Provvedimenti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato: giurisdizione (Cons. Stato n. 3246/2013)

Redazione 12/06/13
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FATTO e DIRITTO

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale pronunciandosi sul ricorso proposto dalla odierna appellante società King **** s.r.l. indicata in epigrafe, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo in ordine alla domanda di annullamento dei provvedimenti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato – Ufficio regionale della Campania, con i quali era stato alla stessa stato richiesto il versamento di penali ed interessi per il preteso ritardato pagamento dei flussi finanziari di cui all’art. 14, comma 5, della convenzione di concessione n. 4008 per la raccolta dei giochi pubblici di cui all’art. 38 del decreto legge n. 223/2006, convertito con modificazioni ed integrazioni dalla legge n. 248/2006.
La società originaria ricorrente era insorta avverso i detti atti prospettando numerose censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
L’Amministrazione intimata aveva contestato le prospettazioni dell’odierna appellante ed aveva eccepito, tra l’altro, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, evidenziando che la controversia verteva sulla spettanza di interessi e penali derivanti dal “ritardato versamento dei flussi finanziari (raccolta del giocato al netto delle somme pagate per i vincenti e dei compensi) inquadrabili nella voce altri corrispettivi” ed era riconducibile alla giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm., laddove si escludevano espressamente dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sui pubblici servizi le controversie in materia di “indennità, canoni ed altri corrispettivi”.
Il primo giudice ha deciso la controversia facendo riferimento ad una recente sentenza di primo grado (la n. 9622/2012) appellata innanzi a questo Consiglio di Stato nell’ambito del ricorso n. 273/2013 (chiamato in decisione all’adunanza camerale del 9 aprile 2013 e respinto con la sentenza n. 3111/2013 pubblicata il 5 giugno 2013.
Richiamata la pregressa giurisprudenza del Consiglio di Stato e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in punto di riconducibilità dell’attività di raccolta scommesse e di organizzazione/esercizio di concorsi pronostici,nel novero del pubblico servizio suscettibile di concessione in gestione a terzi e fatto riferimento al contenuto della nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 ha declinato la giurisdizione ed affermato trattarsi di controversia devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria.
Ciò, in quanto la vicenda contenziosa investiva profili esclusivamente patrimoniali del rapporto concessorio – sotto l’aspetto della sussistenza del debito (an debeatur) e del suo ammontare (quantum debeatur) – perché attinente esclusivamente al versamento di penali ed interessi per il preteso ritardato pagamento dei flussi finanziari di cui all’art. 14, comma 5, della convenzione di concessione.
La originaria parte ricorrente ha impugnato la detta decisione criticandola sotto il profilo della -asseritamente erronea – declinatoria della giurisdizione e chiedendone l’annullamento, previa affermazione della giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo.
In particolare, è stato rimarcato che la impugnativa proposta riguardava anche l’art. 26 dello schema di convenzione accessivo alla concessione n. 4008 per disparità di trattamento e violazione dell’art. 2 comma 2 della legge n. 73/2010 essendo stata denunciata l’assenza di proporzionalità e ragionevolezza della detta prescrizione che, comunque, ad avviso di parte appellante, era illegittima anche alla luce del sopravvenuto art. 2 comma 2 del d.L. 25-3-2010 n. 40.
Parimenti è stato richiamato il disposto di cui all’art. 11 della legge n. 241/1990.
L’appellante ha inoltre rilevato che, anche applicando l’orientamento ermeneutico di cui alla precedente sentenza del Tar del Lazio n. 5144/2011 (richiamata dal primo giudice nella avversata decisione declinatoria della giurisdizione) ugualmente il Tar avrebbe dovuto ritenere la causa e pronunciarsi nel merito posto che ivi era stato chiarito che “restano attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto ricadenti nella giurisdizione esclusiva le domande volte a contestare la sussistenza o meno del ritardo nel versamento delle vincite e dei rimborsi prescritti per la raccolta delle scommesse previste di cui al D.M. n. 111 del 2006 i soli provvedimenti inerendo strettamente al rapporto concessorio e non riguardante corrispettivi dovuti e già liquidati nel loro ammontare.”.
L’appellata amministrazione ha depositato una memoria ed ha chiesto di respingersi il gravame confermando la declinatoria di giurisdizione, o comunque di dichiararlo improcedibile in quanto in accoglimento di una istanza di riesame presentata dall’appellante era stata rivista la situazione debitoria della Ditta ed emesso un nuovo provvedimento.
Alla odierna camera di consiglio dell’11 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
1. L’appello è infondato e merita di essere disatteso come da recente precedente di questa Sezione (sentenza n. 3111/2013 pubblicata il 5 giugno 2013).
