Se il furto è aggravato, custodia cautelare anche nei confronti di minorenni (Cass. pen. n. 48436/20129

Redazione 14/12/12
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Ritenuto in fatto

V.S. e S.M. , minori di età, sono state tratte in arresto nella quasi flagranza del reato di tentato furto in abitazione in data 6/6/2012 dalla Questura di Pisa; il GIP presso il Tribunale di Pisa ha convalidato l’arresto disponendo l’applicazione della misura cautelare della custodia in istituto. A seguito di istanza di riesame proposta dalle predette, il Tribunale della libertà per i minori ha confermato il provvedimento del Gip.
Avverso detto provvedimento propongono ricorso per cassazione le minori, deducendo con il primo motivo l’inosservanza della legge penale con riferimento alla violazione dell’art. 23 DPR 448/88. La doglianza è fondata sul rilievo che la fattispecie del furto in abitazione non è richiamata dal citato art. 23 tra le ipotesi in cui la custodia cautelare in carcere trova applicazione nei confronti di minorenni e che va, inoltre, escluso il ricorso all’analogia, che nella specie si atteggerebbe come in malam partem.
Con il secondo motivo si deduce, ancora, violazione di legge poiché la misura non è prevista quando è applicabile la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., i cui presupposti si ravvisano nella specie.
Si rileva, ancora, la violazione dell’art. 275 comma 4 c.p.p. per essere stata applicata la misura nei confronti di una ragazza in stato di gravidanza, in assenza di esigenze di cautela di eccezionale rilevanza.
Di seguito si deduce l’erronea qualificazione del fatto come furto tentato piuttosto che come violazione di domicilio e, ancora, la violazione dell’art. 275 commi 1 e 2 c.p.p. per mancato rispetto del principio di proporzionalità e adeguatezza, e, infine, la violazione dell’art. 275 comma 2 bis c.p.p., per essere stata disposta la misura cautelare massima nei confronti di persona incensurata e di altra che non aveva mai goduto di perdono giudiziale.

 

Considerato in diritto

La doglianza di cui al primo motivo è priva di fondamento.
Come ha infatti più volte affermato questa Corte, dopo alcune oscillazioni, con orientamento costante (cfr. Cass. Sez. 4 n. 6520 del 4.12.2002; Sez. 5 n. 5771 del 16.1.2004; Sez. 5 n. 3231 del 6.12.2006; Sez. 5 n. 40431 del 13/7/2007), sebbene l’art. 23 D.P.R. n. 448 del 1988 non preveda, tra i casi in cui può essere applicata la custodia cautelare nei confronti di minorenni, l’ipotesi di cui all’art. 380 c.p.p., comma 2, lett. e bis), tuttavia la norma richiama l’art. 380 c.p.p., comma 2, lett. e), che prevede l’ipotesi di furto aggravato ai sensi dell’art. 625 c.p., comma 1, n. 2, prima parte, ipotesi esattamente corrispondente a quella di cui all’art. 624 bis c.p., comma 3, (furto in abitazione o con strappo aggravato da una o più delle circostanze di cui all’art. 625 c.p., comma 1).
Ne consegue che nell’ipotesi di furto aggravato in abitazione sono applicabili nei confronti di indagati minorenni l’arresto in flagranza e la custodia cautelare, sicché nessuna violazione di legge sussiste nella specie. Allo stesso modo vanno rigettati gli altri motivi di censura.
Il Tribunale, infatti, ha dato conto in maniera esauriente delle ragioni che hanno indotto a escludere l’applicabilità nella fattispecie concreta della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., sia per la mancanza di prova circa l’inesistenza di oggetti di valore nell’appartamento al momento del fatto, in contrasto con quanto presumibile secondo la comune esperienza, sia in ragione della considerazione della necessità di una valutazione ex ante dei presupposti per l’applicazione della predetta circostanza.
Allo stesso modo privo di fondamento è il motivo inerente alla riconducibilità della condotta in termini di tentata violazione di domicilio, in considerazione delle emergenze processuali specificamente richiamate nel provvedimento, tra cui le ammissioni rese da una delle indagate in sede di udienza di convalida, le quali depongono per la configurabilità del reato ipotizzato.
È da rilevare, inoltre, quanto alle altre doglianze, che le stesse si risolvono in apprezzamenti di merito tendenti ad una diversa valutazione delle risultanze processuali, in mancanza di rilievi riguardo alla coerenza e logicità della motivazione. Va rilevato, in ogni caso, che il giudice di merito ha fornito congrua motivazione, mediante il richiamo a circostanze specifiche, in ordine alla adeguatezza, anche con riferimento alla previsione di cui all’art. 275 n. 4 c.p.p., della misura disposta, in ragione della gravità del fatto, dello stile di vita delle imputate, della inadeguatezza in concreto di altre misure. Tanto induce a respingere anche gli altri motivi di ricorso.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi.

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