‘800 e ‘900 tra complessità e semplificazione

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         La scienza moderna inaugurata da Galileo ha liberato le due dimensioni dello spazio e del tempo dagli aspetti metafisici e mistici, essa si è appoggiata sulla razionalità cartesiana e newtoniana base di una esplorazione razionale e sperimentale dello spazio fisico ed umano. La rivoluzione industriale che ne è nata ha sviluppato la tecnica, come capacità dell’uomo di manipolare la meteria e controllare le forze fisiche necessarie per trasformazioni produttive sempre più complesse e accelerate.
         Si ebbe al contempo una riduzione della complessità e varietà produttiva mediante una artificiale semplificazione della produzione standardizzata, che con il modello fordista e l’organizzazione scientifica taylorista ha raggiunto l’apice della razionalizzazione con riflessi speculari nel welfare state. Ma la semplificazione produttiva attuata, entrata in crisi a partire dagli anni ’70 del ‘900 sia per fattori sociali interni alle aree economicamente sviluppata che per la concorrenza esterna dei nuovi arrivati, trovava in realtà difficoltà in ambito sociale per il venire meno degli antichi rapporti consuetudinari a seguito dello spostamento di enormi masse su territori sempre più ampi.
         I passaggi dalla “spoletta volante” di John Kay, all’uso del vapore come forza motrice di Thomas Newcomen e al miglioramento della metallurgia con l’uso del carbone coke sono stati causa di una ampia trasformazione economica dalla tessitura alla metallurgia e alla meccanica che hanno favorito se non causatoprofonde trasformazioni sociali.
         I miglioramenti dei mezzi di comunicazione con l’applicazione iniziale del vapore sulle navi e la successiva introduzione delle strade ferrate ha sviluppato la comunicazione permettendo un maggior flusso di merci e uomini tale da favorire l’urbanizzazione e la crescita industriale, con un moto espansivo progressivamente sempre più accelerato.
         Politicamente la risposta furono le Rivoluzioni Americana, Francese e del 1848 con cui si diede inizio all’affermazione dei diritti dell’uomo introducendo il liberismo al posto dell’assolutismo, dando voce e rappresentanza alle nuove forze economiche emergenti, dalla grande borghesia nel primo ‘800 fino all’irruzione delle masse proletarizzate tra ‘800 e ‘900.
         La complessità del sistema crebbe notevolmente in quanto si attuarono tutta una serie di globalizzazioni, con lo svilupparsi dei mercati sempre più ampi e il continuo ondeggiare nei decenni tra liberismo e protezionismo, questo sia nella metà dell’800 che nel corso del ‘900.
         Si crearono imperi coloniali che sostituendo i vecchi empori commerciali dei secoli precedenti, si allargano progressivamente fino a comprendere nella prima metà del ‘900 i due terzi del globo, sostituiti durante la guerra fredda dai due blocchi di influenza, questi imperi risultano sfere economicamente chiuse e favorirono i due grandi conflitti mondiali del secolo scorso.
         L’affermarsi dei nuovi ceti capitalistici e il sovraffollamento precario nei grandi centri urbani di masse inurbate e gerarchizzate quali eserciti in grossi opifici favorirono il nascere di ideologie contrapposte socialiste, nazionaliste, cattolico-cooperative e anarchiche.
         Si poneva il problema politico della governabilità di un tale sistema sempre più ampio, articolato e complesso. Una delle prime soluzioni quella parlamentare e democratica che via via si affermò durante l’800 risultava e risulta la più adatta a convogliare nel sistema razionalizzandole la complessità delle spinte nascenti tra i vari interessi e disagi economici, quale stanza di compensazione entro cui ritualizzare e risolvere le spinte sociali senza addivenire a scontri e repressioni distruttive dei rapporti economici e sociali, ogni cittadino è visto in realtà come potenziale produttore e consumatore, fornito di proprie pulsioni, desideri e aspirazioni a cui il sistema permette di organizzarsi nella ricerca delle soluzioni.
         Ma ogni sistema chiuso tende a scaricare all’esterno le proprie difficoltà interne, gli attriti che si producono all’interno, e questo comporta forti pressioni esterne e potenziali conflitti difficili da risolvere soprattutto se una delle parti ha un qualcosa di autocratico nella propria elitè tale da svalutare i sacrifici, anche fisici, del resto della popolazione, che perde parte delle proprie caratteristiche di cittadino quale centro di diritti e doveri.
         La risposta a questa crescente difficoltà gestionale istituzionale, economica e sociale, in altre parole politica, fu una semplificazione autocratica fondata sul rimpianto del bel tempo che fu, sui rapporti agrari e le immagini silvo-pastorali, sul mito dello spirito messianico fuso al concetto tecnologico della potenza del super-uomo.
         Le dittature nate tra le due guerre, prodotto del fallimento di una gestione democratico-parlamentare della forte crescita economica avvenuta durante la Bellé Epoqué e delle peraltro inevitabili tensioni formatisi tra blocchi economici, erano lo sviluppo in ambito politico di una semplificazione militare della società realizzata con la militarizzazione della stessa nella Grande Guerra.
         Tuttavia la complessità dell’economia moderna impone tante di quelle variabili che diventa impossibile pianificare se non rallentando gli scambi e tenendo basso il livello di vita, vi è in altre parole un limite alla raccolta ed elaborazione di informazioni, questo tanto in una pianificazione di tipo sovietico di carattere globale che in una pianificazione politica autoritaria fondata su una libertà di investimento economico. In entrambi i casi ad una spinta economica iniziale subentrerà una progressiva burocratizzazione della società con l’esplodere di tensioni interne.
         La semplificazione autoritaria di fatto non risolve stabilmente i problemi, ma li comprime eliminando possibili valvole alternative di stabilizzazione e compensazione.
         La tecnologia moderna ha creato nuove reti di comunicazione per merci, idee e desideri creando al contempo problemi di controllo, tanto da rendere in parte inefficaci le vecchie tecniche di governo pena il rallentamento economico.
         Questo ondeggiare tra crescente complessità e tentativi di semplificazione ha avuto dei riflessi anche in campo giuridico attraverso le varie codificazioni avvenute a partire in ambito continentale dal Codice Napoleonico. L’abbattimento di barriere doganali e giuridiche tra territori con l’imposizione di un unico ordinamento giuridico è stato invocato quale semplificazione e velocizzazione nei commerci, ma la complessità crescente dei rapporti e il trasferimento progressivo di ricchezza dall’ambito fondiario a quello finanziario ha reso evanescente il controllo e rapidamente mutabili i rapporti con il crescere dei mezzi di comunicazione.
         La semplificazione codicistica così avvenuta è stata superata da una crescente complessità regolamentare, favorita dal decrescere unificante della forza consuetudinaria per l’allargarsi e il modificarsi delle comunità stesse che hanno comportato il nascere di nuovi rapporti velocemente modificabili, oltre al naturale aumento dei contatti commerciali.
         Se la complessità nasce semplicemente dal moltiplicarsi dei rapporti come un normale fenomeno frattale non lo è altrettanto controllarla, in quanto crescono esponenzialmente in termini quadratici le informazioni necessarie per il controllo dell’architettura di insieme.
         Le spinte diverse che si realizzano nella complessità delle dinamiche a cui danno vita creano l’imprevedibilità delle conseguenze secondo un fenomeno di caos deterministico, per cui leggere differenze iniziali raggiungono in breve tempo stati macroscopici molto diversi rendendo rapidamente impredicibile l’evoluzione temporale.
         L’aumento di immissione di risorse nel sistema, anche se in parte pilotate tali da favorire l’efficacia delle strutture di controllo del sistema, aumenta contemporaneamente la “turbolenza sviluppata” nell’architettura organizzativa, secondo una ramificazione frattale di tipo esplosivo.
         Questo mescolarsi continuo secondo “percorsi ad onda” confligge con la necessità sociale di minimizzare l’energia finanziaria e umana necessaria per tenere in equilibrio i rapporti sociali, anche in contrasto con la libertà del singolo, mettendo tuttavia in crisi per tale via società e sua programmazione.
         Si ha pertanto un vichiano flusso e riflusso tra complessità e semplificazione.
         Una semplificazione della complessità della realtà, che d’altronde è svolta in senso più ampio anche dalle religioni o fedi che siano, una lettura, seppure non esaustiva della complessa spiritualità umana, ma che permette di evidenziare una funzione collaterale anche se importante per il mantenimento della coesione sociale.
 
 
Bibliografia
 
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Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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