Torna alla prima parte

Redazione 21/08/00
Scarica PDF Stampa
Capitolo III° – seconda parte

di Ermanna Grossi

***

In più, escludendo che il danno previdenziale costituisca null’altro che un aspetto peculiare del danno biologico, si dovrebbe giungere all’assurda conclusione che oggetto della copertura assicurativa dell’INAIL non è la salute, ma il patrimonio dei lavoratori. Cosa questa che si pone palesemente in contrasto con il disposto dell’art. 38 Cost., secondo il quale gli istituti di previdenza ed assistenza sociale devono essere preordinati a garantire ai lavoratori infortunati non il risarcimento, in senso civilistico, dei danni subiti, ma i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita [1].

Queste incongruenze non sono state eliminate dal decreto legislativo n. 38 del 2000, emanato in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 55, lettera s) della legge n. 144 del 1999, con la quale è stato avviato il processo di “aggiornamento” del sistema degli indennizzi previsti per gli infortuni sul lavoro alla luce dei nuovi orientamenti della giurisprudenza in tema di danno alla salute. Il suddetto decreto, infatti, si è limitato ad imporre all’INAIL di indennizzare anche il danno biologico, a partire dalla data di approvazione del decreto ministeriale contenente la tabella delle menomazioni (art. 13), lasciando immutato l’art. 74 del d.P.R. n. 1124 del 1965, ed il riferimento all’attitudine al lavoro in esso contenuto.

Resta, dunque, la possibilità che dopo aver indennizzato il danno biologico subito dal lavoratore infortunato, si veda respingere la domanda di surrogazione nei confronti del terzo responsabile, sulla base del presupposto che, nel caso di specie, non vi era compromissione effettiva del reddito [2].

5. Il concorso di responsabilità dell’assicurato e del terzo
Il problema dell’esatta individuazione dei limiti oggettivi è strettamente collegato a quello dell’estensione della surrogazione nell’ipotesi in cui il fatto dannoso sia dovuto al concorso di colpe fra l’assicurato e il terzo.

Si tratta, in altre parole, di stabilire se, nel caso in cui il sinistro sia dipeso anche dal fatto dell’assicurato – danneggiato, il diritto dell’assicuratore di surrogarsi nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili, sia limitato alla quota di indennità proporzionato al grado di colpa del terzo o ricomprenda anche la quota di indennità proporzionata al grado di colpa dell’assicurato.

Il problema si pone quando i danni derivanti da un sinistro sono indennizzati solo in parte dall’assicuratore. In questo caso, infatti, l’assicurato, proprio perché non integralmente risarcito, cerca di ottenere dal terzo la somma necessaria per coprire quella parte del danno non rientrante nella copertura assicurativa [3].

Inizialmente, la giurisprudenza si pronunciò a favore dell’opponibilità all’assicuratore del concorso di colpa dell’assicurato [4]. Nel 1958, invece, la Corte di cassazione [5], investita della questione ad istanza dell’INAIL e dell’INAM, accolse per la prima volta la tesi opposta (in seguito mai più respinta) [6] ispirandosi al principio secondo cui la surrogazione dell’assicuratore nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili troverebbe un unico limite nella somma che il danneggiante deve in concreto risarcire al danneggiato. L’eventuale concorso di colpa, pertanto, rileva solo in quanto riduce l’ammontare di quella somma, senza determinare un’ulteriore riduzione percentuale del diritto di surrogazione in proporzione al grado di colpa dell’assicurato [7].

Secondo la cassazione, questa soluzione sarebbe conforme al principio indennitario, in quanto è intesa ad evitare che « il danneggiato, se abbia concorso nella produzione dell’evento lesivo, riesca a conseguire un trattamento più favorevole di quello che riceve ove sia immune da colpa » [8].

L’attribuzione all’assicuratore del diritto d ripetere l’intero ammontare delle prestazioni erogate a titolo di indennità non implicherebbe, inoltre, l’acquisizione da parte dello stesso di una somma superiore al quantum liquidato, essendo il credito dell’assicurato già decurtato dalla quota relativa al concorso di colpa [9].

L’ampia possibilità di recupero delle somme erogate a titolo di indennità da parte dell’assicuratore, infine, provocando una riduzione dei costi dell’impresa di assicurazione e quindi dei premi, si tradurrebbe, a lungo andare, in un vantaggio per la massa degli assicurati [10].

Queste argomentazioni non sono state accolte dalla dottrina prevalente [11], la quale ha confutato, innanzitutto, l’argomento letterale, che la Corte di cassazione ha preteso di poter ricavare dalla formulazione del 1° comma dell’art. 1916 c.c. a sostegno della propria tesi.

Il fatto che l’art. 1916 c.c. pone un solo limite espresso all’estensione della surrogazione non esclude, infatti, la possibilità per l’interprete di individuarne degli altri, indagando la struttura interna dell’istituto [12]. Una prima limitazione scaturisce, per esempio, dall’inciso secondo cui « l’assicuratore è surrogato nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili », il quale non può certamente essere interpretato nel senso che l’assicuratore, che abbia pagato l’indennità, possa succedere nei diritti diversi da quello al risarcimento del danno, che l’assicurato vanta nei confronti del terzo responsabile [13].

Anche il fatto che il diritto di surrogazione sia stato attribuito dal legislatore all’assicuratore che abbia pagato l’indennità dovrebbe implicare l’impossibilità per quest’ultimo di surrogarsi nei diritti spettanti all’assicurato per il risarcimento di quei danni per i quali l’indennità non è stata versata [14].

È noto, tuttavia, con quale ritardo la giurisprudenza sia giunta, finalmente, ad affermare il principio secondo cui l’assicuratore ha diritto di surrogarsi esclusivamente in quelle voci di danno che formarono oggetto della copertura assicurativa [15].

Il riferimento al principio indennitario per giustificare la tesi dell’inopponibilità del concorso di colpa all’assicuratore surrogatosi è parso inconferente alla maggior parte della dottrina, secondo la quale, il fatto di impedire all’assicuratore di recuperare, mediante la surrogazione, la parte dell’indennità assicurativa proporzionata al grado di colpa dell’assicurato non determina l’indebito arricchimento di quest’ultimo [16].

In nessun caso, infatti, l’assicurato riuscirà a cumulare i due indennizzi, ottenendo così un risarcimento complessivamente superiore al danno subito [17]. Lo dimostra questo esempio: poniamo che si verifichi un danno di 1000, indennizzato dall’assicuratore per 500 e che il concorso di colpa fra l’assicurato e il terzo sia pari al 50 per cento. Applicando la soluzione accolta dalla maggior parte della dottrina, le 500 dovute dal terzo responsabile spetteranno per 250 all’assicuratore e per 250 all’assicurato, il quale, dopo aver subito un danno di 1000 e percepito 500 dall’assicuratore e 250 dall’assicurato, otterrà complessivamente, a titolo di risarcimento, una somma pari a 750 (minore, dunque, di 1000). Il terzo, del resto, non sfugge alle conseguenze della propria responsabilità, in quanto egli è responsabile di 500 e 500 paga, di cui 250 all’assicuratore e 250 all’assicurato.

L’accoglimento della soluzione proposta dalla maggior parte della giurisprudenza, invece, determina il percepimento dell’integrale recupero dell’indennità versata (pari a 500, nell’esempio) da parte dell’assicuratore, il quale, dopo aver incassato un premio per un rischio che si è poi verificato, paga 0, a differenza del danneggiato, il quale dopo aver subito un danno pari a 1000 ed aver pagato un premio per trasferire, sia pure parzialmente, il rischio del suo verificarsi in capo all’assicuratore, percepisce 0 dal terzo e 500 dall’assicuratore. In queste stesse condizioni si sarebbe travato se non fosse stato assicurato, solo che, in quel caso, non avrebbe pagato alcun premio ! [18]

Né può dirsi che l’opponibilità del concorso di colpa all’assicuratore determina l’attribuzione all’assicurato di vantaggi ulteriori rispetto a quelli che avrebbe potuto conseguire se fosse stato immune da colpa. Questa affermazione si fonda su un doppio equivoco: il primo consiste nel ritenere che l’assicurato, il quale abbia concorso nella produzione del sinistro, possa pretendere il risarcimento dei danni causati dalla colpa del terzo [19]; il secondo nel ritenere che la colpa dell’assicurato debba necessariamente produrre delle conseguenze sfavorevoli nel rapporto assicurativo, così come accade nel rapporto di danneggiamento, dove limita il risarcimento che il terzo deve al danneggiato [20].

