A.D.R. e crisi della giustizia

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Efficacia e diffusione delle A.D.R.

La sigla A.D.R. (Alternative Dispute Resolution ) , che non è più un’oscura abbreviazione, individua i metodi stragiudiziali di risoluzione alternativa delle controversie, fra i quali emergono, per diffusione, la mediazione, la conciliazione, l’arbitrato e l’ombudsman bancario, anche se questa figura recentemente è stata sempre meno seguita e ciò, forse, per la sempre maggiore presenza di intervento delle associazioni dei consumatori.

La dottrina si è sempre orientata verso una giusta diversificazione dei termini mediazione e conciliazione, mentre il cittadino li considera uniti.

Il termine conciliazione è riservato alla procedura riguardante le materie civili, commerciali e di lavoro, mentre la denominazione di mediazione alle procedure riguardanti la mediazione familiare e sociale..

La dottrina e la qualificata piccola porzione degli studiosi del diritto internazionale e comparato, nonchè il comune convincimento, hanno preso possesso della conoscenza e dei contenuti di tali tecniche, con il contributo di fattori di varia natura inerenti alle potenzialità operative dei meccanismi A.D.R..

E’ importante rilevare che servendosi di questi meccanismi, e in specie della conciliazione, le parti possono arrivare a risultati molto soddisfacenti e remunerativi, anziché rivolgersi alla Giustizia ordinaria togata, con le sue lungaggini, la quale vede, peraltro, diminuire il carico giudiziario.

Con i metodi A.D.R. possono risolversi – in via extragiurisdizionale – controversie, insorte tra soggetti privati, in modo tale da rifiutare i tempi e i costi proibitivi del contenzioso giudiziario, da cui hanno origine oneri che la società o il singolo non può affrontare.

Le Alternative Dispute Resolutions nacquero, appunto, nell’ambito del diritto privato.

Il modello ebbe molto successo, tanto da incoraggiare la sua esportazione anche nell’area pubblicistica per risolvere i conflitti tra autorità pubbliche e cittadini.

Il sensibile apprezzamento del fattore tempo ha fatto la fortuna di tali strumenti. Si consideri pure la crisi della Giustizia per l’incapacità dell’apparato giudiziario di garantire una giustizia migliore e di rispondere efficacemente alla continua domanda di giustizia.

Di fianco alle potenzialità operative di questi strumenti alternativi, occorre considerare che la giurisdizione ordinaria, con non poche difficoltà, tenta di soddisfare o di rispondere alla richiesta di una giustizia non onerosa, ma giusta e rapida.

Tuttavia il ricorso ai metodi alternativi di composizione dei conflitti non va inteso come uno strumento deflattivo di una richiesta di tutela giurisdizionale, che l’apparato giudiziario non riesce a fronteggiare, come se la loro esistenza dipendesse solamente dal fatto che la Giustizia ordinaria non funziona come desidererebbe la società civile, anche se a ciascuna conciliazione corrisponde una controversia giurisdizionale in meno. Viceversa anche se la giurisdizione statale fosse al massimo dell’efficienza, gli strumenti della conciliazione e dell’arbitrato sono ugualmente essenziali, in quanto l’intervento pubblico è opportuno laddove si renda necessario, e poi perché tali strumenti perseguono un diverso risultato; non per niente vengono considerati le formule A.D.R. più diffuse nel nostro ordinamento.

Rispetto ad altri strumenti, che hanno come fine di facilitare l’accesso alla Giustizia, come per esempio la class action, la caratteristica degli A.D.R. deriva dal fatto che gli strumenti di risoluzione extragiudiziale delle controversie si muovono in maniera del tutto diversa, in quanto mirano soprattutto a prevenire la rottura definitiva del rapporto di fiducia tra cliente e intermediario oppure che questo rapporto venga ripristinato al più presto.

Proprio il mantenimento della fiducia costituisce il perno di ogni sistema finanziario, motivo per cui gli A.D.R. vengono spesso integrati con i relativi sistemi di vigilanza finanziaria. A livello comunitario, per tutelare la correttezza e la trasparenza nei mercati finanziari, le A.D.R., vengono predisposte come un elemento del sistema di vigilanza, anche se l’adozione non viene imposta e gli Starti Membri hanno piena libertà di cercare le iniziative per sollecitare questi strumenti, e proprio questa libertà ha fatto sorgere diverse forme di A.D.R. nei settori finanziari.

L’alternatività di tali procedimenti ha un certo significato, perché se le esigenze delle parti non vengono soddisfatte, la facoltà di agire in sede processuale non è preclusa.

La surrogazione delle A.D.R. al tradizionale ricorso in sede giurisdizionale, si configura come l’esito di un tentativo di alleggerire il carico di lavoro della Giustizia civile.

L’esperienza degli A.D.R. ebbe origine negli U.S.A. dove è stata molto incoraggiata dal legislatore come strumento per decongestionare l’apparato Giustizia, e ciò può avere come effetto quello di rafforzare la difesa della tutela soggettiva.

Le principali differenze fra i due strumenti arbitrato e conciliazione sono: l’arbitrato è un procedimento che viene condotto con l’osservanza di regole processuali; un organo, terzo ed imparziale, pone fine alla controversia pronunciando una decisione che esprime il proprio convincimento giuridico, vincolante per le parti compromettenti; nella conciliazione, invece, l’intervento di un soggetto terzo, imparziale, chiamato ad assistere le parti nella risoluzione delle controversia, ha lo scopo di moderare le opposte pretese delle parti con le quali tiene dei colloqui; infine suggerisce alle stesse una adeguata disposizione degli interessi sostanziali in conflitto, quindi provvede a redigere un atto negoziale , come conseguenza della volontà espressa dalle parti. Viene raggiunto, cioè, un accordo soddisfacente per le parti a seguito di avvenuta comunicazione. Mentre nel processo civile la funzione documentale fa da principe, nella procedura di conciliazione è la comunicazione – fra le parti e fra esse e il conciliatore –a fare da protagonista e deve, perciò, essere valutata come elemento prioritario ed ineludibile dal conciliatore. Per comunicare necessitano quindi tutti gli elementi possibili, quali le parole, il tono della voce, i modi e i gesti. La realizzazione di una relazione di fiducia tra conciliatore e parti è molto legata al dialogo che si riesce ad instaurare e, a tal fine, molto importante sono le domande che vengono poste dal conciliatore alle parti, allo scopo di fare chiarezza sulla questione controversa.

Il ruolo del terzo può assumere le seguenti dimensioni: può servire come semplice facilitatore allo scopo di arrivare all’accordo fra le parti in conflitto, oppure le parti possono incaricarlo di definire una soluzione della disputa; quindi si hanno A.D.R. facilitative e A.D.R. determinative e questa distinzione ci permette di identificare i due principali modelli nei diversi ordinamenti, ed inoltre è fatta propria anche dal diritto comunitario.

In entrambe le ipotesi di A.D.R.facilitative che determinative, la Commissione Europea, tramite due distinte “ raccomandazioni” si è data da fare per incoraggiare l’adozione di principi sui quali gettare le basi per formare i meccanismi nazionali di A.D.R..Alcuni di tali principi sono comuni ad entrambe le categorie di strumenti, altri sono specifici per ciascuna categoria. Il complesso delle disposizioni comunitarie – che non sono dotate di efficacia vincolante – sono state di aiuto nella costruzione di principi che regolano l’opera di risoluzione stragiudiziale delle controversie. Il rispetto di tali principi è dotato di una indiretta sanzione, dato che solo meccanismi in coerenza con la Raccomandazioni possono far parte della rete degli A.D.R. europei.

Dato che il ricorso agli A.D.R. è legato ad una decisione volontaria e revocabile delle parti, costituisce elemento essenziale per la sua operatività – onde evitare che le parti si rivolgano al Giudice – la credibilità e la competenza del terzo chiamato a risolvere la disputa. In caso contrario, lo strumento di A.D.R. sarà un ostacolo piuttosto che una facilitazione nell’accesso alla Giustizia . In ogni momento le parti, non avendo soddisfazione dell’esito, possono liberamente ricorrere all’Autorità Giudiziaria. solo, però, dopo aver subito una perdita di tempo.

Il risultato delle procedure A.D.R. si concretizza in una decisione amministrativa e non in una sentenza.

 

Le imprese e i metodi di risoluzione dei conflitti.

Tra professioni, imprese e mezzi alternativi di risoluzione delle controversie esiste un legame, ma per capirlo bisogna mettere in evidenza la lentezza dei processi civili. che è uno dei principali ostacoli allo sviluppo produttivo dell’Italia, con la conseguenza che gli scambi proseguono a rilento e gli investitori sono demotivati e sfiduciati.

La società dell’informazione e del commercio elettronico esige decisioni poco costose, efficaci e rapide, ma il nostro apparato giudiziario, essendo male organizzato, non può arrivare a tanto.. La durata delle cause civili aumenta anno dopo anno; lo stesso dicasi riguardo al numero dei procedimenti civili pendenti.

In seguito all’applicazione giurisprudenziale della legge Pinto, l’Italia è andata incontro a molte spese a titolo di risarcimento, e i costi sono sempre in continuo aumento.

La popolazione italiana è quasi stabile, ma le richieste rivolte all’Autorità giudiziaria sono in costante aumento per la propensione al litigio delle persone. Se da un lato la litigiosità aumenta, dall’altro si rinuncia a rivolgersi alla Giustizia per non affrontare sia i tempi lunghi, che trascorrono prima di arrivare ad una sentenza, e sia i costi del processo civile ordinario, con conseguenze poco piacevoli, specialmente per le imprese che sono impegnate nella redazione dei bilanci durante gli anni in cui è pendente il giudizio.

Inoltre, fattori psicologici si aggiungono al fatto che i procedimenti giudiziari, che vengono celebrati nei Tribunali, sono alquanto complessi: l’utente si trova ad affrontare un incomprensibile linguaggio giuridico. Sovente, poi, non vi è proporzione tra i costi del giudizio e lo scarso valore economico della controversia.

Lo sviluppo dei metodi di risoluzione dei conflitti è in costante aumento.

Diverse sono state in Italia le normative che hanno fatto riferimento al ricorso alle procedure conciliative e arbitrali.

L’interesse dimostrato da parte delle imprese non è occasionale, ma una risposta alla necessità di un cambio di modello che ridia valore alla libertà di autodeterminazione delle aziende e alla continuità dei rapporti tra le parti.

La soluzione ottimale tra due parti in conflitto, a volte, non proviene dalla sentenza di un Giudice, a prescindere dall’efficienza del sistema giudiziario, Anche in presenza di un apparato veloce, sicuro, affidabile ed economico le parti potrebbero non ricevere la soluzione più idonea a risolvere tutti gli aspetti del litigio.

Il Magistrato non ha il compito di verificare che la sentenza soddisfi gli interessi delle parti; il processo giudiziario è finalizzato a verificare i fatti e ad applicare la norma che contempla la soluzione

Gli strumenti A.D.R. danno una risposta differente alla domanda di giustizia, richiedono un cambiamento culturale profondo rispetto al concetto stesso di giurisdizione. Non bisogna concepire i metodi stragiudiziali come un sollievo al carico giudiziario o come una giustizia minore, perché ciò significherebbe non valorizzare una risorsa preziosa per la cultura giuridica italiana.

I metodi stragiudiziali potranno anche funzionare soltanto in presenza di un sistema giurisdizionale efficace.

 

La giustizia in una nuova cultura.

Sono note le difficoltà che si incontrano per garantire , in modo adeguato, ai cittadini ed alle imprese, la tutela dei propri diritti. Tutti devono avere la possibilità di accedere a procedimenti efficaci, poco costosi, rapidi e semplici, qualora questi diritti venissero violati.

Un problema-giustizia viene avvertito dovunque nel nostro Paese, dal mondo politico alla società civile: l’eccessiva durata dei processi. E’ diffuso un senso di incertezza e insoddisfazione nell’apparato-giustizia; ci sono stati interventi legislativi sull’immediatezza, sulla concentrazione e sull’oralità, ma la disciplina processuale è rimasta complessa e articolata.

C’è anche un problema di domanda e di offerta di giustizia. Con riferimento al profilo della domanda il cittadino sente la necessità di affermare le proprie ragioni individuali, quindi siamo in presenza di diritti sempre più frammentati che necessitano di una tutela specifica. Per quanto concerne il profilo dell’offerta, occorre intervenire continuamente sull’apparato giudiziario e ricorrere ad altri sistemi più adeguati.

Esistendo, quindi, una distorsione tra domanda e offerta di giustizia, occorre adottare forme diverse, al di fuori del campo giudiziale, che risolvano i conflitti, in modo che le parti possano giungere a soluzioni condivise, e, pertanto, vantaggiose. Bisogna agire in modo che l’offerta sia differente; poichè i conflitti assumono forme sempre più ampie e diverse, per risolvere le controversie, è necessario ricorrere a modalità alternative ed extragiudiziali , per dare, così, respiro all’apparato giustizia.

Occorre, quindi, dare la giusta alternativa alla Giustizia ricorrendo alle A.D.R., strumenti utilissimi da considerare come una giustizia volontaria che favorisce la continuità dei rapporti. La vertenza viene concepita come una occasione di cambiamento e di crescita, si cerca di superare il proprio punto di vista per giungere ad una soluzione condivisa, dopo aver dato la giusta valutazione ad altre idee.

Il conflitto e la contrapposizione sono fatti positivi, elementi di novità che favoriscono il confronto e la crescita delle relazioni, la lite viene considerata in modo diverso e quindi si va in cerca di nuove modalità: gli strumenti di giustizia alternativa alla giustizia ordinaria.

La giurisdizione statale viene considerata come la sede naturale per risolvere le controversie, però la sua prevalenza in ciò non può ritenersi scontata e inevitabile, derivando da un’attitudine culturale, formativa e normativa.

Si ricorre alla soluzione consensuale per avere una risposta adeguata al conflitto.

Il metodo delle A.D.R. di risoluzione delle controversie non è da intendersi secondario o alternativo, ma parallelo al sistema giudiziario Nessuna delle parti, relativamente alla sua inadempienza, deve sentirsi più protetta da una Giustizia civile lenta. Ecco perché bisogna favorire la diffusione di tali strumenti.

Il soggetto, per la tutela dei suoi diritti, deve avere la possibilità di una libera scelta, a seconda delle caratteristiche della controversia da risolvere, tra vari metodi di risoluzione efficienti e garantiti: dalla risoluzione negoziale diretta tra le parti, alla mediazione, all’arbitrato e, quindi, il giudizio ordinario, solo come ultima possibilità.

Allora possiamo dire che le vie da percorrere sono due: da una parte, una maggiore efficienza ed efficacia dei procedimenti giudiziari, e dall’altra lo sviluppo delle procedure che non fanno parte degli atti giudiziari.

Come primo passo abbiamo avuto un proficuo avvio nell’anno 2009 con la riforma del processo civile; per quanto concerne la seconda via, invece, si mira a sottrarre all’apparato giudiziario i procedimenti che hanno uno scarso valore economico.

Per migliorare le procedure giudiziarie necessitano riti semplificati per le controversie di minor valore, riducendo il formalismo procedurale al minimo indispensabile, tale da garantire efficacemente la tutela dei diritti delle parti. Esiste poi una eccessiva frammentazione dei riti in aggiunta al processo civile ordinario; non bisogna, quindi, esagerare per questo verso, perché essi sono la causa di tanti disservizi e ritardi. A tal proposito una legge di recente ha previsto sia l’introduzione del procedimento sommario di cognizione e sia una delega per semplificare i riti, che , ad oggi , sono trenta circa.

Però, unitamente alla riforma del processo civile, onde ottenere effetti di una certa consistenza, è necessaria una revisione dell’intero sistema; occorre sviluppare procedure extragiudiziali.

Con il d.lgs. n. 289/2010, in materia di “mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali” è stato semplificato l’accesso degli utenti alla risoluzione dei conflitti, con l’intenzione di indirizzare un certo numero di controversie verso uno strumento extragiudiziale, prima di rivolgersi agli organi togati.

Un efficiente meccanismo di conciliazione costituisce sicuramente una importante risorsa per la giustizia civile; premesso che una libera scelta dovrebbe rappresentare un privilegio per un soggetto, una conciliazione efficiente, snella e poco costosa può essere obbligatoria e non semplicemente facoltativa.

 

Storia della conciliazione in Italia

Secondo un assioma della comunicazione “ non si può non comunicare “, vale a dire che nella sua vita, ogni essere umano non può fare a meno di comunicare le sue emozioni, il suo comportamento, le sue idee, e comunica sempre soprattutto quando inevitabilmente si creano dissidi con altri; è per ciò che un primo assioma della convivenza sociale potrebbe essere “ non si può non discutere “.

Proprio perché la discussione, il contrasto, la disputa sono innati nella natura dell’uomo, anche i metodi per poter dirimere le liti sono vecchi quanto il mondo: la conciliazione delle controversie ne è un esempio.

La storia della conciliazione si perde nella notte dei tempi. Fra gli antichi romani si cercava di risolvere una controversia mediante un componimento amichevole della lite prima di recarsi davanti al Pretore, il quale, nel caso in cui le parti avessero raggiunto un accordo, avrebbe confermato la loro volontà con la sentenza.

Anche la Chiesa ha avuto un ruolo molto importante per la diffusione della cultura della conciliazione come risoluzione di controversie: dal parroco che veniva invitato a mediare le controversie tra i suoi parrocchiani, fino alle vere e proprie conciliazioni pontificie attraverso le quali i Papi svolgevano la propria opera per definire controversie tra diversi Stati.

La conciliazione dei tempi moderni è un istituto che individua il tentativo libero e volontario, ad opera di due o più parti, di raggiungere un accordo negoziato con l’aiuto di un terzo neutrale, imparziale ed indipendente: il “mediator“, che non ha il significato di “mediatore“ ma di “conciliatore “. Infatti nel nostro Ordinamento Giuridico esiste già la figura del mediatore d’affari contemplato dall’art.1754 e segg. del cod. civile.

L’istituto della conciliazione è originario del mondo anglosassone. I paesi anglosassoni hanno sviluppato una notevole quantità di tecniche per la gestione e la soluzione delle controversie, che chiamano A.D.R. – Alternative Dispute Resolution ( risoluzione alternativa delle controversie ) – e che registra tassi di successo molto elevati, e sulla spinta di tale successo anche l’Unione Europea e diversi paesi hanno stimolato interventi legislativi ad hoc, regolamentando le principali caratteristiche dei procedimenti di A.D.R.-

Anche in Italia si sente la necessità di poter risolvere le controversie insorgenti o insorte tra soggetti mediante il ricorso a strumenti alternativi alla Giustizia ordinaria: ecco allora spuntare il tentativo di conciliazione che ha titolo per inserirsi tra i metodi di risoluzione alternativa delle controversie e presenta inoltre molti vantaggi.

