Sommario: 1. Introduzione. – 2. La scelta del foro nell’art. 10 del regolamento n. 1111 del 2019. – 3. (Segue): la forma del consenso e altre questioni applicative. – 4. (Segue): una proroga “a tempo”. – 5. La connessione tra domande, tra regolamento n. 2201 e 1111. – 6. Il trasferimento della causa ad un giudice più appropriato nell’art. 15 del regolamento n. 2201. – 7. La nuova disciplina nell’art. 12 del regolamento n. 1111. – 8. (Segue): nuovi meccanismi procedimentali. – 9. La richiesta di trasferimento proveniente dal giudice “alternativo”: art. 13. – 10. Conclusioni.
Introduzione
– Il regolamento (UE) n. 2201 del 2003, in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale (c.d. Bruxelles II bis) è stato recentemente rifuso nel regolamento (UE) n. 1111 del 25 giugno 2019 (c.d. Bruxelles II bis recast), relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori, applicabile dal 1° agosto 2022 ([2]). Il nuovo regolamento si presenta carico di novità, nel tentativo del legislatore europeo di risolvere alcuni profili problematici del regolamento Bruxelles II bis ([3]), sulla base di una proposta della Commissione del giugno 2016.
In questo scritto, mi concentrerò su due tematiche in materia di giurisdizione: ovvero gli strumenti procedurali per evitare il frazionamento del contenzioso relativo alla medesima crisi familiare in più Stati membri diversi e i meccanismi per trasferire una causa da uno Stato membro all’altro per ragioni di maggiore appropriatezza.
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-La scelta del foro nell’art. 10 del regolamento n. 1111 del 2019.
Rispetto al primo profilo, come noto, il regolamento n. 2201 proponeva criteri di collegamento non omogeni, rispettivamente, per le controversie matrimoniali e per quelle in materia di responsabilità genitoriale, con la conseguenza che il giudice competente sulle prime poteva essere incompetente sulle seconde. In questo modo, il contenzioso relativo ad una medesima crisi familiare sovente si frammentava in due Stati diversi. Mancava, inoltre, in tale regolamento una norma generale sulla giurisdizione per motivi di connessione tra cause che consentisse di riunione avanti ad un unico foro domande obiettivamente connesse ma per le quali il regolamento attribuisse giurisdizione alle corti di Stati membri diversi.
Il regolamento n. 1111 non ha introdotto novità rispetto ai criteri di collegamento per le controversie matrimoniali ([4]). Disattendendo la proposta “restrittiva” della Commissione, è stata confermata, infatti, la “giurisdizione diffusa” basata su una molteplicità di criteri di collegamento alternativi tra loro, per favorire l’accesso alle corti in questo ambito. In materia di responsabilità genitoriale, d’altro canto, il criterio di collegamento principale resta la residenza abituale del minore, in attuazione del principio di prossimità (considerando 20). Esso, peraltro, trova oggi sede nell’art. 7. Anche nel nuovo regolamento recast, dunque, si può verificare con frequenza una scissione tra foro matrimoniale e foro della responsabilità genitoriale. Il legislatore europeo ha comunque cercato di intervenire al riguardo, per quanto soprattutto in via indiretta.
In particolare, si è introdotto un nuovo art. 10 (rubricato “Scelta del foro”), che prevede una (limitata) possibilità per le parti di scegliere il foro in materia di responsabilità genitoriale. Attraverso questa scelta, si rende possibile (almeno in alcuni casi) il consolidamento della domanda sulla responsabilità genitoriale avanti al giudice dello Stato membro in cui tra i genitori è pendente un procedimento di divorzio o di separazione personale.
La Commissione, nel presentare la sua proposta, aveva evidenziato l’opportunità di introdurre tale possibilità di scelta del foro nell’ottica di scoraggiare il forum shopping e di rendere più prevedibile la giurisdizione in un’area del diritto tanto delicata. Nel testo infine approvato, peraltro, la possibilità di proroga è stata (forse incongruamente) esclusa per la materia matrimoniale e, per la responsabilità genitoriale, è stata circondata da una articolata serie di condizioni e requisiti.
Non si tratta peraltro di una novità assoluta. Il nuovo art. 10, in effetti, sviluppa quanto in precedenza previsto dall’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201, recependo anche gli orientamenti interpretativi della Corte di giustizia a tale riguardo.
L’art. 12, para. 3° del regolamento Bruxelles II bis, in deroga all’art. 8, attribuiva giurisdizione ai giudici di uno Stato membro, qualora il minore avesse comunque un legame sostanziale con quello Stato membro (lett. a). Al riguardo, la Corte di giustizia ha osservato che la formulazione dell’art. 12, para. 3° non consentiva, da sola, di stabilire se, affinché fosse possibile applicare la proroga della competenza ivi prevista, fosse necessario o meno che l’autorità giurisdizionale, a favore della quale era auspicata la proroga della competenza, fosse già investita di un altro procedimento, a differenza di quanto invece previsto dai para. 1° e 2° della stessa norma ([5]). In una precedente decisione, la stessa Corte, peraltro, aveva statuito che la competenza in materia di responsabilità genitoriale, prorogata in forza dell’art. 12, para. 3° a favore di un giudice di uno Stato membro investito del procedimento di concerto dai titolari della responsabilità genitoriale, venisse meno con la pronuncia di una decisione definitiva nel contesto di tale procedimento, non potendo riconoscersi che, in ogni caso, una siffatta competenza prorogata permanesse durante tutta l’infanzia della persona interessata, nell’interesse superiore di quest’ultima ([6]). In quest’ottica, la Corte ha concluso che la proroga della competenza prevista alla norma qui in esame potesse trovare applicazione senza che fosse necessario che il procedimento in tale materia si collegasse ad un altro procedimento già pendente dinanzi al giudice a favore del quale si auspica la proroga della competenza ([7]). Per i giudici del Lussemburgo, tale interpretazione sarebbe stata l’unica in grado di non vanificare l’effetto utile dell’art. 12, para- 3°: limitarne l’ambito di applicazione alle situazioni nelle quali il procedimento in materia di responsabilità genitoriale potesse collegarsi ad un altro procedimento già pendente avrebbe ridotto notevolmente, infatti, le possibilità di ricorrere alla proroga ivi prevista, considerato che la necessità di avviare un procedimento in materia di responsabilità genitoriale può verificarsi indipendentemente da qualsiasi altro procedimento ([8]).
Il legame particolare tra Stato e minore sussisteva, in base alle disposizioni normative, quando uno dei titolari della responsabilità genitoriale risiedesse abitualmente in tale Stato o il minore fosse cittadino dello stesso, con la precisazione che tale collegamento sostanziale avrebbe potuto essere riferito ad un momento precedente all’instaurazione della domanda ([9]).
Tale possibilità di deroga al criterio generale della residenza abituale del minore, d’altro canto, riconosceva una limitata autonomia alle parti in materia di responsabilità genitoriale ([10]). L’art. 12, para. 3°, lett. b) prevedeva infatti, come secondo presupposto per l’esercizio della giurisdizione del foro con cui il minore avesse un legame particolare, il fatto che la competenza della Corte fosse stata accettata espressamente o in qualsiasi altro modo univoco da tutte le parti del procedimento alla data in cui le autorità giurisdizionali era state adite ([11]) e fosse conforme all’interesse superiore del minore. Si trattava di una innovativa forma di forum conveniens, in cui l’affermazione della giurisdizione era collegata alla verifica di presupposti da verificare caso per caso ([12]). I margini applicativi della norma non erano peraltro molto ampi, se non altro perché, nei casi contenziosi, difficilmente si sarebbe riscontrata un’accettazione della competenza “prorogata” di tutte le parti interessate.
In ogni caso, anche a fronte di tale accettazione univoca, la norma prevedeva un elemento di discrezionalità in capo al giudice, il quale era chiamato a valutare l’appropriatezza della propria competenza in conformità all’interesse prevalente del minore ([13]).
Il nuovo art. 10 del regolamento n. 1111, come si è detto, sviluppa la proroga di competenza prevista dall’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201, di cui rappresenta, dunque, una “evoluzione”. Per tale motivo, la giurisprudenza della Corte di giustizia relativa alla norma precedente può continuare ad avere rilevanza anche nel nuovo contesto.
