Adesione del Codice Penale al principio di universalità

Marco Vitali 31/01/23
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Una delle tematiche che ha maggiormente interessato la dottrina giuridico-penalistica riguarda la questione dei limiti spaziali all’applicabilità della legge penale. Tale aspetto risulta essere strettamente ricollegato al tema della sovranità territoriale[1].

Indice

1. La disciplina

La disciplina dei limiti spaziali si propone di circoscrivere l’ambito in cui uno Stato è legittimato ad esercitare la propria potestà punitiva in relazione ad un certo fatto criminoso, in modo tale da consentire la repressione di quest’ultimo secondo le leggi e da parte degli organi dello Stato medesimo[2]. Di conseguenza, il problema che si pone è se gli Stati possano sottoporre alla propria potestà punitiva i fatti di reato compiuti al di fuori del proprio territorio nazionale o il cui autore sia un cittadino straniero, anche in assenza di un elemento di collegamento che ricolleghi i fatti con gli interessi legittimi dello Stato de quo[3].
Invero, resta il dato che le legislazioni statuali permangono ancorate ad alcuni elementi di stretto collegamento quali: il luogo del delitto o locus commissi delicti, la nazionalità del colpevole, la nazionalità della vittima, la nazionalità della persona offesa e il valore sovranazionale o universale dei beni offesi[4].
I criteri – o principi – ipotizzabili per determinare il campo di applicazione della legge penale nazionale restano sostanzialmente quattro e sono: il principio di universalità, il principio di territorialità, il principio della personalità attiva e il principio della difesa[5].

2. I criteri per determinare il campo di applicazione del diritto penale nazionale

Orbene, a tal proposito risulta essere doveroso andare ad analizzare con maggiore precisione i principi menzionati.
In primo luogo, il principio di universalità, detto anche di extraterritorialità assoluta, in base al quale la legge penale nazionale dovrebbe essere applicata su tutte le persone, ovunque esse si trovino a porre in essere un’attività criminosa e di qualunque nazionalità esse siano, riconoscendo al giudice del luogo dell’arresto il potere di giudicare su tutti i reati ovunque commessi[6]. Tale principio, di derivazione giustinianea e rielaborato da Ugo Grozio nel suo De jure belli ac pacis nel 1632[7], per parte della dottrina non risulta essere più sostenibile ed attuabile – nella sua visione groziana – nell’ambito dell’attuale comunità internazionale in quanto rende illimitata la potestà punitiva dei singoli Stati sovrani[8]. Invero, esso è riconosciuto sicuramente dal diritto internazionale penale nei confronti dei fatti che offendono beni di valore umano universale alla cui tutela vi è un interesse comune da parte di tutti gli Stati[9].
In secondo luogo, il principio di territorialità, in base al quale la legge nazionale obbliga tutti coloro che si trovano all’interno del territorio dello Stato e pertanto si applica a tutti coloro che in esso delinquono, siano essi cittadini, cittadini stranieri o apolidi[10]. Tale principio si è affermato particolarmente nei secoli XVI e XVII grazie alla nascita degli Stati indipendenti e viene considerato ad oggi lecito dal diritto internazionale in quanto fa coincidere la delimitazione territoriale dell’applicazione della legge penale coi principi di sovranità nazionale, indipendenza ed eguaglianza degli Stati sovrani[11].
In terzo luogo, il principio della personalità attiva del reo, in base al quale ad ogni autore di reato dovrebbe essere applicata la legge dello Stato del quale esso è cittadino[12]. Tale principio risulta essere lecito da un punto di vista del diritto internazionale, tuttavia, grazie all’affermarsi del principio di territorialità, il principio della personalità attiva del reo ha soprattutto valore di correttivo, motivo per il quale, in questa misura, è stato reintrodotto in Europa nel corso del XIX secolo[13]. Tuttavia, il principio de quo, mentre da un lato consentirebbe allo Stato di appartenenza di applicare la propria legge penale ai cittadini che delinquono all’estero, dall’altro lo priverebbe inaccettabilmente della possibilità di andare a perseguire gli stranieri che delinquono all’interno del territorio dello Stato, nel momento in cui il fatto criminoso non sia considerato reato nel Paese di provenienza[14].
In quarto luogo, il principio della difesa, il quale comporta l’applicazione della legge dello Stato al quale appartengono gli interessi offesi ovvero il soggetto passivo della condotta criminosa[15]. In altre parole, con questo principio si legittima lo Stato a punire le azioni compiute all’estero da cittadini stranieri contro lo Stato medesimo o contro i suoi cittadini. Tale principio è considerato lecito dal diritto internazionale, anche se fu concepito originariamente in funzione “egoistica” da parte delle istituzioni statali, anche se negli ultimi anni esso sta progressivamente evolvendo verso forme più solidaristiche[16].
La maggior parte degli Stati, ad oggi, non adotta un unico ed esclusivo principio, ma un principio base – tendenzialmente quello della territorialità – temperato dall’adozione degli altri principi in maniera parziale[17].

