Tribunale di Pordenone – note di sperimentazione socio-giuridiche

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Il Tribunale di Pordenone ha dato vita alla prima esperienza, in Friuli Venezia Giulia e nel territorio nazionale, di sperimentale ed originale attuazione della legge n°6 del 9 gennaio 2004, “Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministratore di sostegno e modica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali”.

La finalità della legge è quella di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni di vita quotidiana. Prende così avvio una profonda trasformazione culturale che muove verso una nuova forma di protezione dei soggetti deboli, imperniata sulle effettive esigenze e necessità della persona, inserita nel progetto individualizzato di vita ed in grado di fornire livelli maggiori di assistenza, senza peraltro inibire la capacità di agire degli individui.

La legge si è tuttavia calata in una realtà operativa, quale è quella della giustizia ordinaria italiana, che tra le  note gravi difficoltà croniche e le carenze di risorse umane e strumentali, ha dovuto assorbire e garantire quanto disposto dalla normativa de qua, con un notevole aumento di attività rivolte all’utenza comune.

A questa sfida e alle esigenze che il legislatore ha imposto, gli uffici giudiziari di Pordenone hanno risposto non chiudendosi in difesa delle proprie prerogative, ma misurandosi con il mondo del volontariato e del welfare sociale, con l’obiettivo di creare una rete per  dare adeguata protezione ai diritti dei soggetti deboli.

Grazie quindi ad una efficace collaborazione tra la Cancelleria del Tribunale, gli Ambiti socio-assistenziale dei Comuni e le associazioni di volontariato si è costruito, a partire dal 2007, un virtuoso modello di sussidiarietà, recepito anche dalla normativa regionale n°19 del 16 novembre 2010 “Interventi per la promozione  e la diffusione dell’amministratore di sostegno a tutela dei soggetti deboli”, con la quale il legislatore regionale ha inteso dare piena attuazione, anche mediante l’adozione di idonee misure regolamentari e finanziarie, all’istituto di protezione previsto dalla normativa nazionale e declinato in “buone prassi” dal Tribunale di Pordenone.

Punti qualificanti del modello sono stati sicuramente la volontà dei soggetti coinvolti di relazionarsi, in un piano paritetico, per un obiettivo comune e, in concreto, l’apertura di sportelli, presso le sedi del Tribunale, gestiti da personale preparato in grado di fornire un supporto alla cancelleria e ai giudici tutelari, alle famiglie, ai volontari aspiranti amministratori, agli amministratori di sostegno e ai Servizi sociali dei Comuni.

Concretamente, l’esperienza si è sviluppata temporalmente in più fasi. Inizialmente presso la sezione distaccata del Tribunale e con la collaborazione del Comune capofila dell’Ambito socio-assistenziale, si è costruito il primo Albo degli amministratori di sostegno, formato da volontari, disponibili a mettersi a disposizione ed essere quindi nominati dal giudice tutelare amministratori di sostegno, nei casi in cui le risorse familiari dei beneficiari fossero risultate inidonee. Successivamente, è stato sottoscritto il primo protocollo tra il Comune e il Tribunale per l’apertura di uno sportello, gestito dai volontari con le seguenti finalità: fornire informazioni utili per l’inoltro dei ricorsi per l’amministrazione di sostegno, supportare gli amministratori di sostegno, familiari o volontari, nella gestione amministrativa, collaborare con la cancelleria per la standardizzazione delle procedure, sensibilizzare cittadini ed amministratori pubblici nei confronti dell’istituto dell’amministrazione di sostegno.

L’esperienza che in breve tempo è stata adottata dalla sede centrale ha avuto ed ha come principale punto di forza la creazione di una sinergia forte tra soggetti istituzionali da un lato (Regione, Ambiti socio-assistenziali dei Comuni, Tribunale) e volontariato dall’altro. In questo modo, con modeste risorse finanziarie da parte della Regione, ma con l’apporto fondamentale delle associazioni locali di volontariato, si sono raggiunti livelli di eccellenza nell’erogazione dei servizi, in particolar modo rivolti ai soggetti deboli del sistema (beneficiari e famiglie).

La legge attiva così nuovi livelli di responsabilità, definisce nuovi ruoli e nuovi compiti:

  • Le famiglie sono chiamate ad essere protagoniste;
  • i servizi sociali e sanitari sono tenuti anch’essi ad attivarsi per il ricorso per la nomina di un Amministratore di sostegno, quando ne ravvisino la necessità e in sostituzione della famiglia;
  • vi è un collegamento forte tra i giudici tutelari, le famiglie e le istituzioni;
  • gli enti pubblici, le organizzazioni di volontariato possono assumere una funzione attiva all’interno del sistema di protezione giuridica della persona con disabilità, e nel supporto alle famiglie e agli amministratori con azioni concrete;
  • i singoli cittadini possono svolgere un importante impegno civile assumendosi il compito dell’amministrazione di sostegno di chi non ha risorse all’interno del proprio nucleo familiare.
  • si procede alla creazione degli “Elenchi” suddivisi per Ambito Socio-assistenziale delle persone disponibili a svolgere volontariamente il compito dell’Amministratore di Sostegno

Oggi le nuove sfide che attendono gli attori di questo progetto sono rivolte alla nuova geografia giudiziaria con l’accorpamento delle competenze dei territori di Comuni di una Regione limitrofa (Veneto) e le relative ricadute organizzative all’interno del Tribunale, senza dimenticare la possibilità di un miglioramento nella gestione delle pratiche nel mondo web.

Lorenza Martina

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