Come la norma previgente, anche l’art. 10 conferisce giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale alle autorità giurisdizionali di uno Stato membro al sussistere di alcune condizioni.
In primo luogo, il para. 1°, lett. a) conferma che il minore debba avere un legame sostanziale con lo Stato membro del foro. Gli elementi da cui si può desumere l’esistenza di tale legale particolare sono però in parte modificati: oltre al fatto che almeno uno dei titolari della responsabilità genitoriale risieda abitualmente nello stato del foro (i) o che il minore sia cittadino di quello Stato (iii), si è inserita l’ipotesi che lo Stato membro “prorogato” sia la precedente residenza abituale del minore (ii).
Alla lett. b) dell’art. 10, para. 1°, si affronta poi il profilo del “consenso” delle persone interessate alla proroga della giurisdizione a favore dello Stato con cui il minore abbia un legame particolare.
In primo luogo, la norma precisa che tale consenso deve provenire non solo dalle “parti” ma anche da qualsiasi altro titolare della responsabilità genitoriale. Si è così recepito il principio di diritto enunciato dalla Corte nei casi Saponaro e Valcheva, rispetto all’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201. In Saponaro, in particolare, si è, infatti, affermato che la nozione di “tutte le parti al procedimento” trascende quella di “genitori” o di “titolari della responsabilità genitoriale” e dunque include anche il pubblico ministero che, in base alla legge del foro, debba eventualmente partecipare al procedimento ([14]).
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– (Segue): la forma del consenso e altre questioni applicative.
Quanto alla “forma” di tale consenso, essa può assumere diverse connotazioni.
a) In primo luogo, si è esplicitata la possibilità per le persone interessate di liberamente convenire la competenza giurisdizionale dello Stato in questione, al più tardi alla data in cui è adita l’autorità giurisdizionale (lett. i). In altre parole, la proroga della giurisdizione può derivare da un accordo precedente o contestuale alla data di inizio del procedimento. Anche rispetto all’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201, d’altro canto, la Corte aveva affermato che l’esistenza di un accordo espresso o quantomeno univoco ([15]) tra tutte le parti del procedimento richiesto dalla norma, alla luce di quanto disposto con l’art. 16, dovesse essere constatata entro la data in cui dinanzi al giudice prescelto fosse stata depositata la domanda giudiziale o altro atto equivalente ([16]).
Un tale accordo sulla scelta del foro, ai sensi del para. 2° dell’art. 10, deve avere forma scritta e deve essere datato e firmato dalle parti oppure essere messo agli atti dell’autorità giurisdizionale conformemente al diritto e alle procedure nazionali, con la precisazione che qualsiasi comunicazione elettronica che consenta una registrazione durevole dell’accordo è da considerare equivalente alla forma scritta. Non si richiedono formule particolari, ma solo la chiara espressione di un assenso rispetto alla scelta di una specifica giurisdizione per la soluzione delle controversie relative a un determinato minore.
A differenza da analoghi accordi in materia civile e commerciale, l’efficacia di un accordo sulla scelta del foro in questo ambito, in cui vengono in rilievo diritti indisponibili, non è né assoluta né automatica.
In primo luogo, infatti, la proroga della giurisdizione è soggetta all’esercizio di valutazioni discrezionali del giudice rispetto all’interesse del minore (v. infra). Inoltre, anche se la formulazione letterale della norma non è molto chiara al riguardo, vi è da ritenere che il controllo del giudice circa la consapevolezza delle parti di non accettare la giurisdizione, previsto dal successivo punto ii) (v. infra), debba essere esteso anche all’accordo preventivo all’instaurazione del giudizio ([17]). In tal senso, in effetti, si esprime il considerando 23. Si configura, dunque, una sorta di “diritto al ripensamento”, compatibile con la natura indisponibile dei diritti che vengono qui in rilievo.
Anche la scelta del foro competente non è indiscriminata. Alla luce di quanto previsto dall’art. 10, para. 1°, lett. a), in effetti, l’accordo o l’accettazione delle parti è comunque limitato alle corti:
– della residenza abituale di uno dei titolare della responsabilità genitoriale;
– della precedente residenza abituale del minore;
– dello Stato di cui il minore ha la cittadinanza.
Il para. 2°, d’altro canto, prevede che anche soggetti che diventino eventualmente parte del procedimento dopo che è stata adita l’autorità giurisdizionale possano esprimere il loro accordo alla proroga della giurisdizione dopo l’inizio del procedimento stesso, anche in forma tacita: in mancanza di contestazione, infatti, il loro assenso è considerato implicito. In questa ipotesi, non si richiede espressamente che il giudice si assicuri che le parti sopravvenute siano informate del loro diritto di non accettare la proroga, come invece previsto per l’ipotesi di cui all’art. 10, lett. b), ii) (v. infra).
Rispetto all’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201, i giudici del Lussemburgo hanno osservato che la condizione relativa al carattere univoco dell’accettazione della competenza giurisdizionale del giudice adito da tutte le parti al procedimento debba essere interpretata restrittivamente ([18]). In particolare, si è affermato che tale norma non si applichi se una parte abbia proposto la domanda e un’altra parte (tra cui il p.m.) sia intervenuta successivamente davanti al medesimo giudice per contestarne la competenza ([19]). Tale principio di diritto appare rilevante anche nel contesto del nuovo art. 10.
b) In alternativa al preventivo accordo tra le parti, l’art. 10, lett. b), ii) prevede l’ipotesi che le parti o qualsiasi titolare della responsabilità genitoriale accettino espressamente la competenza giurisdizionale nel corso del procedimento, a condizione che l’autorità giurisdizionale si sia assicurata che tutte le parti siano informate del loro diritto di non accettare la competenza.
La prima parte della norma richiama le previsioni dell’art. 12, para. 3°, lett. b) del regolamento n. 2201, estendendo però l’accettazione espressa (in mancanza di libero accordo in precedenza tra loro intercorso) alla fase successiva all’instaurazione del giudizio (per coordinarsi appunto con l’ipotesi prevista dall’art. 10, lett. b) (1).
A differenza da quanto previsto dall’art. 10, para. 2° in caso di accordo scritto, sorge il dubbio se l’accettazione della giurisdizione nel corso del procedimento posse essere tacita o debba necessariamente essere espressa (anche se il tenore letterale della norma lascia propendere per la seconda opzione).
Nell’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201, in effetti, il problema si poneva in termini diversi: in quella sede infatti l’accettazione delle parti poteva essere espressa o risultare comunque in “modo inequivoco”. Al riguardo, la Corte di giustizia aveva precisato che tale ipotesi non possa manifestamente ricorrere qualora il giudice sia stato adito su iniziativa unicamente di una delle parti del procedimento, la controparte abbia investito lo stesso giudice di un altro procedimento in data successiva e quest’ultima parte abbia contestato la competenza del giudice adito fin dal primo atto che le competeva nell’ambito del primo procedimento ([20]). In altre parole, l’accettazione della giurisdizione va riferita ad ogni singolo procedimento e limitatamente a questo ([21]) e tale principio di diritto appare rilevante, mutatis mutandis, anche nel nuovo contesto.
Sempre con riferimento all’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201, la Corte aveva chiarito che l’accettazione della giurisdizione presuppone, a minima, che la parte citata in giudizio abbia conoscenza del procedimento che si svolge davanti a detto giudice: in quest’ottica, anche e soprattutto nel nuovo contesto, non può, dunque, presumersi che accetti la giurisdizione una parte rimasta contumace ([22]) cui non sia stato notificato l’atto introduttivo del giudizio e per la quale sia stato pertanto nominato un mandatario ad litem, il cui comportamento processuale, in questo contesto, è irrilevante ([23]). La Cassazione italiana, inoltre, con riferimento al regolamento n. 2201, ha escluso che possa integrare “accettazione” della giurisdizione italiana su un ricorso di modifica delle condizioni di una separazione la partecipazione del coniuge convenuto al precedente procedimento di separazione ([24]). La nostra Corte di legittimità ha pure negato che la non contestazione della giurisdizione sulla domanda di separazione possa implicare accettazione della competenza del giudice anche sulle domande relative alla responsabilità genitoriale ([25]). Sempre nel contesto del regolamento n. 2201, si è ritenuto che non costituisca di per sé accettazione inequivoca della giurisdizione la proposizione di difese e domande riconvenzionali ([26]).
