Accesso a documenti amministrativi relativi a indagine ispettiva: all’interesse alla riservatezza dei dipendenti che hanno reso le dichiarazioni, raccolte dagli ispettori, non si contrappone una reale e, soprattutto, attuale esigenza di difesa dell’appell

Lazzini Sonia 21/01/10
Scarica PDF Stampa

Le precauzioni individuate dal TAR, relative alla cancellazione dei nominativi dei dipendenti interrogati, non appaiono idonee ad assicurare il rispetto del diritto di questi ultimi alla riservatezza, essendo normalmente agevole, per chi conosce la realtà dei fatti, ricavare il nominativo del dichiarante dal contenuto della dichiarazione.

Con ricorso al Tribunale Amministrativo dell’Abruzzo, sede di Pescara, la Federazione ricorrente di primo grado in persone del legale rappresentante impugnava il provvedimento n. 40129 in data 18/12/2008 con il quale il Direttore della Direzione Provinciale del Lavoro di Pescara aveva negato l’accesso ai documenti amministrativi relativi all’indagine ispettiva condotta nei suoi confronti e conclusa con il verbale di accertamento ispettivo in data 31/10/2008 e chiedeva la declaratoria del proprio diritto a prendere visione ed estrarre copia dei verbali delle dichiarazioni rese agli ispettori dai dipendenti e collaboratori e di eventuali dichiarazioni con l’ordine di esibizione dei suddetti documenti.

Sosteneva di avere necessità della suddetta documentazione in quanto l’amministrazione ha contestato la genuinità del contratto d’appalto con altra impresa., ipotizzando violazione dell’art. 28 del D. Lgs. 276/2003, ovvero la somministrazione fraudolenta di lavoro intimando l’assunzione dei lavoratori interessati versando i contributi assicurativi e previdenziali.

Lamentava violazione degli artt. 24 e 111 della costituzione, degli artt. 22, 23 e 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e degli artt. 3, 9 e 10 del D.P.R. 184/2006, formulando quindi le sopra riportate conclusioni.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Amministrativo dell’Abruzzo, sede di Pescara, Sezione I, accoglieva il ricorso riconoscendo il diritto di accesso con il duplice limite del necessario oscuramento delle parti delle dichiarazioni dei dipendenti e collaboratori idonei ad identificarli con certezza e dell’unico documento (il rapporto informativo inviato all’autorità giudiziaria penale) sicuramente rientrante tra quelli assunti dagli ispettori nella loro veste di ufficiali di polizia giudiziaria, e condannando l’amministrazione a porre a disposizione della parte ricorrente i documenti in questione entro trenta giorni dalla notifica o dalla comunicazione della sentenza, per estrarne copia.

Avverso la predetta sentenza insorge il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in persona del Ministro in carica, chiedendo il suo annullamento o riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio l’INPS depositando la sola procura.

Qual è il parere dell’adito giudice di appello del Consiglio di Stato?

L’appello è fondato.

Questa Sezione con decisione 29 luglio 2008, n. 3798, ha affermato che in tema di diniego di accesso opposto dall’Amministrazione sulla base di norme che precludono l’accesso alla documentazione contenente le dichiarazioni rese in sede ispettiva da dipendenti delle imprese che richiedono l’accesso, le finalità che sostengono tale tipo di disposizioni, – fondate su un particolare aspetto della riservatezza, quello cioè attinente all’esigenza di preservare l’identità dei dipendenti autori delle dichiarazioni allo scopo di sottrarli a potenziali azioni discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni da parte del datore di lavoro-, prevalgono a fronte dell’esigenza contrapposta di tutela della difesa dei propri interessi giuridici, essendo la realizzazione del diritto alla difesa garantita “comunque” dall’art. 24, comma 7 della legge n. 241 del 1990 (in termini anche C. di S., VI 10 aprile 2003, n. 1923; 3 maggio 2002, n. 2366, 26 gennaio 1999, n. 59).

Il principio, che il Collegio condivide, si attaglia con particolare evidenza al caso in esame, nel quale l’indagine ai cui atti l’appellata chiede di accedere non era ancora conclusa, all’epoca della presentazione dell’istanza, non essendo stato emesso alcun provvedimento lesivo, mentre l’appellata non si era ancora avvalsa della possibilità di avviare il contraddittorio presso il Comitato Regionale per i rapporti di lavoro, ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.

L’appello deve, di conseguenza, essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, respinto il ricorso di primo grado.

 

 

Lazzini Sonia

 

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 7678 del 7 dicembre 2009, emessa dal Consiglio di Stato

 

 

N. 07678/2009 REG.DEC.

N. 03156/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 3156 del 2009, proposto da:
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

Federazione ricorrente di primo grado in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
Cisia Progetti s.r.l. in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
****************, non costituita in giudizio;
Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. *************, ******************, **************, domiciliato elettivamente in Roma, via della Frezza n. 17;

per la riforma

della sentenza del TAR ABRUZZO – PESCARA n. 00112/2009, resa tra le parti, concernente ACCESSO A DOCUMENTI AMMINISTRATIVI RELATIVI A INDAGINE ISPETTIVA.

