Sopraelevazione: il punto iniziale da cui misurare l’altezza dell’edificio è il piano di campagna e il punto finale (cd. sottogronda) è costituito dall’ultimo solaio di copertura (Cons. Stato n. 2085/2013)

Redazione 16/04/13
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FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, con la sentenza n. 301 del 6 aprile 2000, ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento dell’ordinanza a firma del dirigente dell’Unità operativa concessioni edilizie n. 22, del 27 gennaio 1999, con cui, previo diniego della concessione in sanatoria, è stata disposta la rimozione delle opere abusive realizzate dal ricorrente in violazione del divieto di sopraelevazione contenuto nelle norme di attuazione del P.R.G.; nonché, in via subordinata, della nota a firma del medesimo dirigente, n. 276 del 27 gennaio 1999, con la quale è stata negata l’applicazione della sola sanzione pecuniaria ex art. 12 l. n. 47-85.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che l’ordinanza di rimozione delle opere realizzate in totale difformità dalla concessione edilizia ai sensi dell’art. 7 della l. n. 47-85 e su area sottoposta al vincolo di cui alla legge 1497-39, ha stabilito che le opere oggetto dell’istanza di sanatoria originariamente presentata dall’attuale appellante configurano una sopraelevazione e, dunque, un intervento edilizio in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente, in particolare con l’art. 6-bis delle N.T.A., che vieta sopraelevazioni o nuovi piani attici nei comparti B6, come nella fattispecie in esame.

Secondo il TAR, in specifico, i corpi di fabbrica emergenti dalle falde di copertura rilevano necessariamente ai fini del calcolo delle altezze dell’intero edificio; peraltro, anche ove si ritenesse che non siano strettamente applicabili al caso di specie i criteri definiti dall’art. 53 delle N.T.A., il quale ai fini del conteggio delle cubature specifica dispone che l’altezza dell’edificio va calcolata dalla linea di campagna di progetto alla linea di sottogronda, posta quest’ultima al di sotto della quota dell’intradosso dell’ultimo solaio di copertura, non per questo potrebbe considerarsi non integrata una sopraelevazione, a norma della previsione generale dell’art. 43 del Regolamento Edilizio.

Per il TAR, infatti, tale ultima disposizione si limita a disporre che l’altezza dei fabbricati si misura dalla linea di campagna di progetto alla linea del sottogronda; ed è evidente, conclude il TAR, che l’alterazione dell’originaria inclinazione delle falde del tetto, caratterizzata da una vera e propria interruzione delle stesse e dall’inserimento di un nuovo corpo di fabbrica nel piano sottotetto, con conseguente non indifferente aumento di ingombro planimetrico e di volumetria del vano esistente (la superficie calpestabile del vano sottotetto è più che raddoppiata, passando da 39 a 92 mq, ed è stato quindi creato un rilevante nuovo spazio abitativo), comporti di necessità che la misurazione dell’altezza dell’edificio debba essere effettuata con riferimento alla nuova linea di sottogronda, individuabile tramite il punto di intersezione tra la parete esterna della nuova mansarda (che è andata a spezzare l’originario andamento delle falde a copertura del preesistente vano sottotetto) e il relativo solaio di copertura, non potendosi più fare riferimento, proprio a causa del venir meno della continuità dell’andamento delle falde del tetto, alla linea originaria di sottogronda.

L’appellante contestava la sentenza del TAR, riproponendo nella sostanza le tesi del ricorso proposto in primo grado

Si costituivano l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica dell’11 gennaio 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l’appello sia infondato.

In punto di fatto si ritiene di dover precisare che, con concessione edilizia n. 1743 del 26 novembre 1996, il Comune appellato aveva autorizzato l’esecuzione di lavori di ristrutturazione sulla porzione di immobile di proprietà dell’appellante, sito in Perugia e ricadente in area classificata come zona di completamento (B6), vincolata ai sensi della l. 1497-39; in data 19 giugno 1997 l’appellante aveva presentato istanza di variante alla predetta concessione edilizia, al fine di ottenere, con la modifica dell’inclinazione e dell’andamento delle falde del tetto, una maggiore fruibilità dei vani sottotetto esistenti, su cui il Comune aveva espresso parere favorevole.

In seguito ad un sopralluogo veniva, tuttavia, rilevata, in merito al piano sottotetto, la realizzazione “al grezzo” di opere difformi da quanto assentito con l’originaria concessione edilizia n. 1743-96, e segnatamente:

a) diversa distribuzione interna dei vani destinati a soffitta;

b) realizzazione di un nuovo terrazzo “raso-falda” sul lato a valle, delle dimensioni di m.1.50 x 8.30 circa;

c) ampliamento e diverso posizionamento del terrazzo “raso-falda” posto sul lato a monte, delle dimensioni di m.1.50 x 4.50 circa;

d) maggiore altezza del piano sottotetto, al colmo m.2.60 anziché 2.50;

e) parziale modifica della pendenza delle due falde del tetto del corpo emergente dalla copertura principale.

