Sgravi contributivi: la trasformazione da part- time a full time non costituisce incremento occupazionale (Cass. n. 16378/2012)

Redazione 26/09/12
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Svolgimento del processo

La società ***** sas ha proposto opposizione avverso il verbale ispettivo con il quale l’Inps e la Direzione provinciale del lavoro di Pescara avevano contestato alla predetta società alcune violazioni concernenti la regolarità formale dei libri matricola, nonchè di avere indebitamente usufruito dello sgravio contributivo previsto dalla L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 5.

Il Tribunale di Pescara ha accolto l’opposizione relativamente alle suddette violazioni e l’ha rigettata con riguardo alle doglianze relative allo sgravio contributivo con sentenza che, sull’appello della società *****, è stata confermata dalla Corte d’appello di L’Aquila, che ha ritenuto che la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo parziale in contratti di lavoro a tempo pieno non fosse idonea a realizzare il requisito dell’incremento occupazionale previsto dalla citata norma di legge ai fini della concessione del beneficio in esame ed ha respinto, altresì, l’eccezione di inapplicabilità della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. b), ritenendo che tale eccezione fosse stata sollevata per la prima volta in appello.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la società ***** sas affidandosi a tre motivi cui resistono con controricorso l’Inps e la Direzione provinciale dei lavoro di Pescara.

La Soget spa non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione della L. n. 488 del 1998, art. 3, nonchè vizio di motivazione, relativamente alla statuizione con cui la Corte d’appello ha ritenuto che la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo parziale in contratti di lavoro a tempo pieno non fosse idonea a realizzare il requisito dell’incremento occupazionale previsto dalla citata norma di legge ai fini della fruizione dello sgravio contributivo di cui al quinto comma dello stesso articolo, chiedendo a questa Corte di stabilire “se la trasformazione di contratti di lavoro part-time in contratti di lavoro full-time costituisca una stabilizzazione di rapporti precari in essere ovvero un incremento occupazionale e se sia corretto o meno che la differenziazione tra rapporto di lavoro precario e stabile consiste nella durata del rapporto medesimo: a tempo determinato il primo, a tempo indeterminato il secondo. Ragion per cui la trasformazione di contratto part-time in full-time, sempre se a tempo indeterminato, implica un incremento della Unità Lavorativa Annua e non la stabilizzazione di un rapporto di lavoro precario”.

2.- Con il secondo motivo si denuncia il vizio di contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativamente alla statuizione con cui la Corte territoriale ha rigettato le doglianze formulate dalla società in ordine all’applicazione delle sanzioni sul rilievo che l’omissione contributiva non poteva considerarsi come conseguenza di un comportamento incolpevole della società causato dalle contraddittorie indicazioni fornite in materia dall’ente previdenziale.

3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2, con riferimento alla statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che costituisse eccezione nuova, sollevata per la prima volta in appello, quella con la quale l’appellante aveva eccepito l’inapplicabilità della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. b), non vertendosi in tema di evasione contributiva per assenza dell’elemento della “intenzione specifica” di non versare i contributi.

4.- Il primo motivo è infondato.

La questione verte sull’interpretazione della L. n. 488 del 1998, art. 3, commi 5 e 6, che, secondo la società ricorrente, consentirebbe di usufruire del beneficio degli sgravi contributivi previsti per le nuove assunzioni negli anni 1999, 2000 e 2001 anche nel caso di trasformazione di contratti di lavoro a tempo parziale in contratti a tempo pieno.

L’assunto della società non trova fondamento nella lettera e nella ratio della normativa in esame.

La L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 5, stabilisce che “Per i nuovi assunti negli anni 1999, 2000 e 2001 ad incremento delle unità effettivamente occupate al 31 dicembre 1998, a tutti i datori di lavoro privati ed agli enti pubblici economici, operanti nelle regioni Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna è riconosciuto lo sgravio contributivo in misura totale dei contributi… per un periodo di tre anni dalla data di assunzione del singolo lavoratore, sulle retribuzioni assoggettate a contribuzione per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti…”.

