Anai: lettera aperta al Ministro della Giustizia per illustrare tutte le ragioni dell’incostituzionalità della revisione della geografia giudiziaria

Redazione 08/05/13
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Anna Costagliola

Con lettera aperta del 6 maggio scorso, l’Associazione nazionale avvocati italiani (Anai) si è rivolta al nuovo Ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, per spiegare tutte le ragioni della ritenuta incostituzionalità delle disposizioni in materia di revisione della geografia giudiziaria.

Nella missiva si evidenzia innanzitutto come la normativa sulla riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, che comporta la sostanziale soppressione di 1000 uffici giudiziari su 1400, sia stata introdotta per la prima volta in sede di conversione del D.L. 138/2011 (art. 1, co. 2, L. 148/2011), senza che detto decreto contemplasse la materia e senza che sia stata ripetuta la dichiarazione di straordinaria necessità ed urgenza. Si tratterebbe, in sostanza, di una norma «intrusa ed eterogenea», la quale, peraltro, non ha disciplinato direttamente la materia, in quanto la riorganizzazione territoriale degli uffici è stata ulteriormente delegata al Governo.

La dedotta incostituzionalità della normativa, per violazione degli artt. 70, 76 e 77, co. 2, Cost. appare coerente con quanto affermato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 16 febbraio 2012. In quella pronuncia si legge, infatti, che «la semplice immissione di una disposizione nel capo di un decreto legge oggettivamente o teleologicamente unitario non vale a trasmettere, per ciò solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalità. Ai sensi del secondo comma dell’art. 77 Cost., i presupposti per l’esercizio senza delega della potestà legislativa da parte del Governo riguardano il Decreto Legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia e lo scopo». In sostanza, per la Corte, l’inserimento di norme eterogenee rispetto all’oggetto e alla finalità del decreto vale a spezzare il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge. I giudici costituzionali hanno escluso che il Parlamento possa utilizzare un procedimento legislativo di conversione in legge di un decreto legge per inserire contenuti normativi non aventi gli stessi presupposti di necessità ed urgenza dell’originario provvedimento.

Ulteriore palese illegittimità costituzionale sarebbe ravvisabile nella violazione degli articoli 70 e 72, co. 1 e 4, della Costituzione. L’art. 72, co. 4, Cost. impone, infatti, per i disegni di legge di delegazione legislativa il ricorso alla procedura ordinaria di esame e di approvazione diretta da parte della Camera. Nel caso in esame, invece, il Governo ha presentato al Senato un maxi-emendamento alla legge di conversione del D.L. 138/2011 contenente, tra l’altro, la normativa sulla revisione della geografia giudiziaria, ponendovi la questione di fiducia. Nel detto emendamento è stato stravolto il testo del decreto legge originario, è stato modificato il titolo dell’originario disegno di legge ed è stata introdotta la delega al Governo in tema di geografia giudiziaria. Ciò senza alcuna discussione né in Commissione né in Aula. Il procedimento così delineato viola le previsioni dell’art. 72, co. 1, Cost. in tema di legge ordinaria e si risolve, altresì, nella violazione dell’art. 72, co. 4, Cost., che impone l’iter ordinario per i disegni di legge contenenti deleghe legislative al Governo.

L’Anai denuncia ancora la violazione della stessa L. 148/2011, in quanto la revisione della geografia giudiziaria comporterebbe fortissimi oneri di spesa da parte dello Stato con aggravi della finanza pubblica.

Infine, la revisione della geografia giudiziaria, così come è stata concepita, rende obiettivamente difficoltoso l’esercizio del diritto di difesa e della tutela giurisdizionale, ciò sia nella considerazione assoluta di tali diritti, sia in relazione alle condizioni di parità. 

Del pari, risultano altresì violati i principi costituzionali di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di solidarietà (art. 2 Cost.). Nell’emissione del decreto legislativo il Governo ha omesso ogni valutazione della specificità territoriale e della situazione infrastrutturale, disattendendo palesemente le direttive del legislatore delegante sulla necessità di valutare sulla base di criteri obiettivi ed omogenei la totalità degli aspetti dallo stesso legislatore delegante prescritti, sottraendosi così al procedimento logico che da quelle direttive avrebbe dovuto seguire. Ne è seguita, pertanto, una violazione delle attribuzioni del Parlamento poiché il Governo, pretermettendo alcuni dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega, si è autoinvestito del potere, ad esso non spettante, di modificare o scegliere i principi e criteri direttivi entro i quali, a termini dell’art. 76 Cost., il legislatore delegante aveva inteso delimitare l’esercizio della delega ad esso conferita.

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