Un nuovo “intelletto pubblico”: la misurazione – parte seconda

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Leggi la prima parte dell’analisi: All’inizio dell’Ente.

 

            La netta distinzione che ha separato per secoli il lavoro materiale dalla riflessione intellettuale è andata in questi ultimi decenni sempre più assottigliandosi, l’intelletto attraverso l’Intelligenza Artificiale si è sempre più inserito nel lavoro ripetitivo quotidiano, come l’Azione politica aristotelica è stata influenzata e condizionata dalla stessa Intelligenza Artificiale che pertanto è diventata il tessuto di connessione tra le tre distinzioni aristoteliche del Lavoro, Intelletto ed Azione (P. Virno , L’idea di mondo. Intelletto pubblico e uso della vita, ed. Quodlibet, 2016).

            Vi è il rafforzamento di quello che già Marx definiva come “general intellect” e che possiamo fare rientrare nell’idea di “intelletto pubblico”, l’I.A. collega i vari aspetti dell’agire umano proiettandoli in una agorà virtuale e fa sì che si crei una sfera pubblica svincolata dalle ordinarie forme statali, il sovrapporsi della sfera pubblica con la riflessione privata e le caratteristiche del lavoro sembra da un lato esaltare le capacità individuali e relazionali, quelle che Viano definisce come “il virtuosismo” originariamente proprio degli artisti, dall’altra nell’elaborare uno “spazio a struttura pubblica”, in cui la presenza dell’altro dovrebbe creare una intellettualità di massa, sembra rendere impossibile una misurazione standard non essendovi una “visibile produzione” tangibile di beni definiti (Bianciurdi), vi è in altre parole un sovrapporsi di singoli “operare”.

            La misurazione monetaria del lavoro intellettuale è il risultato ultimo di questa sintesi in atto, si cerca quale passo cruciale una misurazione totale dell’essere che nasce dallo stretto rapporto tra l’intelletto di massa con il lavoro e l’azione politica, nello sfuggire a questa stretta si tenta di creare uno spazio pubblico ma non statale in cui rifugiarsi, quale rivolta morale che ci sottragga alle regole imposte, lo Stato non risulta più il demiurgo bensì il tiranno così come tutte le ulteriori organizzazioni pubbliche che da lui derivano, lo stesso discorso si allarga alle organizzazioni sovranazionali che lo ricomprendono con tutti i relativi poteri assorbiti.

            La “disobbedienza civile” invocata trae alimento e giustificazione anche dalle modalità di formazione delle leggi, dalla mancata qualità pubblica statuale che tanto cercata e invocata viene nella realtà a dissolversi nella retorica delle misurazioni, l’invocato Diritto di Resistenza è tanto rivolto contro quella che si ritiene essere l’ingiusta regolamentazione quanto contro l’onnipotente volontà di misurazione di tutto l’Essere umano nel suo essere Intelletto puro, l’algoritmo quale parametro di una I.A. che misura e assorbe la capacità di pensiero in tutte le sue sfumature ed emozioni, dando ad esso un presunto valore economico misurabile in termini monetari.

            La delegittimazione che investe le strutture Amministrative è il frutto del dissolversi del rapporto con l’individuo cittadino, del suo esodare (Virno), il rifiutarsi al proprio assorbimento anche nella presunta misurazione, emerge la contraddizione tra l’affermazione del valore dell’individualità umana e il volere al contempo standardizzarla in una precisa scala di misurazione, necessaria all’assorbimento totale dell’individualità intellettuale nella simbiosi lavoro/produzione – azione politica.

            Tuttavia l’esodo non può essere mai totale, la dipendenza da l’altro può essere limitata, ricontrattata ma difficilmente eliminata, viene pertanto la necessità del controllo sul legislatore e delle modalità della sua espletazione, l’apparato pubblico quale parte dell’economia investe il mondo in cui agisce l’individuo con le sue capacità riflessive, lo spazio pubblico non statale ne viene comunque influenzato, il sistema si autoalimenta nella necessità di una continua espansione, vengono pertanto inglobate con rinnovata modalità sempre nuove fasce di popolazione che possono essere le persone anziane o i giovanissimi, vengono create nuove esigenze fino alla saturazione territoriale e psicologica, il processo si trasferisce su nuovi territori e la stessa espansione demografica ne fornisce nuova linfa, questo fino all’inevitabile crisi per sopraggiunti limiti naturali, d’altronde ad ogni problema si risponde non analizzandone la fonte ma fornendo una soluzione tampone, trasformando quindi il problema in una occasione per un nuovo mercato, soluzioni parziali da sovrapporsi tra loro fino alla saturazione e all’inevitabile ripensamento.

            D’altra parte la stessa tecnica ci ha insegnato la necessità di settorializzare i problemi in sistemi chiusi per la loro soluzione, riducendoli alle sole variabili di immediata influenza, purtroppo o per fortuna l’essere proprio per la sua naturale curiosità e coscienza non può, sebbene dall’ambiente influenzato, ridursi ad esso, alle risposte che l’ambiente a lui strettamente circostante può fornire, la base biologica ne fornisce stimoli ed emozioni che venendo ad interloquire con la sua logica porta talvolta l’individuo ad andare oltre al suo stretto orizzonte temporale, a sviluppare una resistenza intellettuale fondata sui “perché” e sui “come” non misurabile, né inseribile o altrimenti assorbibile nella sua interezza in algoritmi o formule, in questo vi è un limite logico secondo il nostro schema classico ma anche la possibilità di mantenere la propria umanità, evitando la pericolosa equazione : misurazione = controllo totale dell’essere, ma dando ad essa la giusta valenza anche nell’ipotesi di uno “spazio pubblico privato” agganciato all’economia, come nel recente caso di “Sardex” dove spazio pubblico privato si compenetra al pubblico statale.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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