Nel comma 6 dello stesso articolo si precisa che “Le agevolazioni previste dal comma 5 si applicano a condizione che:… e) i nuovi dipendenti siano iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità oppure fruiscano della cassa integrazione guadagni nei territori di cui al comma 5…”.

5.- Presupposto per l’applicabilità del beneficio in questione è che si tratti, quindi, di un incremento occupazionale realizzato mediante nuove assunzioni (“Per i nuovi assunti”, “dalla data di assunzione del singolo lavoratore”) e, di più, che “i nuovi dipendenti siano iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità o fruiscano della cassa integrazione guadagni”, per il che deve escludersi che tali condizioni si realizzino, come vorrebbe la ricorrente, anche nel caso di trasformazione di un contratto di lavoro a tempo parziale in contratto di lavoro a tempo pieno, e cioè in presenza di una mera modificazione della quantità temporale della prestazione lavorativa. Ciò in coerenza con la finalità delle disposizioni in esame volte ad incentivare l’assunzione di soggetti che non abbiano o abbiano perduto l’occupazione in determinate zone d’Italia e a favorire, al contempo, la ripresa economica nelle stesse zone.

6.- Il primo motivo deve essere pertanto respinto.

7.- Anche il secondo motivo è infondato.

La Corte territoriale ha respinto la domanda di annullamento della sanzioni, ritenendo che la società non potesse invocare l’esistenza di un affidamento incolpevole sulla base di una circolare dell’ente previdenziale che riguardava le ipotesi di trasformazione di contratti di formazione e lavoro o di contratti di apprendistato in contratti di lavoro a tempo indeterminato, stante la diversità di tali ipotesi rispetto a quella della trasformazione di un contratto di lavoro a tempo parziale in contratto di lavoro a tempo pieno.

La società ha censurato tale statuizione denunciandone la contraddittorietà per non avere considerato che la circolare in questione si riferiva implicitamente anche alle ipotesi di contratto a tempo parziale.

Tale doglianza non può, tuttavia, trovare ingresso in questa sede, atteso che nelle ragioni esposte dalla Corte di merito a sostegno della impugnata statuizione non si ravvisano elementi di incoerenza o di contrasto logico consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune o connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, tale da integrare il vizio di contraddittoria motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dovendo rimarcarsi, al riguardo, che, come questa Corte ha costantemente ribadito, il controllo sulla motivazione non può risolversi in una duplicazione del giudizio di merito e che alla cassazione della sentenza impugnata può giungersi non per un semplice dissenso dalle conclusioni del giudice di merito – poichè in questo caso il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento dello stesso giudice di merito, che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione – ma solo in caso di motivazione contraddittorìa o talmente lacunosa da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto alla base della decisione (cfr. ex plurimis Cass. in. 10657/2010, Cass. n. 9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009, Cass. n. 18885/2008, Cass. n. 6064/2008). E tutto ciò a prescindere dalla pur di per sè assorbente considerazione che la ricorrente non ha riprodotto nel ricorso per cassazione il testo integrale delle circolari di cui lamenta l’erronea valutazione da parte del giudice di merito, non consentendo a questa Corte di valutare la decisività di tale documentazione e la fondatezza delle ragioni per cui si chiede, sul punto, la cassazione della sentenza impugnata, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso (con violazione, quindi, del principio di Af autosufficienza del ricorso per cassazione).

8.- Il terzo motivo, con il quale sì denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2, è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile rationee temporis alla fattispecie in esame, secondo cui nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto; formulazione, quindi, che è richiesta anche nel caso in cui il ricorso sia fondato sull’esistenza di errores in procedendo (salvo che la violazione denunciata abbia dato luogo ad un mero errore di fatto: cfr. ex multis Cass. n. 16941/2008) e che è del tutto assente nel caso in esame.

9.- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con la conferma della sentenza impugnata, restando assorbite in quanto sinora detto tutte le censure non espressamente esaminate.

10.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente nei confronti dei controricorrenti. Considerato l’esito della lite, non deve provvedersi in ordine alle spese nei confronti dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre accessori di legge, per ciascuno dei controricorrenti; nulla per le spese nei confronti della Soget spa.

Redazione