Applicabilità art. 13 d.l. 223/2006 (Cons. Stato n. 3022/2013)

Redazione 03/06/13
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FATTO

Con bando pubblicato sulla G.U.C.E. il 27 marzo 2008, la Provincia di Cremona indiceva una gara per l’affidamento, per il periodo 2008-2014, del servizio energia-gestione calore degli edifici di sua proprietà, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Alla gara partecipava, quale capogruppo mandataria di un costituendo raggruppamento d’imprese, **************, che ne è poi stata esclusa con provvedimento in data 29.05.2008.
Il provvedimento di esclusione veniva adottato sul presupposto che la partecipazione di ******* fosse in radice preclusa ai sensi dell’art. 13 del D.L. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 248/2006 (c.d. “Decreto Bersani”).
Per ottenere l’annullamento di detto provvedimento, l’impresa proponeva ricorso al TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, deducendo l’inapplicabilità del citato art. 13.
Al ricorso seguivano due atti di motivi aggiunti, con i quali TEA SEI gravava rispettivamente l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva, disposte in favore di Energy Service S.r.l..
Si costituivano in giudizio la Provincia di Cremona e la ******à controinteressata, chiedendo la reiezione del gravame.
Il TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, con sentenza 9 dicembre 2009, n. 2511, respingeva il ricorso introduttivo, dichiarava in parte inammissibile ed in parte infondato il primo atto di motivi aggiunti e respingeva il secondo.
Avverso la predetta sentenza TEA SEI ha interposto l’odierno appello, chiedendone la riforma.
Si sono costituite in giudizio l’appellata Provincia di Cremona e la controinteressata Energy Service, chiedendo il rigetto del gravame.
Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con unico ancorché articolato mezzo di gravame, ******* lamenta l’erroneità della sentenza impugnata per avere il primo giudice ritenuto nella specie applicabile l’art. 13 del c.d. Decreto Bersani, nonostante l’assenza dei relativi presupposti.
Assume, al riguardo, che, non essendo costituita da alcun ente locale (ma totalmente partecipata da **********, società a capitale interamente pubblico del Comune di Mantova e di altri Comuni) ed essendo, come da oggetto sociale, una società multiutilities, non avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara ai sensi del richiamato art. 13 .
Deduce inoltre, dal punto di vista oggettivo, che il servizio di gestione calore costituirebbe un servizio pubblico locale sottratto, come tale, alla preclusione introdotta dal ***************.
2. La censura è infondata.
3. Ed invero, l’art. 13 del D.L. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 248/2006 (c.d. “Decreto Bersani”), nel testo applicabile ratione temporis, dispone, al primo comma, che “al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti”; aggiungendo, al secondo comma, che “le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1 […]”.
4. Sotto un primo profilo, ******* sostiene l’inapplicabilità degli anzidetti divieti normativi al suo caso, posto che la stessa è interamente partecipata da ********** e non già da Enti Locali, essendo irrilevante, a suo dire, che quest’ultima società sia costituita integralmente da capitale pubblico.
In altri termini, secondo l’appellante, l’art. 13 del Decreto Bersani opererebbe solo qualora la partecipazione pubblica nella compagine sociale della concorrente avvenga in via diretta.
L’assunto non è condivisibile.
Infatti, come chiarito dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, “sono applicabili alle società controllate da società strumentali e costituite con capitale di queste gli stessi limiti che valgono per le società controllanti, ove si tratti di attività inerenti a settori precluse a queste ultime. Infatti, l’utilizzazione di capitali di una società strumentale per partecipare, attraverso la creazione di una società di terzo grado, a gare ad evidenza pubblica comporterebbe, sia pure indirettamente, l’elusione del divieto di svolgere attività diverse da quelle consentite a soggetti che godano di una posizione di mercato avvantaggiata” (Ad. Plen. 4 agosto 2011, n. 17).
Tale principio, peraltro, è stato di recente confermato anche dalla giurisprudenza della Sezione, la quale ha precisato che il divieto di cui all’art. 13 del Decreto Bersani “deve estendersi a tutte quelle forme di collegamenti societari, non necessariamente simulatorie, che in concreto alterano la genuinità del mercato nella fase nevralgica della partecipazione concorrenziale” ( Sez. V , 21 giugno 2012, n. 3668 ).
In altri termini, il fatto che ******* non sia partecipata direttamente, ma solo in via mediata (attraverso **********), da Enti Locali è del tutto irrilevante ai fini dell’applicazione della norma de qua.
Infatti, il divieto di cui all’art. 13 del Decreto Bersani è posto a tutela dei principi di libera concorrenza e par condicio, nonché di libertà dell’iniziativa economica e, proprio per dette ragioni, non può riguardare solamente le società partecipate direttamente, posto che una siffatta applicazione consentirebbe la possibilità di eludere facilmente il divieto medesimo, attraverso la costituzione di società c.d. di “terzo grado” o di “terza generazione”.