In realtà, per risolvere adeguatamente il problema dei limiti oggettivi della surrogazione, è necessario fare riferimento non a ciò che l’assicurato può esigere dall’autore del danno, ma alle perdite complessivamente subite dal primo a causa del sinistro e a ciò che egli può legittimamente pretendere dal suo assicuratore, secondo le regole del contratto di assicurazione, il quale obbliga l’assicuratore ad indennizzare i danni subiti dall’assicurato, a prescindere dall’eventuale concorso di colpa di quest’ultimo nella produzione del sinistro (salvo ovviamente il caso di dolo, ai sensi dell’art. 1900 c.c.) [21].

Il mancato recupero di quella parte dell’indennità proporzionata al grado di colpa dell’assicurato, inoltre, non costituisce un danno ingiusto per l’assicuratore, come alcuni hanno ritenuto [22]. È la possibilità accordata all’assicuratore di ottenere l’integrale recupero dell’indennità versata, invero, a danneggiare ingiustamente l’assicurato, il quale viene privato, il più delle volte, della possibilità di ottenere il risarcimento dei danni ulteriori, comunque subiti, non rientranti nella copertura assicurativa, per l’insufficienza del patrimonio del terzo responsabile, prosciugato dalla rivalsa dell’assicuratore [23].

Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di cassazione nella ormai storica sentenza n. 1586 del 1958, inoltre, la tesi favorevole all’inopponibilità all’assicuratore surrogatosi del concorso di colpa dell’assicurato contrasta con il principio secondo cui nemo plus juris in alium transferre potest quam ipse habet. Essa, infatti, consente all’assicuratore di esercitare, almeno per la parte di indennità corrispondente alla quota di danno non imputabile al terzo, diritti maggiori di quelli che avrebbe potuto far valere il danneggiato, al quale la legge attribuisce soltanto il diritto di richiedere la quota di danno cagionata dal terzo [24].

La tesi proposta dalla giurisprudenza sembra poco compatibile con la natura giuridica della surrogazione, configurata dalla stessa giurisprudenza come una peculiare forma di successione a titolo particolare nel credito dell’assicurato [25]. Se si consente, infatti, da un lato, al terzo responsabile di opporre all’assicuratore, in quanto successore a titolo particolare dell’assicurato, tutte le eccezioni di natura sostanziale e processuale che sarebbero state opponibili a quest’ultimo, non si può, poi, negargli il diritto di eccepire la corresponsabilità del danneggiato nella produzione del sinistro [26]. O deve, forse, ritenersi che è possibile eccepire solo la responsabilità esclusiva e non anche quella parziale ?

Come si vede, ci sono moltissime ragioni per dubitare della legittimità costituzionale dell’art. 1916 c.c..

L’eccezione di incostituzionalità è stata, tuttavia, disattesa dalla Corte costituzionale: una prima volta con la sentenza n. 115 del 6 luglio 1970 [27], nella quale ha dichiarato « non fondata, in riferimento all’art. 3, comma 1°, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1916 c.c. sul diritto di surrogazione dell’assicuratore (il quale, secondo la giurisprudenza della Cassazione, deve essere interpretato nel senso che, in caso di colpa concorrente del danneggiato – assicurato e del danneggiante, la rivalsa per surrogazione debba farsi con l’eliminazione della quota di danno prodotto da quest’ultimo) » ; una seconda volta con la sentenza n. 134 del 12 luglio 1972 [28], nella quale ha ribadito che, in caso di concorso di colpa del danneggiato e del danneggiante, la pretesa di quest’ultimo al rimborso delle prestazioni erogate a titolo di indennità « non subisce alcuna riduzione (se essa non eccede la somma dovuta dal terzo) ».

Queste sentenze non possono essere addotte a conforto dell’interpretazione dell’inopponibilità del concorso di colpa all’assicuratore, dal momento che gli stessi giudici della Consulta hanno affermato che « si può anche discutere sul reale contenuto della norma e sull’esattezza dell’interpretazione ritenuta, ma non si può indurre da quella, invero apparente, difformità, nessun elemento favorevole al dedotto vizio di incostituzionalità » [29].

Probabilmente i tempi non erano ancora abbastanza maturi per un’inversione di tendenza su questo argomento. Una ventina di anni più tardi diverse avrebbero potuto essere le conclusioni della Corte costituzionale, la quale — giova ricordarlo — con la sentenza n. 319 del 1989 non ha esitato ad infrangere l’ormai consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità che consentiva agli assicuratori sociali di esercitare l’azione di surrogazione in pregiudizio dell’assicurato al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti.

Il nuovo orientamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità sui limiti della surrogazione dell’assicuratore, tuttavia, rende tutt’altro che remota la possibilità di un ritorno della questione di costituzionalità dell’art. 1916 c.c. davanti al giudice delle leggi, anche sotto il profilo della violazione del 1° comma dell’art. 24 Cost.. È evidente, infatti, che, privando il terzo della possibilità di opporre all’assicuratore surrogatosi la responsabilità concorrente del danneggiato nella produzione del sinistro, la giurisprudenza limita considerevolmente la possibilità per il cittadino di agire in giudizio per quella parte del proprio diritto, di cui si appropria, invece, l’assicuratore, il quale dovrebbe subentrare nella medesima posizione dell’assicurato [30].

Attraverso questa interpretazione dell’art. 1916, dunque, la giurisprudenza finisce per accordare una sorta di privilegio all’assicuratore, il quale incassa un premio senza subire alcun onere [31].

6. I limiti soggettivi
Il primo comma dell’art. 1916 c.c. attribuisce all’assicuratore il diritto di surrogarsi nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili.

La giurisprudenza prevalente ritiene che con questa espressione il legislatore abbia voluto riferirsi non ai terzi comunque obbligati ad eseguire, in favore dell’assicurato, una prestazione corrispondente a quella eseguita dall’assicuratore mediante la corresponsione dell’indennizzo, ma ai soggetti (estranei al rapporto assicurativo) che per contratto, per fatto illecito o per altra legittima causa di obbligazione, sono tenuti a rispondere di un evento dannoso (concretante il rischio assicurato) imputabile ad essi o a persone del cui operato essi debbano rispondere » [32].

Dalla categoria dei terzi responsabili restano, in ogni caso, escluse le parti del contratto di assicurazione [33].

L’assicuratore, pertanto, non può surrogarsi nei diritti che spettano al danneggiato, suo assicurato, nei confronti di un altro assicuratore. Quest’ultimo, infatti, in quanto tale, non potrebbe essere considerato “terzo responsabile” [34]. Inoltre, la legge, considerando l’assicuratore come soggetto attivo della surrogazione, non potrebbe, al contempo, attribuirgli il ruolo di soggetto passivo della stessa [35].

Nel novero dei soggetti passivi della surrogazione non rientra neanche l’assicurato [36]. Il contratto di assicurazione, infatti, obbliga l’assicuratore ad eseguire la propria prestazione anche nel caso in cui sia stato l’assicurato a provocare il sinistro o vi abbia concorso [37].

La giurisprudenza ha inoltre incluso tra i soggetti passivi dell’azione di surrogazione il Fondo di garanzia delle vittime della strada [38], quando il terzo responsabile del sinistro stradale non sia assicurato oppure sia rimasto sconosciuto, muovendo dal presupposto della natura non indennitaria, ma risarcitoria dell’obbligazione del Fondo, che scaturisce direttamente dalla responsabilità dell’utente della strada al quale il Fondo si sostituisce, venendo ad assumere la posizione di “terzo responsabile” [39].

In dottrina si è molto discusso se, nei casi in cui il fatto dannoso sia stato commesso in stato di necessità, l’assicuratore possa pretendere l’equo indennizzo di cui all’art. 2045 c.c. [40].