La Corte di giustizia, d’altro canto, ha ritenuto che sussista accettazione “univoca” qualora entrambi i genitori di un minore presentino una domanda congiunta dinanzi allo stesso giudice, così manifestando la medesima volontà di adire il giudice stesso ([27]). Un tale comportamento processuale può a mio avviso costituire un’accettazione espressa della giurisdizione anche nel contesto del nuovo art. 10: in effetti, cosa vi è di più espresso se non la proposizione stessa della domanda ad un determinato giudice?
Il para. 4° dell’art. 10 precisa che la competenza prorogata ai sensi del para. 1°, lett. b), ii) abbia natura esclusiva. In effetti, il nuovo art. 9, sulla competenza in caso di sottrazione di minore, fa appunto salvo l’art. 10 qui in esame.
La formulazione del nuovo art. 10, d’altro canto, supera il dubbio, sollevato rispetto all’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201, se l’accordo delle parti debba preesistere alla proposizione dell’azione ([28]) o possa sopraggiungere nella fase iniziale del procedimento ([29]). La Corte non si era pronunciata espressamente al riguardo, ma sembrava propendere per una soluzione più ampia: con riferimento alla posizione processuale del p.m., infatti, la Corte, come si è visto, da un lato, aveva ritenuto che l’opposizione di questi alla scelta del giudice ostasse al riconoscere che, alla data di proposizione della domanda, tutte le parti al procedimento avessero accettato la proroga di competenza; dall’altro, aveva rilevato che, in mancanza di una siffatta opposizione, l’accordo di tale parte potesse essere considerato implicito, soddisfacendo il requisito che l’accettazione delle proroga fosse “univoca” ([30]).
Rispetto a coloro che accettino la giurisdizione nel corso del procedimento, come si è detto, la norma richiede che la corte si assicuri che essi siano informati del loro diritto di opporsi a tale giurisdizione. In altre parole, serve un “consenso informato” che è compito del giudice nazionale verificare.
Si tratta di un meccanismo analogo a quello previsto dall’art. 26, para. 2° del regolamento n. 1215 del 2012 (Bruxelles I bis), il quale, rispetto alle materie oggetto di giurisdizione para-esclusiva (contratti di assicurazione, contratti conclusi dai consumatori, contratti di lavoro), richiede al giudice di verificare che l’eventuale accettazione della giurisdizione da parte del soggetto “debole” del rapporto sostanziale avvenga nella consapevolezza di rinunciare al diritto di eccepire l’incompetenza dell’autorità giurisdizionale adita. Anche qui, dunque, si introduce una norma di diritto processuale uniforme che impone al giudice un dovere “informativo” rispetto alle prerogative delle parti, di particolare importanza qualora la lex fori consenta alla parte di partecipare al processo senza difensore tecnico ([31]). Come chiarisce il considerando 23, compito dell’autorità giurisdizionale è esaminare se l’accordo o l’accettazione della giurisdizione si basi su una scelta libera e informata delle parti interessate e non sia dovuto al fatto che una parte sfrutti la situazione difficile o la posizione di debolezza altrui.
Si è affermato che una parte che abbia accettato la giurisdizione non possa in seguito ritirare il proprio consenso ([32]).
c) In ogni caso, la proroga di competenza o l’accettazione della giurisdizione non sono mai vincolanti per il giudice, il quale deve comunque valutare che l’esercizio della giurisdizione risponda all’interesse del superiore interesse del minore. Si prevede, in altre parole, un potere discrezionale del giudice, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto: anche in questo ambito, il legislatore eurounitario dimostra di avere recepito la dottrina sul forum (non) conveniens di common law, tradizionalmente applicata, come noto, anche ai fini dell’efficacia di clausole di scelta del foro.
Tale valutazione, come si è visto, era prevista anche nell’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201: rispetto a tale norma, la Corte aveva affermato che l’esercizio della competenza prorogata non dovesse rischiare di incidere negativamente sulla situazione del minore ([33]).
Al riguardo, non si ritiene sufficiente che la competenza risponda al principio di prossimità tra foro e minore, anche perché altrimenti, realisticamente, opererebbe l’art. 8 ([34]).
Con riferimento alla norma del regolamento n. 2201, la Corte, in una fattispecie in cui il giudice del rinvio era stato adito per autorizzare la rinuncia all’eredità di una minore residente abitualmente in uno Stato diverso, ha ritenuto sussistere tale interesse in base alla circostanza che la residenza del de cuius alla data del suo decesso, il suo patrimonio, oggetto della successione, e le passività dell’asse ereditario si trovassero nello Stato membro del giudice del rinvio, in mancanza di indicazioni sul fatto che la proroga di competenza rischiasse, appunto, di incidere negativamente sulla situazione del minore ([35]).
Per alcuni, d’altro canto, tale interesse sarebbe soddisfatto in caso di effettiva volontà di cooperazione dei genitori ([36]).
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–Una proroga a tempo
La giurisdizione prorogata ai sensi dell’art. 10 riguarda solo il procedimento nel quale essa sia stata ritenuta conforme all’interesse del minore. Né l’accettazione delle parti né le valutazioni del giudice circa l’appropriatezza dell’esercizio di tale giurisdizione prorogata nel caso concreto spiegano efficacia vincolante in un successivo procedimento sul medesimo minore.
Rispetto all’art. 12, para. 3° del regolamento n. 2201, pur in mancanza di indicazioni specifiche, la Corte si era espressa nel senso che una proroga della competenza, in forza di tale norma, in ogni caso, fosse applicabile solo allo specifico procedimento per il quale era stata adita l’autorità giurisdizionale la cui competenza risultava prorogata ([37]). Nel nuovo contesto, l’art. 10, para. 3°, in modo che sia rispettato il principio della prossimità in nuovi procedimenti futuri (considerando 24), prevede espressamente che, salvo diverso accordo tra le parti, la competenza esercitata conformemente al para. 1 della norma cessa:
a) non appena la decisione emessa nel quadro del relativo procedimento non sia più soggetta a impugnazione ordinaria; il regolamento non offre una nozione uniforme di mezzo di impugnazione ordinario: assume rilievo anche in questo contesto, quindi, il principio di diritto enunciato dalla Corte nel contesto del regolamento Bruxelles I bis, in materia civile e commerciale. In quell’ambito, infatti, nel caso Industrial Diamond c. Riva, la Corte di giustizia ([38]), prendendo atto delle profonde differenze esistenti negli Stati membri in ordine alla classificazione delle impugnazioni, ha enucleato una nozione autonoma di mezzo ordinario di impugnazione, da desumersi esclusivamente dal sistema del regolamento e non dal diritto dello Stato d’origine o di quello del riconoscimento e dell’esecuzione. La Corte ha inoltre precisato che tale deve intendersi qualunque gravame appartenente all’iter normale di un processo, che costituisca di per sé uno sviluppo processuale idoneo a comportare l’annullamento o la riforma della decisione di cui si chiede il riconoscimento o l’esecuzione, ragionevolmente prevedibile dalle parti e proponibile nello Stato d’origine entro un preciso termine fissato dalla legge, che decorre a seguito della decisione stessa;
b) il procedimento sia terminato per un’altra ragione. È evidente, in effetti, che l’accettazione alla giurisdizione espressa nel corso del procedimento sia limitata alla durata di tale procedimento. Rispetto ad un’eventuale clausola di scelta del foro, invece, la norma non implica il venir meno della relativa efficacia: la clausola, in effetti, resterà operativa ma, in un eventuale successivo procedimento, qualsiasi parte potrà esercitare il suo “diritto al ripensamento” (v. supra) e, in ogni caso, dovrà essere riconsiderato ex novo il requisito di cui all’art. 10, para. 1°, lett. c), ovvero che l’esercizio della competenza sia conforme all’interesse superiore del minore.
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–La connessione tra domande, tra regolamento n. 2201 e 1111.
La proroga della giurisdizione disciplinata dall’art. 10, come si è detto, può conseguire, almeno indirettamente, il risultato di concentrare nello stesso foro la causa matrimoniale e quella relativa alla responsabilità genitoriale. Nel regolamento n. 1111, d’altro canto, come si è anticipato, è stata drasticamente modificata la disciplina in materia di giurisdizione per motivi di connessione tra cause.
