Revoca del contributo per l’Editoria: procedimento sanzionatorio davanti all’AGCOM (Cons. Stato n. 2241/2013)

Redazione 22/04/13
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FATTO e DIRITTO

1.- La Società Edizioni del Roma S.p.a. e la Edizioni del Roma Società Cooperativa a r. l. (in seguito Edizioni del Roma s.c.a.r.l.) avevano impugnato davanti al T.A.R. per il Lazio (con due distinti ricorsi) la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 307/11/CONS del 30 maggio 2011, con la quale, ai sensi dell’art. 1, comma 30, della legge 31 luglio 1997, n. 249, era stata irrogata alla società Edizioni del Roma S.p.a. la sanzione pecuniaria di € 103.300,00, per la violazione dell’obbligo di comunicare le situazioni di controllo, previsto dall’art. 1, comma 8, della legge n. 416 del 1981 e dall’art. 8, comma 1, del Regolamento dell’Autorità, era stata irrogata alla Edizioni Riformiste Società Cooperativa in liquidazione la sanzione di € 2.064,00 ed era stata archiviata la posizione della Edizioni del Roma s.c.a.r.l. di cui al procedimento sanzionatorio n. 01/11/ISP.

La Società Edizioni del Roma S.p.a. e la Edizioni del Roma s.c.a.r.l. impugnavano poi (anche con motivi aggiunti) la successiva delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 421/11/CONS del 22 luglio 2011 con la quale era stata disposta la revoca del contributo per l’editoria relativo all’anno 2008 e l’esclusione dal contributo per l’anno 2009 nonché i decreti del Dipartimento dell’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri (in seguito DIE), in data 24 ottobre 2011, con i quali era stata disposta, nei confronti della Edizioni del Roma s.c.a.r.l., la revoca del contributo per l’editoria relativo all’anno 2008 e l’esclusione dal contributo per l’anno 2009.

2.- Il T.A.R. per il Lazio, riuniti i due ricorsi (nonché un terzo ricorso proposto dalla Edizioni Riformiste Società cooperativa in liquidazione) con la sentenza della Sezione II, n. 5785 del 25 giugno 2012, ha dichiarato il suo difetto di giurisdizione, sulla parte dei ricorsi riguardante la revoca dei contributi per l’editoria già concessi per l’anno 2008 e l’esclusione dai contributi per l’anno 2009, ed ha respinto nel merito i ricorsi nella parte riguardante l’impugnazione delle sanzioni pecuniarie comminate dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (in seguito AGCOM).

3.- La Edizioni del Roma s.c.a.r.l. (con il ricorso principale) e la ******à Edizioni del Roma S.p.a. (con ricorso incidentale) hanno appellato l’indicata sentenza sostenendone l’erroneità sotto molteplici profili.

3.1. – Come si è già accennato, sulla questione riguardante la concessione e la revoca dei contributi per l’editoria, il T.A.R. per il Lazio ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Tale parte della sentenza non è stata appellata ed è quindi passata in giudicato.

4.- La Edizioni del Roma s.c.a.r.l. e la società Edizioni del Roma S.p.a. hanno invece appellato la sentenza del T.A.R. per il Lazio nella parte in cui ha respinto il ricorso che era stato proposto avverso la sanzione comminata dall’AGCOM nei confronti della società Edizioni del Roma S.p.a.

4.1.- Nel suo appello la Edizioni del Roma S.p.a. ha fatto proprie tutte le difese ed eccezioni già avanzate verso la sentenza in parola dalla difesa della società Edizioni del Roma s.c.a.r.l. (che già aveva ripercorso il procedimento di primo grado e focalizzato gli errori presenti nella sentenza impugnata), con alcune ulteriori integrazioni.

4.2.- Considerato che le doglianze sono state sollevate seguendo l’ordine delle questioni trattate dal T.A.R. anche questa Sezione ritiene di dover seguire lo stesso ordine.

5.- Le società appellanti hanno, preliminarmente, sostenuto che il T.A.R. non ha correttamente valutato le diverse censure con le quali era stata sostenuta la violazione del diritto di difesa nel procedimento conclusosi con la predetta delibera dell’AGCOM n. 307/11/CONS del 30 maggio 2011.

5.1.- Al riguardo si deve premettere che, come emerge dagli atti, la delibera impugnata è stata emanata all’esito di un iter istruttorio complesso ed articolato, nel corso del quale le parti interessate hanno avuto la possibilità di presentare memorie difensive e produrre documenti nonché di essere ascoltate dall’organo istruttore.

In particolare, la prima fase dell’istruttoria si è conclusa con l’atto di “contestazione” n. 0/11/ISP del 7 marzo 2011, a firma del Direttore del Servizio Ispettivo, che contiene una dettagliata esposizione degli atti ispettivi compiuti e dei dati raccolti, nonché delle ragioni per le quali lo stesso Servizio ravvisava nella vicenda le violazioni contestate.

