell’offerta economica, i costi per le interferenze che non dovevano essere invece indicati perché il modulo allegato al disciplinare prevedeva un costo “0” per le interferenze.

Anche tale censura non è fondata. Sebbene, nella fattispecie, non risulta che la stazione appaltante avesse predeterminato l’importo (non soggetto a ribasso) degli oneri di sicurezza per le interferenze, tuttavia non si può ritenere l’offerta della Ati P. erronea (e quindi illegittima) per aver la stessa specificamente indicato, nell’offerta economica, anche l’ammontare di tali oneri.

L’Ati P. non poteva quindi per tale motivo essere esclusa dalla gara in questione.

7.- Respinti gli appelli incidentali, si può quindi ora passare all’esame dell’appello principale proposto dalla Ati P. avverso la sentenza del T.A.R. per la Toscana, n. 6713 del 2 dicembre 2010, che aveva respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso l’aggiudicazione in favore della I.dell’appalto in questione.

Con il primo motivo l’appellante ha sostanzialmente riproposto le tre censure che erano state sollevate con il primo motivo del ricorso di primo grado.

Ha lamentato quindi:

la violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. f) del d. lgs. n. 163 del 2006 per essere la I. incorsa in un grave errore professionale nella gestione delle cartelle cliniche dell’Ospedale Meyer di Firenze;

la violazione, in ogni caso, del principio di leale collaborazione per non aver dichiarato chiaramente l’appellata I. tale circostanza;

la violazione del principio di pubblicità delle gare per non essersi svolti in seduta pubblica gli adempimenti di verifica del contenuto delle offerte.

8.- Il Collegio ritiene di dover esaminare per prima tale ultima censura poiché la soluzione della questione sollevata incide sulla legittimità della intera procedura di gara.

Si deve preliminarmente precisare che, come emerge dagli atti, in seduta pubblica sono state aperte e risulta esaminato il contenuto delle buste contenenti la documentazione amministrativa (verbale del 12 febbraio 2009) e successivamente il contenuto delle buste contenenti l’offerta economica (verbale del 30 dicembre 2009).

Non risultano invece aperte in seduta pubblica le buste contenenti le offerte tecniche che sono state dalla stazione appaltante affidate alla Commissione giudicatrice che le ha poi aperte e ne ha esaminato i contenuti in seduta riservata.

L’appellante Ati P. sostiene che proprio tale procedura deve ritenersi illegittima e che del tutto erronea ed insufficiente è stata sul punto la valutazione compiuta dal TAR per la Toscana che si è limitato ad affermare, nella appellata sentenza, che “la prima riunione della Commissione di gara si è svolta pubblicamente e vi ha partecipato un rappresentante della ditta P. munito di delega, come da verbale del 12 febbraio 2009”.

Sia la ** che la I. sostengono invece la correttezza della procedura seguita, peraltro nel rispetto del Disciplinare di gara che nel capitolo dedicato allo svolgimento della gara prevedeva che il giorno 12.02.2009 il Presidente di gara (o altro dirigente delegato) avrebbe dovuto procedere all’apertura dei plichi pervenuti e procedere alla apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa (e alla sua verifica), mantenendo “chiuse le buste contenenti le offerte tecniche ed economiche”. Il Disciplinare precisava inoltre che la documentazione tecnica sarebbe stata trasmessa all’apposita Commissione giudicatrice per la valutazione, in successive sedute non pubbliche, degli aspetti qualitativi e per l’assegnazione dei relativi punteggi.

9.- Ciò chiarito si deve rilevare che sulla questione di diritto proposta, che era stata oggetto di diverse valutazioni in giurisprudenza, si è espressa con una recentissima sentenza l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 13 del 28 luglio 2011, ha affermato che, negli appalti pubblici da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il principio della pubblicità delle operazioni da svolgere in seduta pubblica trova applicazione con specifico riferimento anche all’apertura della busta dell’offerta tecnica. Infatti, la pubblicità delle sedute di gara risponde all’esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche dell’interesse pubblico alla trasparenza e all’imparzialità dell’azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato.