Una parte della giurisprudenza lo ha negato argomentando dalla ricostruzione dello stato di necessità come quella situazione che, eliminando l’antigiuridicità dell’azione o dell’omissione, escluderebbe la responsabilità dell’autore del fatto. L’indennità dovuta al danneggiato ai sensi dell’art. 2045 c.c., inoltre, sarebbe insuscettibile di essere aggredita dall’assicuratore, che agisce in surroga, a causa del suo carattere personale [41].

Queste argomentazioni non possono essere condivise e non solo perché ogni indennità dovuta in relazione al danno risarcito dall’assicuratore deve essere possibilmente recuperata da quest’ultimo [42], ma anche e soprattutto perché lo stato di necessità, lungi dall’eliminare l’imputabilità dell’agente o l’illiceità dell’azione, come pure in passato è stato ritenuto [43], può essere considerato come una causa di parziale esonero della responsabilità, che, tuttavia, sussiste [44]. Tale tesi non è disattesa dal fatto che il legislatore abbia posto a carico di chi abbia cagionato il danno, per essersi trovato in stato di necessità, l’obbligo di corrispondere al danneggiato un equo indennizzo, la cui misura è rimessa all’apprezzamento del giudice, piuttosto che un risarcimento [45]. Secondo la più autorevole dottrina, infatti, anche l’indennità, così come il risarcimento ha una finalità riparatoria, solo che, mentre il risarcimento tende alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato, l’indennità tende a quella del singolo bene [46].

Salvo il caso di dolo, la surrogazione non ha luogo se il danno è causato dai figli, dagli affiliati, dagli ascendenti, da altri parenti o affini dell’assicurato stabilmente con lui conviventi [47] o da domestici (art. 1916, 2° comma, c.c.) [48].

Questa esclusione è stata giustificata dallo stesso legislatore, nella Relazione al Re, con la considerazione che, in questi casi, « le conseguenze della surroga ricadrebbero direttamente o indirettamente sull’assicurato, rendendo priva di effetti la copertura del rischio ». È evidente, infatti, che quando il danno viene causato da una persona legata all’assicurato da vincoli di parentela o di affinità, l’eventuale rivalsa consentirebbe all’assicuratore di riprendere con una mano ciò che ha dato con l’altra, vanificando, in tal modo, gli effetti dell’atto previdenziale dell’assicuratore [49].

Tale giustificazione è stata disattesa da una parte della dottrina, secondo la quale la ratio dell’esclusione va piuttosto individuata nel fatto che, dato il vincolo di parentela o di affinità esistente tra le persone menzionate e l’assicurato, quest’ultimo non agirebbe contro di esse, a meno che non vi sia costretto dal loro comportamento doloso. Non sarebbe opportuno, pertanto, accordare all’assicuratore un diritto di cui lo stesso assicurato non si sarebbe avvalso [50].

Il 2° comma dell’art. 1916 c.c. non include nel novero dei soggetti, nei cui confronti la surrogazione non opera, il coniuge dell’assicurato, al quale pure si attaglierebbero entrambe le giustificazioni della norma, vale a dire la comunanza degli interessi patrimoniali tra danneggiante e danneggiato e la quasi certa mancanza di animus risarcitorio del primo [51].

Ne è conseguita una disparità di trattamento tra il coniuge e gli altri parenti dell’assicurato, difficilmente eliminabile per via di mera interpretazione. Il carattere eccezionale della norma, che limita l’esercizio di un diritto, non ne consente, infatti, un’interpretazione analogica [52].

Si è reso, dunque, necessario l’intervento della Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 117 del 21 maggio 1975 [53], ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del 2° comma dell’art. 1916 c.c., per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui non annovera il coniuge dell’assicurato tra le persone nei cui confronti non è ammessa la surrogazione.

Secondo la maggior parte della dottrina [54], infine, la surrogazione dell’assicuratore è ammissibile anche nei confronti delle persone menzionate dal 2° comma dell’art. 1916 c.c., quando queste siano assicurate contro la responsabilità civile. L’esistenza di un particolare vincolo di parentela, affinità o convivenza tra danneggiante e assicurato, infatti, non può essere invocata per escludere gli effetti normalmente derivanti dal contratto di assicurazione contro la responsabilità civile intercorrente tra il danneggiante ed il proprio assicuratore: l’interdipendenza di due rapporti distinti e separati che, altrimenti, si verrebbe a creare, si risolverebbe, alla fine, in un vantaggio per il secondo assicuratore, il quale potrebbe rifiutare il pagamento dell’indennizzo, mediante la pretestuosa eccezione del rapporto intercorrente tra danneggiante e danneggiato [55].

7. La responsabilità dell’assicurato per il pregiudizio arrecato al diritto di surrogazione
L’assicurato è responsabile nei confronti dell’assicuratore per il pregiudizio che, con la propria condotta, abbia arrecato al diritto di surrogazione (art. 1916, 3° comma, c.c.)[56].

Questa norma trova la sua ragion d’essere nel fatto che l’assicuratore acquista a titolo derivativo il diritto verso il terzo responsabile, restando, dunque, esposto a qualunque pregiudizio arrecato al diritto stesso dall’assicurato anteriormente alla surrogazione [57].

Il mancato pagamento dell’indennità, infatti, impedisce all’assicuratore di subentrare anche soltanto sub condicione nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili, diritti rispetto ai quali egli può vantare esclusivamente un’aspettativa di diritto tutelabile, appunto, attraverso la norma di cui al 3° comma dell’art. 1916 [58], la quale pone a carico dell’assicurato l’obbligo di « amministrare il diritto verso il terzo — finché non passa all’assicuratore [59] — con la diligenza del buon padre di famiglia » [60].

Il pregiudizio rilevante consiste nell’impossibilità giuridica, non di mero fatto [61], per l’assicuratore di ottenere dal terzo responsabile il risarcimento che avrebbe ottenuto, se l’assicurato non fosse stato inadempiente [62].

In concreto, l’assicurato può pregiudicare il diritto di surrogazione dell’assicuratore ponendo in essere atti di disposizione del diritto al risarcimento (quali rinunce, transazioni, incasso del pagamento, ecc.), omettendo di compiere gli atti interruttivi della prescrizione, non evitando il maturare di decadenze o trascurando di compiere gli atti che dovevano essere posti in essere quali condizioni per l’esercizio dell’azione verso il terzo [63].

Per quanto riguarda il primo gruppo di ipotesi, può dirsi che l’atto di disposizione pregiudica l’assicuratore, soltanto quando è suscettibile di produrre un effetto liberatorio per il terzo responsabile [64]. Il che accadrà in ogni caso se il risarcimento viene corrisposto all’assicurato prima del pagamento dell’indennità da parte dell’assicuratore [65]. Il risarcimento effettuato dopo, invece, avrà o meno effetto liberatorio a seconda della tesi alla quale si ritiene di aderire in ordine al momento di efficacia della surrogazione.

Per i sostenitori della tesi della automaticità, il risarcimento effettuato dopo il pagamento dell’indennizzo, essendo rivolto ad un soggetto non più legittimato a riceverlo, non produce, di regola [66], alcun effetto liberatorio per il terzo responsabile, il quale sarà, pertanto, tenuto ad eseguire un secondo pagamento nelle mani dell’assicuratore [67].

Secondo gli autori favorevoli alla tesi della non automaticità, invece, gli atti di disposizione del diritto al risarcimento compiuti dall’assicurato dopo il pagamento dell’indennità assicurativa, ma prima della comunicazione da parte dell’assicuratore al danneggiante dell’avvenuto pagamento e della volontà di surrogarsi nei diritti dell’assicurato, determinano sempre la liberazione del responsabile, in quanto compiuti dal soggetto titolare del diritto fatto valere. In questo caso, l’assicurato sarà chiamato a rispondere nei confronti dell’assicuratore ai sensi del 3° comma dell’art. 1916, in quanto, pur sapendo di essere già stato indennizzato dal proprio assicuratore, non ha esitato ad accettare dal terzo responsabile un secondo pagamento [68].

Meno chiara appare la posizione dell’assicurato che abbia evitato di compiere gli atti interruttivi della prescrizione del diritto al risarcimento verso il terzo responsabile o non abbia evitato il maturare di decadenze.

