Corte di Cassazione Civile sez. II 5/8/2010 n. 18298

Redazione 05/08/10
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Svolgimento del processo
che D.M.L. ha impugnato per cassazione la sentenza n. 592/08, depositata il 19 giugno 2008, con la quale la Corte d’appello di Salerno ha accolto l’appello proposto dal Condominio Palazzo ex (omissis) avverso la sentenza del Tribunale di Salerno – Sezione distaccata di **** dè Tirreni, e ha così rigettato – l’opposizione da esso ricorrente proposta avverso il decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di L. 6.517.121 oltre interessi e spese, richiesta dal Condominio a titolo di quota per lavori di manutenzione straordinaria del fabbricato;

che il ricorrente propone due motivi di ricorso;

che, con il primo, rubricato "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) – contrasto tra dispositivo e motivazione", si duole del fatto che, mentre in motivazione la Corte d’appello ha affermato che il monitorio non poteva essere concesso, nel dispositivo della sentenza impugnata viene rigettata l’opposizione al Decreto Ingiuntivo n. 129 del 2001 del Tribunale di Salerno;

che il ricorrente formula conclusivamente il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se il dispositivo di una sentenza può prevedere una statuizione contraria alla motivazione contenuta nella sentenza stessa";

che, con il secondo motivo, il ricorrente denuncia "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) – Violazione dell’art. 1135 c.c., n. 4" e formula il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se l’amministratore del Condominio può procedere al recupero delle somme spese per la straordinaria manutenzione di un immobile senza la preventiva approvazione delle spese da parte dell’assemblea dei condomini ex art. 1135 c.c., n. 4. Dica la Corte se l’amministratore del Condominio può procedere al recupero delle somme spese per la straordinaria manutenzione di un immobile autorizzate da una Commissione di condomini";

che l’intimato Condominio ha resistito con controricorso, che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in camera di consiglio, si è avviata la procedura di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ. ed è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Motivi della decisione
che il relatore designato, nella relazione depositata in data 24 febbraio 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

"Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, essendo il ricorso manifestamente inammissibile, per la non rispondenza dei quesiti formulati a conclusione dei motivi di ricorso ai requisiti stabiliti dall’art. 366-bis cod. proc. civ., nella interpretazione ad esso data dalla giurisprudenza di questa Corte. In particolare, il primo quesito si presenta come un astratto interrogativo, privo di specifico riferimento alla decisione impugnata e alla difformità denunciata. Inoltre, il ricorrente accomuna in un’unica censura l’omissione, la insufficienza e la contraddittorietà della motivazione e omette del tutto di enunciare il fatto controverso, non essendo questo desumibile dallo svolgimento del motivo. Il secondo quesito, a sua volta, accomuna in un’unica censura violazione di legge e vizio di motivazione; omette la enunciazione del fatto controverso cui si riferisce il denunciato vizio di motivazione; si articola in due proposizioni distinte, dando quindi luogo alla formulazione di un quesito plurimo";

che il Collegio rileva come, nell’esame dei motivi di ricorso, appaia logicamente preliminare il secondo motivo;

che tale motivo è inammissibile non solo per le ragioni esposte nella relazione, ma anche perchè il ricorrente non ha in alcun modo censurato la ratio in base alla quale la Corte d’appello ha accolto il gravame del Condominio;

che, invero, la Corte d’appello, dopo avere affermato che il procedimento monitorio, "siccome fondato su di una ripartizione di spese non deliberate dall’assemblea e non approvata da quest’ultima, non poteva essere concesso e bene è stato revocato dal primo giudice", ha osservato che nella successiva assemblea del 21 dicembre 2000, l’atteggiamento del ricorrente, di non contestazione della spettanza del credito come risultante dalla ripartizione, riguardato alla luce della destinazione di quell’assemblea proprio alla problematica delle morosità, tra cui la sua, nel pagamento di quelle quote condominiali, equivalga a riconoscimento del relativo credito, essendo altresì emerso dalla deposizione del direttore dei lavori che effettivamente i lavori condominiali erano stati eseguiti proprio per la spese applicando alle quali le tabelle vigenti si era giunti alla individuazione del credito verso il D.M.;

che in relazione a tale specifica argomentazione, di per sè idonea a sorreggere la decisione di fondatezza della pretesa del Condominio nei confronti del ricorrente, quest’ultimo nulla ha specificamente dedotto;

