Struttura e funzione economica del contratto “incompleto”

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La teoria dei costi transattivi

La presenza di costi transattivi è la tradizionale spiegazione dell’incompletezza del contratto. Oliver Williamson, che ha elaborato la teoria dei costi transattivi, volta alla ricerca di soluzioni all’incompletezza economica del contratto, definisce i costi transattivi paragonandoli all’attrito in fisica:

“Con un raccordo che funziona bene, come un meccanismo efficiente, questi trasferimenti si verificano agevolmente. Nei sistemi meccanici si ha riguardo agli attriti: gli ingranaggi girano, i pezzi sono lubrificati, vi sono giochi superflui o altri fattori di dissipazione dell’energia? L’equivalente economico dell’attrito è il costo di transazione: i partecipanti allo scambio possono operare armoniosamente o si verificano frequentemente malintesi e conflitti che causano ritardi, inadempienza e altri difetti di funzionamento?”

Williamson individua due tipi di costi transattivi: i costi transattivi ex ante ed i costi transattivi ex post. Per costi transattivi ex ante si intende l’insieme dei costi di contrattazione e di formazione del contratto. Tali costi sono calcolati tenendo conto della difficoltà delle parti di prevedere future evenienze nonché di negoziare su queste.

I costi transattivi ex ante sono i costi da sostenere per delineare, contrattare e salvaguardare un accordo. Può darsi che questo compito debba essere affrontato con molta cautela, nel caso si redige un documento complesso in cui si prevedono numerose eventualità e si stipulano e concordano in anticipo gli adattamenti che le parti dovranno effettuare; oppure il documento può essere molto incompleto, e le lacune dovranno essere colmate dalle parti quando se ne porrà l’esigenza. Invece di prevedere in anticipo tutte le possibili soluzioni, il che è un’impresa molto ambiziosa, si limita a scegliere fra le soluzioni effettivamente possibili allorché si verificano gli eventi.”

Con l’espressione costi transattivi ex post, invece, si fa riferimento ai costi necessari nel caso in cui un’eventualità che non era stata considerata all’interno del contratto si realizzi. I contraenti dovranno, infatti, negoziare per superare queste sopravvenienze ed inoltre rinegoziare per modificare elementi contrattuali che erano già stati determinati.

I costi contrattuali ex post assumono diverse forme, fra le quali vi sono: […] i costi del mercanteggiamento che si sostengono se le parti debbono correggere ex post i difetti di allineamento, i costi di organizzazione e di gestione associati alle strutture di governo (spesso diverse dai tribunali) a cui le controversie sono sottoposte, e i costi di garanzia degli impegni assunti.”

Le parti potrebbero decidere di non effettuare investimenti specifici temendo che la controparte non adempia il contratto. Anche questa problematica, come quella del timore di comportamenti opportunistici causati dalle asimmetrie informative, può essere superato attraverso l’incompletezza giuridica deliberata. In caso di investimenti specifici, soprattutto se unilaterali, si potrebbe rimettere la determinazione di elementi contrattuali ad una delle parti o ad un soggetto terzo. Si supererebbe così il timore di inadempimento del contratto che porta i contraenti a non effettuare investimenti specifici e conseguentemente all’inefficienza contrattuale.

Al contempo, la soluzione alla problematica dell’incompletezza economica dovuta ad eccessivi costi transattivi, quando non siano in gioco investimenti specifici, potrebbe essere trovata nell’incompletezza deliberata, in particolare con la rimessione della determinazione ad un soggetto terzo.

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I limiti del contraente

Williamson ha attribuito molta importanza alla psicologia del contraente, in particolare, rifacendosi agli studi di Herbert Simon, egli ritiene la razionalità limitata ed il comportamento opportunistico delle parti elementi di complessità delle relazioni economiche. Il contraente, il c.d. “homo economicus” è considerato limitatamente razionale, tale razionalità è semiforte nel senso che gli agenti economici sono razionali nelle intenzioni ma di fatto limitatamente tali.

I limiti della capacità cognitiva del contraente sono l’impossibilità di definire i suoi obiettivi, la quantità di informazioni necessarie, la loro acquisizione e la loro rielaborazione allo scopo di raggiungere il fine stabilito. Quanto all’opportunismo è stato rilevato che tale è lo spirito che muove i contraenti nella fase di negoziazione, conclusione ed esecuzione del contratto, ciò comporta che sia un limitato scambio di informazioni tra le parti nonché degli atteggiamenti che ancora una volta determinano l’incompletezza del contratto. L’opportunismo è sostanzialmente una forma di inganno, un egoismo che si concretizza con mezzi quali astuzia, inganno e frode. Esistono forme di opportunismo attive e passive, ex ante ed ex post, tali forme di opportunismo, ad esempio, sono definite nella letteratura sull’assicurazione come selezione sfavorevole, la c.d. “adverse selection” e rischio morale, il c.d. “moral hazard”.