A seguito di tale accertamento il dirigente competente aveva disposto, con ordinanza n. 25 del 27 marzo 1998, la sospensione dei lavori e, in data 30 marzo 1998, l’appellante aveva inoltrato istanza di concessione in sanatoria per le opere eseguite in variante alla originaria concessione, nonché, in data 4 gennaio 1999, istanza per ottenere quanto meno l’applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 12 della l. n. 47-85, in luogo di eventuali prescrizioni di ordine demolitorio. Con i provvedimenti impugnati con l’originario ricorso è stata disposta la reiezione dell’istanza di sanatoria ed ordinata la rimozione delle opere dichiarate difformi dal titolo di assenso edilizio, negando l’applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 12 l. n. 47/85, applicabile nelle sole ipotesi di opere parzialmente difformi dal titolo abilitativo, rilevando il Comune la realizzazione di una “sopraelevazione” dell’edificio, espressamente vietata dall’art. 6-bis delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G., anche per le zone di completamento B6, come quella in esame.

Più in dettaglio, il Collegio rileva, come ha stabilito correttamente il TAR, che l’appellante ha modificato la copertura dell’edificio in questione, realizzando un innalzamento al colmo del sottotetto (da m. 2,50 a m. 2,60) nonché un’alterazione dell’inclinazione delle originarie falde di copertura.

Tale intervento è consistito nella diminuzione dell’originaria pendenza delle falde di copertura fino a determinare un’interruzione dell’andamento delle stesse nella parte centrale del tetto; così, in luogo di un tetto spiovente, a segmento inclinato e senza soluzione di continuità, è stata posta in essere una copertura a segmento spezzato, a “zig-zag”: dalla copertura dell’edificio è emerso quindi un corpo di fabbrico nuovo che ha consentito all’interessato una maggiore fruibilità dell’ultimo piano del manufatto che da ‘sottotetto”, munito di un’unica apertura esterna si è trasformato in vera e propria mansarda completa di finestre, terrazzamenti e con superficie calpestabile utilizzabile di mq. 92.

Pertanto, per il Collegio, legittimamente il Comune di Perugia ha negato la sanatoria dell’intervento in esame, costituente chiaramente un’ipotesi di sopraelevazione, atteso che la falda ha subito un innalzamento sul punto di gronda e che tale corpo di fabbrica si estende su gran parte della superficie della copertura stessa, quindi in contrasto con la norma del piano che, in zona vincolata sotto il profilo paesaggistico (quale quella per cui è vertenza), vieta tale tipo di intervento, come già detto.

Per quanto riguarda la realizzazione effettiva di una sopraelevazione, che è contestato nella specie, rileva il Collegio che il punto iniziale da cui misurare l’altezza di tale edificio è il piano di campagna e il punto finale (cd. sottogronda) è costituito dall’ultimo solaio di copertura.

Ritiene il Collegio che, nel caso di spezzettamento della falda originaria in due, come nella specie, esistano due sottogronde da prendere in considerazione, una più alta dell’altra: il punto finale da prendere in considerazione ai fini di stabilire l’altezza di un edificio è, ovviamente, la seconda e più alta sottogronda; altrimenti, nell’ipotesi di tetto a più falde, si potrebbero realizzare innalzamenti plurimi agevolmente eludendo i divieti relativi alle altezze indicati nelle disposizioni del regolamento edilizio, come nella specie.

Per quanto riguarda la mancata tempestiva pronuncia sull’istanza di variante, premesso che il Comune ha illustrato ampiamente ed espressamente i motivi per i quali l’istanza di variante non è stata accolta (divieto di sopraelevazione e contrasto con l’art. 6-bis delle N.T.A., non essendo rilevante la mancata menzione degli artt. 26 e 53 che riguardano il calcolo delle cubature e che si applicano necessariamente a prescindere da un loro manifesto richiamo), si deve considerare che l’eventuale ritardo nell’evadere il provvedimento di reiezione non può inficiare come è noto, la legittimità dell’atto reiettivo stesso.

Inoltre, si rileva che la specifica censura articolata in primo grado circa la mancata applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, a prescindere dalla sua evidente infondatezza, atteso che il Comune ha disposto la demolizione non dell’intero edificio, ma solo di quella parte della falda che, come detto, infrange il divieto posto dall’art. 6-bis delle N.T.A. a presidio dell’abusivismo edilizio, non è stata riproposta in grado di appello e, dunque, non può essere riesaminata da questo Giudice.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio, spese che liquida in euro 3000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013

Redazione