In base al rilievo secondo cui l’assicuratore, allorché citato dall’assicurato per ottenere il pagamento dell’indennità, può evocare in giudizio il terzo responsabile per ottenere che quest’ultimo, in caso di soccombenza dello stesso assicuratore, sia a sua volta condannato a risarcire il danno, una certa parte della giurisprudenza ha ritenuto che, anche prima del pagamento dell’indennizzo, l’assicuratore possa validamente compiere gli atti interruttivi della prescrizione [69].

Secondo questa giurisprudenza, precisamente, l’obbligo dell’assicurato di conservare integra l’azione contro il terzo responsabile verrebbe meno mediante la comunicazione del verificarsi del sinistro all’assicuratore, il quale, a partire da questo momento, sarebbe in grado di tutelare direttamente i propri interessi [70].

Questa affermazione è stata respinta dalla giurisprudenza più recente, la quale, muovendo dal presupposto della non automaticità della surrogazione, ha concluso che la norma di cui al 3° comma dell’art. 1916 c.c. comporta un obbligo per l’assicurato, che permane anche dopo il pagamento dell’indennità da parte dell’assicuratore e fino a quando quest’ultimo non abbia comunicato al terzo responsabile di volersi surrogare [71].

Una parte della dottrina [72], valutando questo principio alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto sottoposto all’esame della Corte di cassazione, ne ha ridimensionato la portata, affermando che l’obbligo di compiere gli atti interruttivi della prescrizione del diritto al risarcimento è assoluto soltanto prima del pagamento dell’indennità. Una volta avvenuto l’incasso, invece, l’assicurato può legittimamente ritenere che al compimento di tali atti provvederà l’assicuratore dopo la denuntiatio, a meno che quest’ultimo non chieda espressamente all’assicurato di provvedervi in sua vece.

L’inosservanza del disposto di cui al 3° comma dell’art. 1916 c.c. obbliga l’assicurato al risarcimento dei danni che siano eventualmente derivati all’assicuratore. I mezzi di tutela a disposizione dell’assicuratore sono però diversi a seconda che la scoperta del pregiudizio da parte di quest’ultimo avvenga prima o dopo il pagamento dell’indennità. Nel primo caso egli potrà, a seconda della gravità del pregiudizio sofferto, ridurre proporzionalmente l’importo dell’indennità dovuta o rifiutare il pagamento [73]. Nel secondo, invece, potrà agire direttamente, nei confronti dell’assicurato, per ottenere il risarcimento dei danni [74].

Controversa è in dottrina e in giurisprudenza la determinazione del regime di prescrizione applicabile all’azione di risarcimento promossa dall’assicuratore nei confronti dell’assicurato che gli abbia pregiudicato la rivalsa [75].

Secondo la giurisprudenza meno recente, essa, scaturendo dalla violazione di un obbligo legale, sarebbe soggetta alla prescrizione ordinaria decennale [76].

Questa tesi è stata respinta dalla dottrina [77], la quale, dopo aver rilevato che il comportamento posto in essere dall’assicurato in pregiudizio del diritto di surrogazione dell’assicuratore può essere qualificato giuridicamente come un fatto illecito (art. 2043 c.c.) o come un obbligo derivante dal contratto di assicurazione, ha concluso che nessuna di queste due ipotesi può essere fatta rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 2946 c.c., secondo il quale tutti i diritti si estinguono con il decorso di dieci anni: per esse, infatti, la legge « dispone diversamente » in materia di prescrizione [78].

In realtà, poiché il diritto dell’assicuratore al risarcimento dei danni provocati dal pregiudizio del diritto di surrogazione deriva dal contratto di assicurazione [79], l’azione per farlo valere si prescrive in un anno, secondo il disposto dell’art. 2952 c.c. [80].

Per quanto riguarda il dies a quo per la decorrenza della prescrizione, una parte della dottrina lo ha individuato nel giorno del pagamento dell’indennità assicurativa, dal momento che è proprio a partire da questo momento che l’assicuratore ha la possibilità di esaminare tutte le circostanze del sinistro, trovandosi nella condizione di conoscere gli elementi necessari per valutare se vi sia stato o meno inadempimento da parte dell’assicurato [81].

In realtà, la decorrenza del termine prescrizionale va, più esattamente, collocata nel giorno in cui l’assicuratore ha avuto conoscenza dell’atto pregiudizievole compiuto dall’assicurato [82], poiché è soltanto da questo momento che il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.) [83].

Note:
[1] Cfr. PERSIANI, Tutela previdenziale e danno biologico, in Dir. lav., 1992, pp. 236-237; FERRARI, Danno biologico e danno previdenziale: una questione di copertura assicurativa del rischio, in FI, 1993, I, p. 77.

[2] Cfr. ROSSETTI, Ancora in tema di surrogazione dell’INAIL, op. cit., p. 511.

[3] Cfr. PASANISI, Concorso dell’assicuratore, op. cit., p. 336.

[4] Cfr. App. Firenze 7 dicembre 1948, in Foro pad., 1949, I, p. 251 ; Trib. Brescia 30 luglio 1953, in Giur. It. Rep., 1954, voce Responsabilità civile, n. 267, col. 2438; App. Venezia 27 giugno 1956, in Giust. Civ., 1958, I, p. 1198.

[5] Nella sentenza n. 1586 del 15 maggio 1958, in Assicurazioni, 1959, II, p. 135, la Corte di cassazione affermò, per la prima volta, che « nel caso di concorso di colpa dell’assicurato – danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, il diritto di surrogazione dell’assicuratore che abbia corrisposto l’indennità integrale (cui è tenuto anche in detta ipotesi) nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili (diritto che l’art. 1916 c.c. riconosce fino a concorrenza dell’ammontare della indennità) non è limitato alla quota di indennità proporzionale al grado di colpa del terzo responsabile, ma comprende anche la quota di indennità proporzionata all’entità della partecipazione colposa dell’assicurato; pertanto l’intera indennità corrisposta è ripetibile, nei limiti della somma dovuta concretamente dal danneggiante a titolo di risarcimento, senza che possa distinguersi fra le dette quote e senza che il diritto di surrogazione debba restringersi alla prima di esse ».

[6] Questo orientamento è stato riconfermato dalla stessa Corte di cassazione nella sentenza n. 1878 dell’8 ottobre 1970, in Resp. civ. e prev., 1971, p. 449 (nella quale si afferma che l’assicuratore ha il diritto di ripetere, nei limiti di quanto dovuto dal terzo responsabile, l’intero importo delle prestazioni erogate, anche nel caso in cui al danneggiato sia stata liquidata soltanto una parte dell’indennità, a causa di una sua colpa concorrente nella produzione del sinistro) e nella sentenza n. 3438 dell’8 novembre 1978, in FI Mass., 1978 (nella quale si afferma che « nel caso di concorso di colpa dell’assicurato – danneggiato, il diritto di surroga dell’assicuratore non è limitato al grado di colpa del terzo responsabile, sebbene all’importo della somma dovuta da quest’ultimo al danneggiato »).

[7] Cfr. Cass. 15 maggio 1958, n. 1586, in Assicurazioni, 1959, II, p. 135. L’adesione dei giudici di merito fu pressoché unanime. Vedi, fra le tante, App. Firenze 18 maggio 1959, in Resp. civ. e prev., 1960, p. 88; App. Milano 20 dicembre 1960, in Mon. Trib., 1961, p. 114; App. Brescia 6 maggio 1964, in Assicurazioni, 1965, II, 2, p. 82. In dottrina, seguono l’indirizzo della Cassazione: COLASSO, Colpa concorrente del danneggiato, op. cit., p. 241; POGLIANI, Aspetti e problemi, op. cit., p. 731; TORRENTE, Rilievi, op. cit., p. 135; GAMBOGI, Ancora sui rapporti tra diritto di surrogazione dell’assicuratore e concorso di colpa dell’assicurato, in Assicurazioni, 1961, II, 2, p. 127; SANTI, Il contratto di assicurazione, op. cit., p. 415; TERZAGO, Due aspetti della surroga dell’assicuratore: prescrizione e concorso di colpa, op. cit., p. 850; PALERMO, L’azione surrogatoria, op. cit., p. 1009 ss.; CERMINARA, Colpa esclusiva e colpa concorrente nella rivalsa per surrogazione, in Riv. it. prev. soc., 1971, p. 626 ss.; PASANISI, Postilla minima sul problema dei diritti di surroga dell’assicuratore nel caso di concorso di colpa del terzo nel sinistro, op. cit., p. 344 ss.; LA TORRE, Surrogazione dell’assicuratore e concorso di colpa dell’assicurato danneggiato, in Scritti di diritto assicurativo, Milano, 1959, p. 177 ss.; Id., Ancora sul concorso di colpa dell’assicurato danneggiato, in Giust. Civ., 1978, IV, p. 127 ss.; Id., Il punto, op. cit., p. 970.