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2009 il consigliere *************** e uditi per le parti l’avv.to dello Stato R. Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo dell’Abruzzo, sede di Pescara, la Federazione ricorrente di primo grado in persone del legale rappresentante impugnava il provvedimento n. 40129 in data 18/12/2008 con il quale il Direttore della Direzione Provinciale del Lavoro di Pescara aveva negato l’accesso ai documenti amministrativi relativi all’indagine ispettiva condotta nei suoi confronti e conclusa con il verbale di accertamento ispettivo in data 31/10/2008 e chiedeva la declaratoria del proprio diritto a prendere visione ed estrarre copia dei verbali delle dichiarazioni rese agli ispettori dai dipendenti e collaboratori e di eventuali dichiarazioni con l’ordine di esibizione dei suddetti documenti.

Sosteneva di avere necessità della suddetta documentazione in quanto l’amministrazione ha contestato la genuinità del contratto d’appalto con Cisia Progetti s.r.l., ipotizzando violazione dell’art. 28 del D. Lgs. 276/2003, ovvero la somministrazione fraudolenta di lavoro intimando l’assunzione dei lavoratori interessati versando i contributi assicurativi e previdenziali.

Lamentava violazione degli artt. 24 e 111 della costituzione, degli artt. 22, 23 e 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e degli artt. 3, 9 e 10 del D.P.R. 184/2006, formulando quindi le sopra riportate conclusioni.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Amministrativo dell’Abruzzo, sede di Pescara, Sezione I, accoglieva il ricorso riconoscendo il diritto di accesso con il duplice limite del necessario oscuramento delle parti delle dichiarazioni dei dipendenti e collaboratori idonei ad identificarli con certezza e dell’unico documento (il rapporto informativo inviato all’autorità giudiziaria penale) sicuramente rientrante tra quelli assunti dagli ispettori nella loro veste di ufficiali di polizia giudiziaria, e condannando l’amministrazione a porre a disposizione della parte ricorrente i documenti in questione entro trenta giorni dalla notifica o dalla comunicazione della sentenza, per estrarne copia.

Avverso la predetta sentenza insorge il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in persona del Ministro in carica, chiedendo il suo annullamento o riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio l’INPS depositando la sola procura.

Dopo che con ordinanza collegiale istruttoria n. 4415 in data 13 luglio 2009 è stata integrata la documentazione agli atti, alla camera di consiglio del 13 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è fondato.

Questa Sezione con decisione 29 luglio 2008, n. 3798, ha affermato che in tema di diniego di accesso opposto dall’Amministrazione sulla base di norme che precludono l’accesso alla documentazione contenente le dichiarazioni rese in sede ispettiva da dipendenti delle imprese che richiedono l’accesso, le finalità che sostengono tale tipo di disposizioni, – fondate su un particolare aspetto della riservatezza, quello cioè attinente all’esigenza di preservare l’identità dei dipendenti autori delle dichiarazioni allo scopo di sottrarli a potenziali azioni discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni da parte del datore di lavoro-, prevalgono a fronte dell’esigenza contrapposta di tutela della difesa dei propri interessi giuridici, essendo la realizzazione del diritto alla difesa garantita “comunque” dall’art. 24, comma 7 della legge n. 241 del 1990 (in termini anche C. di S., VI 10 aprile 2003, n. 1923; 3 maggio 2002, n. 2366, 26 gennaio 1999, n. 59).

Il principio, che il Collegio condivide, si attaglia con particolare evidenza al caso in esame, nel quale l’indagine ai cui atti l’appellata chiede di accedere non era ancora conclusa, all’epoca della presentazione dell’istanza, non essendo stato emesso alcun provvedimento lesivo, mentre l’appellata non si era ancora avvalsa della possibilità di avviare il contraddittorio presso il Comitato Regionale per i rapporti di lavoro, ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.

Di conseguenza, all’interesse alla riservatezza dei dipendenti che hanno reso le dichiarazioni, raccolte dagli ispettori, non si contrappone una reale e, soprattutto, attuale esigenza di difesa dell’appellante.

Giova osservare, infine, che le precauzioni individuate dal TAR, relative alla cancellazione dei nominativi dei dipendenti interrogati, non appaiono idonee ad assicurare il rispetto del diritto di questi ultimi alla riservatezza, essendo normalmente agevole, per chi conosce la realtà dei fatti, ricavare il nominativo del dichiarante dal contenuto della dichiarazione

L’appello deve, di conseguenza, essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese per entrambi i gradi di giudizio in ragione della parziale novità della questione.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa integralmente spese ed onorari di entrambi i gradi del giudizio fra le parti costituite.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2009 con l’intervento dei Signori:

***************, Presidente

************************, Consigliere

***************, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

***************, ***********, Estensore

 

L’ESTENSORE             IL PRESIDENTE 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/12/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

 

 

Lazzini Sonia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento