Professionista indagato per evasione fiscale: legittimo il sequestro probatorio su tutte le pratiche dello studio (Cass. pen. n. 33201/2013)

Redazione 31/07/13
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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 3.1.2013 il Tribunale di Latina accoglieva parzialmente la richiesta di riesame proposta nell’interesse di T.S. avverso il decreto di sequestro probatorio disposto dal P.M. in data 14.12.2012, ordinando la restituzione di parte della documentazione sequestrata e rigettando il ricorso nel resto.
Riteneva il Tribunale che, procedendosi anche per i reati di cui agli artt. 4 e 10 D.L.vo 74/2000, era legittima l’acquisizione delle pratiche infortunistiche rinvenute nello studio del T. soltanto con riferimento ai clienti per i quali risultava la percezione di un corrispettivo (nominativi indicati negli allegati 1, 2, 3), al fine di verificare la consumazione dei reati tributari ipotizzati; mentre l’acquisizione delle pratiche relative ad altri clienti aveva mera finalità esplorativa, non risultando neppure indicata la rilevanza di detta documentazione nella indagine in corso.
In ordine poi alla illegittimità del sequestro di una cartellina intestata all’avv. *****, il motivo di gravame doveva ritenersi assorbito, non rientrando tale cartella tra i documenti in ordine ai quali veniva confermato il sequestro.
2. Ricorre per cassazione il P.M. presso il Tribunale di Latina, denunciando la violazione di legge, nella quale, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, deve farsi rientrare anche il vizio di motivazione così radicale da rendere privo il provvedimento del requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza.
Premetteva il Tribunale che il sequestro era stato disposto, ipotizzandosi il reato di occultamento/distruzione di scritture contabili e di dichiarazione infedele a fini *** e Irpef ed aveva consentito l’apprensione dell’intero archivio dl pratiche infortunistiche RCA, nonché prospetti nel quali veniva indicato, in ordine ad alcuni nominativi, l’accredito di somme, a titolo di provvigione, sul c/c intestato al T. medesimo.
Tanto premesso, assume il P.M. che la “limitazione” operata dal Tribunale è priva di ogni ragionevolezza ed integra il radicale vizio di motivazione riconducibile alla violazione di legge.
Il documento extracontabile, redatto dallo stesso T. o dai suoi collaboratori, non appare assolutamente decisivo in ordine alla percezione di ulteriori somme, potendo queste essere state non annotate o comunque versate con altre modalità.
Si procede, peraltro, anche per il reato di occultamento di scritture contabili (intendendosi per tali anche quelle la cui conservazione è imposta da norme diverse da quelle tributarie).
L’esame della intera documentazione è, comunque, necessario anche in relazione al reato ipotizzato di dichiarazione infedele, imponendo la normativa la ricostruzione dell’ammontare del reddito, anche nelle componenti passive, per verificare, tra l’altro, il superamento della soglia di punibilità.
Limitando il sequestro soltanto alle pratiche assicurative indicate nel prospetti 1, 2, 3, verrebbe meno la possibilità di ricostruire il volume di affari e conseguentemente i redditi percepiti nell’anno 2006.
3. Ricorre per cassazione S. T., a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge.
Con i motivi di riesame era stato evidenziato che il sequestro probatorio era stato disposto a fini meramente esplorativi, vale a dire per l’acquisizione e non per la dimostrazione di una notizia di reato.
L’originale decreto di sequestro (poi dichiarato nullo) era stato emesso in relazione al reato di cui all’art. 10 D.L.vo 74/2000, mentre il decreto successivo era stato emesso in relazione ad ulteriori ipotesi di reato (artt. 4 D.L.vo 74/2000, 468, 471, 56, 81 cpv, 482 e 476 c.p.), emerse a seguito dell’esame della documentazione illegittimamente acquisita.
La motivazione del Tribunale in ordine all’eccezione di illegittimità del sequestro della cartellina intestata all’avv. P. è, poi, evidentemente inconferente.
Con l’eccezione, infatti, si deduceva che il predetto professionista esercitava l’attività professionale presso lo studio di infortunistica stradale del ricorrente, per cui si era in presenza della nullità assoluta dei decreto dl sequestro e delle operazioni effettuate per violazione dell’art. 103 co. 3 c.p.p.

