Alcuni concetti sulla cosa giudicata

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Le scuole che fanno filosofia della scienza giur?dica hanno portato una nuova riflessione scient?fica sulla questione della cosa giudicata. Per cominciare ci vuole stabilire il concetto di cosa giudicata. In primo luogo e a questo scopo dobbiamo tenere in conto che la giurisdizione, come funzione dello stato, ha un modo speciale e proprio di manifestarsi: la sentenza, che compendia e concreta la funzione giurisdizionale stessa, attorno al quale dobbiamo collegare la cosa giudicata.
? saputo che il provvedimento della sentenza ? il fine che le parti cercano nel processo, perch? attraverso di essa, resteranno risolti definitivamente il conflitto di interessi fra le parti o la situazione di innocenza o colpevolezza dell?imputato, non potendo essere rivista nello stesso processo n? in un altro.
Gi? nel diritto romano, culla di tutte le nostre istituzioni giuridiche, una volta finito il processo non era possibile per le parti fare una nuova causa sulla stessa questione, conforme al vecchio principio non bis in idem. Quell?effetto delle sentenze di vietare la loro revisione e farle immutabili, ? ci? che si chiama cosa giudicata, che significa ?giudizio dato sulla lite?. Nel diritto primitivo e cl?ssico la cosa giudicata impediva ripetere l?azione promossa, qualunque fosse il risultato del processo e questo lo faceva con carattere definitivo.
Ma l?immutabilit?, definitivit? e intangibilit? che spiegava la formula tradizionale, soltanto significa per alcuni autori una qualit? particolare di un oggetto al quale riguardano.
Enrico Liebman, professore dell?Universit? di Parma dimostra che questo concetto tradizionale della cosa giudicata perde ogni giorno vigore scient?fico quando si studia il contenuto e gli effetti della sentenza, e quindi oggigiorno non si dovrebbe parlare della cosa giudicata, ma di quella passata in giudicato o sotto autorit? di cosa giudicata, non essendo un effetto della sentenza ma una qualit? di essere e manifestarsi dei suoi effetti. La cosa giudicata risiede nella forza vincolante della dichiarazione di certezza della sentenza, sia dichiarativa o costitutiva; e quindi afferma che il termine tradizionale dovrebbe essere sostituito dall?espressione ?efficacia della dichiarazione di certezza? o ?efficacia dell?accertamento?, con il quale possono presentarsi tutte le sentenze, siano con effetto dichiarativo, costitutivo o esecutivo.
Non ci dobbiamo sbagliare con la situazione che si presenta nelle sentenze interlocutorie (non definitive), ma si tenere in conto la differenza fra cosa giudicata formale e materiale. La prima riguarda l?irrevisibilit? delle sentenze dettate in un processo, e costituisce, per cos? dire, la preclusione delle impugnazioni, e quindi che la revisione ? possibile in un altro processo posteriore, come sucede con le sentenze dettate nei processi esecutivi, quando si permette riaprire un dibattito in un processo di cognizione. La seconda, la cosa giudicata materiale, invece, escluisce la possibilit? di qualche revisione. Podetti dice che in queste si da quello che i romani chiamavano: la res iudicata.
Il fondamento della cosa giudicata lo troviamo nella presunzione di verit?, per il quale si spiega l?argomento che si ? tenuto in conto per fare indiscutibili le sentenze. La giurisprudenza argentina dice che la cosa giudicata trova il suo fondamento nella garanzia costituzionale dichiarata in un provvedimento fermo, attraverso il quale si dichiara il riconoscimento di un diritto che fa a una certa persona titolare di un bene che diventa parte del suo patrimonio, dal quale non puo essere privato in poi senza violazione del diritto di propriet?, evitando l?anarchia delle decisioni giudiziarie e il rispetto al tribunale. Proprio un provvedimento fermo ? quello che ? passato in giudicato, perch? lo ha deciso il tribunale superiore, perch? non c?? stata nessuna impugnazione o non sono pi? proponibili per il decorso del termine.
Nel diritto argentino troviamo la cosa giudicata nel Codice di Procedura Civile (art. 544, comma 9) come una eccezione per impedire l?inizio de una causa in un processo esecutivo, quando c?? una sentenza dettata in un processo anteriore tra le stesse parti ed a causa dello stesso titolo. La giurisprudenza ci insegna che qualunque siano le eccezioni o difese fatte dal convenuto, i giudici devono fare l?inquadratura giuridica d?accordo con in fatti e facendo applicazione del principio iura novit curia.
Tra gli effetti del giudicato abbiamo: la conclusione del processo e la preclusione per le parti di chiedere al giudice di giudicare una seconda volta sullo stesso oggetto (res iudicata est).
I limiti possono essere oggettivi e soggettivi. I primi si riferiscono all?oggetto della sentenza ed alla ?causa petendi?; la cosa giudicata, infatti, si forma su tale oggetto in relazione alla ?causa petendi? e non sulle questioni che eventualmente si presentino in corso di causa e risolte ?incidenter tantum?. I secondi sono quelli nei quali la cosa giudicata non fa stato che tra le sole parti, i loro eredi ed aventi causa; essa cio? debe essere riconosciuta da tutti, ma i suoi effetti non si estendono ai terzi (?res inter alios iudicatas aliis non praeiudicare?). Le sentenze passate in giudicato rimangono assoggettabili a revisione, a revocazione e/o opposizione di terzo.
Gli effetti ed i limiti delle sentenze passate in giudicato sono uguali nel diritto argentino e nel diritto italiano.

da Bernardo Nespral L?zzaro (*)

(*) Argentino, cittadino italiano, avvocato, ex-magistrato, professore di diritto romano e di diritto civile presso l?Universit? di Buenos Aires, autore dei libri: ?Manuale di diritto romano?, ?Diritto dell?informazione?, ?Il diritto romano nel XXI? secolo? e ?Manuale di giornalismo giudiziario?.

Nespral Lazzaro Bernardo

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