Pertinenze: l’uso ventennale dell’area come parcheggio non vale a dimostrarne la pertinenzialità (Cass. n. 20215/2012)

Redazione 16/11/12
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Svolgimento del processo

La srl S.I.A.MED, con citazione notificata il 4 aprile 2001, convenne innanzi al Tribunale di Tempio Pausania, sezione distaccata di Olbia, il Condominio (omissis), affinchè fosse accertato e dichiarato che era proprietaria, giusta acquisto fattone, con rogito del 7 febbraio 1994 dalla srl Porto Rotondo – che a sua volta le aveva acquistate il 2 marzo 1973 dalla spa Lumar – di numerose porzioni immobiliari all’interno della lottizzazione omonima; l’azione si sarebbe resa necessaria a seguito delle iniziative (consistite nell’instaurazione di un giudizio possessorio vittoriosamente esperito contro essa attrice e nell’occupazione di fatto degli spazi in questione con contestazione del diritto dominicale dell’esponente) con le quali il Condominio aveva dimostrato la propria volontà di acquisire le aree stesse, adibendole a parcheggio delle vetture dei condomini e dei visitatori dei medesimi; chiese inoltre che fossero inibite all’ente di gestione siffatte condotte e che lo stesso fosse condannato al risarcimento dei danni cagionati, Il Condominio, costituendosi, evidenziò di essere da oltre 20 anni nel possesso esclusivo degli spazi adibiti anche a parcheggio; sottolineò che l’originaria proprietaria-venditrice del complesso immobiliare, la spa Porto Rotondo, aveva stilato un regolamento condominiale, richiamato nei singoli rogiti di acquisto , in cui gli spazi in esame, nonchè la prospiciente sede stradale, facevano parte della proprietà condominiale; contestò altresì che la società attrice potesse vantare diritti su tali aree, a ciò ostando il disposto della L. n. 765 del 1967, art. 18 che aveva determinato una presunzione di pertinenzialità tra le stesse e gli immobili adibiti ad abitazione In via di riconvenzione eccepì la comproprietà in capo ai condomini delle aree oggetto di contenzioso, destinate a parcheggio, nonchè l’acquisto per usucapione in proprio favore della proprietà o della servitù prediale di uso o del diritto reale d’uso delle medesime aree; in via subordinata eccepì l’avvenuta costituzione ex lege del diritto reale d’uso come limite del diritto di proprietà della società attrice.

L’adito Tribunale accolse l’eccezione di usucapione – così qualificando la difesa svolta dal Condominio e respingendo di conseguenza l’eccezione di inammissibilità proposta dalla società attrice che aveva ritenuto che la richiesta del Condominio integrasse una domanda, tardivamente proposta – e respinse la domanda della società attrice.

La Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, pronunziando sentenza n. 413/2009, accolse invece la domanda di rivendica dell’appellante S.I.A.MED. e condannò il Condominio al rilascio delle aree in contestazione, respingendo altresì le domande di risarcimento dei danni; la Corte distrettuale pervenne a tale risultato interpretativo ritenendo: che doveva dirsi coperta da giudicato – per mancata proposizione di appello sul punto – la qualificazione come eccezione della richiesta di accertamento dell’intervenuta usucapione; che l’eccezione di usucapione sarebbe stata proposta dal Condominio, soggetto non legittimato attivamente, in quanto si verteva in materia di pertinenze di beni dei singoli condomini e non già delle parti comuni; che comunque l’eccezione stessa , ove mai si fosse ritenuto legittimato il Condominio, sarebbe stata comunque infondata perchè l’ente di gestione non avrebbe dato prova del possesso pubblico, pacifico ed ininterrotto delle aree rivendicate, essendo a ciò inidonea la stessa articolazione istruttoria contenuta negli atti difensivi del predetto; che del pari sarebbero state infondate le, pur riprodotte, eccezioni dirette a far valere l’asserito nesso pertinenziale ex lege tra le aree scoperte e i singoli appartamenti, in quanto non sarebbe stata provata la violazione del rapporto tra cubatura residenziale e superficie destinata a parcheggio previsto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18 (venti metri quadrati – poi divenuti dieci per effetto della L. n. 122 del 1989, art. 2 – per metro cubo); che dall’esame degli atti di vendita dei singoli appartamenti e dalla lettura delle previsioni del regolamento contrattuale non sarebbe emersa la natura condominiale delle aree in questione e che le dedotte circostanze sarebbero state compatibili con la perdurante proprietà in capo all’appellante dell’area in questione – oggetto di riserva di proprietà in sede di predisposizione del regolamento condominiale- , separata dalla proprietà delle unità immobiliari; che altresì infondata sarebbe stata l’”eccezione” di accertamento del diritto reale d’uso in capo ai singoli condomini, a cagione della ricordata carenza di legittimazione attiva del Condominio; che fondata invece sarebbe stata la domanda di rivendica della S.I.A.MED. in forza delle emergenze documentali e della riscontrata infondatezza delle eccezioni del Condominio.

