Immagini pedopornografiche diffuse su internet: chi ha fatto le riprese è sempre responsabile (Cass. pen. n. 43133/2012)

Redazione 07/11/12
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Considerato in fatto

Il GUP del Tribunale di Ravenna – per quanto qui ancora interessa – con sentenza del 3.3.2011 sulla richiesta di applicazione della pena su accordo delle parti, provvedendo ai sensi dell’art. 129 cpp ha assolto Vi.Ma. e M.E. dal reato di cui agli artt. 110 e 600 ter primo comma cp perché il fatto non sussiste.
Dopo avere ricostruito la natura del reato e richiamato i principi giurisprudenziali che regolano la fattispecie, il giudice di merito ha ritenuto che la condotta contestata agli imputati – produzione di materiale pornografico mediante un video – sia consistita in un unico episodio del tutto estemporaneo fra soggetti che ben si conoscevano e tutti consenzienti, sorto inizialmente tra due fidanzati (C.E. e R.D. ) ed al quale hanno poi preso parte quasi nell’immediatezza anche altri imputati, senza alcun elemento dal quale possa trarsi la sussistenza di una predisposizione di mezzi e la finalizzazione fin dall’origine diffusiva del filmino. Ha poi rilevato che la successiva diffusione del filmino è rimasta una condotta non ascrivibile ad alcun soggetto in particolare, perché nonostante la capillare attività investigativa non è stato possibile stabilire l’identità del soggetto che aveva inserito il filmato nella rete internet, carenza che non ha permesso di inquadrare la fattispecie nelle altrettanto gravi condotte di diffusione indiscriminata, o cessione a soggetti determinati di tale materiale. Pertanto, ha ritenuto insussistente il reato.
Per l’annullamento della sentenza, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione deducendo l’erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b cpp con riferimento all’art. 600 ter cp) rilevando che dalle risultanze processuali emergeva senza dubbio che le condotte poste in essere dagli imputati integravano l’ipotesi delittuosa in contestazione.

 

Ritenuto in diritto

Il ricorso è fondato.
L’articolo 600 ter cp al primo comma punisce chiunque, utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche.
Questo comma, è stato così sostituito dall’art. 2 comma 1 lett. a della legge 6.2.2006 n. 38. Il testo previgente utilizzava altre espressioni (sfruttamento in luogo di utilizzazione di minori; inoltre, col nuovo testo, è stata inserita al terzo comma un’altra modalità della condotta illecita: la diffusione. In definitiva, si è inteso ampliare la sfera di tutela del minore.
Come già affermato in precedenza (cfr. Cass. sez. terza 20.11.2007 n. 1814 (dep. 14/01/2008), relativamente al delitto previsto dall’art. 600 ter cp., va data senz’altro continuità alla pronuncia delle Sezioni Unite 13 del 31/05/2000 Cc. dep. 05/07/2000 (le cui conclusioni condivide e recepisce ed alla cui elaborata motivazione rimanda) che si sono espresse escludendo la necessità sia della sussistenza di un fine lucrativo in capo allo sfruttatore del minore sia di una organizzazione di tipo imprenditoriale.
Le Sezioni Unite hanno chiarito come il legislatore abbia voluto reprimere, predisponendo una tutela anticipata e complementare a quella della libertà sessuale, condotte prodromiche che mettono a repentaglio lo sviluppo del minore, mercificando il suo corpo ed immettendolo nel circuito della pedofilia.
In base a questa impostazione, le sezioni unite hanno concluso che, per il perfezionamento della fattispecie, necessita che la condotta dello agente abbia una consistenza tale da implicare il concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico prodotto; la norma mira ad impedire la visione del minore ad una cerchia indeterminata di pedofili e, di conseguenza, non configura la ipotesi di reato la produzione pornografica destinata a restare nella sfera strettamente privata dello autore.
Il ricordato pericolo, prosegue la sentenza delle Sezioni Unite, sul piano probatorio deve essere accertato dal Giudice di merito facendo ricorso ad elementi sintomatici della condotta idonei a significare come la produzione del materiale non sia finalizzata ad un appagamento personale, ma a circolare all’esterno.
Orbene, venendo al caso in esame, il GUP di Ravenna, pur avendo accertato (pag. 6) la natura indubbiamente pornografica del video (in cui appariva la minore E..C. mentre, nuda ed incitata da voci in sottofondo, mimava un rapporto orale con uno dei ragazzi presenti), ed avendo richiamato il principio di diritto affermato dalle sezioni unite con la pronuncia citata, nonché il principio secondo cui la condotta punita dalla norma non deve essere caratterizzata dalla occasionalità ma deve essere inserita in un contesto di almeno embrionale organizzazione e di destinazione alla successiva fruizione anche potenziale da parte dei terzi (Cass. 5.6.2007 n. 27252), ha ritenuto che la vicenda non può ritenersi connotata da aspetti differenti dalla occasionalità ed improvvisazione della ripresa, e come tali non caratterizzati dalla intenzione di divulgazione a terzi delle immagini. Ed a tal fine ha considerato significativo fatto che il materiale sequestrato a tutti gli imputati abbia dato esito negativo, pur considerando possibile che sia stata effettuata una preventiva bonifica sui dispositivi (pag. 11).
Così facendo, il giudice di merito ha violato la norma penale (art. 600 ter comma 1 cp) perché – come evidenziato dal PM nel suo ricorso – il video è stato messo dopo alcuni giorni in circolazione sui telefoni cellulari dei compagni di scuola e conoscenti della minore ivi compresa la di lei sorella (d’altra parte nella stessa sentenza a pagg. 4 si afferma che, come risultava dalle dichiarazioni delle persone informate dei fatti, il video era passato sui cellulari e poi, comunque, risultava successivamente inserito nella rete internet, anche se non è stato possibile individuare chi abbia proceduto materialmente alla diffusione in rete, pur rilevandosi che tutti gli imputati possedevano cellulari, computer e pendrive USB: pagg. 11 e 12).
Insomma, come rileva il ricorrente, vi erano elementi per ritenere sussistente l’evento diffusivo del materiale prodotto certamente collegabile all’azione dei partecipanti alla realizzazione del filmato (i quali soli ne avevano il possesso).
In definitiva, nel caso di specie non solo il concreto pericolo (cfr. al riguardo Cass. 01/12/2009 cc. dep. 28/12/2009 n. 49604), ma addirittura la avvenuta diffusione delle immagini nei confronti di terzi inseriti in un circuito embrionale di fruitori occasionali di immagini pedopornografiche non poteva essere messa in dubbio.
Alla luce delle considerazioni finora svolte – stante la sussistenza, sempre allo stato degli atti, degli elementi costitutivi di cui all’art. 600 ter c.p., comma 1, – si rende necessario un nuovo esame nel merito della fattispecie de qua, alla stregua dei principi di diritto sopra enunciati.
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Ravenna per l’ulteriore corso.

 

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Ravenna

Redazione