[8] Cfr. Cass. 15 maggio 1958, n. 1586, cit.. Nello stesso senso, in dottrina, vedi COLASSO, Colpa concorrente, op. cit., p. 241; POGLIANI, Aspetti e problemi, op. cit., p. 731.

[9] Cfr. Cass. 25 marzo 1977, n. 1181, in Giur. It., 1978, I, p. 398 ; Cass. 15 febbraio 1971, n. 380, in Assicurazioni, 1972, II, p. 65. Secondo la Cassazione, infatti, il credito dell’assicurato è già decurtato della percentuale relativa al concorso di colpa dell’assicurato e questa falcidia va conteggiata sul danno globale e non sull’intera indennità (cfr. Cass. 13 marzo 1975, n. 954, in Assicurazioni, 1975, II, p. 257; Cass. 15 febbraio 1971, n. 380, cit., in Assicurazioni, 1972, II, p. 65).

[10] Cfr. PASANISI, Postilla, op. cit., p. 348.

[11] Cfr. BARTOLINI, Surrogazione dell’assicuratore e concorso di colpe, in Dir. e prat. assic., 1959, p. 150 ss.; PASANISI, Concorso dell’assicuratore, op. cit., p. 335 ss. (quest’ultimo Autore ha poi mutato avviso); NASINI, Natura e limiti, op. cit., p. 369 ss.; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 635; GENOVESE, Il fondamento razionale, op. cit., p. 578 ss.; Id., I limiti, op. cit., p. 349 ss.; Id., La situazione giuridica dell’assicurato di fronte al diritto di surroga dell’assicuratore, in Giur. It., 1970, p. 1481 ss.; POGGI, Per una nuova giurisprudenza sui limiti oggettivi della surroga dell’assicuratore, in Studi in onore di Antigono Donati, Roma, 1970, vol. II, p. 543 ss.; ANTINOZZI, Opponibilità del concorso di colpa all’assicuratore e costituzionalità dell’art. 1916 c.c., in Dir. e prat. assic., 1971, p. 374 ss.; Id., Ancora una volta sull’opponibilità del concorso di colpa all’assicuratore che agisce in surroga, in Dir. e prat. assic., 1971, p. 591 ss.; FERRARINI, Le assicurazioni marittime, op. cit., p. 332; MARCHIO, Sui limiti del diritto di surroga dell’assicuratore, in Giur. It., 1975, I, 2, col. 135 ss.; PARTESOTTI, Rapporto italiano, op. cit., p. 444; Id., Nemo subrogat contra se !, op. cit., p. 1355 ss.; CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., p. 426 ss.; STEIDL, Il contratto di assicurazione, op. cit., p. 231; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 254; BELLARDINI, Diritto di surroga dell’assicuratore e concorso di colpa dell’assicurato danneggiato, in Giur. It., 1993, p. 1101 ss.; COLOMBINI, Diritto di surrogazione ex art. 1916 c.c. e concorso di colpa, op. cit., p. 177 ss..

[12] Cfr. BARTOLINI, Surrogazione, op. cit., p. 151.

[13] Cfr. BARTOLINI, Surrogazione, op. cit., p. 151.

[14] Cfr. BARTOLINI, Surrogazione, op. cit., p. 151.

[15] Vedi supra paragr. 2.

[16] Cfr. GENOVESE, Il fondamento, op. cit., p. 578 ss.; POGGI, Per una nuova giurisprudenza, op. cit., p. 550; PARTESOTTI, Nemo subrogat contra se !, op. cit., p. 1359; ANTINOZZI, Opponibilità del concorso di colpa, op. cit., p. 375.

[17] Cfr. BARTOLINI, Surrogazione, op. cit., p. 154, secondo il quale l’assicuratore potrà, al limite, ottenere il maggiore dei due indennizzi, ma non entrambi.

[18] Cfr. CAVATORTA, Limiti all’azione di surroga dell’assicuratore in caso di concorso di colpa dell’assicurato, in Casi pratici in materia di assicurazione, a cura di MONTEL, ANTINOZZI e CAVATORTA, Campobasso, 1969, p. 258; COLOMBINI, Diritto di surrogazione, op. cit., p. 186.

[19] In questo senso vedi POGLIANI, Responsabilità e risarcimento da illecito civile, Milano, 1969, p. 291, nota n. 56.

[20] Cfr. GENOVESE, I limiti, op. cit., pp. 366-367.

[21] Cfr. GENOVESE, I limiti, op. cit., p. 367.

[22] Cfr. ALIBRANDI, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, Milano, 1966, p. 735, secondo cui qualora l’assicuratore dovesse limitarsi a pretendere la sola parte di indennizzo corrispondente al grado di colpa del terzo responsabile […], si finirebbe per premiare la colpevolezza dell’assicurato danneggiato, giacché dall’ammontare del risarcimento spettategli dovrebbe essere dedotto a favore dell’assicuratore non l’intero importo dell’indennità ricevuta […], ma soltanto la parte di essa corrispondente al grado di colpa del terzo responsabile, con la conseguenza di attuare un ingiusto danno per l’assicuratore e un indebito arricchimento per l’assicurato […]; si verrebbe in tal modo a garantire al lavoratore infortunato un trattamento più favorevole di quello che gli spetterebbe se non avesse contribuito con il suo comportamento colposo al verificarsi dell’infortunio. In questo caso, infatti, il risarcimento dovutogli dal terzo sarebbe decurtato dell’intero ammontare dell’indennità assicurativa ricevuta mentre, in caso di concorso di colpe, egli conserverebbe, ai danni dell’assicuratore, la quota di risarcimento corrispondente al suo grado di colpa […]. In realtà, […], l’azione di surroga si esercita sull’ammontare del risarcimento spettante al danneggiato secondo il diritto comune; il danneggiato ha, infatti, il diritto di conseguire dal responsabile il tantundem, ossia una somma di denaro equivalente alla perdita subita, ed è proprio su quel tantundem che l’assicuratore esercita il diritto di surroga ».

[23] Cfr. GENOVESE, I limiti, op. cit., p. 365.

[24] Cfr. PASANISI, Concorso dell’assicuratore, op. cit., p. 345.

[25] Vedi, supra, cap. I, paragr. 5.

[26] Cfr. COLOMBINI, Diritto di surrogazione, op. cit., p. 180.

[27] In Giust. civ., 1970, III, p. 252.

[28] In FI, 1972, I, p. 3009.

[29] Cfr. ANTINOZZI, Opponibilità del concorso di colpa, op. cit., p. 375; COLOMBINI, Diritto di surrogazione, op. cit., p. 187. Un Autore ha acutamente osservato che queste sentenze contengono « una riserva che lascia insoluta la questione con l’ombra di un dubbio, nonché rimosso, piuttosto approfondito. Invero non è della costituzionalità dell’art. 1916 c.c. che si tratta, bensì della sua interpretazione sulla quale l’inciso della Corte costituzionale è senza significato » (cfr. GENTILE, La giurisprudenza sulla responsabilità civile nel quinquennio 1966-1970, in Resp. civ. prev., 1971, p. 293).

[30] Cfr. COLOMBINI, Diritto di surrogazione, op. cit., p. 187.

[31] È noto, tuttavia, che il privilegio è la prelazione che la legge accorda in considerazione della causa del credito (art. 2745 c.c.). Questo particolare privilegio dell’assicuratore, invece, non è previsto da alcuna norma di legge, ma si è andato consolidando attraverso una lettura distorta dell’art. 1916 c.c. (cfr. COLOMBINI, Diritto di surrogazione, op. cit., p. 187).

[32] Cfr. Cass. 22 dicembre 1976, n. 4710, in Assicurazioni, 1977, II, p. 213.

[33] Cfr. LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 954.