CONSIDERATO IN DIRTITO

1. Va innanzitutto ricordato; che, secondo il combinato disposto degli artt. 324, 325 e 355, terzo comma, c.p.p. il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro probatorio è proponibile solo per violazione di legge Secondo le sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 2/2004, Terrazzi), nel concetto di violazione di legge può, però, comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l’art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall’art. 606 lett. e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento.
Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalle stesse sezioni unite con la sentenza n. 25932 del 29.5.2008-******, secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione cosi radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo del requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
2. Quanto alle esigenze probatorie del provvedimento dl sequestro, le sezioni unite hanno affermato il principio che ” …. se il sequestro del corpo di reato è disposto a fini di prova, devono essere comunque esplicitate, così come avviene per le cose pertinenti al reato, le ragioni che giustificano in concreto la necessità della acquisizione interinale del bene per l’accertamento del fatti inerenti al theme deddendum del processo; dovendosi convenire che l’apprensione del corpo di reato non sia sempre necessaria per l’accertamento del fatti, perché trovi legittima giustificazione l’esercizio del potere coercitivo anche in sede di controllo da parte del giudice del riesame, tali fini almeno inizialmente, devono In ogni caso sussistere ed essere esplicitati nella motivazione del provvedimento con cui il potere si manifesta, ben potendo le esigenze attinenti al thema probandum essere altrimenti soddisfatte senza creare un vincolo superfluo dl indisponibilità sul bene. E costituisce prerogativa autonoma dell’accusa enucleare il presupposto essenziale del sequestro a fini di prova, cioè la specifica esigenza probatoria funzionale all’accertamento del fatto reato per cui si procede; e nella inerzia del P.M., il tribunale del riesame non e legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un’arbitrarla opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverosa da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse. (cfr. Cass. sezioni unite n. 5876 del 28.1.2004-P.C.Ferazzi in proc. **********).
La giurisprudenza successiva ha confermato che il Tribunale del riesame non può ovviare alla “radicale mancanza” di motivazione del provvedimento di sequestro probatorio; può però, “qualora nel provvedimento impugnato il pubblico ministero abbia indicato in modo insufficiente le ragioni atte a giustificare, in funzione dell’accertamento dei fatti storici, il ricorso alla misura ablativa..”, “rendere idonea la motivazione sul punto, facendo ricorso ad argomenti che migliorino la illustrazione delle esigenze indicate dall’inquirente” (cfr. Cass. Pen. sez. 5 n. 45932 del 18.10.2005).
3. Non c’è dubbio, poi, che sia illegittimo il sequestro probatorio a fini meramente esplorativi, volto ad acquisire la “notitia criminis” in ordine ad un eventuale illecito non ancora individuato nella sua qualificazione giuridica e nella sua specificità fattuale (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 24561 del 17.5.2012).
Secondo il ricorso dell’indagato il sequestro sarebbe stato disposto a fini meramente esplorativi, finalizzato cioè alla acquisizione e non alla dimostrazione di una notitia criminis.
Le nuove ipotesi di reato (inizialmente non ipotizzate) erano infatti, secondo l’assunto difensivo, emerse soltanto a seguito di accertamenti svolti sul compendio documentale oggetto del precedente decreto di sequestro, dichiarato però nullo (pag. 2 ricorso).
A parte il fatto che, secondo lo stesso ricorrente già il primo sequestro, era stato emesso in relazione ad una ben precisa ipotesi di reato (art.10 D.L.vo 74/2000), secondo la giurisprudenza formatasi sia pure in tema di intercettazioni telefoniche, “il decreto autorizzativo di intercettazioni può trovare il suo presupposto in qualsiasi notizia di reato, anche desunta da precedenti intercettazioni inutilizzabili” (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 47109 del 27.11.2007; Cass. Sez. 1 n. 16293 del 2.3.2010).
La notitia criminis poteva, quindi, derivare dalla documentazione inizialmente sequestrata.
4. Il Tribunale ha dato conto della motivazione del provvedimento di sequestro, che richiamava per relationem il contenuto dell’annotazione di p.g. del 13.12.2012 ed ha dato atto che i reati ipotizzati erano quelli di cui agli artt. 4 e 10 D.l.vo. 7412000, 468, 471, 56, 81, 482, 476 c.p. (pag. 2, 3 ord.).
Pur essendo detti reati quelli di falso, di dichiarazione infedele e di occultamento o distruzione di documenti contabili, con motivazione meramente apparente (come tale riconducibile alla violazione dl legge), ha ritenuto il Tribunale di “limitare” il sequestro, assumendo apoditticamente che, per una parte della documentazione rinvenuta, non erano state indicate le esigenze probatorie.
Non spiega, invero, il motivo, per cui la documentazione, di cui è stato disposto il dissequestro, non fosse “pertinente” ai sopra indicati reati e non fosse utile alle indagini.
5. Il Tribunale ha poi omesso di motivare in ordine all’eccezione difensiva (e sotto tale profilo va accolto anche il ricorso dell’indagato) circa la illegittimità della perquisizione.
I Giudici del riesame hanno ritenuto, infatti, di superare sbrigativamente detta eccezione, assumendo che la cartellina intestata all’avv. ***** veniva, comunque, dissequestrata (non rientrando “tra i documenti per quali viene confermato il provvedimento dl sequestro” pag. 4 ord.).
L’eccezione difensiva, però, non riguardava tanto l’illegittimità del sequestro della cartella, quanto piuttosto, come dà atto lo stesso Tribunale in premessa, la “nullità delle operazioni di sequestro per violazione dell’articolo 103 comma 3 c.p.p. che prevede garanzie per le perquisizioni e sequestri che devono svolgersi presso l’ufficio di un difensore” (pag. 2 ord.), Avrebbe dovuto, quindi, il Tribunale, pur con i limitati poteri del riesame, accertate, sulla base degli atti in suo possesso, se ricorressero i presupposti fattuali per ritenere applicabile il disposto dell’art. 103 co. 3 c.p.p.
6. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata, con rinvio per nuovo esame, alla luce dei rilievi e dei principi sopra evidenziati, al Tribunale di Latina.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Latina.

Così deciso in Roma il 4.7.2013

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