A seguito delle contestazioni la Edizioni del Roma s.c.a.r.l. e la Edizioni del Roma S.p.a., presentavano istanza di accesso, che veniva effettuato, rispettivamente, il 29 marzo ed il 4 aprile 2011, e presentavano memorie difensive chiedendo che fosse disposta la loro audizione, effettuata il 2 maggio 2011 dalla Edizioni del Roma s.c.a.r.l. (e l’11 maggio 2011 dalla Edizioni Riformiste Società cooperativa in liquidazione).

Vi è stato poi un approfondimento istruttorio con le ulteriori indagini svolte dal Nucleo Speciale per la radiodiffusione e l’editoria della Guardia di Finanza di cui alla relazione trasmessa il 25 maggio 2011.

Infine i commissari, esaminato il dossier ed avuta piena conoscenza degli elementi di fatto e di diritto su cui basare la loro decisione, ed esaminate anche le argomentazioni delle parti, hanno emesso, in data 30 maggio 2011, la loro decisione le cui ragioni sono state dettagliatamente esposte nel testo della lunga (quasi 100 pagine) e motivata delibera impugnata.

6.- Ciò premesso, prima di esaminare i motivi di appello è anche utile precisare che alcune delle principali questioni in diritto sollevate dagli appellanti sono state già esaminate da questa Sezione nella recente sentenza n. 3136 del 28 maggio 2012 (citata più volte nei contenuti dalla appellata sentenza del T.A.R. per il Lazio, sebbene con l’erroneo richiamo alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 10 gennaio 2012, n. 47 che si riferisce a tutt’altra questione).

6.1. Si deve anche aggiungere che la sentenza n. 3136 del 28 maggio 2012 è stata oggetto di un ricorso per revocazione che è stato recentemente dichiarato inammissibile con sentenza di questa Sezione n. 330 del 21 gennaio 2013.

7.- Con il primo gruppo di censure le appellanti hanno sostenuto che erroneamente il T.A.R. ha disatteso le doglianze che erano state sollevate, nei confronti della procedura seguita dall’AGCOM, per molteplici violazioni del diritto di difesa.

7.1.- Con il primo motivo le appellanti hanno lamentato (anche in appello) l’illegittimità della procedura seguita per la mancata audizione dei propri rappresentanti davanti al Consiglio dell’Autorità nella sua composizione plenaria e decidente.

Le appellanti hanno aggiunto che era stata espressamente richiesta l’audizione anche davanti al Consiglio e che tale audizione era stata tuttavia negata in violazione dei principi, garantiti a livello costituzionale, del diritto alla difesa, del buona andamento della pubblica amministrazione, di imparzialità e di ragionevolezza dell’agire e del contraddittorio.

7.2.- La censura, come correttamente affermato dal T.A.R. per il Lazio (ed a prescindere dalla questione riguardante l’affermata inammissibilità in primo grado del motivo, per tardività, per la società Edizioni del Roma S.p.a.), non è fondata.

7.3.- Il procedimento sanzionatorio davanti all’AGCOM è disciplinato dal relativo Regolamento che prevede una articolata fase istruttoria, della quale i soggetti interessati devono essere portati a conoscenza e nella quale è prevista anche la possibile audizioni degli interessati davanti agli organi procedenti, ed una fase decisoria nella quale il Consiglio, valutati tutti gli elementi prodotti dal responsabile dell’istruttoria procede alla eventuale irrogazione della sanzione.

Il Regolamento prevede quindi che la parte possa essere ascoltata dal responsabile del procedimento, nel corso dell’istruttoria, ma non prevede anche che la parte interessata debba essere ascoltata dal Consiglio che procede alla (eventuale) irrogazione della sanzione sulla base degli atti e della relazione finale predisposta dal responsabile del procedimento.

7.4.- Considerato che, nella fattispecie, il procedimento si è svolto seguendo il percorso dettato dalla indicata procedura, non sussiste, in relazione a tale prima censura, una violazione delle regole procedimentali.

7.5.- Sul punto questa Sezione, con la citata sentenza n. 3136 del 28 maggio 2012, ha già evidenziato che il Regolamento AGCOM sulle procedure sanzionatorie non prevede alcun rapporto diretto fra le parti private e i commissari, mentre alle audizioni procede il responsabile del procedimento il quale ne riferisce poi al Consiglio.

E tale disciplina ha la sua specialità rispetto alle diverse discipline dettate in altri settori dell’ordinamento.

7.6.- Le appellanti hanno insistito nel sostenere l’illegittimità di tale procedura (e dell’art. 9 della delibera n. 136/06/CONS recante la disciplina del procedimento sanzionatorio) anche in relazione a quanto previsto dalla legge sul procedimento amministrativo, alla disciplina dei procedimenti giurisdizionali e di quelli sanzionatori regolati dalla legge n. 689 del 1981.