Nel regolamento n. 2201, la questione era governata dall’art. 12, para. 1°, che prevedeva (limitate) ipotesi di “attrazione” delle domande in materia di responsabilità genitoriale avanti al foro in cui pendesse una controversia matrimoniale. In effetti, come si è visto, nel regolamento n. 2201, il giudice adito per una controversia matrimoniale in base ad uno dei criteri di collegamento ivi previsti non necessariamente poteva esaminare e decidere anche altre domande, pure connesse alla vicenda matrimoniale, come, in particolare, quelle relative alla responsabilità genitoriale, rispetto alle quali sono previsti criteri di collegamento specifici. In mancanza di una norma generale che attribuisca competenza giurisdizionale per motivi di connessione tra domande, come si è detto, il giudice competente sulla domanda matrimoniale non potrà decidere su domande connesse se non al sussistere di un criterio di collegamento specifico per tali domande.
In tale contesto, l’art. 12, para. 1° del regolamento n. 2201 (rubricato “Proroga della competenza”) svolgeva il ruolo di norma speciale che, a determinate condizioni, consentiva di attrarre la controversia sulla responsabilità genitoriale avanti al giudice cui fosse stata proposta la domanda matrimoniale. In base a tale disposizione, in particolare, le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui veniva esercitata, ai sensi dell’art. 3, la competenza a decidere sulle domande di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio, erano pure competenti per le domande relative alla responsabilità dei genitori che si ricollegano a tali domande se:
a) almeno uno dei coniugi esercitasse la responsabilità genitoriale sul figlio;
e
b) la competenza giurisdizionale di tali autorità giurisdizionali fosse stata accettata espressamente o in qualsiasi altro modo univoco dai coniugi e dai titolari della responsabilità genitoriale alla data in cui le autorità giurisdizionali erano state adite e fosse conforme all’interesse superiore del minore.
Non assumevano rilievo, in questo conteso, la cittadinanza o la residenza abituale del minore ([39]).
Presupposto di applicazione di tale competenza “prorogata” era che il giudice adito con la domanda matrimoniale non fosse anche quello della residenza abituale del minore. Inoltre, l’esercizio di codesta giurisdizione “per connessione” doveva essere conforme all’interesse superiore del minore.
Tale competenza per connessione era peraltro “a tempo”: ai sensi del para. 2° dell’art. 12, infatti, la competenza esercitata conformemente al para. 1° cessava non appena:
a) la decisione che accoglie o respinge la domanda di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio fosse passata in giudicato;
o
b) nei casi in cui il procedimento relativo alla responsabilità genitoriale fosse ancora pendente alla data di cui alla lett. a), la decisione relativa a tale procedimento fosse passata in giudicato;
o
c) il procedimento di cui alle lett. a) e b) fosse terminato per un’altra ragione.
Nell’esperienza operativa, l’art. 12, para. 1° del regolamento n. 2201 si è rivelato di difficile applicazione ([40]). I rigidi presupposti applicativi della competenza per “attrazione” ivi previsti, in effetti, implicavano, sovente, che la domanda sul vincolo matrimonio fosse scissa, sul piano della competenza giurisdizionale, rispetto a quella in materia di responsabilità genitoriale o di alimenti ([41]), con una moltiplicazione di procedimenti e con difficoltà di coordinamento tra decisioni ([42]). Tale esito è stato confermato dalla Cassazione italiana che ([43]), in decisioni di analogo contenuto, ha affermato la giurisdizione italiana sulla separazione tra i coniugi, ma l’ha negata rispetto alle domande relativa alla prole minorenne, residente in Gran Bretagna.
Il regolamento n. 1111, non solo, continua a non prevedere un criterio di collegamento generale basato sulla connessione; esso ha pure eliminato la norma speciale contenuta nell’art. 12, para. 1° del regolamento n. 2201. Nel regolamento recast, in effetti, manca una disposizione che preveda in via diretta la possibilità, per il giudice della causa matrimoniale, di decidere anche sulla responsabilità genitoriale. A tale risultato si può arrivare soltanto per via indiretta, ad esempio, attraverso l’applicazione delle disposizioni dell’art. 10 (v. supra).
6. Il trasferimento della causa ad un giudice più appropriato nell’art. 15 del regolamento n. 2201.
Al “consolidamento” tra domande relative alla prole minorenne e controversie matrimoniali, d’altro canto, si può pervenire, ancora una volta in via indiretta, come conseguenza dell’applicazione di due ipotesi particolari di deroga “discrezionale” al foro della residenza abituale del minore previste nel regolamento 1111.
Nel regolamento recast, in effetti, è stato riscritto e si è esteso l’ambito di applicazione dell’art. 15 del regolamento n. 2201. Tale norma, che chiudeva la sezione sulla giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale, come noto, prevedeva una regola di competenza derogatoria alla giurisdizione generale del giudice della residenza abituale del minore ([44]), permettendo, a condizioni specifiche e in casi eccezionali ([45]), di disporre il trasferimento di un procedimento da uno Stato membro all’altro ([46]). Tale disposizione era applicabile in ogni ipotesi in cui un giudice di uno Stato membro esercitasse la propria competenza in materia e anche nel caso di un ricorso per la tutela dei minori presentato sulla base del diritto pubblico dalla competente autorità di uno Stato membro e avente ad oggetto l’adozione di misure relative alla responsabilità genitoriale ([47]). Trattandosi di una deroga al criterio generale della residenza abituale del minore ([48]), per la Corte essa andava interpretata restrittivamente ([49]). In quest’ottica, in Italia, si è affermato che il meccanismo dell’art. 15 del regolamento n. 2201 non potesse essere adottato nella fase presidenziale di un procedimento di separazione ([50]). Tale meccanismo, d’altro canto, poteva essere invocato in qualsiasi momento del processo ([51]), senza preclusioni temporali.
In particolare, l’art. 15 del regolamento n. 2201 prevedeva che, in via eccezionale, le autorità giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere del merito, qualora ritenessero che l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, con il quale il minore avesse un legame particolare, fosse più adatta a trattare il caso o una sua parte specifica e ove ciò corrispondesse all’interesse superiore del minore, potessero interrompere l’esame del caso o della parte in questione e invitare le parti a presentare domanda all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro oppure chiedere all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro di assumere la competenza ai sensi del para. 5°.
La giurisdizione del giudice adito poteva derivare dagli artt. 8, 9 e 12 del regolamento n. 2201 ([52]). Per contro, la Corte di giustizia aveva affermato che l’autorità giudiziaria a favore della quale poteva essere disposto il trasferimento della causa non potesse essere il giudice di norma competente a conoscere del merito della controversia in base agli artt. 8 e 9 ([53]).
Si trattava della prima forma di dismissione discrezionale della competenza accolta da un regolamento europeo, sulla scia della dottrina anglo-sassone del forum non conveniens ([54]). Essa, infatti, richiedeva una valutazione circa l’esistenza di un foro alternativo “più adatto” a pronunciarsi, in ragione dello stretto legame con il minore, in applicazione del principio di prossimità, che trova il suo fondamento nella tutela prevalente dell’interesse del minore ([55]). Tale dismissione poteva avvenire su istanza di parte o anche d’ufficio e addirittura su iniziativa dell’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con cui il minore avesse un legame particolare ([56]). In caso di iniziativa officiosa, peraltro, il trasferimento della causa poteva essere effettuato soltanto se esso fosse stato accettato da almeno una delle parti ([57]).
Il Tribunale di Milano ([58]) ha, peraltro, escluso che, ai sensi dei para. 1 lett. a) e b), 2 lett. b) e 3 dell’art. 15 del regolamento n. 2201, esistesse una legittimazione attiva di una delle parti del processo di merito portato innanzi al giudice di uno Stato membro a presentare l’istanza direttamente al giudice di un diverso Stato che ritiene «più adatto» per lo switch procedimentale, potendo la trasmigrazione della lite essere decisa solo per impulso del giudice competente di fronte al quale pende la causa o di quello che presenta un legame particolare con il minore.
Il giudice dello Stato membro normalmente competente, per poter chiedere il trasferimento della causa, avrebbe dovuto superare la forte presunzione in favore del mantenimento della propria competenza ([59]). L’autorità giurisdizionale alternativa doveva, in effetti, appartenere ad un altro Stato membro con cui il minore interessato avesse un “legame particolare” ([60]). La Corte di giustizia si era espressa rispetto ai dettagli del meccanismo processuale qui in esame. Tale giurisprudenza appare rilevante anche nel nuovo contesto: di essa, dunque, mi occuperò infra.