Conclusivamente, nel caso di specie, ******* è stata correttamente esclusa dalla gara, in quanto integralmente partecipata, seppur indirettamente, da comuni lombardi.
5. Sotto altro profilo l’appellante sostiene, poi, che l’art. 13 del Decreto Bersani – riferendosi solo alle società aventi oggetto esclusivo, ossia a quelle il cui oggetto sociale comprenda esclusivamente la produzione di beni e servizi strumentali all’attività degli Enti che le costituiscono o partecipano – sarebbe inapplicabile al caso di specie, essendo ******* una società multiutilities.
6. L’assunto non è parimenti condivisibile.
Ed invero, la disposizione di cui al comma secondo del citato art. 13, secondo cui le società su cui ricade il divieto sono quelle che hanno “oggetto sociale esclusivo”, non significa che le società multiutilities siano automaticamente escluse dal divieto stesso.
La locuzione in esame, infatti, non va riferita alle attività nominalmente enunciate nell’oggetto sociale, ma al rapporto che le società instaurano con gli Enti locali di riferimento che, se esclusivo, viene oggettivamente a ridurre in tal senso l’ambito delle attività stesse non consentendo proiezioni extra ambito
In altri termini, anche le società di tale tipo, se integralmente partecipate da Enti Locali, essendo qualificabili come società strumentali, vengono a rivolgere la loro attività in via esclusiva ad essi (cfr. Ad. Plen. 3 marzo 2008, n. 1). E’ sufficiente, quindi, che la società partecipata da amministrazioni pubbliche regionali e locali abbia tra i suoi scopi quello di attività strumentale a favore delle amministrazioni partecipanti.
Del resto, come correttamente osservato dal primo giudice,” diversamente opinando si perverrebbe ad un’interpretazione sostanzialmente abrogatrice della disposizione, in quanto sarebbe sufficiente contemplare nello Statuto un oggetto sociale plurimo – peraltro consueto nell’odierna realtà delle ******à partecipate – per scongiurare la sua applicazione..”.
7. ******* deduce, inoltre, l’erroneità della sentenza impugnata per non aver riconosciuto l’inapplicabilità dell’art. 13 del Decreto Bersani in relazione all’oggetto della gara, costituito dalla gestione di un “servizio pubblico locale”.
Anche detto profilo di censura è infondato.
Ed invero, sono servizi pubblici locali quelli che hanno per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
Dette caratteristiche non sono predicabili circa il servizio energia – gestione calore di cui alla gara d’appalto per cui è causa, la quale è stata, viceversa, indetta per soddisfare esigenze della stessa stazione appaltante, riguardando gli edifici di proprietà della Provincia di Cremona.
Del resto, la giurisprudenza della Sezione ha già avuto modo di precisare, proprio relativamente al c.d. “servizio calore”, che non si è in presenza di un servizio pubblico locale poiché, avuto riguardo alla natura oggettiva del servizio (approvvigionamento di gasolio e manutenzione degli impianti di esercizio per gli immobili pubblici), lo stesso “non costituisce una produzione di beni o attività rivolti ai fini sociali e di promozione economica […]”, poiché “non viene svolto dal Comune a favore della collettività, ma viene erogato in senso inverso, cioè a favore del Comune” ( Sez. V, 10 marzo 2003, n. 1289).
8. In via subordinata, ******* ha riproposto nell’odierna sede la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, al fine di verificare se l’applicazione fatta dell’art. 13 del Decreto Bersani sia conforme ai principi del Trattato e, in particolare, a quello di non discriminazione tra imprese pubbliche e private, nonché al principio di proporzionalità.
9. Il Collegio non ravvisa la sussistenza dei presupposti per disporre il richiesto rinvio posto che, come correttamente rilevato dal primo giudice, l’art. 13 del Decreto Bersani, per la sua finalità sopra delineata, rappresenta diretta applicazione della disciplina europea in tema di tutela della concorrenza e, in quanto tale, non si pone in contrasto con essa.
Né, come riconosciuto dal Giudice delle Leggi con sentenza n. 326/2008, può sostenersi che il divieto di cui al primo comma dell’art. 13 in esame sia irragionevole o sproporzionato rispetto alle esigenze che ne hanno ispirato l’adozione.
10. E’ privo di pregio, infine, l’ultimo profilo di censura dedotto nell’appello, secondo cui l’oggetto della gara di cui trattasi rientrerebbe nelle forniture a cui non si applicherebbe l’art. 13 del D.L. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 248/2006, il quale riguarda solo la “produzione di beni e servizi”.
Il Collegio, premesso che il citato art. 13, al comma 1, primo periodo, fa divieto alle società così dette strumentali di “svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati” (diversi da quelli che partecipano al capitale delle stesse), rileva che il termine “prestazioni” si riferisce non solo ai lavori e ai servizi ma anche alle forniture.
11.Conclusivamente l’appello si appalesa infondato e, come tale, da respingere.
12. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio. Nulla spese nei confronti di Ierclimes S.r.l. che non si è costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate e nulla nei confronti di Ierclimes S.r.l..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012

Redazione