Il tentativo di conciliazione è presente in diversi settori nell’esperienza giuridica italiana, sia come obbligatorio e “ante causam“ – esempio: nel processo del lavoro – che come possibilità attribuita a determinati soggetti, ma la conciliazione delle controversie gestita dalle Camere di Commercio e dagli organismi privati presenti nel territorio italiano è procedimento tutto diverso, infatti sono differenti le regole, i professionisti chiamati a svolgere il tentativo di conciliazione, le tecniche utilizzate. Si può affermare che questo tipo di conciliazione è peculiare rispetto ad ogni altro tipo di conciliazione che si riscontra nelle nostre leggi e nei nostri codici.

E’ nota la crisi della gestione della Giustizia nei Tribunali italiani: enti e aziende che affrontano cause civili ordinarie devono mettere in preventivo tempi lunghi, costi alti e decisioni che spesso non li gratificano a sufficienza e che sovente sono soggette a mezzi di impugnazione.

La conciliazione è una negoziazione facilitata che si svolge sotto il controllo di un terzo – il conciliatore – con lo scopo di guidare le parti al raggiungimento di un accordo di reciproca soddisfazione per entrambe e con la possibilità di porre le stesse parti in una situazione migliore di quella precedente.

E’ preferibile risolvere le controversie negoziando con la controparte: si risparmiano tempo e denaro, si ristabiliscano relazioni compromesse.

Per negoziare efficacemente si hanno di solito due vie: o si dispone di risorse adatte, vale a dire di uno staff di negoziatori adeguatamente formati ed uffici di gestione del contenzioso che conoscano benissimo le tecniche di negoziazione più efficaci, oppure si chiede l’intervento di terzi neutrali ed imparziali, che hanno competenza nella facilitazione di negoziazioni altrui: conciliatori o mediatori, distinti sia dai Giudici che dagli arbitri, ma anche dai mediatori d’affari.

Il d.lgs. 206/2005 all’art.141 ( Codice del Consumo ) prevede che tutte le aziende produttrici e venditrici di beni e servizi, nonché le associazioni dei professionisti, hanno facoltà di avviare procedure di conciliazione extragiudiziale per le controversie con i consumatori.

La Giustizia italiana introduce una riforma epocale: l’obbligatorietà della mediazione e cioè una disciplina organica e generale della “mediazione delle liti civili e commerciali”, con l’obiettivo di pervenire ad una conciliazione delle controversie, operando in via stragiudiziale e amministrata da organismi pubblici o privati riconosciuti legalmente idonei.

La novità assume un certo rilievo. Fino ad oggi gli interventi legislativi si sono limitati a singole previsioni normative in specifiche discipline di settore: telecomunicazioni, lavoro, turismo, franchising, patti di famiglia, ecc.; l’istituto dal punto di vista funzionale, però, non ha avuto beneficio, sorsero alcune contraddizioni; nel campo della conciliazione si profilava, quindi, la necessità di un’ organica ed essenziale disciplina.

Le odierne controversie hanno origine da situazioni negoziali complesse; se si ricorre allo strumento della conciliazione ( molto utile ed efficiente ), aumentano le possibilità di composizione stragiudiziale: gli italiani ci credono.

Nei riguardi della conciliazione è stata approvata una vasta regolamentazione in diversi settori di applicazione e successivamente introdotta una disciplina organica e generale, come sopra detto.

 

La nuova normativa della conciliazione.

La conciliazione è una procedura alternativa di risoluzione delle controversie civili e commerciali, volontaria e riservata: le parti vengono aiutate da un terzo neutrale, senza poteri decisori, nella gestione della controversia in conflitto, sono guidate nella negoziazione e orientate nella ricerca di un accordo per entrambe soddisfacente.

Dalla conciliazione non scaturisce un processo: Il conciliatore, sulla base delle peculiarità che emergono dal caso particolare, altera la forma della procedura, che viene poi modellata in relazione agli interessi e ai bisogni delle parti, ne valuta le contrapposte posizioni, ne individua la esatta composizione, per poi dare alle stesse parti il suo consiglio, e, così comportandosi, favorisce l’incontro della volontà delle medesime, che rappresenta l’unico modo per estinguere le controversie, per ripristinare la pace sociale e per far sì che i rapporti tra le parti abbiano la loro prosecuzione.

La mediazione permette alle parti di esprimere le proprie emozioni e sensazioni ed offre alle stesse anche la possibilità di esprimere i propri interessi professionali: ciò non è ammissibile o rilevante in una aula di Giustizia ordinaria.

Oggi c’è tanto formalismo giudiziario, si verificano situazioni di stallo che paralizzano tutte le parti e ciò non serve per risolvere le controversie. Pertanto le procedure di conciliazione sono idonee non solo per risolvere specialmente le piccole controversie, ma anche le medie e grandi controversie; infatti, a tal proposito, è stata prestata molta attenzione alla disciplina dei procedimenti di mediazione e conciliazione. Così per una disciplina generale della mediazione è entrato in vigore il d,lgs. N.28/2010

La procedura da seguire è la procedura di conciliazione amministrata: le parti devono rivolgersi ad un organismo accreditato di mediazione, iscritto nell’apposito registro ministeriale e presso tale organismo deve svolgere la propria attività il mediatore professionale.

A norma del su detto d.lgs., a condizione che si tratti di diritti disponibili, tutti possono accedere, senza particolari formalità e senza l’assistenza di un difensore abilitato, alla procedura di mediazione di una controversia..

Il decreto ha, altresì, prescritto all’art. 4, comma 3, che gli avvocati hanno l’obbligo – la cui violazione comporta l’annullabilità del contratto di incarico professionale – di portare a conoscenza dei loro clienti, al momento del conferimento dell’incarico , che possono esperire la procedura di mediazione. I clienti devono anche essere informati degli effetti dell’accordo e delle agevolazioni fiscali previste dal decreto. Tale norma ha suscitato non poche critiche negli ambienti professionali.

L’intervento è stato indirizzato sulla cultura e sulla formazione della classe forense italiana, che è favorevole al confronto e alla dialettica giudiziale; da mettere in evidenza, poi, che avvocati, con poca sensibilità deontologica, potrebbero essere tentati di manipolare il vantaggio informativo nei confronti del cliente che potrebbe essere indotto a rivolgersi alla Giustizia ordinaria, anche nei casi in cui il ricorso a tale giustizia non sarebbe opportuno.

Con la crisi della giustizia e con la impellente necessità di trovare nuove soluzioni, perchè il cittadino possa ottenere una più rapida ed efficace tutela dei suoi diritti, è aumentato l’interesse verso le ADR, cioè procedure con le caratteristiche della semplicità e rapidità; oltre che poco costose riducono i tempi del giudizio, la litigiosità tra le parti e le spese del processo.

E’opportuno mettere in risalto che un impiego continuo degli A.D.R. può contribuire allo sviluppo del sistema economico e dare sicurezza agli investimenti condizionati dalle incertezze delle situazioni giuridiche e degli scambi commerciali a causa dell’inefficienza di tutto l’apparato della Giustizia.

Ed infatti il contenzioso tradizionale rischia di danneggiare irreparabilmente l’immagine pubblica e la reputazione di un’impresa sul mercato, ha riflessi negativi sulla competitività della stessa impresa nonchè sull’economia del Paese, in quanto gli utenti del servizio Giustizia devono sostenere un costo aggiuntivo.

Certo è che si ricorre sempre più alle procedure A.D.R..Per questo motivo è stata introdotta la disciplina generale della mediazione, strumento generale con l’obiettivo di deflazionare l’enorme carico giudiziario della Giustizia civile. L’intento è pure quello di recuperare l’efficienza della struttura giudiziaria, poiché occorre considerare che i sistemi di A.D.R. non rappresentano un’alternativa alla giurisdizione ordinaria, ma hanno un ruolo autonomo e parallelo nei confronti della stessa; ci sarebbe pertanto un sistema di tutela dei diritti, dove il cittadino è libero di scegliere relativamente al tipo di controversia in questione, tra metodi di risoluzione.

Cosi il ricorso alle procedure extragiudiziali non bisogna intenderlo quale conseguenza automatica della crisi della giustizia ordinaria, viceversa si giustificherebbe sul fatto di essere in presenza di un valido sistema giudiziario, si opta tra un procedimento rapido con un giudice togato e diversi modelli sicuri e compositivi basati sul consenso.

 

Metodi di risoluzione alternativa in Europa

Il cittadino viene scoraggiato per la mancata risposta alle proprie doglianze da parte del produttore o venditore di beni o prestatore di servizi e, quindi, non prosegue nelle sue azioni .

Si teme la lunghezza delle procedure giudiziali per far valere le proprie ragioni di essere soddisfatti. Occorre , pertanto, rendere facile la risoluzione delle controversie, garantire alle imprese un mercato interno competitivo e avvicinabile dal cittadino che deve essere ben tutelato.