7.7.- Peraltro questa Sezione ha già affermato (anche nella citata sentenza n. 3136 del 28 maggio 2012) che la disciplina generale sulla partecipazione nel procedimento amministrativo, contenuta nella legge n. 241 del 1990, non prevede l’imprescindibile diritto alla discussione orale davanti all’autorità che adotta la decisione conclusiva del procedimento.

Dovendo essere invece comunque garantito il contraddittorio che, nella specie, è assicurato dagli avvisi inviati alle parti interessate che possono poi accedere agli atti della procedura e presentare, in relazione ad essi, propri scritti difensivi ed infine possono essere ascoltati dal responsabile del procedimento.

Di questa attività istruttoria deve tenere conto il responsabile del procedimento che sulla base di tutti gli elementi raccolti (e quindi anche degli elementi provenienti dalla parte o dalla parte forniti in sede di audizione) formula poi la sua relazione istruttoria e la sua proposta all’organo (il Consiglio) competente all’irrogazione della (eventuale) sanzione.

7.8.- Il diritto di difesa nel procedimento sanzionatorio davanti all’AGCOM assume poi caratteri diversi rispetto a quelli propri del diritto processuale.

E del resto, come pure questa Sezione ha già affermato nella citata sentenza 3136 del 2012, finanche nel procedimento di esame del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non è prevista la comparizione delle parti davanti al Consiglio di Stato, né tanto meno la discussione orale.

7.9.- Né può condividersi l’affermazione secondo cui, mancando una discussione orale davanti all’organo decidente, gli interessati non avrebbero la possibilità di conoscere le valutazioni conclusive dell’Autorità e formulare così le loro repliche.

Quel che conta, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa, è che, nel rispetto delle regole dettate dal Regolamento, la parte sia stata posta in condizione di poter predisporre le sue difese in relazione ai fatti oggetto della contestazione e, nella fattispecie, risulta concretamente assicurata alle parti, attraverso l’accesso agli atti, la produzione di atti e la prevista audizione, ogni possibile modalità di difesa dalla contestazione che era stata formulata.

7.10.- Come poi sottolineato dal giudice di primo grado, la separazione fra l’organo istruttore e il Consiglio decidente costituisce non solo espressione del rilievo che viene dato all’attività sanzionatoria ma anche una garanzia di imparzialità che è realizzata attraverso la separazione fra l’organo istruttore e l’organo decidente.

La parte può quindi eventualmente lamentarsi se l’organo istruttore non ha rappresentato correttamente lo svolgersi della procedura o è incorso nella omissione di elementi decisivi per la decisione (o nella indicazione di elementi viceversa inesistenti) ma non può lamentarsi di una mancata audizione davanti all’organo decidente quando tale audizione non potrebbe aggiungere nuovi elementi rispetto a quelli che potevano essere fatti valere nel corso della procedura davanti ai competenti organi (compreso la facoltà di essere ascoltati dal responsabile del procedimento).

8.- Le appellanti, con un secondo motivo, hanno poi sostenuto che il T.A.R. ha erroneamente ritenuto che non fosse suscettibile di accoglimento la dedotta violazione del diritto di difesa neanche in relazione alla circostanza che l’accesso agli atti del procedimento era stato consentito solo pochi giorni prima dello scadere del termine per la presentazione di memorie difensive (e nonostante fossero stati acquisiti attraverso l’accesso ben 41 documenti per centinaia di pagine).

8.1.- Ma la sentenza di primo grado deve essere confermata anche sul punto tenuto conto che non risulta violata dall’AGCOM la procedura prevista, che le parti hanno potuto avere piena (e tempestiva) cognizione, attraverso la lettura della motivata relazione ispettiva e poi dei documenti acquisiti con l’accesso, delle ragioni per le quali era stata avviata la procedura sanzionatoria e considerato che le parti hanno potuto comunque far valere le loro ragioni, attraverso la presentazione di memorie e poi nel corso delle audizioni dinanzi all’organo procedente.

9.- Le appellanti hanno poi insistito nel sostenere che il procedimento sanzionatorio deve ritenersi viziato, per la violazione del diritto di difesa, per effetto dalla ulteriore attività della Guardia di Finanza, oggetto della relazione del 25 maggio 2011, svolta dopo le audizioni del 2 maggio 2011 e dell’11 maggio 2011.

In particolare le appellanti sostengono che una qualsivoglia autorità, sia giudiziaria che amministrativa, può irrogare una sanzione solo basandosi su circostanze e fatti acclarati prima della formalizzazione della contestazione e che l’esigenza di salvaguardare il diritto di difesa impone di limitare il procedimento ai soli fatti contestati in riferimento ai quali l’incolpato è stato posto in grado di contraddire.

9.1.- Ma la censura, come affermato dal T.A.R., non può ritenersi fondata.

Non vi è infatti alcuna disposizione che vieti all’AGCOM di svolgere ulteriori accertamenti per approfondire le circostanze che sono state rappresentate dagli interessati nei loro scritti difensivi o nel corso delle apposite audizioni.