1.1.Al fine di perimetrare l’oggetto del giudizio appare opportuno rammentare immediatamente che per la pacifica giurisprudenza formatasi in ordine alla interpretazione dell’art. 35 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, non possono essere esaminate nel grado di appello le questioni di merito, ove il giudizio debba essere rimesso al giudice di primo grado, (nel caso di errata dichiarazione di difetto di giurisdizione da parte del Tribunale amministrativo regionale). Infatti, in casi del genere appare ravvisabile quel ” difetto di procedura ” della sentenza appellata, che non consente di trattenere in decisione la causa per l’effetto devolutivo dell’appello, tenuto conto dell’esigenza di non sottrarre alle parti (ivi compresi i soggetti controinteressati) le garanzie del doppio grado di giudizio. (Consiglio Stato , sez. VI, 17 settembre 2009 , n. 5587).
1.2.Per completezza si rileva altresì che il comma 1 dell’art. 105 del codice del processo amministrativo ha espressamente positivizzato detto principio di matrice giurisprudenziale.
A fortiori, le dette questioni non potrebbero essere esaminate da questo Consiglio di Stato neppure laddove venisse confermata la declinatoria di giurisdizione resa dal primo giudice.
Ne consegue che l’odierno segmento processuale ha quale unico oggetto la esatta individuazione del giudice fornito di giurisdizione sulla res controversa
1.2. Ciò premesso il Collegio può passare ad esaminare il detto unico residuo profilo oggetto dell’odierna cognizione giudiziale ed a tal proposito non si ravvisano motivi per discostarsi dall’approdo recentemente raggiunto su vicenda analoga alla presente (nella quale era coinvolta l’odierna appellante) con la decisione n. 3111/2013.
A tale proposito si rammenta che la giurisprudenza amministrativa (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 1 marzo 2006 n. 962) ha sempre e costantemente sostenuto che l’attività di raccolta delle scommesse e di organizzazione/esercizio di concorsi pronostici, riservata allo Stato e ad altre Amministrazioni, integra, alla stregua dell’ordinamento vigente, un servizio pubblico suscettibile di concessione in gestione a terzi (Cass SS.UU., ord. 1 aprile 2003 n. 4994 e Cons. Stato, Sez. VI, 22 aprile 2004 n. 2330).
La causa del potere riconosciuto alla Pubblica amministrazione persegue non solo (e non tanto) lo scopo di assicurare un congruo flusso di entrate all’erario, quanto piuttosto quello di garantire, a fronte della espansione del settore, l’interesse pubblico alla regolarità e moralità del servizio e, in particolare, la prevenzione della sua possibile degenerazione criminale (cfr., in particolare, Cass. pen., SS.UU., 26 aprile 2004 n. 3272): ne consegue che l’attività di raccolta delle scommesse sportive in esame va qualificata quale servizio pubblico, con la conseguenza che rispetto alle controversie che riguardano il settore trova applicazione l’art. 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, poi trasfuso nell’art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205 (ed ora presente nell’elenco di cui all’art. 133 c.p.a.) che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del G.A. tutte le controversie in materia di servizi pubblici.
Tuttavia, deve essere anche ricordato che la antevigente citata disposizione di legge era stata oggetto di sindacato da parte della Corte costituzionale, che ne aveva dichiarato la parziale illegittimità laddove la giurisdizione esclusiva andava a ricomprendere anche le controversie in tema di servizi pubblici aventi ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi (sentenza della Corte cost. 6 luglio 2004 n. 204).
3. Il quesito cui occorre fornire una risposta, pertanto, riposa nella sussumibilità – o meno- dell’oggetto del provvedimento gravato nell’ambito delle controversie in tema di servizi pubblici aventi ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi sottratte alla giurisdizione del plesso amministrativo (come oggi positivamente ribadito dall’art. 133 del cpa).
3.1. Ritiene in proposito il Collegio di non doversi discostare dall’orientamento consolidato della Corte Costituzionale e della Corte regolatrice della giurisdizione secondo cui la giurisdizione si determina in relazione al c.d. “petitum sostanziale” (tenendo conto cioè, non solo della tipologia di richiesta veicolata nel processo e degli atti gravati ma anche e soprattutto della posizione giuridica sostanziale sottesa) .
Con riguardo a tale profilo, e con specifico riferimento alla controversia per cui è causa, il Collegio ribadisce immediatamente la correttezza dell’approdo del Tar che ha posto in luce che la controversia attiene ad aspetti esclusivamente patrimoniali del rapporto concessorio,riguardando esclusivamente al versamento di penali ed interessi per il preteso ritardato pagamento dei flussi finanziari di cui all’art. 14, comma 5, della convenzione di concessione.