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3. L’articolo 6 del Codice Penale

Giungendo al nostro ordinamento, il Codice Penale italiano accoglie dichiaratamente il principio di territorialità, come disposto dall’articolo 6 comma primo del Codice Penale, tuttavia, esso vi apporta delle deroghe così ampie tali da far parlare l’intero mondo dottrinale di una “tendenziale adesione al principio di universalità”[18]. Difatti, la legge penale italiana appare applicabile a tutti i fatti da essa perseguiti commessi dovunque, da chiunque e contro chiunque, ad eccezione di alcuni reati di limitata gravità, come precisato dagli articoli 9 e 10 del Codice Penale, in particolare: le contravvenzioni; i delitti puniti solo attraverso la pena pecuniaria; i delitti commessi dallo straniero a danni dello Stato italiano o del cittadino puniti con la pena detentiva inferiore ad un anno; i delitti commessi dallo straniero ai danni dell’Unione Europea, di uno Stato estero o di un altro straniero puniti con la reclusione inferiore nel suo minimo a tre anni[19].
La tendenziale adesione del diritto penale italiano al principio di universalità appare per lo più temperata da ostacoli di natura processuale alla perseguibilità del reato stesso[20]. Infatti, per quanto riguarda i fatti commessi all’estero la legge richiede la presenza dell’agente nel territorio dello Stato dopo la commissione del reato (ex articoli 9 e 10 del Codice Penale), la richiesta del Ministro della Giustizia (ex articoli 8, 9 commi 2 e 3 e 10 del Codice Penale), l’istanza o la querela della persona offesa (ex articoli 9 comma 2 e 10 comma 1 del Codice Penale) ovvero la mancata estradizione dell’agente (ex articolo 10, comma 2, numero 3 del Codice Penale); infine, ma solo per parte limitata della dottrina, risulta essere necessaria la previsione del fatto di reato sia da parte della legge italiana sia da parte della legge straniera – teoria della doppia incriminazione[21]; ostacoli che appaiono di natura più squisitamente processuale che sostanziale.