[34] Cfr. LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 954; GENOVESE, Il fondamento, op. cit., p. 558. Un’eccezione è rappresentata dall’art. 28 della legge n. 990 del 1969, secondo il quale, qualora il danneggiato dalla circolazione di un veicolo sia assistito da un assicuratore sociale, quest’ultimo « ha diritto di ottenere direttamente dall’assicuratore del responsabile […] il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato » (2° comma), purché, entro un certo termine (3° comma), « l’istituto di assicurazione sociale abbia dichiarato di volersi surrogare nei diritti del danneggiato » (4° comma), in quei diritti, cioè, che costui vanta non nei confronti del terzo responsabile (ex art. 2054 c.c.), ma nei confronti dell’assicuratore (ai sensi degli artt. 1 e 18 della legge n. 990 del 1969), il quale, in linea di principio, non potrebbe farsi rientrare nella categoria dei “terzi responsabili” (cfr. LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 956).

[35] Cfr. Cass. 22 dicembre 1976, n. 4710, cit., in Assicurazioni, 1977, II, p. 213. Con questa pronuncia la Corte di cassazione ha respinto la domanda di un ente gestore di un’assicurazione sociale, il quale, dopo aver erogato le spese di cura relative all’infortunio di un suo assistito, intendeva agire in surrogazione di quest’ultimo contro la compagnia privata che aveva assicurato l’infortunio medesimo.

[36] Cfr. GENOVESE, Il fondamento, op. cit., p. 558.

[37] Come è noto, infatti, l’art. 1900 c.c. stabilisce che « l’assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa grave del contraente, dell’assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave ».

[38] Il Fondo di garanzia per le vittime della strada, istituito dalla legge n. 990 del 1969 sull’assicurazione contro la responsabilità civile derivante della circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è costituito presso la CONSAP (Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A.). Per mezzo dei contributi versati dalle imprese autorizzate all’esercizio dell’assicurazione obbligatoria, il Fondo provvede al risarcimento dei danni causati da veicoli o natanti non identificati o non coperti da assicurazione o assicurati presso imprese che, al momento del sinistro, si trovino in stato di liquidazione coatta amministrativa o vi vengano poste successivamente (art. 19). I danni sono liquidati, per conto del Fondo di garanzia, dall’impresa designata, per il territorio in cui è avvenuto il sinistro, dal Ministro dell’industria (art. 20) [ N.B. – Le funzioni del Ministero dell’industria, soppresso ex art. 55, comma 1 – lett. b), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono state trasferite ad altri Ministeri (in particolare, al Ministero delle attività produttive e, relativamente ai rapporti con l’Isvap – l’istituto per la vigilanza delle assicurazioni private e di interesse pubblico, al Ministero dell’economia e delle finanze): v. il d.lgs. prima citato, con le modifiche da ultimo apportate dal decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, recante: “Modificazioni al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché alla legge 23 agosto 1988, n. 400, in materia di organizzazione del Governo” ]. Quando non esista o non sia individuabile un assicurato, perché il veicolo non è coperto da assicurazione o non è identificato, l’impresa designata, che ha pagato per conto del Fondo, ha azione di regresso vero i terzi responsabili del danno. Nell’ipotesi di liquidazione coatta, invece, l’impresa designata si surroga nei diritti dell’assicurato e del danneggiato verso l’impresa posta in liquidazione, con gli stessi privilegi stabiliti dalla legge in favore dei medesimi (art. 29) (cfr. DONATI – VOLPE PUTZOLU, Manuale, op. cit., pp. 239-240).

[39] Cfr. Cass. 19 dicembre 1990, n. 12036, in Giust. civ. Mass., 1990, p. 2057. Nello stesso senso vedi anche ALIBRANDI, Aspetti problematici, op. cit., p. 199.

[40] Cfr. LOBINA, La responsabilità nel comportamento necessitato, in Foro Pad., 1968, col. 984 ss.; CORRADINI, Surroga assicurativa e danno prodotto in stato di necessità (art. 1916 e art. 2045 c.c.), in Dir. e prat. assic., 1969, p. 679 ss.; CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., pp. 409-410; SCALFI, I contratti, op. cit., pp. 251-252; ROSSETTI, Le azioni di rivalsa, op. cit., pp. 13-14. L’art. 2045 c.c. stabilisce che « quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona ed il pericolo non è stato da lui volontariamente causato, né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice ».

[41] Cfr. App. Torino 17 maggio 1968, in Dir. e prat. assic., 1969, p. 679. Nello stesso senso vedi CORRADINI, Surroga assicurativa, op. cit., p. 679 ss.; ROSSETTI, Le azioni di rivalsa, op. cit., p. 14. Contra, vedi Pret. Gallipoli 23 ottobre 1985, in Inf. prev., 1987, p. 1089, secondo cui l’istituto assicuratore, il quale si sia surrogato nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili, ha diritto all’indennizzo di cui all’art. 2045 c.c. (nella somma rimessa all’equo apprezzamento del giudice), da porre a carico del soggetto responsabile del danno riconosciuto dal giudice penale non punibile per aver agito in stato di necessità.

[42] Cfr. SCALFI, I contratti, op. cit., p. 251.

[43] Cfr. PIRAS, Saggio sul comportamento necessitato nel diritto privato, Studi sardi, 1949, p. 185; BRIGUGLIO, Lo stato di necessità nel diritto civile, Padova, 1963, p. 115; MOLARI, Profili dello stato di necessità, Padova, 1964, DE CUPIS, Il danno, Milano, 1946, p. 331; Id., Dei fatti illeciti, in Commentario, op. cit., p. 309 ss..

[44] Cfr. BRASIELLO, Dei fatti illeciti, in Commentario del codice civile diretto da D’Amelio e Finzi, Firenze, 1949, vol. IV, Delle obbligazioni, p. 244; TORREGROSSA, Il problema della responsabilità da atto lecito, Milano, 1964, p. 146 ss.; SCOGNAMIGLIO, voce Indennità, in Novissimo Digesto italiano, Torino, 1962, vol. VIII, p. 594.

[45] Cfr. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, in Novissimo Digesto italiano, Torino, 1957, vol. XV, p. 655.

[46] Cfr. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, op. cit., p. 655; CICCARELLO, voce Indennità (dir. priv.), in Enc. dir., Milano, 1971, XXI, p. 105.

[47] Secondo una parte della dottrina, il requisito della “stabile convivenza” va riferito agli “altri parenti o affini” dell’assicurato. L’eccezione, pertanto, opera indipendentemente dalla sussistenza di esso per i figli, gli affiliati, gli ascendenti e i domestici (cfr. SALANDRA, Dell’assicurazione, op. cit., pp. 349-350; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 636).

[48] Questa norma è presente negli ordinamenti di numerosi Stati: si pensi all’art. 67, 2° comma, della Legge assicurativa tedesca, all’art. 72, 3° comma, della Legge assicurativa svizzera, all’art. 36, 3° comma, della Legge assicurativa francese. Un’eccezione è rappresentata dal Belgio, dove è ammesso il regresso nei confronti dei parenti (cfr. SCHIMDT e LUER, Cumulo delle prestazioni, op. cit., p. 306, nota n. 55). La legge argentina, invece, stabilendo in via generale che « … L’assicuratore non può avvalersi della surroga a danno dell’assicurato … » sembra adottare una soluzione ancora più restrittiva di quella adottata dalle leggi che stabiliscono un elenco tassativo di persone nei confronti delle quali la surrogazione non è ammessa (cfr. MORANDI, La surroga dell’assicuratore nel diritto argentino, op. cit., p. 145). La norma di cui al 2° comma dell’art. 1916 c.c. è derogabile dalle parti: ne consegue che per stabilire quali sono, nel caso concreto, i soggetti passivi della surrogazione, occorre procedere, di volta in volta, all’interpretazione del contratto (cfr. SOTGIA, Soggetto passivo dell’azione di surroga assicurativa, in Assicurazioni, 1952, II, p. 173; CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., p. 410).

[49] Cfr. LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 955.

[50] Cfr. SALANDRA, Dell’assicurazione, op. cit., p. 349; SOTGIA, Soggetto passivo, p. 172; SANTI, Il contratto di assicurazione, op. cit., p. 418.