Per evitare vuoti di tutela, l’art. 15 del regolamento n. 2201 si preoccupava di disciplinare le modalità di quella che può definirsi una translatio iudicii internazionale. Il particolare, il giudice originariamente adito doveva fissare un termine entro il quale le autorità giurisdizionali dell’altro Stato membro dovevano essere chiamate in causa. Qualora, però, tale termine fosse decorso inutilmente, la competenza avrebbe continuato ad essere esercitata dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita. La Corte, a questo riguardo, ha precisato che il meccanismo dell’art. 15 era compatibile con regole processuali dello Stato ad quem che richiedessero l’avvio di un procedimento distinto da quello avviato nel primo Stato membro, nel quale il giudice potesse tenere conto di circostanze di fatto diverse da quelle che avrebbero potuto essere considerate dal giudice inizialmente competente ([61]).
A seguito dell’eventuale “riassunzione”, il giudice ad quem, entro sei settimane ([62]) poteva accettare la competenza, ove ciò corrispondesse, a motivo delle particolari circostanze del caso, all’interesse superiore del minore ([63]). A seguito di tale accettazione, l’autorità preventivamente adita avrebbe declinato la propria competenza. In caso contrario, la competenza avrebbe continuato ad essere esercitata dall’autorità preventivamente adita.
Ai sensi dell’art. 15, para. 6° del regolamento n. 2201, le autorità erano chiamate a collaborare, in questo contesto, direttamente ovvero attraverso le autorità centrali nominate a norma dell’art. 53.
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– La nuova disciplina nell’art. 12 del regolamento n. 1111.
Quello introdotto dall’art. 15 del regolamento n. 2201 era un meccanismo per il trasferimento di competenza innovativo ma macchinoso. L’obiettivo di individuare, nel caso concreto, il giudice più appropriato per la decisione appare peraltro particolarmente rilevante rispetto a pronunce destinate a regolare rapporti tanto delicati. Esso, in effetti, nel regolamento recast esso è perseguito in modo più organizzato e con disposizioni più precise, anche se non necessariamente più efficaci.
Nel regolamento n. 1111, in particolare, il vecchio art. 15 è stato sostituito da due nuove norme (gli artt. 12 e 13), che si occupano rispettivamente di due ipotesi in precedenza disciplinate in quell’unica sede.
L’art. 12, in particolare, con la rubrica “Trasferimento della competenza all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro” rappresenta la diretta evoluzione dell’art. 15 del regolamento n. 2201.
Anche qui, si prevede che, in circostanze eccezionali, l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente a conoscere del merito possa, in sostanza, “trasferire” la controversia all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, sulla base di valutazioni discrezionali circa la maggiore idoneità di tale altra autorità di pronunciarsi sulla materia. Nel “vecchio” art. 15, peraltro, il foro straniero doveva essere “più adatto a trattare il caso o una sua parte specifica” e il trasferimento doveva corrispondere “all’interesse superiore del minore”. Nel para. 1° del nuovo art. 12, si richiede, invece, in modo più generico che l’autorità straniera sia “più indicata a valutare l’interesse superiore del minore nel caso specifico”. In ogni caso, ciò che deve verificarsi è una maggiore “appropriatezza” del foro alternativo per la decisione della controversia di riferimento.
Qui il meccanismo per il trasferimento di competenza può essere avviato sia su istanza di parte che d’ufficio. In tale seconda ipotesi, peraltro, non si richiede più che il trasferimento sia accettato da almeno una delle parti.
Il presupposto per il trasferimento resta il medesimo, ovvero la sussistenza di un legame particolare tra l’autorità giurisdizionale “alternativa” e il minore. I “parametri” su cui valutare la sussistenza di tale legame particolare sono elencati, in modo esaustivo (considerando 26), nel para. 4° e sono rimasti invariati rispetto all’art. 15 del regolamento n. 2201 (v, infra). Continua ad essere rilevante anche nel nuovo contesto, dunque, la giurisprudenza della Corte di giustizia che aveva specificato la natura e i contenuti dell’analisi del giudice in questo ambito.
Si tratta, in particolare, di una analisi a carattere sommario ([64]). Essa si deve svolgere su tre livelli, soddisfacendo tre diverse condizioni ([65]).
In primo luogo, il giudice deve individuare lo Stato con cui il minore abbia un “legame particolare”.
Il para. 4°, nell’ottica di “incanalare” la discrezione del giudice adito, individua (in modo tassativo) ([66]) alcuni fattori alternativi ([67]) da cui si può desumere un legame particolare tra il minore ed il foro concorrente: si fa riferimento, in particolare al fatto che tale Stato sia divenuto la residenza abituale del minore dopo l’inizio del processo avanti all’autorità inizialmente adita ([68]), o che esso sia la precedente residenza abituale del minore, o, ancora, che sia il paese di cui il minore è cittadino ([69]), o in cui sia abitualmente residente uno dei titolari della responsabilità genitoriale, o, infine, al fatto che la causa riguardi le misure di protezione del minore legate all’amministrazione, alla conservazione o all’alienazione dei beni del minore situati sul territorio di questo Stato membro ([70]). Si tratta di criteri fattuali ([71]), da analizzare caso per caso.
Le situazioni in cui non sia riscontrabile neppure uno di tali fattori devono essere ab origine escluse dal meccanismo di trasferimento ([72]). Si è così esclusa l’applicazione della norma in una fattispecie in cui il giudice a favore del quale avrebbe dovuto essere effettuato il trasferimento della causa era quello ove i minori risiedevano all’epoca della proposizione della domanda e che dunque avrebbe avuto competenza in base all’art. 8 del regolamento ([73]).
Sta alla corte adita comparare l’estensione e il grado della relazione di prossimità generale del minore con il foro della sua residenza abitale con quello risultante dalla verifica dei presupposti dell’attuale art. 12, para. 4° ([74]). Se, all’esito di tale analisi, si convince che i legami tra il minore e lo Stato della sua residenza abituale siano più forti di quelli con un altro Stato membro, l’applicazione dell’art. 12 va esclusa, senza ulteriori considerazioni ([75]).
In seconda battuta, si deve valutare se, all’interno dell’altro Stato membro con cui il minore detiene un legame particolare, esista un’autorità giurisdizionale più adatta a trattare il caso. A tal fine, si deve stabilire se il trasferimento sia idoneo ad apportare un valore aggiunto reale e concreto per quanto riguarda l’adozione di una decisione riguardante il minore, rispetto all’ipotesi del suo mantenimento avanti al primo giudice ([76]). In tale analisi, si può tenere conto, inter alia ([77]), delle norme di procedura dell’altro Stato ed in particolare di quelle applicabili alla raccolta delle prove, con riferimento all’impatto specifico della idoneità della corte alternativa di gestire meglio il caso, in particolare facilitando la raccolta di prove e delle testimonianze ([78]). La Corte, a questo riguardo, ha escluso la rilevanza del fatto che, in uno Stato membro, il caso possa essere deciso in camera di consiglio da giudici specializzati ([79]). Non si dovrebbe invece prendere in considerazione il diritto sostanziale di tale altro Stato, per non violare il principio della fiducia reciproca ([80]).
In terzo luogo, si deve stabile se il trasferimento corrisponda all’interesse superiore del minore, valutando se il trasferimento stesso non rischi di ripercuotersi negativamente sulla situazione del minore interessato, valutando l’eventuale incidenza negativa che un tale trasferimento potrebbe avere sui rapporti affettivi, familiari e sociali del minore o sulla sua situazione materiale ([81]). Ciò che viene qui in rilievo, dunque, è se il trasferimento sia nell’interesse del minore e non il risultato finale del procedimento nell’altro Stato ([82]). Da questo punto di vista, nella giurisprudenza britannica si è affermato che nell’analisi sull’interesse superiore del minore si debba enfatizzare l’importanza dell’identità, della nazionalità e della cittadinanza ([83]).
Per contro, sono, in via di principio, destinate a non essere prese in considerazione eventuali ripercussioni del trasferimento su altre persone, salvo che ciò non sia rilevante a sua volta al fine di valutare il rischio per il minore ([84]).
Il trasferimento di competenza resta, in ogni caso, un atto discrezionale e non dovuto ([85]). È pure possibile disporre che solo una parte specifica del caso sia trasferita da uno Stato all’altro ([86]).