Si deve invece ritenere che gli ulteriori accertamenti svolti dimostrino l’accuratezza con la quale l’istruttoria è stata compiuta anche attraverso successivi approfondimenti sulle informazioni che erano state raccolte dall’organo istruttore anche a seguito delle audizioni della parti e della presentazione delle memorie.

9.2.- Del resto, come affermato dal T.A.R, lo svolgimento di ulteriori accertamenti poteva «rivelarsi addirittura necessario per verificare l’attendibilità di quanto rappresentato …».

E, nella fattispecie, gli ulteriori accertamenti, che erano stati richiesti alla Guardia di Finanza proprio al fine di approfondire quanto emerso nel corso delle audizioni, non hanno fatto altro che confermare i rilevi già in precedenza formulati con riferimento ai contestati rapporti tra le società in questione.

9.3.-Né si può ritenere che in tal modo sarebbe stato violato il principio secondo il quale una sanzione può essere irrogata solo basandosi su circostanze e fatti acclarati prima della formalizzazione della contestazione. Infatti, nella fattispecie, gli ulteriori accertamenti hanno riguardato proprio la complessiva questione che era stata già oggetto della contestazione. Mentre se da tali accertamenti fossero emersi ulteriori elementi determinativi di ulteriori infrazioni è del tutto evidente che avrebbero dovuto essere formalizzate nuove contestazioni.

10.- Sotto un ulteriore profilo le appellanti hanno sostenuto l’erroneità di quanto affermato, sul punto, dal T.A.R. per la contraddittorietà con altra parte della decisione.

Secondo le appellanti, infatti, da un lato il T.A.R. ha affermato che vi era coincidenza fra i fatti individuati nell’atto di accertamento e nella contestazione e quelli posti a base del provvedimento irrogativo della sanzione (nonostante gli ulteriori accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza) e dall’altro (a pag. 100 della sentenza appellata), al fine di rigettare altro motivo di ricorso (riguardante la dedotta violazione del principio del ne bis in idem), ha affermato che l’AGCOM si era discostata dalle conclusioni alle quali era giunta in precedenza l’Avvocatura dello Stato «in ragione delle risultanze dei nuovi accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza».

10.1.- Ma, come si dirà poi, in relazione alla specifico ulteriore motivo di appello, non sussiste la lamentata contraddittorietà nella motivazione della decisione di primo grado.

Infatti le diverse conclusioni raggiunte dalla AGCOM, rispetto alle valutazioni che erano state compiute dall’Avvocatura dello Stato con il parere del 23 giugno 2010, sono il frutto di una complessa attività istruttoria che non può certamente considerarsi limitata alle integrazioni fornite dalla Guardia di Finanza il 25 maggio 2011. Integrazioni che hanno comunque riguardato un addebito già contestato alle parti.

11.- Le appellanti ritengono poi erronea la sentenza appellata anche per aver disatteso l’ulteriore censura riguardante il diniego di accesso (richiesto con istanza del 15 giugno 2011) a parte dei verbali del Consiglio, nonché la disposizione regolamentare (art. 4, comma 1, lett. f, dell’Allegato A al Regolamento concernente l’accesso ai documenti) sulla base della quale è stato negato l’accesso.

11.1.- Anche tale censura, a prescindere da possibili profili di inammissibilità, non è fondata.

Infatti, come affermato dal giudice di primo grado, non risulta che l’AGCOM abbia impedito alla parte di esercitare il proprio diritto di difesa attraverso la cognizione degli atti sulla base dei quali è stata disposta l’irrogazione della sanzione in questione. Né tale diritto di difesa può ritenersi in alcun modo compresso dagli “omissis” a parti ritenute inaccessibili perché riguardanti evidentemente le opinioni personali espresse dai singoli componenti del Consiglio.

11.2.- Fermo restando che il provvedimento sanzionatorio è stato molto dettagliato nell’indicare le ragioni che hanno determinato l’irrogazione della sanzione e che, come si rileva dall’estratto del verbale, il Consiglio ha approvato all’unanimità la delibera impugnata.

11.3.- Non possono poi ritenersi comunque illegittime le censurate disposizioni regolanti l’accesso agli atti del procedimento sanzionatorio tenuto conto che la prevista non accessibilità delle “opinioni singolarmente espresse da partecipanti alle riunioni”, con il conseguente diniego di accesso alle parti riservate dei verbali del Consiglio, risulta giustificata dalla necessità di salvaguardare i diversi componenti dell’organo da ogni possibile condizionamento nella loro attività e, come affermato dal giudice di primo grado, risulta quindi finalizzata a garantire il miglior funzionamento dell’organo collegiale.

