Il giudice del merito può legittimamente disporre la ripartizione per quote uguali delle spese per la Ctu fra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa (Cass. n. 1256/2013)

Redazione 18/01/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- I ricorrenti, D. P. e P. M., impugnano la sentenza n. 3724 del 2005, pubblicata il 9 settembre 2005, della Corte di appello di Roma, che rigettando l’appello dell’odierno intimato, D. A., avverso la sentenza del Tribunale di Roma che pure aveva rigettato la sua domanda nei confronti degli odierni ricorrenti, compensava interamente le spese di entrambi i gradi del giudizio, ponendo quelle di c.t.u. a carico delle parti nella misura del 50% ciascuna.
2.- In fatto, la vicenda riguardava la richiesta dell’odierno intimato di poter utilizzare il proprio box per essere lo spazio di manovra in parte occupato da due posti macchina acquistati dagli odierni ricorrenti dalla società costruttrice. La domanda era stata respinta in entrambi gradi, perché era risultato che gli odierni ricorrenti avevano acquistato regolarmente gli spazi in questione dal venditore—costruttore, che evidentemente non aveva valutato adeguatamente gli spazi necessari per la manovra. Osservava la Corte di appello che la richiesta giudiziale doveva essere semmai rivolta nei confronti del costruttore-venditore.
3.- La Corte d’appello compensava interamente le spese del giudizio tra le parti, ripartendo quelle della c.t.u. al 50% con la seguente motivazione: «ricorrono giusti motivi attesa la natura della controversia».
4. – I ricorrenti formulano due motivi di ricorso. Resiste con controricorso l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I motivi del ricorso
1.1 – Con il primo motivo di ricorso vengono denunciati vizi di motivazione, non essendo sufficiente il solo richiamo generico alla “natura della causa”, completamente sganciato dalla valutazione della soccombenza nei due gradi di giudizio.
1.2 – Con il secondo motivo si denuncia violazione degli articoli 91 e 92 cod. proc. civ., non solo quanto alla violazione del principio di soccombenza nella regolamentazione le spese di giudizio, ma anche quanto alla ripartizione delle spese di CTU nella misura del 50% per ciascuna delle parti, principio applicato senza tener conto della completa soccombenza dell’odierno intimato.
2. Il ricorso è infondato e va respinto.
2.1 – Gli odierni ricorrenti sono risultati vittoriosi in entrambi i gradi del giudizio, avendo fatto valere il loro legittimo titolo di acquisto, ma risultando certo che lo spazio acquistato di fatto impediva le manovre necessarie per consentire l’uso del box pure legittimamente acquistato dall’intimato.
Tali circostanze emergono con chiarezza dalla vicenda giudiziaria che si è svolta nei due gradi di giudizio e a tanto ha fatto chiaramente riferimento il giudice dell’appello per disporre la compensazione delle spese per l’intero giudizio, ivi comprendendo anche quelle di CTU.
Sicché, la motivazione sul punto, seppure sinteticamente riassunta con la formula citata, appare adeguata e sufficiente, avendo specificamente, e non irragionevolmente, tenuto conto della peculiarità della vicenda.
2.2 – Quanto al secondo motivo, occorre osservare che questa Corte ha già avuto occasione di affermare il seguente condiviso principio: «Il giudice di merito nell’ambito di una pronunzia di compensazione delle spese, può legittimamente disporre la ripartizione per quote uguali delle spese di consulenza tecnica d’ufficio tra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa. Non risulta, difatti, in tal modo violato il divieto di condanna di quest’ultima alle spese (art. 91 cod. proc. civ.), dato che la compensazione delle spese processuali – nella quale si risolve anche il provvedimento con cui il giudice, chiudendo il giudizio davanti a sè, disponga la ripartizione nei modi anzidetti delle spese in favore del consulente tecnico d’ufficio – è soltanto esclusione del rimborso, e dunque negazione della condanna:
e ciò tanto più ove si consideri che la consulenza tecnica d’ufficio è strutturata, nel processo civile, essenzialmente quale ausilio fornito al giudice da un suo collaboratore esterno all’ordine giudiziario, piuttosto che quale mezzo di prova in senso proprio, costituendo, dunque, un atto necessario del processo che l’ausiliare compie nell’interesse generale della giustizia e, correlativamente, nell’interesse comune delle parti (Sez. 1, Sentenza n. 17953 del 08/09/2005, RV. 584701).
Al riguardo, occorre ancora osservare che la normativa sulla regolazione delle spese di giudizio (applicabile ratione temporis) esclude soltanto che si possano mettere, in tutto o in parte, a carico della parte vittoria le spese del giudizio, ma non anche che si possa disporre l’integrale compensazione delle stesse, anche quanto alla CTU.
3. Le medesime ragioni che hanno determinato la pronuncia impugnata quanto alle spese, inducono a disporre la compensazione delle spese anche in questa sede.

P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 5 ottobre 2012

Redazione