Un trasferimento di competenza, sia esso richiesto da un’autorità giurisdizionale che intenda trasferire la propria competenza o da un’autorità giurisdizionale che intenda ottenere la competenza (v. art. 13), d’altro canto, produce effetti solo per il caso specifico per il quale è effettuato. Una volta terminato il procedimento per il quale è stato richiesto e concesso tale trasferimento, quest’ultimo non produce effetti per procedimenti futuri (considerando 28).
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– (Segue): nuovi meccanismi procedimentali.
Rispetto all’art. 15 del regolamento n. 2201 è cambiato il meccanismo processuale del trasferimento, che, nel nuovo art. 12, è disciplinato in modo più preciso sul piano terminologico e specifico quanto alle dinamiche e alle tempistiche.
Qualora, dunque, il giudice adito ritenga che vi sia un’altra autorità giudiziaria più indicata a valutare l’interesse superiore del minore nel caso concreto, disporrà la sospensione del procedimento (o di parte di esso), potendo poi, alternativamente:
a) stabilire un termine entro il quale una o più parti possono informare l’autorità giurisdizionale del foro alternativo del procedimento pendente e della possibilità di un trasferimento di competenza nonché presentare un’istanza a detta autorità giurisdizionale;
b) chiedere a un’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro di assumere la competenza.
Il considerando 26 aggiunge che l’autorità giurisdizionale competente dovrebbe presentare la richiesta all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro solo qualora la sua precedente decisione di sospendere il procedimento e richiedere un trasferimento di competenza sia passata in giudicato, laddove detta decisione sia impugnabile ai sensi del diritto nazionale. In altre parole, si configura un meccanismo bifasico, che presuppone prima il confronto dialettico, eventualmente anche in sede di impugnazione, sulla decisione del giudice di sospendere il procedimento ai fini del trasferimento della competenza, con la possibilità di formulare la richiesta all’altro giudice solo dopo che la relativa decisione sia divenuta definitiva. Le tempistiche di questo meccanismo possono, peraltro, scoraggiare il ricorso all’istituto qualora vi sia contrasto in merito all’opportunità del trasferimento.
L’autorità giurisdizionale “alternativa”, a quel punto, può accettare la competenza, ove ciò corrisponda, a motivo delle particolari circostanze del caso, all’interesse superiore del minore, entro sei settimane:
a) dal momento in cui è adita da almeno uno delle parti interessate (lett. a) o
b) dal momento del ricevimento della richiesta del giudice inizialmente adito (lett. b).
Qualora la corte “alternativa” accetti il trasferimento di competenza a proprio favore, il giudice preventivamente adito può declinare la propria competenza. Al contrario, esso continua a esercitare tale competenza qualora non abbia ricevuto dal giudice dell’altro Stato membro l’accettazione della competenza entro sette settimane da quando:
a) è scaduto il termine entro il quale le parti possono presentare un’istanza all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro a norma del para. 1°, lett. a); o
b) l’autorità giurisdizionale ha ricevuto la richiesta a norma del para. 1°, lett. b).
In sostanza, nell’attuale formulazione, le dinamiche per disporre o negare il trasferimento di competenza si esauriscono nell’arco di poche settimane, rendendo certi i relativi tempi.
Il para. 5° della norma in esame chiarisce che, qualora la competenza esclusiva dell’autorità giurisdizionale sia stata stabilita a norma dell’art. 10 (sulla proroga di competenza), essa non potrà trasferire la competenza al giudice di un altro Stato membro. Si tratta, in effetti, di un ovvio corollario dell’esclusività della giurisdizione conferita ai sensi del nuovo art. 10.
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–La richiesta di trasferimento proveniente dal giudice “alternativo”: art. 13.
Il nuovo art. 13 completa lo scenario, disciplinando la “Richiesta di trasferimento di competenza da parte di un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro non competente”. La norma sviluppa, in altre parole, l’ipotesi prevista dall’art. 15, para. 2°, lett. c) del regolamento n. 2201, con la specificazione che tale richiesta non può essere avanzata dal giudice dello Stato in cui si trovi un minore sottratto illecitamente dalla propria residenza abituale (il para. 1° fa, infatti, salvo l’art. 9).
Anche qui, la richiesta di trasferimento può essere effettuata solo “in circostanze eccezionali”. Il presupposto è che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, non competente ai sensi del regolamento, ritenga comunque, alla luce del legame particolare con cui il minore (nel senso già visto nel contesto dell’art. 12), di essere più indicata a valutare l’interesse superiore del minore stesso nel caso specifico. In tal caso, essa può richiedere un trasferimento di competenza al giudice dello Stato membro di residenza abituale del minore (a prescindere dal fatto che in tale Stato sia già pendente un procedimento relativo alla responsabilità genitoriale su quel minore).
Entro sei settimane dal ricevimento di tale richiesta, l’autorità giurisdizionale destinataria della stessa può accettare di trasferire la sua competenza. Ciò avverrà qualora, per via delle specifiche circostanze del caso, essa ritenga tale trasferimento corrispondente all’interesse superiore del minore. In questo caso, il giudice destinatario della richiesta deve informare senza ritardo l’autorità giurisdizionale richiedente della propria accettazione. In assenza di una tale accettazione entro il termine di sei settimane, l’autorità giurisdizionale richiedente non può esercitare la competenza.
Anche in questo contesto, è venuto meno il requisito dell’accettazione del trasferimento da parte di almeno una delle parti. Seppure la norma non lo espliciti, mi sembra peraltro che l’autorità giudiziaria destinataria della richiesta non possa provvedere al riguardo senza avere prima stimolato il contraddittorio con i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale sul minore. Il che può porre problemi rispetto al breve termine previsto per l’accettazione del trasferimento.
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–Conclusioni
Al termine di questa disamina, si può ribadire che il regolamento recast non si preoccupa di garantire il consolidamento, sul piano della giurisdizione, tra cause matrimoniali e procedimenti in materia di responsabilità genitoriale. Si conferma, in altre parole, che tale consolidamento non sia un obiettivo perseguito in quanto tale dal legislatore europeo. In effetti, la policy sottesa alla giurisdizione matrimoniale, volta ad agevolare l’accesso alla giustizia al coniuge che voglia ottenere la libertà di stato, mal si concilia con quella dell’interesse prevalente del minore, che funge da stella polare rispetto alle cause sulla responsabilità genitoriale, rispetto alle quali assume rilevanza fondamentale il principio di prossimità tra giudice e minore.
Proprio in ragione di tale diversità, per quanto, nel diritto interno, di norma, le cause matrimoniali siano decise insieme a quelle relative alla responsabilità genitoriale, in caso di famiglie “mobili” sul territorio dell’Unione, sovente si rende necessario instaurare procedimenti in Stati membri diversi.
D’altro canto, separare la causa matrimoniale da quella sulla responsabilità genitoriale può essere funzionale a depurare la vicenda sul vincolo coniugale dalle complessità delle vicende relative ai figli minori, facilitando la soluzione della controversia sullo status personale.
In questo contesto, d’altro canto, diviene fondamentale un rigido controllo da parte dei giudici nazionali sulla effettiva localizzazione della residenza abituale di un minore, per evitare abusi e distorsioni delle dinamiche processuali da parte di un genitore a scapito dell’altro.
Le nuove regole del regolamento n. 1111 cercano di bilanciare interessi delle parti ed esigenze di giustizia, con previsioni non necessariamente coerenti. Da un lato ad esempio, in materia di proroga della giurisdizione, si valorizza il consenso informato delle parti, dall’altro, rispetto al trasferimento del caso da uno Stato membro all’altro, si può prescindere dal consenso delle parti, aumentando il ruolo e la discrezione del giudice. Le nuove norme sulla “clausola di scelta del foro”, d’altro canto, sono interessanti dal punto di vista teorico ma, in ultima analisi, introducono un foro meramente facoltativo, dal momento che ogni parte può “riconsiderare” il proprio previo assenso alla giurisdizione.
Le disposizioni sul trasferimento dei casi da uno Stato all’altro continuano ad essere un po’ macchinose, ma vanno apprezzati i chiarimenti apportati rispetto ai meccanismi operativi di tale trasferimento.