La selezione sfavorevole è conseguenza dell’incapacità dell’assicuratore di conoscere i rischi che effettivamente corrono i suoi potenziali clienti e di non poter individuare coloro che non ammettono la loro reale condizione. Il problema della selezione sfavorevole si presenta, in particolar modo, nell’ambito dell’assicurazione sulla salute, le assicurazioni, infatti, propongono “piani assicurativi” calcolati sul rischio medio della popolazione. Ma il rischio di contrarre una malattia è un’informazione osservabile dall’assicurato, non osservabile dall’assicuratore, avremo come conseguenza che soltanto coloro con un elevato rischio sottoscriveranno l’assicurazione, cosa che non sarà fatta da coloro che, invece, hanno un rischio basso perché per tali soggetti l’assicurazione avrebbe un costo troppo elevato. Questo fenomeno è definito come “spirale della morte” e dimostra il fallimento del mercato dovuto ad asimmetria informativa ed opportunismo. L’incapacità degli assicurati di essere responsabili e prendere le misure idonee a tutelarsi porta alla nascita dei problemi di esecuzione ex post.

L‘opportunismo si riferisce, quindi, alla rivelazione incompleta o distorta di informazioni e ai tentativi di distorcere la verità e confondere la controparte. La complessità della situazione è peggiorata dal fatto che non tutti i soggetti sono ugualmente dediti all’opportunismo e per poter discriminare tra soggetti più o meno dediti all’opportunismo sarebbe necessario affrontare ulteriori costi.

Infine, se non ci fosse opportunismo tutti i comportamenti umani potrebbero essere governati da regole, gli eventi imprevisti potrebbero essere trattati applicando regole generali e le problematiche legate all’esecuzione del contratto sarebbero superate con l’adozione di clausole del tipo: “mi impegno sinceramente a rivelare tutte le informazioni rilevanti e proporre linee di condotta volte a massimizzare il profitto congiunto, ed a ripartire i conseguenti benefici senza controversie, secondo le proporzioni qui stabilite.”

Contratto “incompleto” in generale

Un contratto giuridicamente incompleto è un accordo nel quale alcuni elementi non sono stati determinati. In primo luogo i contraenti possono aver fatto riferimento a condizioni che sono state applicate in precedenti occasioni, in tal caso il contratto non deve essere ulteriormente determinato. E’ possibile che i contraenti nel disciplinare un aspetto del contratto, a loro avviso secondario, abbiano avuto una dimenticanza oppure abbiano utilizzato erroneamente termini giuridici; tale incompletezza è dovuta all’incompetenza delle parti in materia.

Può accadere che vincoli, di varia natura, di carattere extra legale, impediscano o rendano superflua la precisazione esatta del contenuto contrattuale.

Inoltre, è possibile che i contraenti preferiscano non mettere in pericolo la conclusione dell’affare sollevando questioni di non facile soluzione in una fase preliminare della contrattazione.

Le parti possono essere a conoscenza della sussistenza di norme dispositive o imperative che colmano la lacuna e, dunque, accettare implicitamente l’operare di tali norme.

L’incompletezza interessa contratti complessi caratterizzati dalla presenza di una pluralità di rapporti contrattuali, tra loro connessi, che comportano obblighi di collaborazione e di cooperazione, in tal caso la fiducia che le parti ripongono l’una nell’altra funge da elemento vincolante tra le parti, mentre, il contratto in sé assume una minore rilevanza.

E’ possibile che le parti preferiscano rimettere la determinazione di elementi contrattuali ad un secondo momento, ben consapevoli del rischio di sopravvenienze contrattuali e della possibilità di affrontarle nel momento in cui queste si realizzeranno.

L’elemento contrattuale al quale si fa riferimento parlando di “successivo completamento” del contratto non può che essere l’oggetto del contratto, quale elemento essenziale del contratto dotato del mero requisito della determinabilità ai sensi dell’articolo 1346 del codice civile.

L’incompletezza “subita” si realizza quando le parti, per semplice disattenzione, oppure, non ritenendo un certo elemento importante, non lo inseriscono all’interno del contratto. L’espressione subita non ha una connotazione negativa, non indica che vi è stata un’imposizione nei confronti delle parti ma evidenzia esclusivamente che il comportamento delle parti sia stato passivo. L’incompletezza “deliberata”, invece, presuppone l’impegno delle parti a procedere ad un “successivo completamento” del contratto. La determinazione può avvenire ad opera di un soggetto terzo, di una delle parti oppure attraverso un successivo accordo delle parti stesse. Un successivo accordo delle parti potrebbe entrare in gioco qualora eventuali sopravvenienze rendano necessaria un’ulteriore determinazione degli elementi contrattuali.

Il contratto deliberatamente incompleto può, quindi, essere originariamente o successivamente tale. L’incompletezza “originaria” è frutto della decisione delle parti di rimettere la determinazione di alcuni elementi contrattuali ad un secondo momento, e si manifesta più frequentemente nei contratti ad esecuzione differita. L’incompletezza “successiva” è dovuta alla volontà delle parti di inserire meccanismi di rideterminazione di alcuni elementi contrattuali e alla necessità di tale rideterminazione a seguito di sopravvenienze che sconvolgono l’equilibrio contrattuale. Questa incompletezza è maggiormente presente nei contratti ad esecuzione continuata o periodica. Nel caso di incompletezza successiva il completamento avrà una funzione di modificazione dell’assetto di interessi originariamente previsto, tanto che avremo tutta una serie di elementi che, seppur non più vincolanti, saranno esemplificativi dell’originaria volontà delle parti. L’incompletezza originaria o successiva del contratto consente una maggiore flessibilità del rapporto contrattuale ed ha lo scopo di superare, se non addirittura di evitare, il sorgere, in fase di negoziazione, di ostacoli insormontabili impeditivi della conclusione del contratto evitando, inoltre, che in fase di esecuzione si debbano applicare rimedi risolutivi.

Secondo parte della dottrina, il contratto deliberatamente incompleto, che è un contratto il cui oggetto non è determinato ma determinabile, è effettivamente un contratto incompleto.

Altra parte della dottrina, ponendo l’accento sul fatto che un contratto il cui oggetto è determinabile è un contratto che risponde a tutti i requisiti necessari al fine della venuta ad esistenza del contratto stesso ai sensi dell’ex art. 1325 del codice civile (ovviamente per quel che concerne l’oggetto) ed ai sensi dell’ex art. 1346 del codice civile il quale, per quanto riguarda il requisito della determinabilità, afferma che “un contratto di questo tipo è sia economicamente che giuridicamente completo poiché soddisfa interessi comuni e prevalenti dei contraenti che considerano prioritaria non la predeterminazione rigida degli obblighi ma una loro strutturale flessibilità attraverso la tecnica della determinabilità”. La mera determinabilità dell’oggetto del contratto serve a rendere l’accordo “completo” dal punto di vista economico perché questo potrà essere più facilmente “adattato” alle infinite eventualità che potrebbero sconvolgere l’accordo negoziale intercorso tra le parti ed, inoltre, perché consente di superare le inefficienze insite in contratti economicamente incompleti.

Tra le ragioni che giustificano l’opzione per l’incompletezza contrattuale è, senza dubbio, la volontà delle parti di gestire le sopravvenienze in modo diverso rispetto a quanto previsto dalla disciplina legislativa ovvero di evitare l’applicazione della risoluzione contrattuale.

I contratti incompleti consentono ai contraenti di reagire alle sopravvenienze contrattuali senza dover applicare discipline che, invece, di limitarsi a spostare il rischio contrattuale da là dove è caduto, mettono la parola fine al rapporto stesso.

Lo studio dell’incompletezza economica del contratto è stato in particolare approfondito dalla dottrina nord americana che si occupa di “law and economics”. Tali studiosi, che definiscono questa incompletezza come “exogenous”, hanno affermato che tutti i contratti sono incompleti. In particolare tale incompletezza si riferisce all’impossibilità per i contraenti di considerare tutti i possibili futuri “stati del mondo” al momento della redazione del contratto, intendendo per stati del mondo l’insieme degli eventi “al di fuori del controllo dei contraenti, in grado di influenzare gli incentivi delle parti e in definitiva, il risultato e la performance contrattuale”.

L’incompletezza giuridica ed economica presentano caratteristiche ben diverse l’una dall’altra; l’incompletezza giuridica nell’accezione di cui si tratta, cioè l’incompletezza deliberata, è frutto di una libera scelta delle parti per una migliore gestione della relazione contrattuale, invece, l’incompletezza economica è una caratteristica fisiologica del contratto.

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Raffaele Vitolo

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