4. La nozione di territorio dello Stato

Come precedentemente accennato la legge penale italiana si applica innanzitutto ai reati commessi all’interno del territorio dello Stato indifferentemente che l’autore sia un cittadino italiano o un cittadino straniero[22]. A tal proposito il primo comma dell’articolo 6 del Codice Penale dispone che: 
Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana”. 
A tal proposito, appare quindi doveroso andare ad analizzare la nozione di territorio dello Stato, la quale viene fornita dal comma secondo dell’articolo 4 del Codice Penale, il quale dispone che: 
Agli effetti della legge penale, sono considerati cittadini italiani [i cittadini delle colonie, i sudditi coloniali], gli appartenenti per origine o per elezione ai luoghi soggetti alla sovranità dello Stato e gli apolidi residenti nel territorio dello Stato.
Agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica [, quello delle colonie] e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera”. 
Tralasciando quanto trattato dal comma primo, il comma secondo dell’articolo de quo si conforma al concetto di territorio dello Stato proprio del diritto internazionale e del diritto pubblico generale in base ai quali è considerato territorio dello Stato la porzione della superfice terrestre sulla quale lo Stato esercita la sua sovranità[23].
Orbene, appartengono al territorio dello Stato: il suolo dello Stato, comprensivo anche di parti intercluse all’interno di un altro Stato[24]; le acque interne e il lido del mare; il sottosuolo nei limiti della sua concreta utilizzabilità e raggiungibilità; lo spazio aereo nazionale o soprassuolo, ossia lo spazio aereo che sovrasta il territorio della Repubblica e il relativo mare territoriale limitatamente allo spazio atmosferico; il mare territoriale che, in base a quanto disposto dall’articolo 2 comma secondo delle Disposizioni Preliminari del Codice della Navigazione, si estende fino al limite di dodici miglia marine[25] – corrispondenti a 22,224 Km – dalle coste continentali ad insulari del territorio della Repubblica[26].
Inoltre, in base a quanto disposto dall’ultimo periodo dall’articolo 4 comma secondo del Codice Penale sono considerati come parte del territorio dello Stato anche “le navi e gli aeromobili italiani, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera”[27]. Indi per cui, i reati commessi a bordo di navi o aeromobili italiani vengono considerati come commessi all’interno del territorio statale anche se essi si trovano in acque internazionali o nello spazio aereo internazionale o in un territorio straniero[28].
Va inoltre evidenziato che, stando alle disposizioni di diritto internazionale, “è illimitata l’estensione della legge penale italiana alle navi e agli aeromobili militari italiani che si trovino nell’ambito di un territorio estero, mentre ove si tratti di navi o aerei civili italiani che si trovino in territorio estero l’assoggettamento alla legge penale italiana è limitato, nel senso che è escluso quando ricorra una delle seguenti condizioni: che la vittima del reato sia persona diversa dai membri dell’equipaggio; che il fatto turbi la tranquillità dello Stato estero; che sia stato richiesto l’intervento dell’autorità locale”[29], in tutti questi casi il fatto ricadrà nell’ambito dell’applicazione della legge penale e della giurisdizione locale[30].
Va doverosamente precisato che all’interno del territorio dello Stato non esistono luoghi sottratti all’impero della legge penale come avveniva in altre epoche, exempli gratia in chiese e conventi, per i cosiddetti luoghi di asilo[31]. Inoltre, benché si parli ancora di extraterritorialità delle sedi diplomatiche queste fanno parte e vengono considerate parte del territorio dello Stato, anche se ad esse vengono riconosciute tutte le immunità previste dal diritto internazionale[32].
Infine, e per esclusione, è considerato estero ogni luogo esterno al territorio dello Stato, che appartenga ad altro Stato o che non soggiaccia a sovranità alcuna[33].

  1. [1]

    Cfr., A. Fiorella, Le strutture del diritto penale. Questioni fondamentali di parte generale, Torino, Giappichelli, 2018, p. 159.

  2. [2]

    Cfr., A. Fiorella, Le strutture del diritto penale. Questioni fondamentali di parte generale, cit., p. 159.

  3. [3]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, Milano, Wolters Kluwer, CEDAM, 2019, p. 881.

  4. [4]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 881.

  5. [5]

    Cfr., A. Fiorella, Le strutture del diritto penale. Questioni fondamentali di parte generale, cit., p. 160.

  6. [6]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 881.

  7. [7]

    Si veda, D. Micheletti, Reato e territorio, in Criminalia, 2009, p. 566 e ss.

  8. [8]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 881.

  9. [9]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 881.

  10. [10]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 881.

  11. [11]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 882.

  12. [12]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 882.

  13. [13]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 882.

  14. [14]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 882.

  15. [15]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 882.

  16. [16]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 883.

  17. [17]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 883.

  18. [18]

    Così, AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, Milano, Giuffrè Editore, 2012, p. 122; cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 884; A. Fiorella, Le strutture del diritto penale. Questioni fondamentali di parte generale, cit., p. 162; Cfr., G. Licci, Figure del diritto penale. Il sistema italiano, Torino, Giappichelli, 2016, p. 121 e ss.

  19. [19]

    Cfr., AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, cit., p. 122.

  20. [20]

    Cfr., A. Fiorella, Le strutture del diritto penale. Questioni fondamentali di parte generale, cit., p. 162.

  21. [21]

    Cfr., AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, cit., p. 122.

  22. [22]

    Cfr., AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, cit., p. 122.

  23. [23]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 885.

  24. [24]

    Come il caso del Comune di Campione d’Italia, il quale si trova in provincia di Como ma risulta essere separato dal resto della provincia essendo circondato dal territorio svizzero.

  25. [25]

    Si precisa che un miglio marino corrisponde a 1,852 chilometri.

  26. [26]

    Cfr., AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, cit., p. 122 – 123.

  27. [27]

    Cfr., AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, cit., p. 123.

  28. [28]

    Cfr., AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, cit., p. 123.

  29. [29]

    Così., AA.VV., Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di G. MARINUCCI ed E. DOLCINI, cit., p. 123.

  30. [30]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 887.

  31. [31]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 888.

  32. [32]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 888.

  33. [33]

    Cfr., F. Mantovani, Diritto penale, cit., p. 888.

Marco Vitali

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