12.- Con un secondo gruppo di censure le appellanti hanno impugnato la sentenza del T.A.R. per il Lazio anche nella parte in cui ha respinto le censure con le quali era stata lamentata l’erronea interpretazione, da parte dell’AGCOM, dell’art. 1, comma 8, della legge n. 416/1981, con particolare riferimento alla necessità di interpretare tale disposizione in conformità ad una nozione unitaria (ossia valida per ogni settore dell’ordinamento giuridico) del fenomeno del controllo societario ed alla conseguente necessità di accertare in concreto (nel particolare settore dell’editoria) l’influenza della situazione di controllo societario sulla linea editoriale delle testate.

12.1. Le appellanti hanno sostenuto che il controllo rilevante, ai fini in questione, è solo quello che incide (negativamente) sulla genuinità ed imparzialità dell’informazione giornalistica; che la normativa in questione ha fatto (e non poteva fare diversamente) pieno e totale riferimento alla nozione univoca di controllo esistente nel nostro ordinamento, fissata in via generale dall’art. 2359 c.c., con l’unico elemento aggiuntivo costituito dalle quattro diverse presunzioni semplici indicate nelle lettere da a) ad e) dell’art. 1, comma 8, della legge n. 416 del 1981 che fanno presumere non l’esistenza di un controllo alieno ma proprio di quello previsto dall’art. 2359 del c.c.

Erroneamente quindi l’AGCOM (e il T.A.R.) hanno sostenuto che, per la legge n. 416 del 1981, assumono rilevanza tutte le vicende di legami e rapporti economici tra società o imprese editrici di quotidiani mentre la legge è chiara nel dire che fanno presumere, salva la prova contraria, l’esistenza di una influenza dominante (e quindi del controllo) non tutti i rapporti di carattere finanziario e organizzativo ma soli i rapporti di carattere finanziario e organizzativo che consentono: a) la comunicazione degli utili o delle perdite; ovvero b) il coordinamento della gestione dell’impresa editrice con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di uno scopo comune o ai fini di limitare la concorrenza tra le imprese stesse; ovvero c) una distribuzione degli utili o delle perdite diversa, quanto ai soggetti o alla misura, da quella che sarebbe avvenuta in assenza dei rapporti stessi; ovvero d) l’attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dal numero delle azioni o delle quote possedute; ovvero e) l’attribuzione a soggetti diversi da quelli legittimati in base all’assetto proprietario di poteri nella scelta degli amministratori e dei dirigenti delle imprese editrici nonché dei direttori delle testate edite.

Perché operi la presunzione è quindi necessaria, secondo le appellanti, ogni volta la verifica e dimostrazione in concreto di una coppia di elementi specifici e tassativi (i rapporti di carattere finanziario e organizzativo e uno degli elementi presuntivi indicati dalla suddetta norma).

Erroneamente quindi l’AGCOM ha ritenuto di poter desumere, in mancanza di tali elementi, e solo sulla base di indizi, ritenuti gravi, precisi e concordanti, l’esistenza di un coordinamento della gestione delle imprese editrici con altre imprese per il perseguimento di uno scopo comune.

Inoltre l’AGCOM (e il giudice di primo grado) hanno ritenuto in tal modo di poter contraddire anche la monolitica giurisprudenza comunitaria elaborata in materia di appalti pubblici e certamente rilevante anche ai fini dell’esegesi della norma in questione.

13.- Anche sul punto la sentenza del T.A.R. per il Lazio, che fa riferimento al precedente già citato di questa Sezione n. 3136 del 28 maggio 2012 (pur avendo richiamato, come si è detto, erroneamente altra decisione), risulta tuttavia pienamente condivisibile e deve essere quindi confermata.

13.1.- Al riguardo, si deve preliminarmente ricordare che secondo l’art. 2359, comma 1, del c.c., sono considerate società controllate:

1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;

3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Il terzo comma dell’art. 2359 aggiunge che «sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati».

A sua volta l’art. 1, comma 8, della legge n. 416/1981, come già evidenziato in precedenza, dopo aver stabilito che «le persone fisiche e le società che controllano una società editrice di giornali quotidiani, anche attraverso intestazione fiduciaria delle azioni o delle quote o per interposta persona, devono darne comunicazione scritta alla società controllata ed al servizio dell’editoria entro trenta giorni dal fatto o dal negozio che determina l’acquisizione del controllo» ha affermato che «costituisce controllo la sussistenza dei rapporti configurati come tali nell’articolo 2359 del codice civile» ed inoltre che «si ritiene esistente, salvo prova contraria, l’influenza dominante prevista dal primo comma dell’articolo 2359 del codice civile quando ricorrano rapporti di carattere finanziario o organizzativo che consentono:

a) la comunicazione degli utili o delle perdite; ovvero

b) il coordinamento della gestione dell’impresa editrice con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di uno scopo comune o ai fini di limitare la concorrenza tra le imprese stesse; ovvero

c) una distribuzione degli utili o delle perdite diversa, quanto ai soggetti o alla misura, da quella che sarebbe avvenuta in assenza dei rapporti stessi; ovvero

d) l’attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dal numero delle azioni o delle quote possedute; ovvero

e) l’attribuzione a soggetti diversi da quelli legittimati in base all’assetto proprietario di poteri nella scelta degli amministratori e dei dirigenti delle imprese editrici nonché dei direttori delle testate edite».