Per la cassazione di tale sentenza il Condominio ha proposto ricorso sulla base di tre motivi, illustrati da memoria; la srl S.I.A.MED. ha resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale avverso la reiezione della propria domanda risarcitoria; è stata disposta l’acquisizione della delibera di autorizzazione assembleare a che l’amministratore del Condominio promuovesse il ricorso.

Motivi della decisione

1 Sono infondate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla S.I.A.MED:

1a – Quella relativa alla pretesa mancata indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda l’impugnazione non coglie nel segno, se con essa si fosse inteso sindacare la mancata indicazione in calce al ricorso dei documenti offerti in comunicazione, in quanto il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 è soddisfatto mediante il deposito dei fascicoli di parte – ove detti documenti erano stati inseriti – consentendo così alla Corte, mediante lo specifico rinvio al contenuto di detti atti, la verifica del presupposto fattuale dei motivi; la diversa questione della sufficienza del rinvio, in sede di esposizione dei motivi, al contenuto di detti documenti, al fine di ritenere le censure dotate di quel minimo di specificità che le renda ammissibili, riguarda non già la corrispondenza del ricorso allo schema legale delineato dall’art. 366 c.p.c. quanto piuttosto l’ammissibilità dei singoli motivi.

2 – Con il primo motivo la parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione: a – dell’art. 1117 cod. civ. nonchè della L. n. 765 del 1967 laddove è stato ritenuto carente di legittimazione attiva l’amministratore del Condominio a proporre la domanda – non correttamente assunta come tardivamente avanzata – o comunque di sollevare l’eccezione di usucapione delle aree destinate a parcheggio, in forza del vincolo pertinenziale costituito ex lege in virtù della c.d. legge ponte, escludendo erroneamente tali aree dal novero delle cose comuni; b – della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies in relazione all’art. 1117 cod. civ., laddove la Corte di Appello non ha ritenuto provata la natura comune delle superfici in esame dall’analisi della documentazione prodotta – il regolamento (contrattuale) predisposto dalla venditrice spa Porto Rotondo, in cui si sarebbe indicata la “sede stradale” come oggetto di proprietà comune indivisibile di tutti i proprie tari delle unità immobiliari per la destinazione funzionale impressa dall’art. 18 della c.d. Legge Ponte; il progetto presentato al Comune di Olbia per ottenere la concessione a costruire; c – degli artt. 1117, 817 e 818 cod. civ., per non aver considerato, il giudice dell’appello, che, in mancanza di specificazione, nei singoli atti di acquisto, gli spazi destinati a parcheggio dovevano considerarsi ceduti in comproprietà pro quota, come pertinenze delle singole unità immobiliari.

2.a A sostegno di tale censure sottolinea parte ricorrente la non applicabilità della giurisprudenza richiamata nella gravata decisione – al fine di escludere la legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio – in quanto, a differenza della fattispecie colà presa in esame, le aree stradali in oggetto sarebbero nate sin dall’origine con la specifica destinazione a parcheggio.