L’Adunanza Plenaria ha quindi affermato che è illegittima la clausola del bando che prevede, per la fase di apertura delle buste contenenti le offerte tecniche, una seduta riservata, atteso che all’apertura delle buste delle offerte tecniche, come per quelle contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica, deve procedersi in seduta pubblica, trattandosi di un passaggio essenziale e determinante dell’esito della procedura concorsuale che deve essere presidiata dalle medesime garanzie previste per l’aperture delle buste contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica, a tutela degli interessi privati e pubblici coinvolti dal procedimento.

10.- Applicando tali principi al caso di specie la censura sollevata dall’Ati P. si rileva fondata e l’appello deve essere conseguentemente accolto con l’annullamento della procedura di gara in questione che dovrà essere rinnovata dalla ** facendo applicazione del principio di diritto affermato.

11.- Questo Collegio, potendo avere la questione rilievo anche in sede di rinnovazione della gara, ritiene di dover peraltro esaminare anche la censura (sollevata con il primo profilo del primo motivo) riguardante l’errore professionale commesso dalla I.

Al riguardo si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 38, comma 1, lettera f), del d. lgs. n. 163 del 2006 “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.

Tale disposizione prevede quindi la possibile esclusione dalla partecipazione alle gare di appalto delle imprese che si sono rese responsabili di gravi inadempienze nell’esecuzione di precedenti rapporti contrattuali e che per questo non sono considerate affidabili dalla stazione appaltante.

La giurisprudenza ha peraltro chiarito che l’esclusione dalla gara non ha carattere sanzionatorio e che per procedere alla esclusione è necessario che l’amministrazione, con atto motivato, dia conto della gravità della negligenza o dell’errore professionale commesso e del rilievo che tali elementi hanno sull’affidabilità dell’impresa e sull’interesse pubblico a stipulare un nuovo contratto con la stessa (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 296 del 27 gennaio 2010).

La gravità della negligenza o dell’errore professionale deve essere pertanto commisurata al pregiudizio arrecato alla fiducia che la stazione appaltante deve poter riporre nell’impresa affidataria dell’esecuzione di un nuovo rapporto contrattuale.

La valutazione sulla rilevanza, ai fini dell’affidamento di un nuovo appalto, della negligenza o dell’errore professionale e quindi sulla sussistenza o meno del requisito di affidabilità, ha quindi carattere discrezionale e, per questo, occorre, come si è già detto, che il provvedimento di esclusione sia adeguatamente motivato con l’indicazione delle ragioni del convincimento circa la mancanza del requisito di affidabilità dell’impresa partecipante alla gara (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 409 del 21 gennaio 2011).

12.- Nel caso di specie la mancata esclusione dalla gara della I. è stata determinata da una valutazione discrezionale dell’** che ha ritenuto che l’errore professionale commesso presso l’Ospedale Meyer di Firenze non potesse ritenersi tanto grave da far venir meno il requisito di affidabilità della stessa impresa nella partecipazione ad una nuova gara.

E tale valutazione non appare manifestamente irragionevole tenuto conto che risulta pacificamente dagli atti che tale errore era stato l’unico commesso dalla detta società nel precedente rapporto e che l’I. ha svolto e svolge numerosi rapporti contrattuali con altre pubbliche amministrazioni.

13.- Né tale scelta, come sostenuto dalla Ati P., può ritenersi contraddittoria in relazione alla circostanza che quando era stato commesso l’errore era stato ritenuto grave.

Il giudizio (sulla gravità) dell’errore pronunciato dopo il suo immediato verificarsi e finalizzato a mettere in mora l’impresa per le conseguenze ad esso connesse non può essere infatti commisurato al diverso giudizio emesso successivamente in sede di ammissione ad una nuova gara tenuto conto che tale ultimo giudizio si fonda su molteplici ulteriori elementi, fra i quali la qualità complessiva delle prestazioni fornite in favore della stessa stazione appaltante e di altre pubbliche amministrazioni.

La censura, come ritenuto anche dal TAR per la Toscana, deve essere quindi respinta.

14.- In conclusione, assorbiti gli altri motivi, l’appello deve essere accolto e deve essere disposto l’annullamento della sentenza del T.A.R. per la Toscana, Sezione I, n. 6713 del 2 dicembre 2010 e il conseguente annullamento della procedura di gara oggetto di impugnazione.

Le spese del doppio grado di giudizio, considerata anche la novità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate fra le parti.”

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Dott.ssa Milizia Giulia

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