Tariffe e pubblicità, l’UE ammette le restrizioni solo se funzionali alla tutela di un pubblico interesse

Redazione 08/02/13
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Lilla Laperuta

In tema di tariffe e pubblicità in ambito professionale si segnalano le conclusioni depositate lo scorso 1° febbraio dall’Avvocato generale Villalòn, in relazione alla causa C-475/11, avente ad oggetto un procedimento disciplinare a carico del dottor Konstantinides, a seguito di un reclamo presentato da un paziente all’Ordine dei medici del Land dell’Assia, in cui si contestava l’importo della fattura emessa dal medico. Si precisa che il dottor Konstantinides è medico abilitato in Grecia dove esercita la professione e che periodicamente si reca in Germania dove effettua interventi chirurgici presso il centro medico Elizabethenstift di Darmstadt situato nel Land dell’Assia.

Nelle argomentazioni presentate dinanzi al giudice del rinvio l’Ordine dei medici ha chiesto l’imposizione della sanzione a motivo di due infrazioni. La prima infrazione riguardava il regime tariffario, dato che, ad avviso dell’Ordine, il medico greco aveva applicato un prezzo eccessivo e incompatibile con le norme professionali vigenti in materia. La seconda infrazione riguardava la pubblicità realizzata dal dottor Konstantinides attraverso una pagina Internet, impiegando termini come «Istituto tedesco» o «Istituto europeo» a garanzia della propria attività professionale. L’Ordine ritiene che una siffatta pratica generi confusione nei destinatari del servizio, evocando l’idea che si tratterebbe di un servizio offerto nell’ambito di una struttura istituzionale, permanente e attiva nella ricerca scientifica.

Queste le conclusioni formulate dall’Avvocato Villalòn:

a) l’art. 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che si configura una misura restrittiva della libera prestazione di servizi allorquando un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro, al quale la normativa professionale dello Stato membro ospitante consente di determinare il prezzo del servizio, viene accusato di avere commesso un’infrazione disciplinare a motivo dell’applicazione di una tariffa presumibilmente eccessiva, benché ispirata alle tariffe di servizi equivalenti;

b) ancora, l’art. 56 TFUE dev’essere interpretato nel senso che un provvedimento nazionale in virtù del quale si impone ai professionisti medici di svolgere attività pubblicitarie nel rispetto di standard di correttezza eccessivamente ambigui e abbinati ad un severo regime sanzionatorio costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi.

Tuttavia, si afferma, un provvedimento come quello contestato nel caso di specie, in ragione del quale si intende applicare a un professionista medico stabilito in un altro Stato membro un regime di pubblicità di carattere non discriminatorio e basato sulla protezione dei consumatori e della salute pubblica, è giustificato purché esista la corrispondente proporzionalità fra la condotta censurata e la sanzione disciplinare effettivamente imposta.

Spetterà al giudice del rinvio effettuare quest’ultima considerazione in sede di pronuncia sul merito del procedimento.

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