13.2.- Ciò precisato, nella citata sentenza n. 3136 del 28 maggio 2012, questa Sezione ha ricordato che il legislatore (con la legge n. 416 del 5 agosto 1981) si è posto l’obiettivo di assicurare la «genuinità, obiettività e imparzialità dell’informazione diffusa dalla stampa» che «possono essere messi in pericolo nell’ambito di un mercato editoriale nel quale, in genere, i costi della stampa quotidiana sono superiori ai ricavi, e dunque è raro che vi siano editori “puri” mentre è una ipotesi realistica il caso di testate giornalistiche finanziate in perdita da soggetti i quali se ne servono per strumentalizzare l’informazione a sostegno dei propri interessi economici e/o di una determinata linea politica».

13.3.- In quest’ottica, il legislatore ha istituito un sistema di aiuti pubblici all’editoria (per favorirne l’indipendenza), con la contropartita di un sistema di pubblicità, o trasparenza, degli assetti proprietari ed imprenditoriali, che «serve primariamente a consentire il controllo dell’opinione pubblica sulla genuinità delle fonti di informazione, e, secondariamente, a prevenire casi di abnorme concentrazione di potere editoriale».

In conseguenza «l’inosservanza degli obblighi connessi al sistema di trasparenza (obblighi di denuncia, di registrazione, etc.) è sanzionata dalla legge a prescindere dagli effetti che ne siano derivati. Perché la sanzione venga applicata, è sufficiente che chi vi era tenuto abbia omesso di denunciare il fatto di essere titolare di un potere di controllo sull’impresa editoriale di un giornale quotidiano, pur se si tratti di un potere acquisito ed esercitato con la massima correttezza desiderabile».

13.4.- Per quanto riguarda poi, in particolare, la questione della individuazione del “controllo rilevante”, ai sensi dell’art. 1, comma 8, della legge n. 416 del 1981, questa Sezione, nel citato precedente, ha ritenuto che il legislatore del 1981 non ha inteso sminuire la portata dell’art. 2359 del c.c., né tanto meno di indebolirne l’efficacia, ma, al contrario, ha inteso rafforzarla.

Dopo aver rilevato che la formula dell’art. 2359, n. 3, del c.c., in quanto ampia ed elastica, copre tutte le varianti possibili, la Sezione ha evidenziato che proprio per la sua genericità la norma «può prestarsi a capziose controversie interpretative».

La legge del 1981, secondo la Sezione, ha dunque inteso «chiarire il significato dell’art. 2359 elencando una serie di casi tipici, nei quali l’influenza dominante si presume “fino a prova contraria”» senza peraltro formulare «un elenco né tassativo né esaustivo». «Traspare infatti dall’insieme della legge la preoccupazione di prevenire ogni possibile elusione e di favorire una interpretazione sostanzialistica che provochi il disvelamento di tutte le situazioni di “influenza dominante” comunque configurate».

14.- Alla luce degli indicati principi, condivisi anche da questo Collegio, le censure sollevate sul punto devono ritenersi infondate.

Non può, in particolare, ritenersi fondata la tesi secondo cui sarebbe necessaria, ai fini in questione, la verifica e dimostrazione in concreto di una coppia di elementi specifici e tassativi (i rapporti di carattere finanziario e organizzativo e uno degli elementi presuntivi indicati dalla suddetta norma).

Il legislatore infatti, pur mantenendo fermo il richiamo alla nozione di controllo accolta dal codice civile, ha affiancato ad essa, con l’art. 1, comma 8, della legge n. 416 del 1981, una fattispecie ulteriore di collegamento determinato dalla “influenza dominante” che è presunta, salvo prova contraria, nella ricorrenza di particolari rapporti di carattere finanziario ed organizzativo che possono essere rintracciati anche in forme non esattamente coincidenti con quelle indicate a titolo esemplificativo dalla stessa disposizione.

15.- Le appellanti hanno peraltro insistito nel sostenere che, nell’ordinamento, il fenomeno del controllo societario è disciplinato in modo unitario, con la conseguenza che anche nel settore dell’editoria deve farsi applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza, comunitaria e amministrativa, in materia di appalti pubblici.

15.1.- Ma, per quanto si è già esposto, tale prospettazione non può essere condivisa dovendosi ritenere che, ai fini della nozione di controllo rilevante, la disciplina del settore dell’editoria sia in parte diversa da quella regolante la materia degli appalti pubblici nei settori dei lavori, dei servizi e delle forniture.