3.2.Nè giova all’appellante, il richiamo alla sopravvenuta disposizione di cui alla legge 22 maggio 2010, n. 73 (recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40: art. 2 comma 2 “per garantire il pieno rispetto dei principi comunitari sulla concorrenza in materia di concessioni pubbliche statali generatrici di entrate erariali, si considerano lesivi di tali principi, e conseguentemente vietati, ogni pratica ovvero rapporto negoziale di natura commerciale con soggetti terzi non precedentemente previsti in forma espressa e regolati negli atti di gara; ogni diverso provvedimento di assenso amministrativo di tali pratiche e rapporti, anche se già adottato, è nullo e le somme percepite dai concessionari sono versate all’amministrazione statale concedente. Le amministrazioni statali concedenti, attraverso adeguamenti convenzionali ovvero l’adozione di carte dei servizi, ivi incluse quelle relative alle reti fisiche di raccolta del gioco, assicurano l’effettività di clausole idonee a garantire l’introduzione di sanzioni patrimoniali, nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non automaticità, a fronte di casi di inadempimento delle clausole della convenzione imputabile al concessionario, anche a titolo di colpa, la graduazione di tali sanzioni in funzione della gravità dell’inadempimento, nonché riduzione di meccanismi tesi alla migliore realizzazione del principio di effettività della clausola di decadenza dalla concessione, oltre che di maggiore efficienza, efficacia ed economicità del relativo procedimento nel rispetto del principio di partecipazione e del contraddittorio”), trattandosi di disposizione non immediatamente precettiva ma avente natura programmatica e postulante un riallineamento delle pregresse convenzioni stipulate ai criteri ivi dettati.
Proprio la necessità di un futuro adeguamento delle pregresse convenzioni ai detti principi (laddove si subordina potere di irrogare sanzioni da parte dell’Amministrazione concedente al rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non automaticità nel caso di inadempimento da parte del concessionario, le quali a loro volta devono essere graduate in relazione alla gravità dell’inadempimento) ed il rispetto del principio tempus regit actum induce a ritenere che, certamente, con riguardo agli inadempimenti pregressi (il caso odierno concerne un torno temporale risalente al 2007) ed antecedentemente al detto adeguamento non ci si trovi al cospetto di una spendita di un potere autoritativo, ma che si rimanga nell’alveo del regime paritetico e di una pretesa all’erogazione di corrispettivi accessori predeterminati/predeterminabili perchè l’an e il quantum di questi ultimi non necessitano dell’intermediazione di un potere pubblico.
Né conferma dell’esistenza di un potere in capo all’autorità in tale fase è data dalla circostanza per cui l’Amministrazione è anche intervenuta ad annullare parzialmente il provvedimento prot. n. 21003 in data 21 marzo 2012, essendo evenienza del tutto frequente che anche nei rapporti paritetici ci si possa determinare alla rettifica del quantum debeatur laddove il soggetto passivo dell’obbligazione dimostri che il conteggio delle spettanze sia errato per l’omessa contabilizzazione di versamenti effettuati, ovvero per mero errore, senza che ciò “trasformi” la consistenza della posizione soggettiva in contestazione.
3.1. Ne consegue che non è decisiva in favore della società appellante la segnalata circostanza che essa aveva impugnato l’art. 26 della convenzione di concessione, posto che l’automaticità del calcolo degli importi contenuta nella detta previsione non appariva direttamente censurabile alla luce dello jus superveniens (quest’ultimo, per le dette ragioni non avente immediata funzione precettiva) e non risultando che l’appellante avesse posto in essere alcun procedimento teso alla modifica della detta previsione convenzionale, gravando successivamente l’eventuale silenzio-rifiuto dell’amministrazione sul punto, ovvero l’espresso diniego opposto alla richiesta di modifica.
La sola circostanza rappresentata dall’avvenuta impugnazione di detta disposizione non è atta a produrre effetti traslativi sulla giurisdizione se non ricorrendo al – già da tempo ripudiato da giurisprudenza e dottrina – criterio discretivo fondato sul petitum “puro” che prescinda dalla consistenza della posizione soggettiva azionata.
3.2. Neppure può ricondursi la presente vicenda processuale alla prescrizione di cui all’art. 11 della legge n. 241/1990, trattandosi invece di convezione accessiva ad un provvedimento concessorio di pubblico servizio.
4.Alla stregua di tali considerazioni e tenuto conto della prescrizione positiva di cui all’art. 133 del cpa l’appello va pertanto respinto e la declinatoria di giurisdizione resa dal primo giudice deve essere confermata.
5. Le spese processuali possono essere compensate tra le parti, ricorrendo le condizioni di legge ed in particolare la parziale novità delle questioni esaminate ed anche in considerazione della natura della causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,lo respinge.
Spese processuali compensate
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2013

Redazione