Lo sforzo del legislatore europeo di garantire che, sulla vita di un minore, si pronunci il giudice più appropriato a valutarne il prevalente interesse è condivisibile, anche se può portare all’aumento del contenzioso in materia di giurisdizione e al rischio di allungare i tempi della decisione.
Le nuove norme in questo ambito si mostrano particolarmente interessanti in quanto introducono meccanismi processuali uniformi che gli Stati membri dovranno implementare, adattando le normative esistenti o, meglio, introducendo specifiche disposizioni di raccordo tra regolamento e lex fori, per garantire certezza e prevedibilità e, soprattutto, tempi rapidi per la soluzione di queste questioni pregiudiziali.
Soprattutto in materia di trasferimento dei casi da uno Stato all’altro, si conferma la centralità della cooperazione tra le corti degli Stati membri, che debbono dialogare tra loro, senza pregiudizi o preconcetti, per cercare di giungere a decisioni effettivamente rispondenti al prevalente interesse del minore. Il regolamento recast cerca di rafforzare tale cooperazione con gli art. 86 ss. L’esperienza operativa del regolamento n. 2201 dimostra però che le regole, di per sé, non sono sufficienti. Bisognerà dunque garantire nella prassi l’effettiva ed efficace implementazione dei nuovi strumenti processuali europei.
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Note
[1]) Si tratta della versione italiana di un articolo in lingua inglese in corso di pubblicazione sulla rivista Polski Proces Cywilny.
[2]) Dalla medesima data, l’art. 104 prevede l’abrogazione del regolamento n. 2201 del 2003.
[3]) V. al riguardo il considerando 1; Carpaneto, La ricerca di una (nuova) sintesi tra interesse superiore del minore “in astratto” e “in concreto” nella riforma del regolamento Bruxelles II-bis, in Riv. dir. int. priv. proc., 2018, p. 974.
[4]) Per un’analisi delle “scelte politiche” compiute a questo riguardo, Honorati, La proposta di revisione del regolamento Bruxelles II-bis: più tutela per i minori e più efficacia nell’esecuzione delle decisioni, in Riv. dir. int. priv. proc., 2017, p. 249.
[5]) Corte giust., 12 novembre 2014, c. 65613, L. c. M.
[6]) Corte giust., 1 ottobre 2014, c. 436/13, E. c. B.
[7]) Corte giust., c. L. c. M., cit.
[8]) V. anche Corte giust., 21 ottobre 2015, c. 215/15, Gogova c. Iliev, che esclude che la norma richieda la previa pendenza di un procedimento sul vincolo matrimoniale.
[9]) Marino, La portata della proroga del foro nelle controversie sulla responsabilità genitoriale, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2015, p. 354.
[10]) Corte giust., 19 aprile 2018, c. 565/16, Saponaro c. Xylina.
[11]) Corte giust., c. E. c. B., cit. Per una fattispecie, v. Supreme Court, 1 dicembre 2009, c. I (A child), in 2009 UKSC 10.
[12]) V. al riguardo Corte giust., c. E. c. B., cit. Supreme Court, c. I (A child), cit., precisa che, in questa analisi, si deve valutare se sia nell’interesse del minore che la causa sia decisa in uno Stato piuttosto che un altro, a prescindere dall’esito della causa stessa. V. pure Marino, La portata della proroga del foro, cit., p. 353.
[13]) Per Court of Appeal, Civ. Div., 16 dicembre 2014, c. LR (A child), in 2014 EWCA Civ 1624, il giudice, da questo punto di vista, deve verificare: “whether it is in the child’s interests for the case to be determined in the courts of this country rather than elsewhere”.
[14]) Corte giust., 19 aprile 2018, c. 565/16, Saponaro c. Xylina. V. Musseva, The recast of the Brussels IIa Regulation: the sweet and sour fruits of unanimity, in ERA Forum, 10 gennaio 2020, punto 3.3.
[15]) Per Court of Appeal, Civ. Div., c. LR (A child), cit., si tratta di una circostanza da accertare in senso rigoroso.
[16]) Corte giust., 19 aprile 2018, c. 565/16, Saponaro c. Xylina.
[17]) Così anche Musseva, The recast of the Brussels IIa Regulation, cit., punto 3.3.
[18]) Corte giust., c. Gogova c. Iliev, cit.
[19]) Corte giust., c. Saponaro c. Xylina, cit.
[20]) Corte giust., 12 novembre 2014, c. 65613, L. c. M., su cui Marino, La portata della proroga del foro, cit., p. 343 ss.
[21]) V. anche Marino, op. cit., p. 355.
[22]) V., con riferimento all’art. 12, para. 1° del regolamento n. 2201, Trib. Belluno, 30 dicembre 2011, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2012, p. 452; Cass., 15 novembre 2017, n. 27091, ivi, 2019, p. 563.
[23]) Corte giust., c. Gogova c. Iliev, cit.
[24]) Cass., 5 giugno 2017, n. 13912, ord., in Foro it., 2018, I, c. 621.
[25]) Cass., sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30646, ord., la quale osserva: “ove si ritenesse l’accettazione della giurisdizione sulla domanda di separazione idoneo presupposto per la proroga della competenza anche sulle domande relative alla responsabilità dei genitori, al parametro normativo precedentemente indicato se ne sostituirebbe un altro, basato su un consenso prestato con riferimento a domanda non direttamente incidente sulla posizione del minore, ed indipendentemente da ogni valutazione circa l’interesse di questi”.
[26]) Cass., sez. un., 2 ottobre 2019, n. 24608, (ord.).
[27]) Corte giust., 19 aprile 2018, c. 565/16, Saponaro c. Xylina.
[28]) Per Marino, La portata della proroga del foro, cit., p. 354, sembrava più realistica l’interpretazione per cui la proroga dovesse preesistere all’instaurazione del giudizio, restando irrilevante qualsiasi comportamento successivo.
[29]) Per un’interpretazione ampia v. Lady Hale in Supreme Court, c. I (A child), cit. Sir Munby, in Court of Appeal, Civ. Div., c. LR (A child), cit., al punto 17, afferma: “I do not see how this correspondence begins to demonstrate an “unequivocal” (…) acceptance of the jurisdiction by the mother (…), particularly at a time when no proceedings had been begun”.
[30]) Corte giust., 19 aprile 2018, c. 565/16, Saponaro c. Xylina.
[31]) Secondo Musseva, The recast of the Brussels IIa Regulation, cit., punto 3.3: “If the court breaches its obligation this should be a ground for appeal allowing reconsideration of the validity of the express acceptance”.
[32]) Lady Hale in Supreme Court, c. I (A child), cit.
[33]) Corte giust., 19 aprile 2018, c. 565/16, Saponaro c. Xylina.
[34]) V. pure Marino, La portata della proroga del foro, cit., p. 356.
[35]) Corte giust., c. Saponaro c. Xylina, cit.
[36]) Così Marino, op. cit., p. 358, per cui “il superiore interesse del minore può essere soddisfatto se dall’accordo di proroga derivino ulteriori conseguenze giuridiche tali da evitare o almeno limitare in modo significativo i dissidi fra i genitori o i responsabili genitoriali”.
[37]) Corte giust., c. L. c. M. , cit.
[38]) Corte giust., 22 novembre 1977, c. 43/77, Industrial Diamond c. Riva, in Racc., 1977, c. 2175.
[39]) de Boer, What we should not expect from a recast of the Brusssels IIbis Regulation, in Nipr, 2015, p. 13.
[40]) Ne esclude l’operare, ad esempio, Cass., sez. un., 27 novembre 2018, (ord.), n. 30657, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2019, p. 575.
[41]) V. ad esempio Cass., sez. un., 27 novembre 2018, n. 30657, cit.
[42]) V. i rilievi di Trib. Belluno, 27 ottobre 2016, in www.questionididirittodifamiglia.it. Critica su questa opzione del legislatore europeo Bernasconi, Domanda di separazione e domande riguardanti i figli: la giurisdizione sulla domanda principale non si estende necessariamente alle domande accessorie, in Fam. dir., 2016, p. 1135.