Importante è il ruolo che rivestono gli organismi di gestione delle controversie: Autorità dei consumatori, organizzazioni dei consumatori, ecc. Essi sono nelle condizioni di ottenere un riscontro positivo nella misura statistica: un successo ogni tre ricorsi presentati; invece l’11% dei cittadini preferisce ricorrere da un avvocato e rivolgersi al Tribunale.

Nell’ambito dell’Unione europea il numero dei casi di risoluzioni alternative delle dispute ultimamente è aumentato, per cui si riscontra una maggior consapevolezza della possibilità di risolvere le dispute extragiudiziale : alcuni degli Stati membri dell’U.E. stanno al primo posto con il maggior numero di casi per ogni migliaio di abitanti ; infatti il Belgio e il Regno Unito hanno registrato il record nell’anno 2008, nei casi di affidamento alla risoluzione alternativa delle dispute ( rispettivamente con 4,7 e 2,5), laddove la media U.E., è di un caso ogni 1000 abitanti, mentre alcuni Stati stanno molto al di sotto di tale media.

Il gradimento varia nei diversi Stati Membri verso la risoluzione alternativa delle dispute; infatti, in relazione alle persone intervistate si è constatato che il Regno Unito è il Paese in cui i consumatori sono più favorevoli. Però anche tra i professionisti del ramo legale il trend è in aumento.

Diversi Tribunali fanno ora richiesta di alcune forme di A.D.R.,- con la definizione in lingua inglese – che vengono applicate prima che il caso venga portato dinanzi alla Corte. La popolarità della mediazione aumenta e ciò si spiega con il maggior flusso di lavoro che si verifica nelle Corti. I cittadini, altresì, percepiscono che con il ricorso alle A.D.R. sostengono costi minori nei confronti di una causa civile, vanno incontro a tempi inferiori e sanno che esiste un maggior controllo relativamente alle persone selezionate che si devono occupare di tutto l’iter decisionale .

L’Unione Europea, sull’onda della direttiva sulla mediazione 2008/52/CE, ha in previsione la sua obbligatorietà, tenuto conto dei costi convenienti e dei benefici che comporta , Si tende a favorire la fiducia nei cittadini verso il mercato interno, in quanto aumentano le garanzie per risolvere agevolmente i conflitti.

Analizziamo sinteticamente i contenuti della predetta direttiva europea che sarà recepita nel nostro Paese: un equilibrio fra metodi “tradizionali” e la mediazione è previsto dall’art.1; l’art. 4 prevede proprio la formazione di mediatori e un codice di condotta, mentre l’art. 5 attribuisce ad ogni Tribunale dell’Unione europea il diritto di invitare le parti a ricorrere alla mediazione, con l’articolo 7 viene difeso il mediatore dal dovere di fornire le prove e le testimonianze in futuro davanti alla Corte.

Gli Stati Membri, in base alla citata direttiva in vigore dal mese di giugno 2008, entro tre anni devono recepirla, ma sono garantiti nella discrezionalità di scegliere in materia di applicazione nei limiti dei soli conflitti interni o estendere il campo d’azione ai conflitti transfrontalieri civili e commerciali.

La prossima revisione della direttiva sarà effettuata non prima del 21 maggio 2016; entro il 21/05/2011 dovrà avvenire il suo cambio in legge nazionale, mentre per l’art. 10 la data è il 21/11/2011. Tale art. si interessa dell’informazione sulle competenti Corti ed Autorità.

 

Iter di approvazione della direttiva

Nel novembre del 2007 fra Consiglio, Commissione e Parlamento fu raggiunto un accordo politico. Non ci fu opposizione agli emendamenti del Parlamento, salva qualche eccezione.

Il Consiglio accettò un nuovo articolo riguardo la natura transfrontaliera della direttiva, accordò la specifica menzione che il processo di mediazione è di natura volontaria, decise di mantenere il testo dell’accordo comune riguardo i requisiti del mediatore, non accettò un emendamento che avrebbe reso impossibile per le parti ricorrenti alla mediazione di rivelare informazioni riguardo alla procedura di mediazione e che il divieto di rivelazione dovrebbe anche coprire il divieto alle parti terze; decise di non pubblicare nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee il “Codice europeo di condotta per i Mediatori” in quanto il codice non costituisce un testo adottato in forma ufficiale, decise di accettare una clausola di revisione; decise di proporre date differenti per rendere operante la direttiva. Gli Stati membri avranno, per il recepimento, il termine massimo di 36 mesi.

In occasione delle relazioni sulla “protezione dei consumatori”, il Parlamento europeo continuerà nel monitoraggio del livello di soddisfazione dei cittadini europei. Il predetto organo ha inoltrato richiesta alla Commissione europea di unificare il periodo di pubblicazione delle suddette relazioni sul “mercato interno”, per un doppio fine: 1) l’ analisi contestuale di dati integrati, 2) qualora si renda necessario intervenire sui fattori critici delle relazioni, potersi esprimere adeguatamente al momento giusto.

 

La lentezza della giustizia ordinaria e cosa essa comporta.

Per le imprese italiane la lentezza della giustizia ordinaria comporta costi molto alti a svantaggio della competitività.

In confronto ad altri paesi europei si spende di più in Italia, in quei Paesi i tempi di durata del processo sono molto minori. Lentezza della Giustizia e costi molto alti producono notevoli difficoltà alla gestione aziendale e alla sopravvivenza dell’impresa; vanno di mezzo l’impresa italiana in termini di competitività, la crescita economica e lo sviluppo del Paese: lo Stato deve intervenire mediante gli investimenti per tutelare la competitività delle imprese; e ciò si raggiunge anche agendo sui tempi della Giustizia.

I metodi A.D.R., e in specie la mediazione, possono migliorare la competitività della imprese italiane che, altrimenti, vanno incontro ad un enorme dispendio di risorse, soprattutto per il recupero dei crediti.

Il d.lgs. n,28/2010 pone le imprese italiane in grado di risolvere il problema persino a costo zero. L’intervento dei commercialisti, che operano a fianco delle imprese, riveste molta importanza: gli stessi, seguendo validi percorsi formativi, avranno cura di approfondire la materia, di imparare a fondo le tecniche di gestione dei conflitti e , quindi, consigliare la mediazione.

Ricorrono dei casi in cui l’imprenditore è costretto a rinunziare al contenzioso in considerazione della antieconomicità di alcune azioni che produrrebbero soltanto dei costi in aggiunta alla precedente perdita.

 

La situazione dei Tribunali in Italia.

Dalle relazioni di apertura degli anni giudiziari scaturiscono, per la giustizia civile italiana, situazioni sempre più allarmanti.

Si va dalle cause civili di cognizione ordinaria di primo grado davanti ai Tribunali fino ai procedimenti esecutivi immobiliari, per i quali, per ottenere una decisione del Giudice, bisogna attendere oltre tre anni.

Si riscontrano differenze quantitative e di composizione della domanda di giustizia tra Nord, Centro e Sud, dalle quali emerge un profilo di litigiosità del Sud, oltre che superiore dal punto di vista quantitativo, anche sistematico per tutti i tipi di controversia.

Aumenta la sopravvenienza dei fascicoli depositati nelle cancellerie di Corti e Tribunali italiani .

La Banca Mondiale per darci un confronto dei dati in campo internazionale ha elaborato una classifica: per portare a termine una procedura di recupero crediti occorre più tempo in Italia, poi viene la Spagna, seguono la Cina, l’Inghilterra, la Germania, la Francia e gli USA

I ritardi sono poi destinati ad aumentare se si prendono a confronto paesi omogenei per dimensioni, livello di sviluppo economico e caratteristiche dei sistemi legali. In Italia si riscontra un tasso di litigiosità più alto e, pertanto, i ritardi sono destinati a subire un aumento.

 

La giustizia italiana e i suoi costi.

Abbiamo visto che i dati sulla durata del processo sono molto negativi, lo stesso dicasi per i dati relativi ai costi della giustizia(esercizio dell’azione, la procedura e l’assistenza legale). Riguardo ad altri Paesi europei – dove esistono tempi molto minori – sosteniamo un costo maggiore.

Speciali organi della Banca Mondiale e della Commissione costituita in seno alla Ue ci forniscono i dati di cui sopra redigendo appositi rapporti. La predetta Commissione si interessa anche di valutare e di mettere a confronto il livello di efficienza della Giustizia nei Paesi dell’Europa.

Riguardo il costo annuo della giustizia, l’Italia è al primo posto, seguono la Francia, la Spagna e l’Olanda.

Da ciò si evince che ogni italiano sopporta un costo maggiore per l’amministrazione della Giustizia giudiziaria rispetto ai francesi, agli spagnoli, agli inglesi e ai tedeschi; per una controversia commerciale in Italia ci vogliono più di tre anni, mentre Spagna e Francia, con poco più di un anno, entrano nella media europea.

Gli addetti che lavorano nelle aule dei nostri Tribunali, accanto alle toghe, sono superiori a quelli che lavorano in Francia, in Olanda, in Finlandia, in Germania ( dove si fanno passi avanti nel processo civile informatico).

In Italia viene stanziata per la Giustizia una spesa in percentuale del P.I.L ( prodotto interno lordo ) più alta che in Germania, in Francia, in Inghilterra e Olanda.

La spesa pro-capita per i soli Tribunali supera quella della Germania, della Francia, degli inglesi, dell’Olanda e della Finlandia. Per la voce P.M. viene investito il doppio rispetto alla Francia e alla Germania.