In conseguenza, ai fini dell’applicazione della disciplina dettata dall’art. 1, comma 8, della legge n. 416/1981, non può essere utilizzato l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia Europea, Sez. IV, con la sentenza, del 19 maggio 2009 (C-538/07), richiamato dalla appellanti.

16.- Con un terzo gruppo di doglianze le appellanti hanno censurato la sentenza del T.A.R. per il Lazio anche nella parte in cui ha respinto i motivi con i quali era stata sostenuta l’insussistenza di rapporti finanziari ed organizzativi fra le predette società tali da determinare una situazione di controllo rilevante, ai fini dell’applicazione dell’art. 1, comma 8, della legge n. 416/1981.

16.1.- Le appellanti, anche nel proporre tale censura, hanno insistito nel sostenere che, anche a voler ammettere la presenza di rapporti finanziari ed organizzativi fra le predette società, comunque, nella fattispecie, mancava la seconda parte della coppia di elementi richiesti dalla legge per far scattare il meccanismo della presunzione semplice di controllo.

Ed hanno aggiunto che non risulta chiaro chi sia il soggetto che controlla né tantomeno come (cioè mediante quali atti) e su cosa (cioè su quale attività della società editrice) il presunto controllante eserciterebbe in concreto tale potere di controllo.

16.2.- In particolare, quanto al “chi” controlla, le appellanti sostengono che la Guardia di Finanza non individua come tale la Edizioni del Roma S.p.a., che la stessa Autorità ha qualificato come controllo quello che viene definito un coordinamento sulle società editrici, che comunque al massimo vi è l’indizio di fatti che possono essere qualificabili in via esclusiva come collegamento indiretto che deve ritenersi irrilevante ai fini in questione (come già riconosciuto dall’Avvocatura Generale dello Stato nel parere del 23 giugno 2010).

16.3.- Per quanto riguarda il “come e “su cosa” sarebbe stato esercitato il controllo, le appellanti sostengono che nessuno degli aspetti di tipo organizzativo e finanziario indicati possono essere idonei, singolarmente o congiuntamente, a dimostrare l’influenza dominante sulla Edizione del Roma s.c.a.r.l., sia sul piano della gestione editoriale sia, ad abundantiam, sul piano della gestione economica.

17.- Le doglianze sono tuttavia infondate.

Per quanto riguarda il primo profilo si è già in precedenza rilevato (al punto 14) che non può ritenersi fondata la tesi secondo cui sarebbe necessaria, ai fini in questione, la verifica e dimostrazione in concreto di una coppia di elementi specifici e tassativi (i rapporti di carattere finanziario e organizzativo e uno degli elementi presuntivi indicati dalla suddetta norma).

17.1.- Nel merito, si deve osservare che il provvedimento sanzionatorio impugnato ha dettagliatamente indicato tutti i diversi elementi dai quali l’AGCOM ha ritenuto di poter dedurre, nella fattispecie, una situazione di controllo giuridicamente rilevante, ai sensi dell’art. 1, comma 8 della legge n. 416 del 1981, fra la società Edizione del Roma S.p.a., la Edizione del Roma s.c.a.r.l. e le Edizioni del Riformista.

A tal proposito il T.A.R. ha analiticamente ricordato sia i rapporti finanziari fra le diverse società oggetto di indagine perché fra loro collegate (da pag. 65 a 74), sia i rapporti organizzativi fra le stesse (da pag. 74 a 77) sia la ricorrente presenza delle stesse persone fisiche nelle compagini e negli organismi societari delle tre società (pagg. 77 e 78).

17.2.- Sulla base di tali rapporti, considerata l’interpretazione (che si è ritenuta corretta) della disciplina dettata dall’art. 1, comma 8 della legge n. 416 del 1981, non risulta manifestamente irragionevole la conclusione dell’AGCOM circa l’esistenza della situazione di “influenza” che ha determinato l’irrogazione della sanzione in esame.

Infatti le risultanze dell’istruttoria hanno fatto emergere specifici e puntuali elementi dai quali l’AGCOM ha potuto ricavare l’esistenza di un coordinamento effettivo fra le diverse società interessate che si esplicava attraverso la partecipazione al capitale ed attraverso l’identità di figure apicali e degli amministratori delle stesse società.

17.3.- Né, una volta accertata l’esistenza di un coordinamento e un controllo di tipo organizzativo ed economico fra le diverse società interessate, può avere rilievo una possibile diversa linea politica delle testate.

In particolare, l’inosservanza degli obblighi connessi al sistema di trasparenza, come già affermato da questa Sezione nel precedente più volte richiamato, è sanzionata dalla legge a prescindere dagli effetti che ne siano derivati.

18.- Del resto negli appelli non è sostanzialmente contestata la veridicità degli elementi accertati quanto piuttosto le valutazioni compiute sulla rilevanza di tali fatti e circostanze. E tali valutazioni, che non appaiono manifestamente irragionevoli, appartengono alla sfera propria del potere esercitato dell’amministrazione.