[43]) Cass., sez. un. 7 settembre 2016, n. 17676, in www.questionididirittodifamiglia.it; Cass., sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30646, (ord.); Cass., 15 novembre 2017, n. 27091, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2019, p. 563. V. Randazzo, Domande di separazione o divorzio e domande riguardanti i figli: le cause si separano se la residenza del figlio è all’estero, in Fam. dir., 2017, p. 767, per la quale, p. 772, si potrebbe esplorare la possibilità di attribuire, in caso di proposizione congiunta di domande matrimoniali e domande aventi ad oggetto i figli minori, giurisdizione al foro della residenza abituale del minore anche delle domande matrimoniali, invocando un “rapporto di specialità”.
[44]) Corte giust., 4 ottobre 2018, c. 478/17, IQ c. JP.
[45]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO; Corte giust., 4 ottobre 2018, c. 478/17, IQ c. JP.
[46]) Corte giust., 27 ottobre 2016, c. 42815, Child and Family Agency c. J. D.
[47]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.
[48]) Come espressamente ribadito da Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO.
[49]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.; Supreme Court, 13 aprile 2016, c. In the matter of N (Children), in 2016 UKSC 15.
[50]) App. Catania, 2 luglio 2011, in Nuova giur. civ. comm., 2012, I, p. 363, su cui Molè, Il regolamento CE n. 2201/2003 (Bruxelles II bis): i criteri di riparto della giurisd e la disciplina della sottrazione internazionale dei minori, ivi, p. 366 ss.
[51]) Fam. Court, 23 ottobre 2014, c. Re A and B, in 2014 EWFC 40.
[52]) Marino, La portata della proroga del foro, cit., p. 363 ss., per cui “almeno teoricamente non [è] esclusa l’invocabilità dell’art. 16 davanti a un giudice prorogato”.
[53]) Corte giust., 4 ottobre 2018, c. 478/17, IQ c. JP, per cui militano in tale direzione la natura eccezionale del trasferimento previsto dall’art. 15 nonché l’esigenza di preservare la certezza del diritto e di non svuotare di significato la norma sulla litispendenza internazionale.
[54]) In questo senso v. pure Trib. Milano, 11 febbraio 2014, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2015, p. 379.
[55]) V. App. Caltanissetta, 4 maggio 2009, in Fam. min., 2009, fasc. 6, p. 54.
[56]) V. ad esempio la fattispecie di Corte giust., 4 ottobre 2018, c. 478/17, IQ c. JP.
[57]) Ciò che, nella fattispecie decisa da Trib. Vercelli, 18 dicembre 2014, ord., in www.ilcaso.it, ha implicato la necessità di rimettere la causa in decisione, per acquisire il consenso al trasferimento alle autorità giudiziarie rumene, della madre, unica parte costituita.
[58]) In questo senso v. pure Trib. Milano, 11 febbraio 2014, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2015, p. 379.
[59]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.
[60]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.
[61]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.
[62]) Tale termine è ritenuto non perentorio in caso di accordo tra i genitori che individui il luogo di soggiorno del minore nello Stato del legame particolare e, comunque, se ciò sia conforme all’interesse del minore stesso: Trib. min. Genova, 11 dicembre 2009, decr., in Fam. min., 2010, fasc. 9, p. 61.
[63]) Trib. min. Genova, 11 dicembre 2009, cit.
[64]) Fam. Court, 23 ottobre 2014, c. Re A and B, cit.
[65]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO. Il mancato soddisfacimento di uno di questi passaggi implica l’inapplicabilità della norma: Court of appeal, 21 febbraio 2014, c. Nottingham City Council v. LM, in 2014 EWCA Civ 152.
[66]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.; Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO.
[67]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO.
[68]) Per una fattispecie, v. Trib. Vercelli, 18 dicembre 2014, ord., in www.ilcaso.it, che giunge a ritenere che i figli minorenni della ricorrente, presenti nel territorio romeno da oltre un anno ed ivi frequentando la scuola ed essendosi inseriti nel contesto della famiglia d’origine della madre, fossero stabilmente residenti in Romania. Cour d’appel de Bruxelles, 11 marzo 2013, in www.dipr.be, 2013, fasc. 2, p. 40, esclude che, in caso di trasferimento di un minore in un altro Stato, in forza di provvedimento esecutivo ma impugnato dall’altro genitore, che si oppone a tale trasferimento, si possa ritenere che “l’enfant a acquis, après 8 mois, se résidence habituelle” nell’altro Stato.
[69]) Circostanza che si può desumere dal fatto che il minore sia nato in uno Stato membro di cui uno dei genitori abbia la cittadinanza: Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO.
[70]) Per una fattispecie, v. App. Caltanissetta, 4 maggio 2009, in Fam. min., 2009, fasc. 6, p. 54, che ritiene sussistere un legame particolare del minore con il foro straniero alternativo dalla residenza in tale Stato della madre e dal trasferimento nello stesso Stato del minore dopo l’instaurazione della causa avanti al giudice italiano. La corte siciliana dispone il trasferimento della causa sul rilievo che il giudice straniero, “in quanto giudice di prossimità, è a conoscenza degli stili di vita nonché dei ritmi giornalieri imposti in quel Paese, a ragazzi dell’età di (C) e (D), dagli impegni scolastici ed extrascolastici”.
[71]) Court of appeal, 21 febbraio 2014, c. Nottingham City Council v. LM, cit.
[72]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.; Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO; Corte giust., 4 ottobre 2018, c. 478/17, IQ c. JP.
[73]) Corte giust., 4 ottobre 2018, c. 478/17, IQ c. JP.
[74]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO.
[75]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO.
[76]) Per una fattispecie, Fam. Court, 23 ottobre 2014, c. Re A and B, in 2014 EWFC 40, che valorizza la conoscenza della storia della famiglia da parte delle autorità ceche: “It is fair to assume there is a depth of knowledge and experience of the family dynamics in the Czech Republic, hinted at within the documents from the authorities there, which is very largely unavailable to the authorities here”.
[77]) Per Court of appeal, 21 febbraio 2014, c. Nottingham City Council v. LM, cit., si tratta di una “evaluation to be performed on all the circumstances of the case”.
[78]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO. V. anche Court of appeal, 21 febbraio 2014, c. Nottingham City Council v. LM, cit., punto 20.
[79]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO.
[80]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO. Fam. Court, 23 ottobre 2014, c. Re A and B, cit., afferma, al punto 40: “it is irrelevant to the Article 15 question that the other court may not have the full list of options available to the English court – for example the ability to order non consensual adoptio”.
[81]) Corte giust.,c. Child and Family Agency c. J. D., cit. Per una fattispecie, v. Supreme Court, c. In the matter of N (Children), cit., in cui Lady Hale, al punto 43, specifica come la nozione di “better placed” sia collegata a quella di “best interests”: “but it is clear that they are separate questions and must be addressed separately, The second one does not inexorably follow from the first”. V. in materia Trimmings, Transfer of jurisdiction and the best interests of the child, in Camb. law jour., 2016, p. 471.
[82]) Supreme Court, c. In the matter of N (Children), cit., punto 44. V. anche Fam. Court, 23 ottobre 2014, c. Re A and B, cit. Per Trib. Vercelli, 18 dicembre 2014, ord., in www.ilcaso.it, è nell’interesse di minori, ormai trasferitisi in Romania, che il procedimento che li riguarda sia trattato da parte del giudice rumeno, in quanto meglio di ogni altro in grado di acquisire gli elementi per comprendere le esigenze del minore e da meglio elaborare il contenuto dell’emanando provvedimento. L’analisi del giudice di Vercelli, peraltro, sembra qui sovrapporre il piano dell’interesse del minore a quello dell’adeguatezza del giudice straniero “alternativo”. V. anche High Court of Justice, 13 marzo 2013, c. The Child v. The Central Authority of the Republic of Slovakia, in 2013 EWHC 521 (Fam), ove Mr. J. Mostyn, al punto 37, scrive: “The analysis of best interests only goes to inform the quetion of forum and should not descend to some kind od divisive value judgment about the laws and procedures of our European neighbours”.
[83]) Fam. Court, 23 ottobre 2014, c. Re A and B, cit., con riferimento a minori appartenenti alla etnia Roma originari della Repubblica Ceca.
[84]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.
[85]) Corte giust., 10 luglio 2019, c. 530/18, EP c. FO. Per una fattispecie inglese Court of appeal, 21 febbraio 2014, c. Nottingham City Council v. LM, cit., che riforma la decisione di primo grado, favorevole al trasferimento di competenza alle corti della repubblica ceca.
[86]) Corte giust., c. Child and Family Agency c. J. D., cit.
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