[51] L’iniquità dell’esclusione del coniuge dal novero dei soggetti nei cui confronti non è ammessa la surrogazione è apparsa in maniera ancor più evidente dopo l’emanazione della legge n. 990 del 1969, la quale ha incluso, tra i non aventi diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria, oltre agli ascendenti, i discendenti, gli affiliati, gli altri parenti e affini dell’assicurato, il coniuge non legalmente separato (art. 4, 2° comma, lett. b) [ Cfr. DURANTE, Assicurazione e surrogazione (art. 1916 c.c. e coniuge dell’assicurato), in Riv. giur. circ. e trasp., 1975, p. 408 ].

[52] Cfr. DURANTE, Assicurazione e surrogazione, op. cit., p. 409. Non sarebbe nemmeno possibile far rientrare il coniuge nella categoria dei parenti o degli affini dell’assicurato, considerato che il codice civile definisce la parentela come il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite (art. 74) e l’affinità come il vincolo che lega il coniuge ai parenti dell’altro coniuge (art. 78).

[53] In Riv. giur. circ. e trasp. , 1975, p. 407, con la già citata nota di DURANTE, Assicurazione e surrogazione (art. 1916 c.c.e coniuge dell’assicurato).

[54] Cfr. PICARD et BESSON, Traité, op. cit., p. 315; SALANDRA, Dell’assicurazione, op. cit., p. 350; SOTGIA, Soggetto passivo, op. cit., p. 172; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 637; STEIDL, Il contratto di assicurazione, op. cit., p. 232.

[55] Cfr. SOTGIA, Soggetto passivo, op. cit., p. 172.

[56] Secondo una parte della dottrina, questa norma costituirebbe una specificazione del principio del dovere di salvataggio che incombe sull’assicurato ai sensi dell’art. 1914 c.c., in quanto la possibilità di ottenere un recupero dal terzo responsabile comporterebbe una riduzione del danno per quanto attiene alla posizione dell’assicuratore (cfr. ANDRIOLI, Surroga legale, op. cit., p. 48; DONATI, Trattato, op. cit., p. 478, secondo il quale il 3° comma dell’art. 1916 c.c. pone a carico dell’assicurato un onere; SALANDRA, Dell’assicurazione, op. cit., p. 351; CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., p. 435). Da ciò discenderebbe la possibilità di applicare alle eventuali violazioni della norma di cui al 3° comma dell’art. 1916 c.c. compiute dall’assicurato le stesse sanzioni previste dall’art. 1915 c.c. per le violazioni del dovere di salvataggio, ossia la decadenza del diritto all’indennizzo nel caso di inosservanza dolosa e la riduzione dell’indennizzo nella misura del pregiudizio sofferto in caso di colpa (cfr. FERRARINI, Le assicurazioni marittime, op. cit., p. 463). Tale impostazione non può essere accolta. Se è vero, infatti, che, essendo la norma di cui all’art. 1916 c.c. non inclusa tra quelle inderogabili in senso sfavorevole all’assicurato dall’art. 1932 c.c., i formulari delle polizze possono prevedere espressamente delle decadenze a carico dell’assicurato come conseguenza del suo comportamento pregiudizievole, è anche vero che siffatta pattuizione, proprio perché introduce delle decadenze non previste dalla legge, deve essere approvata specificamente per iscritto (cfr. Cass. 8 novembre 1967, n. 2702, in Giust. civ., 1968, I, p. 890). In realtà, il 3° comma dell’art. 1916 c.c. pone a carico dell’assicurato l’obbligo contrattuale di non pregiudicare il diritto dell’assicuratore di agire verso il terzo responsabile per effetto della surrogazione, dal cui inadempimento sorge una responsabilità contrattuale, con conseguente obbligo di risarcire il danno cagionato all’assicuratore (cfr. SCALFI, I contratti, op. cit., p. 256; LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 975; CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1059; in giurisprudenza vedi oltre a Cass. 8 novembre 1967, n. 2702, cit., in Giust. civ., 1968, I, p. 890, Trib. Genova 17 aprile 1990, in Dir. mar., 1991, p. 123).

[57] Cfr. DONATI, Trattato, op. cit., p. 477; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 636; CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., p. 434.

[58] Cfr. LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 950.

[59] Una volta che l’assicurazione sia divenuta operante, gli atti di disposizione dei diritti verso il terzo responsabile compiuti dall’assicurato non possono più spiegare alcuna efficacia pregiudizievole nei confronti dell’assicuratore (cfr. DONATI, Trattato, op. cit., p. 477; SANTI, Il contratto di assicurazione, op. cit., p. 416; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 255).

[60] Cfr. SANTI, Il contratto di assicurazione, op. cit., p. 416.

[61] Il pregiudizio arrecato al diritto di surrogazione dell’assicuratore deve essere effettivo e non soltanto potenziale (cfr. Cass. 3 maggio 1967, n. 844, in Giur. It. Mass., 1967, col. 308). L’assicuratore è tenuto, pertanto, a provare non solo la causa del pregiudizio, ma anche che l’azione contro il terzo responsabile avrebbe avuto un risultato utile (cfr. FERRARINI, Le assicurazioni marittime, op. cit., p. 340; CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., p. 435; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 256; per la giurisprudenza vedi Cass. 27 giugno 1958, n. 2296, in Dir. mar., 1958, p. 447). Egli, però, non deve anche a fornire la prova di aver agito infruttuosamente contro il terzo responsabile, come riteneva la giurisprudenza meno recente (cfr. Cass. 27 giugno 1958, n. 2296, cit., in Dir. mar., 1958, p. 447). Questo indirizzo rigoroso, ampiamente criticato dalla dottrina (cfr. SCALFI, I contratti, op. cit., p. 256) è stato superato dalla giurisprudenza più recente, che ha ammesso la possibilità per l’assicuratore di far accertare in via incidentale nel giudizio contro l’assicurato l’effettiva sussistenza del pregiudizio, senza dover necessariamente estendere il contraddittorio al terzo responsabile (cfr. Cass. 20 marzo 1990, n. 2322, in FI Mass., 1990; Cass. 8 giugno 1992, n. 7057, in FI Mass., 1992; Cass. 1 giugno 1995, n. 6155, in FI Mass., 1995)

[62] Cfr. CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1059.

[63] Cfr. DONATI, Trattato, op. cit., p. 427; CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1060.

[64] Cfr. CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1060.

[65] Cfr. Cass. 25 ottobre 1966, n. 2595, in FI Mass., 1966.

[66] Un Autore favorevole alla tesi dell’automaticità ha sostenuto che il pagamento effettuato dopo il versamento dell’indennità potrebbe eccezionalmente spiegare un effetto liberatorio per il terzo responsabile, qualora quest’ultimo riuscisse a dimostrare la sussistenza dei requisiti di validità degli atti posti in essere nei confronti del creditore apparente (cfr. SCALFI, I contratti, op. cit., p. 255).

[67] Naturalmente il responsabile potrà, ricorrendone tutti i presupposti, agire nei confronti del danneggiato con l’azione di indebito arricchimento per ripetere la somma versata a titolo di risarcimento dei danni già indennizzati dall’assicuratore (cfr. ROSSETTI, Le azioni, op. cit., p. 17).

[68] Cfr. Cass. 18 maggio 1981, n. 3277, in Giur. It., 1981, I, p. 1751; Cass. 16 novembre 1994, n. 9493, in FI Mass., 1994. In tal caso, l’assicuratore potrà rivolgersi contro l’assicurato per ripetere l’indennità versata (cfr. ROSSETTI, Le azioni, op. cit., p. 17). Gli atti compiuti dall’assicurato, successivamente alla comunicazione da parte dell’assicuratore di volersi surrogare nei diritti dell’assicurato verso il terzo responsabile, sono chiaramente irrilevanti ed inopponibili all’assicuratore da parte di quest’ultimo, il quale non potrà neanche eccepire la sua eventuale buona fede, posto che, in seguito alla notificazione della denuntiatio, egli è a conoscenza dell’auto mutamento della titolarità del diritto al risarcimento (cfr. Cass. 1 giugno 1991, n. 6170, in Arch. circol., 1991, p. 647).

