Tribunale di Bari inagibile, il Governo interviene con decreto legge

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E’ stato pubblicato il 22 giugno del 2018 sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 73 del 22 giugno del 2018 con cui il Governo affronta l’annoso problema dell’agibilità del Tribunale di Bari e adotta le prime misure emergenziali, di ordine prettamente procedurale, per farvi fronte.

Infatti, come si evince nelle premesse di questo atto avente forza di legge, il Comune di Bari, con l’ordinanza 2018/01172 del 31 maggio 2018, ha revocato l’agibilità dell’immobile in cui hanno

sede gli uffici giudiziari del Tribunale di Bari  e della Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale e dichiarato inagibile lo stesso immobile per la sussistenza di una generale condizione  di attuale inadeguatezza strutturale accertata nell’ambito di consulenze tecniche acquisite al procedimento e richiamate nell’ordinanza di revoca.

Ebbene, a fronte di tale evento, è stata ritenuta dalla compagine governativa la straordinaria necessita’ ed urgenza di garantire il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali presso gli uffici giudiziari del Tribunale di Bari e della Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale, a seguito della dichiarata inagibilita’ dell’immobile che li ospita anche perché, come rilevato in questo decreto legge sempre in punto di premessa, prima del 30 settembre 2018, non e’ oggettivamente possibile individuare un immobile da adibire a sede del Tribunale di Bari e della Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale per l’ordinaria trattazione degli affari penali.

Premesso ciò, veniamo ad esaminare le misure adottate dal Governo con questo decreto legge per fronteggiare questa situazione emergenziale.

L’art. 1 di questo testo di legge prevede a questo fine la sospensione dei termini e dei procedimenti penali pendenti dinanzi al Tribunale di  Bari e alla Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale essendo ivi stabilito, per un verso, che fino “al 30 settembre 2018, nei  procedimenti  penali  pendenti dinanzi al Tribunale di Bari e alla Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale sono sospesi i termini di durata della fase delle indagini, i termini previsti dal codice di procedura  penale  a pena di inammissibilita’ o decadenza, nonche’ per la presentazione di reclami o impugnazioni” (comma primo), per altro verso, che per “il medesimo periodo sono inoltre sospesi i processi penali pendenti in qualunque  fase e  grado,  dinanzi al Tribunale di Bari, salvo quanto previsto al comma 2 (che vedremo da qui a poco ndr.) e ferma restando l’applicazione dell’articolo 159 del codice penale[1]” (comma secondo) ossia quella norma che, come è noto, regola la sospensione del corso della prescrizione.

Il comma secondo di questa norma di legge, però, contempla due eccezioni rispetto a quanto stabilito dal comma primo dell’art. 1.

La prima eccezione, contemplata dal primo capoverso di questo comma, riguarda l’udienza di convalida dell’arresto o del fermo, per il giudizio direttissimo, per la convalida dei sequestri e nei processi con imputati in stato di custodia cautelare posto che per questi casi, la sospensione di cui al comma primo non opera “fatta salva, dal 1° al 31 agosto, l’applicazione dell’articolo 2, primo comma, della legge 7 ottobre 1969, n. 742” (art. 1, c. 2, secondo capoverso, d.l., 22 giugno 2018, n. 73) che, come è noto, stabilisce che in “materia penale la sospensione dei termini procedurali, compresi quelli stabiliti per la fase delle indagini preliminari, non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora essi o i loro difensori rinunzino alla sospensione dei termini”.

La seconda eccezione, prevista dal secondo capoverso del comma secondo dell’art. 1, concerne i termini  stabiliti  per  la  fase delle indagini preliminari, per i quali la sospensione di cui al comma primo non opera nei procedimenti per delitti  di criminalita’ organizzata e terrorismo; ciò vuol dunque significare che, ad esempio, il termine di due anni – previsto come il termine massimo di durata delle indagini preliminari per questa tipologia di illeciti penali stante quanto preveduto dall’art. 407, c. 2, lett. a), n. 1[2], n. 3[3], n. 4[4], n. 6[5] e n. 7[6] c.p.p. – non viene sospeso ai sensi di questa normativa.

L’art. 2 di questo decreto legge, a sua volta, prevede la clausola di invarianza finanziaria stabilendo, da un lato, che dall’“attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la  finanza  pubblica” (primo comma, primo capoverso), dall’altro, che le “amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, finanziarie e  strumentali disponibili a legislazione vigente” (primo comma, secondo capoverso).

L’art. 3 del d.l. n. 73/2018, infine, disciplina l’entrata in vigore di questa normativa prevedendo che il “presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge”.

[1]In virtù del quale: “[I]. Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di: 1) autorizzazione a procedere, dalla data del provvedimento con cui il pubblico ministero presenta la richiesta sino al giorno in cui l’autorità competente la accoglie; 2) deferimento della questione ad altro giudizio, sino al giorno in cui viene decisa la questione; 3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore. In caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l’udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell’impedimento aumentato di sessanta giorni. Sono fatte salve le facoltà previste dall’articolo 71, commi 1 e 5, del codice di procedura penale; 3-bis) sospensione del procedimento penale ai sensi dell’articolo 420-quater del codice di procedura penale ; 3-ter) rogatorie all’estero, dalla data del provvedimento che dispone una rogatoria sino al giorno in cui l’autorità richiedente riceve la documentazione richiesta, o comunque decorsi sei mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria.

[II]. Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso nei seguenti casi: 1) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; 2) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.

[III]. I periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l’imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell’articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale.

[IV]. Se durante i termini di sospensione di cui al secondo comma si verifica un’ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente.

[V]. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione.

[VI]. Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 420-quater del codice di procedura penale, la durata della sospensione della prescrizione del reato non può superare i termini previsti dal secondo comma dell’articolo 161 del presente codice”.

[2]Per cui: “La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: 1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43”.

[3]Ai sensi del quale: “La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: (…) 3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo”.

[4]Secondo cui: “La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: (…) 4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, e 306, secondo comma, del codice penale”.

[5]In virtù del quale: “La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: (…) 6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni”.

[6]Alla luce del quale: “La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano: a) i delitti appresso indicati: (…) 7) delitto di cui all’articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l’arresto in flagranza”.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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