2/b – Il primo motivo non e fondato: 1 – perchè non vi è alcuna censura circa la qualificazione come eccezione della richiesta di accertamento dell’intervenuta usucapione, proposta dal Condominio nella comparsa di risposta datata 20 giugno 2001 e depositata il successivo 4 luglio, dunque dopo l’udienza di prima comparizione indicata in citazione il 28 giugno 2001 e quindi, come osservato dal Tribunale e dalla Corte di Appello, tardivamente rispetto al termine di 20 giorni di cui all’art. 166 c.p.c.; del pari non vi è doglianza specifica circa la ritenuta preclusione pro judicato che sarebbe intervenuta sul punto; 2 – perchè la valutazione di pertinenzialità delle aree rispetto ad una serie di edifici, asseritamente costituiti in condominio, avrebbe comunque necessitato, come messo in evidenza dalla Corte di Appello, che fosse fornita la dimostrazione che di quel vincolo di accessorietà necessaria sussistessero i presupposti di legge, vale a dire, non solo la specifica proporzione rispetto alla cubatura degli edifici oggetto di disciplina condominiale – mentre nello stesso ricorso si fa riferimento all’intera rete stradale, interna ed esterna, del “Condominio” come oggetto di tale pertinenza, sottolineandone l’utilizzo parziale come parcheggio per autovetture – ma anche la sussistenza di un rapporto pertinenziale che, identificate che fossero le aree in contestazione, si riferisse a tutti gli edifici facenti parte del “Condominio”; c – perchè non si possono mettere sullo stesso piano logico – come fa il ricorrente – l’eccezione di accertamento di un vincolo pertinenziale nascente ex lege (che dunque presuppone l’accertamento, sia pure solo in via di eccezione, della proprietà comune ex art. 1117 cod. civ.) e l’eccezione diretta all’usucapione del diverso diritto reale d’uso sulle medesime aree (che invece presuppone l’alienità, rispetto al patrimonio del bene di gestione, dell’area contesa).

2 – Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 1158 cod. civ. e dell’art. 184 c.p.c. per aver, la Corte di Appello, esorbitando dai poteri conferiti dalla legge al giudice del gravame, espresso pareri in merito all’inammissibilità di mezzi di prova in forza dei quali il Tribunale di Tempio Pausania aveva ritenuto raggiunta la prova dell’usucapione in favore del condominio delle aree de quibus e, per altro verso, per non aver considerato, in senso favorevole alla propria tesi, le emergenze del giudizio possessorio.

2/a – Il motivo è inammissibile perchè con il vizio illustrato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vengono denunziati o l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di merito nell’astratta perimetrazione dell’ambito applicativo della norma – qui di carattere sostanziale – o la fallace riconduzione della fattispecie concreta in quella astratta – da cui il vizio di falsa applicazione della legge-; quando invece si denunzia la violazione di una norma attinente al procedimento che ha inciso sulla formazione del convincimento del giudice, allora la regula juris che si assume violata ricade nel vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qui non fatto valere, così che la critica si riassumerebbe nella dichiarata non condivisione dei risultati interpretativi delle emergenze istruttorie da parte della Corte territoriale.

3 – (Con il terzo motivo si assume concretizzata la violazione o falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, dell’art. 41 sexies là dove, pur avendo la (Corte di Appello riconosciuto l’esistenza di un vincolo pubblicistico sulle aree in esame ne ha ordinato lo sgombero da parte del Condominio, nonostante la loro pertinenza ex art. 1117 cod. civ.: la censura, quasi priva di svolgimento argomentativo, è comunque infondata in quanto dalla lettura della sentenza oggetto di ricorso emerge chiaramente la statuizione contraria a quella affermata quale presupposto della censura: la (Corte di appello ha infatti respinto l’eccezione di esistenza di un vincolo pubblicistico comune anche, e prima di tutto, perchè ha disconosciuto la legittimazione del (Condominio a sollevare siffatta eccezione.

4 – Con l’unico motivo di ricorso incidentale la contro ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 949, 1130, 1131, 1133 e 2043 cod. civ. nonchè vizio di motivazione – che sarebbe stata insufficiente e contraddittoria – non avendo la (Corte di Appello riconosciuto il diritto della deducente al risarcimento del danno per l’occupazione delle aree di proprietà, sulla base dell’osservazione che di tale uso sarebbero stati partecipi anche tutti i frequentatori del comprensorio e del rilievo che non trattandosi di cosa comune, i rispettivi diritti si sarebbero dovuti far valere nei confronti dei singoli proprietari effettivamente fruenti degli spazi oggetto di revindica.

4 – Il motivo è fondato in quanto appare contraddittorio ordinare – come ha deciso la Corte distrettuale – al Condominio il rilascio dei beni – presupponendo dunque che la disponibilità delle aree in questione sarebbe stata sottratta all’uso della proprietaria SI.A.MED. e sottoposta a contestazioni, quanto alla titolarità, con varie iniziative giudiziarie, dal medesimo Condominio – ed allo stesso tempo negare la tutela risarcitoria che tali condotte dell’ente di gestione avrebbero comportato.

5 – La sentenza va dunque cassata in accoglimento del solo ricorso incidentale, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari che provvederà anche alle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso principale ed accoglie quello incidentale; cassa in ordine al ricorso accolto e rinvia alla Corte di Appello di Cagliari che pronunzierà anche sulle spese del presente giudizio.

Redazione