che, quanto al primo motivo, occorre rilevare che effettivamente la denunciata contraddittorietà tra motivazione e dispositivo sussiste, avendo la Corte d’appello, da un lato, escluso che il decreto ingiuntivo potesse fondarsi sulla indicata delibera assembleare, perchè, per il profilo in esame, nulla, e dall’altro ha tuttavia rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo;

che dal rilevato vizio discende la cassazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo;

che tuttavia non appare necessario disporre il rinvio della causa sussistendo, una volta accertata la fondatezza della pretesa azionata dal Condominio scaturente dal rigetto del secondo motivo di ricorso, le condizioni per poter decidere la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.;

che, invero, costituisce nozione acquisita che nel giudizio d’opposizione ad ingiunzione ciascuna delle parti venga ad assumere la propria naturale posizione processuale in relazione al rapporto creditorio – debitorio dedotto, id est che la qualità d’attore sostanziale spetti all’istante in monitorio, pur formalmente convenuto nel giudizio d’opposizione, e che quella di convenuto sostanziale spetti all’opponente, pur formalmente attore nello stesso giudizio, dacchè l’opposizione non introduce nè un giudizio autonomo nè un grado autonomo del giudizio già pendente a seguito del ricorso per ingiunzione, bensì di tale giudizio costituisce solo la fase in contraddittorio che l’ordinamento ha previsto come eventuale, per l’ipotesi di contestazione della prima fase da parte dell’ingiunto per motivi di rito o di merito o per entrambi, ed ha disposto debba svolgersi secondo le norme del procedimento ordinario;

che siffatta struttura unitaria del giudizio pur nella sue due distinte fasi, ove alla seconda si pervenga, non toglie che nell’ambito di quest’ultima, definita di opposizione solo in ragione della natura dell’atto introduttivo, convergano, non di meno, due giudizi nettamente distinti, intesi, l’uno, al controllo della validità del decreto ed avente ad oggetto la verifica della giurisdizione, della competenza, della legitimatio ad causam e ad processum, dei requisiti di ammissibilità propri del procedimento per ingiunzione quali posti dal codice di rito, e, l’altro, alla decisione sul merito del giudizio ed avente ad oggetto una statuizione o di reiezione della domanda attorea o di condanna del convenuto che presuppone l’accertamento dell’an ed, ove questo abbia dato esito positivo, del quantum del diritto di credito;

che ciò comporta, da un lato, che le parti si ritrovano davanti al giudice di primo grado nella stessa posizione sostanziale che avrebbero avuto se il decreto non fosse mai stato pronunciato e, dall’altro, che il giudice dell’opposizione non può limitarsi a valutare l’originaria legittimità del decreto, ma deve accertare, al momento della decisione, la sussistenza ed i limiti dell’obbligazione vantata dal creditore;

che, pertanto, la sentenza provocata dall’opposizione, ove accerti l’inesistenza totale o parziale del diritto o l’insussistenza dei presupposti per l’utilizzazione del procedimento monitorio, non può che revocare il decreto, il quale non può sopravvivere nè all’accertata mancanza dei presupposti processuali nè, anche se validamente emesso, alla sentenza di accertamento del credito per un importo diverso, mentre può avere contenuto condannatorio ove tale accertamento abbia ad oggetto la persistenza del credito e della misura di esso quale risultante al momento della decisione;

che, come detto, nel caso di specie, dalle considerazioni svolte in sede di esame del secondo motivo di ricorso, emerge chiaramente la fondatezza della pretesa azionata dal Condominio per gli importi oggetto della richiesta in via monitoria;

che, conclusivamente, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo, la revoca del decreto stesso e la condanna del D.M. al pagamento della somma riscontratasi comunque legittimamente pretesa dal condominio, oltre agli interessi dalla domanda al saldo;

che, quanto alle spese, ritiene il Collegio che, in considerazione delle contrastanti decisioni di merito e dello stesso esito del presente giudizio, sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
LA CORTE rigetta il secondo motivo di ricorso; accoglie il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione a decreto ingiuntivo, revoca il decreto ingiuntivo opposto e condanna D.M.L. al pagamento, in favore del Condominio ex palazzo (omissis), della somma di Euro 3.365,81, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; compensa le spese dell’intero giudizio.

Redazione