Unioni civili: il cognome comune non modifica la scheda anagrafica

Redazione 12/10/18
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La Corte costituzionale ha valutato, per la prima volta, l’opportunità di considerare legittima la disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso per quel che attiene il «cognome comune» scelto dalle parti dell’unione civile.

La scelta della Corte Costituzionale

Nello specifico, la Corte Costituzionale ha stabilito che la funzione del «cognome comune» − come cognome d’uso senza valenza anagrafica − non determini alcuna violazione dei diritti al nome, all’identità e alla dignità personale. La disposizione di cui all’articolo 3 del D.lgs. n. 5 del 2017 deve pertanto ritenersi legittima, nell’ipotesi in cui prevede che la scelta del «cognome comune» non modifica la scheda anagrafica individuale, nella quale rimane il cognome precedente alla costituzione dell’unione.  Qualora la scelta voglia assumere un carattere ufficiale, il cognome deve essere iscritto negli atti dello stato civile, ai sensi dell’articolo 63, primo comma, lettera g-sexies, del DPR n. 396 del 2000.

L’adeguamento al decreto Cirinnà

La Corte ha ritenuto, inoltre, che ciò realizzi il coerente sviluppo dei principi posti dalla legge delega n. 76 del 2016, attraverso l’adeguamento delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile alle previsioni della legge sulle unioni civili, e in particolare a quella del suo comma 10.

Da ciò consegue la legittimità dell’annullamento delle modifiche anagrafiche intervenute prima dell’adozione del D.lgs. n. 5 del 2017. La dichiarata transitorietà del DPCM n. 44 del 2016 e la brevità del suo orizzonte temporale portano ad escludere che le novità introdotte da tale fonte di rango secondario abbiano determinato l’emersione e il consolidamento di un nuovo tratto identificativo della persona.

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