L’effetto lockdown sull’ambiente: verso uno sviluppo sostenibile

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 Il lockdown, il traffico meno intenso e la riduzione delle emissioni inquinanti delle attività produttive, unitamente alle condizioni meteo dell’Europa Centrale, portano ad una riduzione delle concentrazioni degli inquinanti.

L’ambiente è oggetto di protezione, nell’ordinamento interno, nell’ordinamento europeo e nel diritto internazionale da diversi anni.

Nel nostro ordinamento interno l’ambiente trova tuteladirettamente nella Costituzione” (cfr. Cass.civ. III, 19 giugno 1996, n.5650 sul disastro del Vajont).

Nel diritto europeo l’ambiente trova tutela nella Carta di Nizza tra i diritti fondamentali dell’Unione.

Certamente, è una tematica da affrontare nuovamente a livello internazionale, come si rileva dagli studi dell’ARPA Lombardia quando a fine marzo, nonostante il lockdown, si è registrato un dato contro-tendenza in Alta Italia, ovvero un innalzamento delle polveri inquinanti provenienti dall’Asia Centrale.

Forse quello che ancora manca, inoltre, è la sensibilità da parte di ogni persona verso una tematica che non dovrebbe essere vista come marginale ma come prioritaria in ogni contesto.

Per questi motivi ci si auspica che nella fase post – lockdown venga considerata prioritariamente la tematica ambientale poichè “questo sgomento dell’animo e queste tenebre li dissolvono … la visione e la scienza della natura” (da Lucrezio, Sulla Natura).

 

L’ambiente è oggetto di protezione diretta, come bene giuridicamente tutelato in se e non solo oggetto di protezione indiretta

Già dagli anni Settanta del secolo scorso emerse in dottrina ed in giurisprudenza la tutela del bene giuridico ambiente.  Questo viene tutelato attraverso la responsabilità ex art. 2043 c.c. per poi essere trasposto nella legge 8 luglio 1986 n. 349.

Tuttavia, la fonte genetica della sua tutela è stata individuata “direttamente nella Costituzione, considerata dinamicamente, come diritto vigente e vivente, attraverso il combinato disposto di quelle disposizioni che concernono l’individuo e la collettività nel suo habitat economico, sociale, ambientale” (cfr. Cass.civ. III, 19 giugno 1996, n.5650 sul disastro del Vajont).

La politica ambientale con il Trattato di Maastricht diviene obiettivo della Comunità Europea la quale persegue la promozione di uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche, una crescita sostenibile non inflazionistica e che rispetti l’ambiente.

L’ambiente entra, inoltre, a far parte della Carta di Nizza tra i diritti fondamentali dell’Unione Europea, assumendo rango di diritto primario dell’Unione Europea con il Trattato di Lisbona.

 

 

I principi europei a tutela dell’ambiente

I principi generali in materia di tutela dell’ambiente hanno derivazione europea.

I tradizionali principi di sussidiarietà adeguatezza e differenziazione dell’azione amministrativa assumono particolare rilevanza in materia di tutela dell’ambiente nel riparto delle competenze tra Stati Membri e Unione Europea.

Il principio di cooperazione impone agli Stati e alle Pubbliche Amministrazioni di scambiarsi reciprocamente le informazioni in materia, questo al fine di rendere maggiormente incidente e condivisa la tutela dell’ambiente.

Il principio di prevenzione comporta che si debba intervenire prima del danno attraverso azioni preventive. Il principio di precauzione, invece porta all’adozione di misure di tutela ancor prima che vi sia la certezza sulla nocività di un fenomeno per l’ambiente.

Il principio del chi inquina paga traduce in costi l’utilizzo delle risorse naturali. Tale principio si pone come scopo quello di disincentivare lo svolgimento di attività ed i comportamenti dannosi per l’ambiente in un’ottica non solo sanzionatoria ma attraverso una incidenza preventiva.

La prevenzione e la riparazione del danno ambientale costituiscono attuazione del principio di matrice europea “chi inquina paga”, secondo il quale il soggetto la cui attività ha causato un danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno è considerato finanziariamente responsabile.

Il principio del chi inquina paga traduce in costi l’utilizzo delle risorse naturali. Tale principio si pone come scopo quello di disincentivare lo svolgimento di attività ed i comportamenti dannosi per l’ambiente in un’ottica non solo ripristinatoria ma attraverso una incidenza preventiva.

Secondo la Corte costituzionale del 31 dicembre 1987, n. 641 l’ambiente “si presta a essere valutato in termini economici e può ad esso attribuirsi un prezzo”.

L’illecito ambientale ha una funzione riparatoria estesa peraltro a tutti i costi necessari per ripristinare il complessivo pregiudizio inferto all’ecosistema naturale.

Infine, il principio dell’elevato livello di tutela comporta che nel bilanciamento tra gli interessi ambientali e gli altri interessi deve sempre essere riservata una posizione elevata alla tutela dell’ambiente.

Lo sviluppo (post lockdown) non può che essere sostenibile

A ben vedere (come noto) le norme sullo sviluppo sostenibile sono già in vigore nel nostro ordinamento.

I principi di integrazione e sviluppo sostenibile comportano che la tutela dell’ambiente non possa essere qualcosa di marginale ma debba essere integrata in ogni azione amministrativa. La tutela dell’ambiente deve essere presa in carico in ogni contesto e di conseguenza non vi può essere alcuna forma di sviluppo se non sostenibile.

La disciplina nazionale prevede il principio dello sviluppo sostenibile all’art. 3 quater del Codice dell’Ambiente e lo declina prevedendo che “ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del Codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. Anche l’attività della Pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell’ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinchè nell’ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell’ambiente anche futuro. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l’evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane.

La crisi sanitaria che stiamo vivendo testimonia come lo sviluppo sostenibile sia l’unica strada per rilanciare la ripresa economica.

Tale ripresa non potrà che “fare i conti” con le fragilità socio-ambientali che hanno contribuito ad alimentare la crisi.

Per introdurre un cambiamento occorre, pertanto, la sinergia di tutti: Istituzioni, imprese, operatori economici e cittadini.

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Dott.ssa Laura Facondini

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