18.1.- Peraltro, per giurisprudenza consolidata, l’attività determinativa del quantum di una sanzione (nonché prima il giudizio di sussunzione delle peculiarità del caso entro i criteri determinativi normativamente indicati), costituisce esplicazione di una lata discrezionalità, con la conseguenza che l’operazione valutativa in tal modo posta in essere non può essere sindacata in sede di giudizio di legittimità, laddove risulti congruamente motivata e scevra da vizi logici (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 agosto 2011 n. 4799).

19.- Con il quarto motivo le appellanti hanno censurato la sentenza del T.A.R. per il Lazio nella parte in cui ha disatteso la dedotta violazione del principio del ne bis in idem, in relazione a quanto era stato affermato dall’Avvocatura Generale dello Stato nel parere reso al Dipartimento per l’Editoria, in data 23 giugno 2010.

In tale parere l’Avvocatura Generale dello Stato aveva infatti ritenuto che i contributi per l’editoria già concessi per l’anno 2008 non dovevano essere revocati in quanto la condizione negativa per l’accesso ai contributi non sussisteva nel caso di imprese editrici collegate alle stesse imprese o agli stessi soggetti, cioè ad uno stesso nucleo in grado di esercitare un’influenza notevole su entrambe le imprese editrici richiedenti i contributi.

20.- Al riguardo si deve innanzitutto rilevare che, nella fattispecie, non può essere evocata la violazione del principio del ne bis in idem tenuto conto che il citato parere, secondo cui non si rilevavano cause ostative alla erogazione dei contributi, è stato reso dall’Avvocatura dello Stato in altro procedimento di competenza del DIE e non ha costituito il presupposto di altra precedente decisione dell’AGCOM.

Le appellanti avrebbero potuto al più lamentare la mancata adeguata considerazione (nel procedimento sanzionatorio) di tale precedente parere.

21.- In ogni caso si è già in precedenza affermato (al punto 10.1.), esaminando la censura di contraddittorietà della motivazione (formulata in riferimento alla integrazione istruttoria fornita dalla Guardia di Finanza in data 25 maggio 2011), che le diverse conclusioni raggiunte dall’AGCOM nel provvedimento sanzionatorio in esame, rispetto alle valutazioni che erano state espresse dall’Avvocatura dello Stato, con il parere reso al DIE il 23 giugno 2010, devono ritenersi il frutto di una complessa (ulteriore) attività istruttoria, certamente non limitata alle integrazioni fornite dalla Guardia di Finanza il 25 maggio 2011.

E sono state prima indicate le ragioni che hanno reso non decisivo nel procedimento sanzionatorio in questione il precedente parere espresso dall’Avvocatura dello Stato.

22.- Con il quinto ed ultimo motivo le appellanti hanno sostenuto l’erroneità della sentenza del T.A.R. per il Lazio anche nella parte in cui ha ritenuto infondate le censure incentrate sull’eccesso di potere per sviamento, in relazione all’intento dell’AGCOM di indurre il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri a negare o revocare i contributi pubblici per l’editoria richiesti dalle società cooperative Edizioni del Roma ed Edizioni Riformiste.

22.1.- Il motivo è infondato.

Come ha correttamente affermato il giudice di primo grado, la censura di eccesso di potere per sviamento deve essere supportata da precisi elementi di prova dai quali possa desumersi la divergenza dell’atto rispetto alla sua causa tipica mentre non possono essere a tal fine sufficienti semplici supposizioni.

Anche di recente la giurisprudenza ha affermato che lo sviamento di potere, quale figura sintomatica dell’eccesso di potere, sussiste solo qualora l’atto è posto in essere per finalità diverse da quelle perseguite dall’Amministrazione e, comunque, la sua esistenza deve essere dimostrata mediante precisi, concordanti elementi di prova atti ad individuare la divergenza del provvedimento dalla sua tipica funzione, non essendo a tal fine sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell’illegittima finalità perseguita in concreto dall’organo amministrativo (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 gennaio 2013 n. 328).

22.2.- Nella fattispecie non si ravvisano (né vengono indicati dalle appellanti) precisi elementi dai quali possa desumersi che l’AGCOM ha sanzionato la Edizioni del Roma al (solo) fine di negare o revocare i contributi pubblici per l’editoria richiesti dalle società cooperative Edizioni del Roma ed Edizioni Riformiste.

In conseguenza anche tale motivo deve essere respinto.

23.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello principale proposto dalla Edizioni del Roma s.c.a.r.l. e l’appello incidentale proposto dalla Edizioni del Roma S.p.a. devono essere respinti.

Le spese del grado di appello, considerata la sostanziale novità della vicenda, possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando:

– respinge l’appello principale proposto dalla Edizioni del Roma Società Cooperativa a r. l.;

– respinge l’appello incidentale proposto dalla Edizioni del Roma S.p.a.;

– dispone la compensazione fra le parti delle spese e competenze del grado di appello;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2013

Redazione