Massima |
In tema di equo indennizzo è a carico del prestatore di lavoro l’onere della prova circa i fatti costitutivi del diritto, con la dimostrazione della riconducibilità della infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni concernenti la qualifica rivestita, non configurando, le mansioni inerenti alle qualifiche, un fatto notorio che non necessita di alcuna prova, atteso che le stesse sono variabili in dipendenza del concreto posto di lavoro. |
1. Premessa
Nella decisione in commento dell’8 ottobre 2013 n. 22865 i giudici della Corte di Cassazione hanno precisato che all’insegnante pendolare può essere riconosciuta la causa di servizio.
Grava sul prestatore di lavoro l’onere di provare, in modo puntuale e preciso, i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita, che sono variabili in relazione ai turni di servizio, al luogo di lavoro, all’ambiente lavorativo, non configurando (1) un fatto notorio che non ha bisogno di prova.
Nel caso di specie, oggetto di controversia, la prova è stata ritenuta dalla Corte di appello, in due consulenze tecniche di ufficio, che sono risultate entrambe favorevoli al lavoratore.
In pratica, quindi, sulla domanda di equo indennizzo grava sul prestatore di lavoro l’onere della prova della riconducibilità dell’infermità sopraggiunta alle modalità di svolgimento delle mansioni.
1.1. La fattispecie
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un docente che conveniva in giudizio il Ministero dell’Istruzione, Università e ricerca, nonché l’Ufficio Scolastico regionale, con la richiesta che fosse accertato che la patologia (come allegata in atti) fosse insorta per causa di servizio e che, inoltre, in conseguenza di ciò, venisse riconosciuto il relativo trattamento indennitario previsto per l’insorgenza di malattia dipendente da causa di servizio.
In primo grado il Tribunale provvedeva al rigetto del ricorso sostenendo che “non fosse stato assolto l’onere probatorio incombente sulla ricorrente per non aver questa indicata con chiarezza quali e quante siano le sedi di servizio difficilmente raggiungibili o che comunque comportavano notevoli disagi nei tragitti.
La disposta ctu medica aveva si ritenuto le infermità a carico dell’apparato osteo-articolare, riscontrate nella ricorrente, contratte in servizio e a causa di servizio, con ascrivibilità alla tabella A ctg. 8′ delle tabelle annesse al d.P.R. 384/1981”.
In secondo grado veniva accolto l’appello e per l’effetto veniva riconosciuto l’infermità riscontrata in capo alla ricorrente come contratta in servizio ed a causa del servizio, con la condanna della pubblica amministrazione al pagamento dell’indennizzo e delle spese processuali.
La questione si sposta dinanzi l’attenzione della Corte di Cassazione per ricorso presentato dal MIUR.
Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui il Ministero ricorrente denuncia la violazione o errata applicazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con l’art. 68 d.P.R. n. 3 del 1957. Lamenta che l’originaria ricorrente non ha assolto all’onere probatorio relativamente alle mansioni svolte, avendo essa allegato un quotidiano impiego scolastico a contatto con ragazzi portatori di handicap fisico spostandosi continuamente da un luogo di lavoro ad un altro e coprendo distanze significative.
La ricorrente si limitava esclusivamente a chiedere la consulenza tecnica d’ufficio.
Sostiene il ministero che l’originaria ricorrente non aveva provato la riconducibilità dell’infermità.
2. Conclusioni
I giudici della Corte, ricordando precedenti sul tema (2), hanno evidenziato che “con riguardo alla domanda di equo indennizzo, ha affermato che grava sul lavoratore l’onere di provare, con precisione, i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita, variabili in relazione al luogo di lavoro, ai turni di servizio, all’ambiente lavorativo, non configurando, le mansioni inerenti alle qualifiche, un fatto notorio che non necessita di prova, atteso che esse sono variabili in dipendenza del concreto posto di lavoro, della sua localizzazione geografica, dei turni di servizio, dell’ambiente in generale, essendo assolutamente irrilevante che la controparte non abbia contestato, con la comparsa di costituzione in primo grado, le modalità della prestazione lavorativa allorquando dette modalità non siano state precisate: inoltre, nelle patologie aventi carattere comune ad eziologia c.d. multifattoriale, il nesso di causalità fra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell’esposizione a rischio”.
Nel caso, quindi, di docente “itinerante” con stress fisico e salute minata, spetta al Ministero il pagamento ed il risarcimento; elemento decisivo è la certificazione concernente l’impiego scolastico quotidiano, caratterizzato, appunto, da continui spostamenti, coprendo significative distanze.
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti; dal 2013 Tutor di Diritto Civile Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. M. Orlandi
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(1) Le mansioni inerenti alle qualifiche.
(2) Cass. civ., sez. Un., 17 giugno 2004, n. 11353.
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