I danni patrimoniali e non patrimoniali risarcibili al paziente in caso di errore del dentista nell’esecuzione dell’impianto. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
1. I fatti: i danni patrimoniali e non causati dal dentista
Una signora si rivolgeva ad un dentista per risolvere alcune problematiche che aveva all’arcata superiore dentale e quest’ultimo la sottoponeva ad una serie di interventi, consistenti nell’estrazione di tutti i denti e nella realizzazione di una protesi fissa sostenuta da impianti, dal medesimo ritenuti necessari per poter risolvere le problematiche lamentate dalla paziente.
Per l’esecuzione delle suddette prestazioni odontoiatriche, la paziente corrispondeva al dentista l’importo di €. 8.352,00.
Già durante l’esecuzione degli interventi praticati dal dentista, la paziente aveva accusato fortissimi dolori nonostante fosse stata sottoposta all’anestesia. Inoltre, i trattamenti di inserimento delle protesi dentarie non venivano eseguiti correttamente dal sanitario, in quanto all’esito di detti interventi erano conseguite alla paziente diverse problematiche sia di carattere estetico che di carattere funzionale.
In considerazione di ciò, la signora adiva il Tribunale di Varese al fine di ottenere l’accertamento del grave inadempimento da parte del dentista alle obbligazioni che il medesimo aveva assunto nei confronti della paziente in virtù del contratto di prestazione d’opera professionale e conseguentemente per ottenere la dichiarazione di risoluzione contrattuale, con conseguente restituzione del corrispettivo pagato, nonché il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla paziente. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
Preliminarmente, il giudice lombardo ha evidenziato come la responsabilità che è stata invocata dalla paziente nei confronti del medico è di carattere contrattuale. Conseguentemente, sull’attrice danneggiata, che agisce per ottenere il risarcimento del danno, grava l’onere di provare sia l’esistenza del contratto con il sanitario e l’aggravamento della situazione patologica per cui si era rivolta al medico o l’insorgenza di nuove patologie per effetto della prestazione medica nonché il relativo nesso di causalità tra l’azione o l’omissione del sanitario e il predetto aggravamento della patologia o l’insorgenza di nuove patologie in base alla regola del “più probabile che non”.
Invece, il medico convenuto in giudizio quale soggetto responsabile della violazione contrattuale deve provare che egli ha eseguito la propria prestazione professionale in maniera diligente e che gli eventi dannosi lamentati dalla paziente siano stati determinati da un evento imprevisto e inevitabile.
In altri termini, nelle fattispecie di responsabilità contrattuale in materia sanitaria, hanno rilevanza due diversi cicli causali: il primo relativo al nesso causale tra condotta del medico e evento danno, la cui prova grava sul paziente danneggiato: il secondo e successivo ciclo, riguarda l’esistenza di una causa imprevedibile e inevitabile che ha reso impossibile la prestazione medica, la cui prova grava sul sanitario.
Nel caso di accertamento di un grave inadempimento da parte del medico convenuto, poi, ne deriva la risoluzione del contratto di prestazione professionale tra medico e paziente, con il conseguente obbligo del primo di restituire il corrispettivo ottenuto in virtù del predetto contratto. Mentre, in conseguenza della responsabilità contrattuale gravante sul medico inadempiente, quest’ultimo sarà tenuto a risarcire al paziente i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
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3. La decisione del Tribunale
Nel caso di specie, all’esito dell’istruttoria svolta in giudizio, è stato accertato che le indicazioni degli interventi terapeutici proposti dal dentista alla paziente erano corretti, ma gli stessi erano stati eseguiti in maniera non conforme alla regola d’arte. Infatti, vi erano dei difetti di accoppiamento tra le viti implantari e la struttura protesica ed inoltre la protesi consegnata alla paziente non rispettava i canoni della buona pratica odontoiatrica in quanto gravemente carente sia dal punto di vista estetico che funzionale.
A causa di detti difetti nell’esecuzione della prestazione medica, il giudice ha accertato che l’intervento terapeutico era interamente da rifare nell’arcata superiore e che bisognava rimuovere 4 degli impianti eseguiti e sostituirli con nuovi impianti, previa rigenerazione della quota ossea perduta a causa delle infezioni.
In considerazione di ciò, il tribunale ha ritenuto che il dentista convenuto sia stato gravemente inadempiente agli obblighi sul medesimo gravanti in virtù del contratto di prestazione d’opera professionale in essere con la paziente.
Conseguentemente all’inadempimento contrattuale, il giudice ha dichiarato l’intervenuta risoluzione del contratto intercorso tra le parti e, in ragione dell’effetto retroattivo della risoluzione ha condannato il dentista a restituire alla paziente l’importo ricevuto a titolo di corrispettivo per le prestazioni eseguite pari ad €. 8.352,00.
In secondo luogo, quale conseguenza dell’inadempimento del dentista, il giudice lo ha condannato a risarcire i danni subiti dal paziente a causa della predetta condotta inadempiente.
Per quanto concerne i danni non patrimoniali, il giudice ha condannato il dentista a risarcire alla paziente il danno da invalidità temporanea procuratogli a causa dei trattamenti medici mal eseguiti, secondo i giorni accertati dalla CTU.
Inoltre, il giudice ha condannato il dentista a risarcire alla paziente il danno da invalidità temporanea che la paziente dovrà subire a causa dei nuovi interventi cui dovrà essere sottoposta per riparare agli errori commessi dal dentista, liquidando detto danno in via equitativa in misura pari alla metà di quanto riconosciuto a titolo di invalidità temporanea per gli interventi mal eseguiti. Ciò in quanto i ctu hanno accertato che sarà necessario che la paziente si sottoponga a nuovi interventi per sistemare gli errori commessi dal dentista e quindi è verosimile ritenere che la paziente, anche se gli interventi riparatori saranno eseguiti correttamente, si troverà a subire dei gironi di invalidità temporanea a causa dei predetti nuovi trattamenti invasivi.
Infine, il giudice ha condannato il dentista a risarcire alla paziente il danno morale psicologico conseguente al significativo inestetismo dell’arcata dentale superiore e della menomazione fonetica del parlato, liquidandolo in via equitativa in maniera corrispondente a quanto riconosciuto a titolo di invalidità temporanea parziale al 10% per 40 giorni moltiplicato per gli anni trascorsi fino alla definizione del giudizio.
A tale proposito, il giudice ha ritenuto di liquidare anche il danno morale, nonostante i ctu non abbiano ritenuto sussistente alcuna invalidità permanente, in quanto gli stessi hanno comunque accertato che la protesi installata sulla paziente è gravemente carente dal punto di vista estetico e funzionale e in quanto l’igiene domiciliare della paziente è diventata difficoltosa e inefficace nonché in quanto a causa della non corretta posizione delle protesi la paziente ha delle difficoltà fonetiche. Secondo il giudice, infatti, tali problematiche, anche se non sono idonee ad integrare una lesione permanente, costituiscono motivo di disagio e sofferenza per la paziente anche dopo il termine del periodo di invalidità temporanea e fino a quanto la stessa non si sottoporrà ai nuovi interventi per rimediare agli errori del dentista.
Per quanto concerne i danni patrimoniali, il giudice ha condannato il dentista a risarcire alla paziente il costo necessario per sostenere i nuovi interventi che serviranno a rimediare agli errori compiuti dal dentista (pari ad €. 13.000) nonché a rimborsare alla paziente i costi da questa sostenuti per l’assistenza del proprio perito nella fase stragiudiziale.
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