Se tiriamo la somma degli stanziamenti per i Tribunali, per i P.M. e per il patrocinio per i non abbienti, si ottiene che ogni italiano spende più del cittadino francese, dei tedeschi, degli inglesi e dei finlandesi.

La spesa Giustizia in Italia risulta una delle voci in maggiore crescita nel bilancio dello Stato. E’ chiaro, quindi, che la Magistratura in Italia non funziona come in altri Paesi dove prospera l’efficienza e i costi in confronto non sono alti. In Germania l’accusa e la difesa sono sullo stesso piano, il processo civile è telematico e tutto viene definito in un tempo ragionevole. Addirittura in Inghilterra, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia, le procedure di un processo civile si definiscono in un tempo inferiore ai tre mesi.

 

La giustizia e le imprese

In base ad una classificazione stilata dalla Banca Mondiale, l’Italia occupa il 78° posto relativamente alla durata della procedura nelle controversie commerciali, La distanza dagli altri Paesi più sviluppati è certamente notevole. E’ stato rilevato che un’impresa in Italia, per ottenere giustizia di una controversia commerciale, deve attendere quasi 5 anni e mezzo, tra Nord e Sud la media va oltre 6 anni, mentre nel Nord Ovest i tempi si riducono a circa 5 anni, con la conseguenza che dopo avere tanto atteso, il recupero in una procedura d’insolvenza per l’impresa va poco oltre il 50%. Ciò è alquanto allarmante.

La Banca d’Italia ci fornisce altro elemento molto importante relativo alla pratica del ritardo dei pagamenti molto diffusa tra le imprese italiane, con la conseguenza che le stesse incontrano molte difficoltà nella gestione aziendale e per la propria sopravvivenza.

Secondo i dati World Bank l’Italia ha un altro triste primato che detiene insieme alla Svezia: la più alta incidenza percentuale dei costi processuali delle imprese sul valore della controversia. E’ stato stimato che il costo per le imprese dei ritardi della giustizia è molto alto.

La lentezza e la scarsa affidabilità della Giustizia civile sono tra le ragioni più importanti per cui le imprese hanno smesso di crescere e per crescere c’è bisogno, fra l’altro, di un sistema giudiziario sul quale fare affidamento, cioè solo se avranno la possibilità di far valere i loro diritti di fronte ad un Giudice ottenendo in tempi rapidi o ragionevoli una decisione equa. Se invece la Giustizia civile è lenta, tenere rapporti creditizi o contrattuali con controparti poco conosciute – come lo ò una piccola impresa che sta cercando di crescere – il rischio è altissimo.

La Giustizia nel nostro Paese non solo è lenta, ingolfata ed inefficiente, i suoi tempi si stanno sempre più allungando, per cui le imprese vengono intralciate nella crescita.

Gli elevati costi e i lunghi ritardi per ottenere una decisione tramite il normale sistema giudiziario rendono il sistema giuridico ordinario un metodo quasi impraticabile e costoso per la risoluzione delle liti. Tutti i settori economici della società moderna necessitano di un nuovo approccio per gestire e risolvere il contenzioso nella maniera più rapida e meno costosa.

Un motivo della lentezza della nostra Giustizia civile è dato dallo straordinario numero di avvocati e dal modo in cui sono strutturate le loro parcelle: ciò costituisce un incentivo a moltiplicare le cause e a prolungarne la durata per cercare di .dare lavoro a tutti loro, però molti, soprattutto gli avvocati più giovani, non hanno lavoro.

Occorrerebbe migliorare il funzionamento della Giustizia e per farlo non sono necessarie grandi riforme, ma sono sufficienti più capacità, più intelligenza, vivacità in tutti i soggetti che lavorano nei Tribunali dove, invece, molti spiccano per pigrizia; sarebbe pure importante che venisse introdotto il numero chiuso nella facoltà di giurisprudenza, come è stato fatto per la facoltà di medicina che ha visto ridotto il numero dei medici. Sarebbe pure necessaria la liberalizzazione delle tariffe degli avvocati.

 

Le imprese e la mediazione

La mediazione – o conciliazione – è uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie: A.D.R.(Alternative Dispute Resolution) caratterizzata dalla presenza di un terzo, neutro ed imparziale, appunto il mediatore, che ha il compito di facilitare o ripristinare la comunicazione tra le parti in conflitto col tentativo di portarle verso una definizione della controversia che sia alternativa rispetto ai metodi tradizionali aggiudicativi, fra i quali possiamo annoverare la controversia definita avanti al Giudice tramite una chiara individuazione di obblighi e responsabilità.

Il d.lgs n. 28/2010 prevede la possibilità facoltativa di avvalersi dei servizi di organismi di mediazione qualificati per tutti coloro che hanno l’intenzione di agire in giudizio per la tutela di diritti disponibili.

Dal 21 marzo 2011, a norma dell’art,5 co.2 del decreto, l’esperimento del tentativo di conciliazione è condizione di procedibilità per le cause in materia di condominio, diritti reali, successioni ereditarie, divisione, patti di famiglia, comodato, locazione, affitto di aziende, contratti di assicurazione, finanziari e bancari, risarcimento dei danni da circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione col mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità.

Questa riforma ha una portata molto ampia che coinvolge direttamente sia i privati cittadini che le imprese, le quali possono essere coinvolte in molte delle su dette controversie (affitto d’azienda, locazione, comodato, contratti bancari ed assicurativi).

Il tentativo di mediazione è dunque obbligatorio, però non deve essere interpretato come un ulteriore differimento della lite, ma deve rappresentare un valido e necessario strumento alternativo per le imprese al fine di ricavare vantaggi in termini di tempo, denaro e vantaggi fiscali.

La mediazione offre infatti la possibilità di risolvere la controversia in tempi brevi, con uno o due incontri che devono svolgersi – a norma dell’art.6 del citato decreto – entro il periodo di quattro mesi L’impresa può veder risolti in tempi ragionevoli problematiche che sovente risultano già presenti da tempo e che, per il timore di compromettere la propria immagine o i rapporti con clienti o fornitori, vengono affrontati in via ordinaria solo quando hanno raggiunto un livello insopportabile. I costi sono proporzionali al valore della lite, la parte o l’impresa possono conoscere con certezza, sin dall’inizio della procedura, a quali spese vanno incontro.

L’art.17 del su citato decreto prevede inoltre l’eliminazione di tanti costi, cioè una serie di incentivi fiscali: esenzione dall’imposta di bollo, tasse e diritti per tutta la documentazione inerente la mediazione, verbale di conciliazione con valore inferiore a € 50.000,00 esente dall’imposta di registro; qualora si realizzi il successo della mediazione il citato decreto riconosce un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa fino alla concorrenza di € 500, ridotto alla metà in caso di insuccesso. Pertanto, qualora un’impresa chieda l’intervento di un mediatore in una controversia del valore fino a € 50.000,00 viene reso un servizio a costo zero, considerando il valore della lite, appunto, fino ad € 50.000 e una spesa di € 500.

Altra caratteristica positiva del procedimento di mediazione è quella di potersi concentrare sugli aspetti positivi del confronto tra le parti, stemperare i motivi di attrito e cercare le soluzioni per tutelare i rapporti tra le parti e per mantenere ottimi rapporti commerciali.

Se il tentativo di mediazione riesce, il verbale conciliazione costituisce titolo esecutivo valido per l’espropriazione forzata e l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Diversamente si potrà percorrere la via giudiziale ordinaria senza che sia pregiudicato alcun diritto. Infatti, a norma dell’art.5 u.c., durante l’esperimento del tentativo di conciliazione sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza, l’intera procedura è tutelata dalla riservatezza: le dichiarazioni rese e le informazioni ricevute non sono utilizzabili in sede probatoria e non costituiscono oggetto di testimonianza.

Il mondo delle imprese è molto interessato alle clausole di mediazione A.D.R. per introdurle in un momento successivo nei contratti; è disposto ad utilizzare le tecniche di mediazione per poter servire meglio i propri clienti. Per gli uomini d’affari è più vantaggioso trovare una soluzione pratica e avere un contratto privato, anziché litigare nel corso degli anni e spendere una enorme quantità di denaro in battaglie legali e causa civili.

 

Interventi risolutivi per la crisi finanziaria.

Non c’è dubbio che questi problemi vengono ingranditi in un periodo di crisi finanziaria, come quello che sta passando l’economa mondiale con la conseguenza di veri e propri disastri. Si susseguono scenari di crisi, come quello europeo, che, ultimamente, riguardano la Grecia e la Spagna con ripercussioni sulle imprese italiane che in questi paesi svolgono la loro attività.

Le condizioni del credito in Grecia hanno subito un peggioramento. L’emissione di assegni scoperti è aumentata. E’ risultata inesigibile un’alta percentuale di assegni emessi.

Il ritardo dei pagamenti per le forniture è aumentato. Per la Spagna potrebbe quanto prima profilarsi un identico scenario; in questo Paese operano molte più imprese italiane che potrebbero essere coinvolte nella crisi.

In tali casi l’impresa italiana potrà fare uso della mediazione transfrontaliera di cui alla direttiva comunitaria 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 2008.

Certamente non si può parlare di sviluppo economico in una situazione nella quale moltissime imprese ritardano i pagamenti ai propri fornitori e seguono la strada della Giustizia allo scopo di allontanare il più possibile tali pagamenti; e nemmeno è pensabile che il sistema possa sostenere per molto tempo un costo molto alto rispetto al valore della controversia, ed in seguito, pur di porre fine al contenzioso, si arriva ad una transazione per cui una parte riceve circa la metà di quanto avrebbe dovuto ricevere. Tale situazione sta conducendo al collasso le imprese italiane con un forte aumento dei fallimenti.

Pertanto, solo ricorrendo alla mediazione, nel modo previsto dal legislatore, le imprese potranno ricevere un consistente aiuto; ed anche i privati cittadini in varie controversie. Con tale strumento si ottiene un vantaggio economico, in quanto sono previste agevolazioni, in termini di risparmio di imposte e di tasse, che viceversa verrebbero sostenute in un giudizio ordinario, e in termini di rimborso di quanto dovuto al conciliatore sotto forma di credito d’imposta.

Oltre ai risparmi e agli incentivi, inoltre v’è da sottolineare che in una mediazione le parti partecipano attivamente nella decisione sulla controversia; esse non subiscono la decisione del Giudice, per cui possono contare sulla riservatezza dei fatti emersi durante i loro incontri e i loro rapporti escono tutelati. Ciò in un tempo massimo inferiore agli attuali tempi della giustizia ordinaria e a costi in certi casi pari a zero, oppure molto distanti da quel 30% del valore della controversia ordinaria.

Però bisogna dire che tutto ciò potrà andare in porto solo con l’impegno di quei professionisti che saranno capaci di affrontare i problemi dell’azienda unitamente agli imprenditori, e bisogna aggiungere che la professionalità si raggiunge attraverso una formazione specifica tale da acquisire tecniche adatte a gestire i conflitti fra le parti.

Una figura importantissima è data dai commercialisti, per cultura e preparazione di base, capaci di dare un consistente impulso alla mediazione; loro sono stati tra i primi ad aver costituito – in materia di rito societario – gli organismi di conciliazione di cui al d.lgs. n. 5/2003, e oggi l’impegno sarà più forte e più specifico con l’introduzione del tentativo obbligatorio di mediazione in argomenti in cui il commercialista offre ogni giorno la propria consulenza.

 

La normativa in Europa.

Anche se l’argomento della risoluzione alternativa delle controversie si presenta con una connotazione tipicamente giuridica, è necessario evidenziare che da certi aspetti dei principi e delle procedure scaturiscono particolari situazioni problematiche tali da rendere complicata la normativa. Così l’attività del mediatore, nella procedure A.D.R., si svolge in un contesto in cui le relazioni umane sono complesse, sussiste l’obbligo di adottare codici deontologici per gli organismi e per i mediatori, e da ciò sorgono problemi di principio e ostacoli nell’applicare le sanzioni.

L’inizio delle procedure di conciliazione dovrebbe basarsi sulla volontarietà e libertà delle parti, per cui occorre che alla vigente normativa vengano affiancate anche iniziative idonee a promuovere una cultura della conciliazione in senso esteso. Peraltro sappiamo che la normativa europea è una“legislazione per principi”e dalla riproduzione in norme di tali principi non sempre si hanno interpretazioni precise.

Il tema della risoluzione alternativa delle controversie in Europa ha avuto lo spunto iniziale negli anni Settanta, quando, per la tutela dei consumatori, si cominciò ad impiegare i mezzi necessari per raggiungere i fini a ciò prefissati.

Per l’accesso alle A.D.R. il principale obiettivo era quello di individuare strumenti validi a garantire un rapido risarcimento dei danni ad un costo equo e proporzionato al valore della controversia.

Non sempre risulta conveniente adire il Giudice se si considera il costo da sopportare per avere un risarcimento con un procedimento giudiziario, in particolare nelle controversie di valore economico esiguo.

Dapprima si tentò di raggiungere questo obiettivo tramite la rappresentanza delle associazioni di consumatori con facoltà di agire anche collettivamente. Inizialmente si notava che il meccanismo della rappresentanza era adeguato per alcune procedure di risoluzione, ma inadeguato per altre. Si è, così, sviluppata l’idea della opportunità di affiancare strumenti individuali agli strumenti collettivi.

Per garantire allora un reale accesso alla Giustizia, bisognava identificare percorsi alternativi alla giustizia ordinaria, trovare strumenti di facile gestione, economici con soluzioni efficaci.. Si è fatta avanti l’esigenza di stabilire dei principi comuni idonei a garantire un corretto svolgimento delle procedure A.D.R. a tutela dei diritti fondamentali dei consumatori europei. Sono state quindi emanate prima la raccomandazione 98/257/CE del 30 marzo 1998 e, poi, la raccomandazione 01/310/CE del 4 aprile 2001 che, più avanti , esporremo nelle loro principali caratteristiche.

 

La raccomandazione n. 98/257/CE

La raccomandazione 98/257/CE deriva, particolarmente, dalla necessità di garantire imparzialità ed equità alle procedure A.D.R.,considerando che nel loro svolgimento viene coinvolto un terzo che entra al posto delle parti per la risoluzione della controversia. Tale raccomandazione pertanto è orientata alle procedure che risolvano le controversie mediante l’intervento di un terzo. Non sono comprese quindi le procedure tendenti a ravvicinare le parti e convincerle a cercare – di comune accorso – una soluzione. Il risultato della procedura dipende, quindi, da un terzo che propone o impone una soluzione e poi decide.

Le norme di cui alla raccomandazione sono indirizzate alla procedura, senza entrare nel merito degli organi o dei soggetti che hanno in gestione la procedura stessa.

La raccomandazione contiene i principi generali applicabili alle procedure: trasparenza, indipendenza, efficacia, contraddittorio legalità, rappresentanza e libertà.

 

Principio di trasparenza

Nei suggerimenti della raccomandazione, l’efficacia dell’informazione garantisce la trasparenza della procedura. La Commissione così identifica una serie di elementi per i quali v’è l’obbligo di fornire un’informazione chiara , efficace e completa e cioè le regole della procedura e le modalità di reclamo, il costo della stessa e la ripartizione delle spese, la natura della controversie da sottoporre all’organo, il valore del loro oggetto e gli eventuali limiti di competenza territoriale, il tipo di regole a base delle decisioni dell’organo, nonché le modalità di adozione delle decisioni; il valore giuridico delle decisioni con la precisazione del valore vincolante o meno per le parti.

La trasparenza, infine, viene garantita anche dal fatto che gli organi responsabili hanno l’obbligo di presentare il rendiconto annuale delle attività svolte, onde poter valutare i risultati ottenuti e identificare la natura delle controversie che hanno formato oggetto d’intervento.

 

Principio di indipendenza

L’organo che deve adottare la decisione è indipendente: La raccomandazione identifica in questa indipendenza anche l’assicurazione dell’imparzialità dell’azione. Se esiste quindi imparzialità dell’organo, si può affermare che l’indipendenza è garantita.

La raccomandazione si riferisce ad un “organo responsabile”, cioè ad un soggetto o a soggetti che devono emettere la decisione, senza tenere conto se siano nominati direttamente dalle parti o che siano proposti da una struttura che provvede ad incaricare i responsabili per ogni controversia.

La garanzia di indipendenza è fornita direttamente dalla persona proposta, la quale deve avere i seguenti requisiti: esperienza, capacità ed esperienza giuridica, e, oltre a non aver avuto rapporti di lavoro nel precedente triennio con i soggetti in conflitto, deve avere la sicurezza di un mandato irrevocabile con una durata sufficiente a garantire l’indipendenza della sua azione; è altresì necessario un giustificato motivo per essere destituita. Qualora sia adottata una decisione collegiale, la raccomandazione identifica la garanzia di indipendenza nella rappresentanza paritaria.

 

Principio di efficacia

Avere la possibilità di accedere ad una procedura stragiudiziale, facendo meno dell’assistenza di un legale, sapere che esiste la garanzia di un costo sostenibile e proporzionale al reale valore della controversia, la brevità del procedimento e il ruolo attivo che assume l’organo responsabile della procedura nelle decisioni, sono elementi che costituiscono il principio di efficacia e garantiscono l’accesso alla Giustizia. Con tali elementi, inoltre, la procedura acquista una effettiva utilità che deriva dal fatto che il soggetto può usufruire dello strumento.

 

Principio del contraddittorio

Secondo il principio del contraddittorio , tutte le parti interessate alla procedura hanno la possibilità di portare a conoscenza dell’organo competente il proprio punto di vista e di avere notizia di tutte le posizioni e di tutti i fatti evidenziati dalla controparte ed anche delle dichiarazioni degli esperti. In base a tale principio è necessario fornire elementi attendibili e diretti al terzo proposto a prendere una giusta decisione; però, secondo il “considerando n.16 della raccomandazione” se vi è il diritto di far valere il punto di vista delle parti, di conoscere la posizione della controparte e le dichiarazioni degli esperti, non è necessario ascoltare la deposizione delle parti stesse.

 

Principio di legalità

Questo principio è conforme ai principi comunitari generali: nessun cittadino può essere privato di diritti garantiti dalle norme imperative dello Stato dove ha la residenza. La conseguenza è che parlando delle A.D.R. di consumo è previsto che non debba esserci conflitto tra le deliberazioni dell’organo preposto e i diritti decretati solennemente dai singoli Stati. Detto principio trova applicazione anche nelle controversie transfrontaliere, con riferimento al contenuto della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge relativa alle obbligazioni contrattuali.. Nel principio di legalità è stabilito quanto segue: l’organo deve motivare la decisione e questa deve essere comunicata per iscritto alle parti interessate nel più breve tempo possibile; il requisito della motivazione risponde all’esigenza di garantire il pieno rispetto del principio di cui si parla. Le decisioni devono essere, oltre che conformi ai principi generali, eque.

 

Principio di rappresentanza

Secondo il principio di rappresentanza il consumatore ha la facoltà di intervenire in qualsiasi fase della procedura senza l’assistenza di un legale, ma nel contempo ha il diritto di farsi rappresentare o accompagnare da un terzo . Ciò si spiega perchè il consumatore è quasi sempre la parte debole del contratto; le violazioni contrattuali ed economiche, dalle quali è scaturita la controversia, potrebbero ripetersi durante la procedura extragiudiziale ed avere ripercussioni anche sulla stessa procedura.

 

Principio di libertà

Secondo il principio di libertà le decisioni degli organi extragiudiziali possono avere effetto vincolante per le parti, riguardare semplici raccomandazioni oppure proposte di transazione che le parti hanno l’obbligo di accettare.

Considerando che le decisioni dell’organo preposto possono vincolare o non vincolare le parti, il principio di libertà, in base al contenuto nel considerando n.10, prevede che la natura vincolante della decisione provenga dalla libera ed espressa scelta delle parti stesse.

Il principio di libertà, al 2° comma, stabilisce che il consumatore non può impegnarsi, prima che abbia inizio la vertenza, per aderire alla procedura extragiudiziale, quando questo impegno lo privasse del suo diritto di rivolgersi alle giurisdizioni competenti per la risoluzione giudiziaria della controversia.

 

La raccomandazione 01/310/CE

E’ stato necessario introdurre questa raccomandazione perchè negli ordinamenti di molti Stati membri acquistavano importanza modelli facilitativi e/o non aggiudicativi di procedure stragiudiziali diversi da quelli proposti dalla raccomandazione dell’anno 1998. Infatti, negli anni 90 iniziò la diffusione di nuove forme di commercializzazione di beni e servizi, come il commercio elettronico; si sarebbe verificato, inoltre, un maggiore incremento delle transazioni transfrontaliere come conseguenza dell’introduzione dell’€uro, quindi, era necessario trovare strumenti idonei a risolvere le controversie.

La raccomandazione si occupa, quindi, della legislazione sulle controversie sorte nell’ambito del commercio elettronico e della normativa in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale; non si interessa delle procedure già indicate nel 1998, ma dei principi da osservare in ogni procedura che faciliti – favorendo l’incontro fra le parti – la risoluzione di una controversia di consumo.

La procedura è basata sull’intervento di terzi che sono responsabili della risoluzione extragiudiziale della controversia; sono esclusi i meccanismi di reclamo dei consumatori gestiti da un’azienda.

 

Principio di imparzialità

L’imparzialità è garantita se:

  • se esiste un mandato tale da permettere ai responsabili della procedura di svolgere le proprie funzioni;

  • in assenza di situazioni di conflitto di interesse con nessuna delle parti.

  • se il responsabile della procedura informa le parti sulla propria imparzialità prima che la procedura abbia inizio.

 

Principio di trasparenza

Come nella raccomandazione del 1998, tutte le informazioni relative alla procedura devono essere disponibili, particolarmente le modalità di svolgimento della stessa e la natura giuridica delle decisioni.

La trasparenza è inoltre garantita con la pubblicazione periodica di un report sull’attività svolta dall’organo responsabile della procedura.

 

 

Principio di equità

La raccomandazione 98/257/CE contiene il principio del contraddittorio. Con la raccomandazione 01/310/CE questo principio viene integrato nel principio di equità. Ciò si giustifica con gli aspetti di carattere funzionale relativi allo svolgimento delle procedure.

Le procedure solitamente hanno carattere agevolato e allora in assenza di un terzo per la decisione, il contraddittorio non è adatto per una corretta realizzazione delle varie fasi della procedura, e così, per potere raggiungere un buon risultato, si ricorre alla riservatezza e ai colloqui separati,necessità che, con il principio del contraddittorio, non si conciliano.

Il principio di equità si caratterizza per il fatto che la parte ha la possibilità di: non partecipare alla procedura o abbandonare la stessa in ogni momento e senza subire conseguenze di carattere giuridico e/o processuale; esprimere le proprie opinioni su pareri esposti dal terzo responsabile del procedimento.

Le parti hanno a disposizione un certo tempo per valutare la proposta di soluzione della controversia, e ,quindi, sottoscrivere il proprio consenso.

Siamo in presenza di controversie di consumo – nella fattispecie di procedure facilitative – dove le parti con l’aiuto di un terzo, condividono una soluzione di loro iniziativa. Occorre evitare che vengano sottoscritti contratti squilibrati dai quali il professionista possa ricavare un vantaggio. E’ necessario dare alle parti la possibilità di poter verificare – anche dopo una eventuale consultazione di un esperto di propria fiducia – i termini dell’accordo.

 

Principio dell’efficacia

Secondo il principio di efficacia è possibile: accedere alle procedure gratuitamente o a costi moderati, si può partecipare senza che sia necessaria la rappresentanza legale, si ottiene celerità del procedimento: altro importante elemento di garanzia è dato dall’esame della condotta delle parti. Infatti, secondo il 6° comma, se una parte si comporta in modo insoddisfacente, le parti vengono informate perché valutino se continuare nella procedura.

 

Il Libro Verde

Il Libro Verde è una comunicazione con la quale la Commissione Europea illustra lo stato di un determinato settore da disciplinare e chiarisce il suo punto di vista in merito ad alcuni problemi.

La Comunicazione può avere carattere informativo, dichiarativo, interpretativo e decisorio, ed è sottoposta al regime di pubblicità

Nell’ambito comunitario il tema della Giustizia alternativa si è di più sviluppato fino alla pubblicazione del Libro Verde risalente all’anno 2002. Questo Libro fu dedicato per intero agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie in vista di una loro ampia attuazione. Così abbiamo che il campo di applicazione delle A.D.R. comprende la risoluzione di conflitti in materia civile e commerciale. Le controversie relative al diritto di famiglia ed al diritto del lavoro sono escluse. Sono stati scelti modelli non obbligatori: il felice risultato delle procedure ha bisogno del libero consenso delle parti, della volontaria adesione delle stesse; infatti se la parte venisse obbligata a fare ricorso alla giustizia alternativa, si avrebbe una manifesta contraddizione di principio.

Per il ricorso alle procedure A.D.R., si è ritenuto opportuno assegnare un’efficacia vincolante della clausola inserita all’interno del contratto per obbligare a fare ricorso alle procedure A.D.R. in caso di controversia. A queste procedure devesi dare la precedenza per risolvere le controversie. Infatti, se si ricorre agli organi giurisdizionali, vuol dire rifiutarsi a partecipare ad una procedura di A.D.R. prevista dal contratto, andando incontro ad una eventuale sanzione per violazione di un obbligo contrattuale. La conseguenza di tale rifiuto potrebbe essere che il giudice chiamato a decidere su una richiesta relativa all’esecuzione di altre disposizioni del contratto, si pronunci per la sua irricevibilità. Così, se non si accetta la partecipazione alla procedura di A.D.R. ciò potrebbe essere considerato come una violazione dell’obbligo di buona fede.

Nel Libro Verde v’è un altro aspetto molto importante relativo all’interruzione dei termini di prescrizione: il ricorso all’A.D.R. incide sul diritto di accesso alla Giustizia poichè interrompe il decorso dei termini di prescrizione stabiliti per rivolgersi al Giudice. In caso contrario si potrebbe avere come conseguenza una violazione del diritto di accesso alla giustizia, che costituisce un diritto fondamentale sancito dall’Unione e presente nella Carta europea dei diritti dell’uomo.

Nel Libro Verde si tratta anche del problema della disciplina delle A.D.R.. le quali non hanno regole rigide, ma devono almeno essere regolate da principi minimi. Poi c’è l’elemento della riservatezza, che deve essere idoneo ad aumentare la fiducia delle parti verso il terzo incaricato della procedura e verso la procedura stessa: principio utile a facilitare la scelta delle A.D.R. in caso di controversia.

Il Libro Verde considera pure la validità del consenso a patto che la procedura si concluda con un accordo garantito e protetto da determinate forme verso la conclusione e la firma.

Il terzo viene nominato sempre dalle parti, sia in caso di nomina diretta e sia nel caso in cui venga dato incarico ad un organismo perchè proceda alla sua nomina. La formazione del terzo deve essere adeguata.

Dopo la pubblicazione del Libro Verde, tra i Paesi Membri è venuta fuori la necessità di predisporre delle iniziative a livello comunitario idonee a favorire lo sviluppo delle procedure A.D.R. Ci sono state due iniziative della Direzione Generale Giustizia e Affari Interni. Sono stati realizzati un codice di condotta per tutti i conciliatori europei e la direttiva comunitaria sulla conciliazione stragiudiziale. Per quanto riguarda la conciliazione stragiudiziale, ogni legislazione nazionale ha l’obbligo di adottare principi minimi essenziali. il modello della conciliazione stragiudiziale è stato ritenuto lo strumento più idoneo.

 

Esperienze in Europa

Oltre alle iniziative legislative sono state prese iniziative anche sul ramo operativo. Con una risoluzione adottata nell’anno 2000 dal Consiglio europeo è stata costituita una rete comunitaria di organi nazionali tendente a favorire la risoluzione extragiudiziale delle controversie transfrontaliere.

I soggetti che hanno in gestione le A.D.R. nei vari paesi europei costituiscono i membri della rete. Presso ogni Stato Membro sono istituite le Camere di Compensazione con il compito di informare e prestare assistenza al consumatore, il quale deve conoscere, oltre agli organismi esistenti nello Stato membro dove risiede la controparte, anche la legislazione vigente nel su detto Stato e tutto quel che gli è necessario ai fini della procedura. Detta Camera si può anche interessare della gestione materiale della pratica con la fornitura dei necessari servizi, può anche intrecciare relazioni con le Camere di Compensazione degli altri Stati Membri per lo scambio di dati e condivisioni di informazioni, nonché per ricercare gli organismi competenti e le modalità di accesso alle procedure. Agli Stati Membri incombe l’obbligo di notificare alla Commissione europea quali sono gli organismi interessati alla gestione delle A.D.R. allo scopo di facilitare il funzionamento della rete.

Da inizio 2005 è operativa la rete ECC-NET ( EUROPEAN CONSUMER CENTRES Network ). Lo Stato italiano ha dato la sua adesione a questa iniziativa.

Con la cooperazione dei centri ECC-NET degli Stati aderenti, la suddetta rete presta assistenza ai consumatori quando sorgono controversie nelle transazioni transfrontaliere.

Lo Stato designa annualmente il Centro ECC-Net che è soggetto all’approvazione della Commissione europea.

Per fronteggiare le varie problematiche connesse alla risoluzione delle dispute nei mercati finanziari tra il consumatore-risparmiatore e l’operatore economico, nel 2001 è stata istituita la FIN-Net, cioè una specifica rete con tre principali obiettivi per risolvere le dispute transfrontaliere: facilitare l’accesso alle procedure e garantire la massima chiarezza, lo scambio di informazione tra gli organismi deve essere efficace ed efficiente e assicurare che vengano applicate regole minime comuni.

La suddetta rete comprende molti organismi nazionali del settore e la presenza dell’Italia si concretizza con l’Ombudsman bancario, con la Sezione Reclami dell’Istituto di Vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, con l’Associazione Nazionale delle Imprese di Assicurazione, e con l’Arbitro Bancario Finanziario presso la Banca d’Italia.

Per aderire alla FIN-Net occorre sottoscrivere un” memorandum” con il quale i sottoscrittori si impegnano ad osservare alcuni principi generali, anche se ogni organismo rimane libero di fissare le proprie regole.

Nel Memorandum è specificato quanto appresso: per“risoluzione extragiudiziale” si intende che l’accordo si raggiunge con l’intervento di un terzo; costui impone o propone una soluzione ( siamo, quindi, in presenza di una procedura valutativa e non facilitativa ); è inserita anche la definizione di lite transfrontaliera, cioè una controversia sorta tra un consumatore residente in uno Stato membro ed un fornitore di servizi finanziari che ha la residenza in un diverso Stato membro; v’è anche la definizione di sistema competente, vale a dire l’organismo di risoluzione alternativa delle controversie nel settore finanziario, e di sistema più vicino, cioè l’organismo che ha la propria sede nel Paese membro in cui risiede il consumatore.

Relativamente alle definizioni di cui sopra il Memorandum elenca le funzioni che devono essere svolte internamente alla rete FIN-Net, funzioni che sono identificate in: coordinamento ed informazione, istruzione dei procedimenti e gestione delle controversie.

Per mezzo della funzione di coordinamento ed informazione si indicano al consumatore le modalità di formulazione del reclamo e si forniscono notizie sul suo destinatario, sul funzionamento della rete e sui requisiti dei diversi sistemi competenti, sull’esistenza di eventuali termini per ricorrere alla procedura stragiudiziale o per proporre l’azione giudiziaria.

Per quanto concerne l’istruzione dei procedimenti, il sistema più vicino si interessa di trasmettere la domanda al sistema competente, oppure il consumatore viene indirizzato direttamente ad esso. Il sistema più vicino può anche interessarsi di risolvere direttamente la lite, a condizione che ciò derivi da un obbligo di legge. Il “sistema competente”, che si occupa della gestione della controversia, ha l’ obbligo di osservare i principi indicati nella raccomandazione 98/257/CE.

Il consumatore ha facoltà di scegliere la lingua da applicare alla procedura.

Lo scambio di informazioni è la caratteristica della rete, di conseguenza tutti i firmatari del Memorandum si assumono l’obbligo di scambiarsi tutte le informazioni necessarie per risolvere i singoli casi, in specie quelle che riguardano le norme sulla tutela del consumatore che si possono applicare nello Stato Membro ove ha la residenza.

Per quanto concerne il trattamento dei dati personali, la tutela avviene secondo le disposizioni di cui all’art. 10 della direttiva 95/46/CE.

Nella scrupolosa osservanza della trasparenza nei confronti dei consumatori, annualmente viene presentato il rendiconto dello stato di attuazione del “Memorandum”.

 

La direttiva 2008/52/CE

Con questa direttiva – emanata nell’anno 2008 – si dà attuazione al Libro Verde del 2002 rivolto alle A.D.R. in materia civile e commerciale. Essa si rivolge in modo chiaro alla disciplina della conciliazione stragiudiziale, cioè alla procedura di mediazione nelle controversie transfrontaliere, garantisce, quindi, un migliore accesso dei cittadini europei alla Giustizia e si propone anche di aumentare la fiducia nel mercato unico. In effetti la direttiva sollecita l’ utilizzo della conciliazione stragiudiziale più diffusamente anche nei procedimenti di mediazione interni, e non solo nelle controversie transfrontaliere.

Per quanto concerne gli organi di conciliazione e i conciliatori, la direttiva stabilisce quali sono le disposizioni che gli Stati Membri debbono osservare per sviluppare tutti i meccanismi necessari ad assicurare la qualità del servizio e per adottare codici deontologici per i mediatori e per le organizzazioni che si occupano dei servizi di mediazione.

Gli Stati membri devono altresì occuparsi della formazione iniziale e successiva di tutti i soggetti che operano nelle procedure di mediazione . Essa si occupa pure della conciliazione delegata, vale a dire la conciliazione svolta su invito o su ordine del Giudice. Infatti questi ha la facoltà, se lo reputa opportuno, di rinviare le parti alla conciliazione. In questo caso la direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale.

Il ricorso alla conciliazione è obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, a condizione che le parti siano libere di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario.

L’esecutività degli accordi che derivano dalla mediazione soggiace alle singole norme nazionali, è previsto però un importante principio per cui il contenuto di un accordo risultante dalla mediazione reso esecutivo in uno Stato Membro dovrebbe ottenere il riconoscimento ed essere dichiarato esecutivo negli altri Stati Membri, conformemente alla normativa comunitaria o nazionale applicabile. E così vengono richiamati due regolamenti (CE) del Consiglio, riguardanti, uno, la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, l’altro la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale.

E’ rilevante anche la riservatezza della mediazione, costituendo elemento che può ampliare il consenso, la fiducia ed il buon andamento della procedura. A tal proposito la direttiva stabilisce che i mediatori e i soggetti coinvolti nell’amministrazione del procedimento di mediazione non hanno l’obbligo di testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale relativamente alle informazioni di un procedimento di mediazione

Il ricorso alla conciliazione interrompe il decorso dei termini di prescrizione o decadenza ai fini dell’introduzione di un giudizio civile o arbitrale .

In conclusione, la direttiva tende ad incoraggiare la diffusione delle procedure conciliative e la loro divulgazione; tramite Internet si possono offrire, a livello comunitario, informazioni adeguate sui soggetti che si occupano della gestione delle procedure, e sulle modalità per prendere contatti con mediatori ed organizzazioni.

In attuazione delle norme della direttiva, il legislatore italiano ha preso già le sue iniziative: ha inserito la conciliazione stragiudiziale nella risoluzione delle controversie in materia di diritto societario. Si può rilevare che la normativa primaria e quella secondaria hanno natura regolamentare e disciplinano gli aspetti presi in considerazione dalla direttiva 2008/52/CE Attraverso la piena attuazione del d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 sulla nuova disciplina della mediazione per le controversie civili e commerciali si potranno avere ulteriori sviluppi.

Ora guardiamo in faccia la realtà: in effetti è necessario considerare che le procedura A.D.R. non hanno ancora prodotto tanti frutti. Il modello è pieno di potenzialità, ma non è ancora riuscito a penetrare in tutti gli ordinamenti nella stessa misura. In certi casi viene avvertita un’adesione formale al metodo delle A.D.R., nonché una diffidenza verso un simile modo di tutela di interessi, si nota pure una scarsa fiducia nella capacità conciliativa dell’applicazione dell’istituto arbitrale a certi settori di pubblico interesse e si preferisce la tutela giurisdizionale. La sfiducia verso tali metodi alternativi di tutela pare che si debba trovare nella novità del fenomeno e nella sua debolezza nei confronti del consolidato modello giurisdizionale che ogni ordinamento continua a mantenere.

Le Autorità indipendenti devono, quindi, avere la capacità di dimostrare di essere soggetti idonei a tutelare i diritti affidati alla loro cura dalle parti in conflitto.

Mirarchi Vincenzo

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