La quantificazione del danni da premorienza rappresenta uno dei temi più complessi e dibattuti nella giurisprudenza civile, in particolare quando si intreccia con la responsabilità sanitaria. L’ordinanza n. 25474 del 17 settembre 2025 della Terza Sezione Civile della Cassazione affronta in modo diretto questa problematica, dichiarando inadeguate le tabelle del Tribunale di Milano perché incapaci di garantire un risarcimento equo. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
- 1. La vicenda: dall’intervento chirurgico al decesso
- 2. I giudizi di merito: responsabilità della struttura e del sanitario
- 3. La Cassazione e la critica alle tabelle milanesi per i danni
- 4. Personalizzazione del risarcimento e stato vegetativo
- 5. Danno patrimoniale e lucro cessante: limiti e precisazioni
- 6. Decisione finale e principi di diritto
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1. La vicenda: dall’intervento chirurgico al decesso
La controversia trae origine da un intervento di riduzione e osteosintesi dell’omero, effettuato nel 2014 in una casa di cura privata. Durante le manovre di anestesia generale, la paziente subì un arresto cardiaco che determinò una gravissima sofferenza cerebrale, con esito di coma post-anossico.
Trasferita dapprima in rianimazione presso l’Ospedale San Raffaele, la donna venne successivamente ricoverata in una Fondazione, rimanendo in stato vegetativo permanente per oltre cinque anni, sino al decesso avvenuto nel dicembre 2019.
L’amministratore di sostegno convenne in giudizio la struttura sanitaria, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti alle complicanze insorte durante l’induzione anestesiologica. Durante il processo decedettero sia la paziente che il medico anestesista, subentrando gli eredi nei rispettivi rapporti processuali. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. I giudizi di merito: responsabilità della struttura e del sanitario
Il Tribunale di Milano accertò la responsabilità contrattuale della casa di cura e quella extracontrattuale dell’anestesista, condannandoli in solido al risarcimento. La liquidazione per danno da premorienza fu quantificata in euro 257.984,00, mentre vennero rigettate le domande relative al danno patrimoniale da incapacità lavorativa e alle spese mediche.
La Corte d’Appello confermò in larga parte la sentenza, escludendo solo la responsabilità patrimoniale degli eredi del medico, essendo costoro legatari in sostituzione di legittima e dunque non tenuti al pagamento dei debiti del de cuius. Il figlio della paziente, insoddisfatto della decisione, ricorse in Cassazione contestando in particolare i criteri di quantificazione del danno.
3. La Cassazione e la critica alle tabelle milanesi per i danni
Con l’ordinanza n. 25474 del 17 settembre 2025, la Terza Sezione Civile ha accolto le doglianze del ricorrente, ribadendo l’orientamento già affermato con la sentenza n. 41933/2021: le tabelle milanesi non risultano eque per la liquidazione del danno da premorienza.
Secondo la Corte, tali criteri portano a risultati illogici, in quanto ipotizzano una decrescenza del danno in funzione del tempo, in contrasto con la natura stessa del danno permanente. Viene invece riaffermato il principio di parità temporale: a parità di durata della vita residua e di invalidità permanente, il risarcimento deve essere equivalente, senza distinzioni artificiose tra sofferenza già sopportata e sofferenza futura.
Il ragionamento della Cassazione si fonda su due capisaldi:
- illegittimità della decrescenza del danno: un danno permanente non può ridursi nel tempo;
- eguaglianza risarcitoria: la durata della sofferenza, vissuta o prevedibile, deve condurre a ristori paritari.
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4. Personalizzazione del risarcimento e stato vegetativo
Un ulteriore punto affrontato dalla Suprema Corte riguarda la personalizzazione del risarcimento. In caso di stato vegetativo irreversibile, pur non essendo configurabile un danno morale da sofferenza soggettiva, deve essere riconosciuto il danno dinamico-relazionale.
La totale compromissione delle attività realizzatrici della persona rappresenta una condizione eccezionale che giustifica l’aumento, in via equitativa, dei valori standard di liquidazione. In tal senso, la Cassazione valorizza l’esigenza di distinguere tra:
- danno biologico (lesione all’integrità psico-fisica);
- danno morale soggettivo, non configurabile nello stato vegetativo;
- danno dinamico-relazionale, che conserva autonoma rilevanza e deve essere oggetto di valutazione separata.
5. Danno patrimoniale e lucro cessante: limiti e precisazioni
Il ricorso riguardava anche la mancata liquidazione del danno patrimoniale, connesso alla perdita di capacità lavorativa e di chance. La Corte d’Appello aveva escluso tale voce per la sola ragione che la paziente fosse pensionata al momento dell’evento.
La Cassazione ha invece precisato che né l’età avanzata né la condizione di pensionamento escludono in astratto il danno patrimoniale. Tuttavia, la prova del lucro cessante deve essere rigorosa e basata su criteri probabilistici: non è sufficiente una generica allegazione di possibili attività imprenditoriali o lavorative, ma occorre dimostrare in concreto la capacità residua di svolgere attività produttive, anche diverse da quelle effettivamente esercitate.
6. Decisione finale e principi di diritto
Accogliendo parzialmente il ricorso, la Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, affermando principi di rilievo:
- Equità nella liquidazione del danno da premorienza: non può essere inferiore al ristoro derivante dalla permanenza in vita per un analogo periodo;
- Separata valutazione delle componenti del danno: biologico, dinamico-relazionale e patrimoniale, con possibilità di personalizzazione equitativa;
- Rilevanza concreta del danno patrimoniale: non escluso dalla pensione o dall’età, ma da accertare caso per caso;
- Inadeguatezza delle tabelle milanesi: superate in favore di criteri maggiormente rispettosi dei principi costituzionali di uguaglianza e integrale ristoro del danno.
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