[69] Cfr. Cass. 30 maggio 1979, n. 3140, in Dir. mar., 1980, p. 467; App. Genova 16 febbraio 1973, in Assicurazioni, 1973, II, 2, p. 71; nello stesso senso, in dottrina, vedi CARBONE, Contratto di trasporto marittimo di cose, Milano, 1988, p. 405.

[70] Cfr. Cass. 18 febbraio 1948, n. 245, in FI, 1948, I, col. 610. In un altro caso, la Corte di cassazione ha addirittura escluso che l’avvenuta prescrizione dell’azione contro il terzo costituisca pregiudizio rilevante ai sensi del 3° comma dell’art. 1916 c.c., quando essa si verifichi a causa dell’inerzia dell’assicuratore, il quale, pur se informato del sinistro e convenuto in giudizio dall’assicurato per il pagamento dell’indennità, abbia mancato di chiamare in causa il terzo responsabile (cfr. Cass. 27 giugno 1958, n. 2296, cit., in Dir. mar., 1958, p. 477).

[71] Vedi, tra le tante, Cass. 8 giugno 1992, n. 7057, in Giust. civ., 1993, I, p. 1911. È ovvio che, trattandosi di un’attività compiuta dall’assicurato nell’interesse dell’assicuratore, essa avverrà a spese di quest’ultimo (cfr. CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1063).

[72] Cfr. CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1063. L’Autore è giunto a questa conclusione dopo aver esaminato le circostanze del caso concreto sottoposto all’esame della Corte di cassazione. Nella specie, infatti, il pagamento dell’indennizzo era avvenuto solo due giorni prima della scadenza del termine di prescrizione. Proprio per questo l’assicuratore aveva espressamente chiesto all’assicurato di provvedere a compiere i necessari atti interruttivi, considerata la ristrettezza dei termini che avrebbe difficilmente consentito all’assicuratore di provvedere tempestivamente alla notifica della surrogazione al terzo.

[73] Cfr. DONATI, Trattato, op. cit., p. 478 ; CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1066. In giurisprudenza vedi Cass. 25 ottobre 1966, n. 2595, in FI Mass., 1966; Cass. 1 giugno 1995, n. 6156, in FI Mass., 1995.

[74] Cfr. DONATI, Trattato, op. cit., p. 478; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 255; CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1066. In giurisprudenza vedi Cass. 18 maggio 1981, n. 3277, in FI Mass., 1981; Cass. 16 novembre 1994, n. 9693, cit., in FI Mass., 1994.

[75] Non è possibile estendere all’azione di responsabilità contro l’assicurato il regime di prescrizione applicabile all’azione di surrogazione dell’assicuratore nei confronti del terzo responsabile considerata la diversità delle due azioni (cfr. DE MARCO, La prescrizione, op. cit., p. 130). A questo proposito, in dottrina è stato affermato che il diritto verso l’assicurato che ha pregiudicato la surrogazione « non è più considerato nei suoi riflessi esterni, ossia come formale strumento concesso all’assicuratore per esercitare contro il terzo la medesima azione di danni spettante al suo assicurato; ma, al contrario, è tutelato all’interno del rapporto contrattuale con quest’ultimo, ossia come valore autonomo avente per oggetto un interesse sostanziale proprio dell’assicuratore e la cui lesione non ad altri è imputabile che al contraente, contro il quale — come responsabile — si dirige pertanto la relativa azione » (cfr. LA TORRE, Sul regime di prescrizione del diritto di surroga dell’assicuratore, in Scritti di diritto assicurativo, op. cit., p. 169).

[76] A favore di questa soluzione si è pronunciato App. Genova 8 maggio 1952, in Assicurazioni, 1953, II, p. 51, con la già citata nota contraria di BUTTARO, Termine di prescrizione dell’azione contro l’assicurato che ha pregiudicato la surrogazione verso il responsabile del danno. In una sentenza non molto recente, la Corte di cassazione ha stabilito il principio secondo il quale la prescrizione ordinaria decennale è applicabile all’azione di responsabilità nei soli casi in cui l’assicurato e l’assicuratore abbiano posto in essere un accordo novativo (art. 1231 c.c.) o transattivo (art. 1965 c.c.), ossia un quid novi rispetto al rapporto obbligatorio regolato dall’art. 1916 c.c., nel qual caso non può più dirsi che il diritto al risarcimento derivi dal contratto di assicurazione, ma da un diverso titolo (cfr. Cass. 23 giugno 1977, n. 2669, in Giust. civ., 1977, I, p. 1922). Nella fattispecie decisa da questa stessa sentenza, la cassazione ha ritenuto novativo il patto con cui l’assicurato aveva rinunziato ai propri diritti verso il terzo responsabile cedendoli all’assicuratore, ancor prima di ricevere l’indennità. Pertanto, il diritto al risarcimento per il pregiudizio subito competeva all’assicuratore non come conseguenza della violazione del diritto di surrogazione, ma come conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento da parte dell’assicurato dell’obbligo assunto col negozio di cessione.

[77] Cfr. DE MARCO, La prescrizione, op. cit., p. 130.

[78] All’azione di responsabilità contro l’assicurato non sarebbe neanche applicabile il disposto di cui all’art. 2497, 1° comma, c.c., secondo il quale « il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato ». Se è vero, infatti, che l’attribuzione di questa azione all’assicurato è subordinata al compimento di un atto illecito da parte dell’assicurato, è anche vero che tale comportamento, previsto e sanzionato con l’obbligo del risarcimento nella disciplina del contratto di assicurazione, dà luogo ad una responsabilità di natura contrattuale e non aquiliana (cfr. LA TORRE, Sul regime di prescrizione, op. cit., p. 170; Id., Il punto, op. cit., p. 975; DE MARCO, La prescrizione, op. cit., p. 131).

[79] I diritti derivanti dal contratto di assicurazione sono soltanto quelli che traggono origine dal contratto in modo diretto ed esclusivo, come il diritto all’indennità o al capitale assicurato, il diritto a richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento e il relativo risarcimento del danno (cfr. DONATI – VOLPE PUTZOLU, Manuale, op. cit., p. 253).

[80] Cfr. BUTTARO, Termine di prescrizione, op. cit., p. 52; DONATI, Trattato, op. cit., p. 477; GASPERONI, La c.d. surroga, op. cit., p. 638; SANTI, Il contratto di assicurazione, op. cit., p. 419; FERRARINI, Le assicurazioni marittime, op. cit., p. 340; CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, op. cit., p. 439; LA TORRE, Il punto, op. cit., p. 974; DE MARCO, La prescrizione, op. cit., p. 131; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 256; CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1067; DONATI – VOLPE PUTZOLU, Manuale, op. cit., p. 253.

[81] Cfr. FERRARINI, Le assicurazioni marittime, op. cit., p. 341.

[82] La prescrizione dell’azione di responsabilità può decorrere, pertanto, o dalla data dell’eccezione di prescrizione del diritto di surrogazione sollevata dal terzo, quando la violazione dell’assicurato sia consistita nella totale inerzia che ha portato alla prescrizione del diritto, o dal giorno in cui l’assicuratore ha avuto notizia dell’atto dispositivo o abdicativo compiuto dall’assicurato che abbia ridotto o, addirittura, eliminato la possibilità per l’assicuratore di recuperare le somme versate a titolo di indennità (cfr. DE MARCO, La prescrizione, op. cit., p. 131, nota n. 48).

[83] Cfr. BUTTARO, Termine di prescrizione, op. cit., p. 53; DE MARCO, La prescrizione, op. cit., p. 131; SCALFI, I contratti, op. cit., p. 256; CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1067. La maggiore validità di questa soluzione rispetto a quella proposta dal FERRARINI risulta chiaramente se si considera che non sempre l’assicuratore è a conoscenza dell’avvenuta violazione al momento del pagamento dell’indennizzo. Si pensi, per esempio, all’ipotesi in cui l’assicurato, dopo aver percepito l’indennizzo, ma prima della denuntiatio, ottenga dal terzo responsabile l’integrale risarcimento del danno. L’effetto liberatorio del pagamento è pienamente opponibile all’assicuratore, il quale, però, ne rimane all’oscuro fino a quando il terzo non lo eccepisce (cfr. CELLE, Il pregiudizio, op. cit., p. 1068).

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento