I criteri di valutazione delle domande devono essere determinati dal bando di gara (Cons. Stato, n. 5172/2013)

Redazione 28/10/13
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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2275 del 2013, proposto da: Consorzio Agrario di Ravenna soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. ***************, con domicilio eletto presso l’Avv. **************** in Roma, via Tevere, n. 46;
contro
Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente pro tempore. rappresentata e difesa dall’Avv. *****************, con domicilio eletto presso l’Avv. ************ in Roma, via Confalonieri, n. 5; Provincia di Ravenna, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. ******************, con domicilio eletto presso l’Avv. ************************ in Roma, via Costantino Morin, n. 1; Provincia di Bologna, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. **************, dall’Avv. *************** e dall’Avv. ****************, con domicilio eletto presso l’Avv. **************è in Roma, via dei Gracchi, n. 39; Provincia di Forlì – Cesena; Provincia di Modena; Provincia di Piacenza;
Provincia di Reggio Emilia; Provincia di Rimini; Provincia di Parma; Provincia di Ferrara;
nei confronti di
Progeo Società Cooperativa, Consorzio Agrario di Bologna e Modena soc. coop.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA: SEZIONE II n. 00031/2013, resa tra le parti, concernente l’accesso ai contributi regionali finalizzati allo sviluppo dei sistemi agroalimentari – risarcimento dei danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Ravenna e della Provincia di Bologna e della Regione Emilia Romagna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2013 il Cons. ********************* e uditi per le parti l’Avv. Rubinetti su delega dell’Avv. ******, l’Avv. *********** su delega dell’Avv. **********, l’Avv. ***** su delega dell’Avv. ********* e l’Avv. ****************è su delega dell’**************è;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il Consorzio Agrario di ************ Coop. a r.l., odierno appellante, con istanza depositata il 28.10.2002 aveva proposto domanda per partecipare alla ripartizione dei contributi, previsti dalla L.R. Emilia Romagna del 28.12.1999, n. 39, per lo sviluppo dei sistemi agroalimentari.
2. Ai fini della formazione della relativa graduatoria, la delibera della Giunta Regionale n. 1352/2002 (c.d. “Avviso Pubblico”) prevedeva l’attribuzione di distinti punteggi di priorità da parte della Regione Emilia Romagna e da parte della Provincia di Ravenna, ove la richiedente aveva sede, sommando i quali si sarebbe determinata la posizione in graduatoria dei soggetti ammessi a contributo.
3. Con delibera della Giunta Provinciale n. 575/2002, la Provincia di Ravenna aveva introdotto dei sottocriteri di valutazione delle domande, per effetto dei quali il Consorzio si era visto attribuire, nell’ambito della procedura, un punteggio inferiore rispetto a quello richiesto per l’ottenimento dei contributi, in quanto classificatosi soltanto al sesto posto della classifica nel settore cerealicolo con complessivi punto 25,8, con conseguente esclusione dai finanziamenti.
4. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. Emilia Romagna, integrato da successivi motivi aggiunti, il Consorzio Agrario di ************ Coop. a r.l. impugnava, al fine di sentirne dichiarare l’annullamento, previa sospensione, le delibera del Consiglio della Regione Emilia Romagna n. 239/2001, della Giunta Regionale n. 1352/2002, della Giunta Provinciale di Ravenna n. 575/2002, nonché le determinazioni dirigenziali della Provincia di Ravenna n. 327/2003 e della Regione Emilia Romagna n. 9760/2003.
5. Assumeva il Consorzio ricorrente che i provvedimenti impugnati fossero illegittimi, deducendo i seguenti motivi:
1) la violazione dell’art. 6 della L.R. 39/1999, il quale attribuisce alla sola Giunta Regionale, e non alle Province, il potere di individuare i criteri di valutazione delle domande, e dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. 123/1998, il quale dispone che i criteri di valutazione delle domande debbano essere determinati dal bando di gara;
2) la violazione del principio della par condicio tra i soggetti partecipanti alla gara, avendo l’Avviso Pubblico consentito ad ogni Provincia di determinare autonomamente un criterio di preferenza secondo il quale ordinare in graduatoria le domande che avessero sortito identica valutazione nella prima fase dell’istruttoria provinciale;
3) l’irrazionalità e l’illogicità dei parametri di ponderazione dei sottocriteri di valutazione adottati dalla Provincia di Ravenna, in quanto riguardanti elementi di valutazione di stretta pertinenza regionale e in quanto comportanti discriminazioni a danno di alcuni partecipanti alla selezione.
6. Ciò premesso, quindi, il Consorzio ricorrente chiedeva all’adito T.A.R. di annullare i provvedimenti impugnati e di ottenere il risarcimento del danno asseritamente sofferto per l’illegittimità di essi.
7. Si è costituita nel giudizio di prime cure la Regione Emilia Romagna, preliminarmente eccependo l’inammissibilità o l’irricevibilità del ricorso in riferimento all’impugnazione di taluni atti regionali o provinciali e, ancora in via preliminare, chiedendo la necessaria integrazione del contraddittorio in riferimento ai controinteressati individuabili dall’impugnazione dell’Avviso Pubblico e della determinazione n. 9760 del 7.8.2003, e nel merito ha chiesto la reiezione dell’avversario ricorso.
8. Si sono costituite nel giudizio di prime cure anche la Provincia di Ravenna, anch’essa eccependo l’irricevibilità del ricorso principale e, nel merito, sostenendo l’infondatezza di entrambi i ricorsi.
9. Anche la Provincia di Bologna si è costituita, eccependo sia l’inammissibilità parziale del ricorso sia la sua parziale tardività e, nel merito, chiedendo comunque la reiezione dei ricorsi per infondatezza degli stessi.
10. È intervenuta ad adiuvandum nel primo giudizio anche la Confcooperative – Unione Provinciale di Ravenna, chiedendo invece l’accoglimento dei ricorsi.
11. Con sentenza n. 31 del 14.1.2013 il T.A.R. Emilia Romagna, dopo aver accolto l’istanza incidentale di sospensione, ha infine respinto sia il ricorso principale che quello per motivi aggiunti.
12. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Consorzio, lamentandone l’erroneità, ed ha ribadito le medesime censure già svolte in primo grado e disattese dal T.A.R., chiedendo di riformare, previa sospensione, l’impugnata sentenza, con conseguente annullamento degli atti impugnati in prime cure e condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
13. Si sono costituite nel presente grado di giudizio la Regione Emilia Romagna, la Provincia di Ravenna e quella di Bologna, reiterando le rispettive eccezioni già formulate in primo grado, e chiedendo la reiezione dell’appello.
14. Nella camera di consiglio del 3.4.2013, fissata per l’esame dell’istanza di sospensione, la causa veniva rinviata all’udienza del 10.10.2013 per la sollecita trattazione del merito.
15. All’udienza pubblica del 10.10.2013 il Collegio, udita la discussione, ha trattenuto la causa in decisione.
16. Preliminarmente devono essere esaminate le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità, oltre che quelle relative alla mancata integrazione del contraddittorio, formulate dalle parti appellate.
17. Quanto all’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, relativamente alla delibera del Consiglio Regionale del 26.7.2001, n. 239, la Regione Emilia Romagna sostiene che essa debba essere dichiarata inammissibile non solo perché la delibera è stata impugnata ad oltre due anni dalla sua emanazione, ma anche perché nessun motivo di censura è stato svolto dall’originaria ricorrente contro di essa.
18. La censura è fondata, in quanto la semplice lettura di tale provvedimento ne evidenzia la natura di atto di programmazione economica finalizzato all’individuazione e al riparto delle risorse dedicate all’erogazione di contributi alle imprese del settore agroalimentare, ai sensi dell’art. 2 della L.R. 39/1999, senza diretta incidenza sui provvedimenti che hanno concorso alla mancata erogazione dei contributi reclamati dalla controparte.
19. Non è invece fondata l’eccezione di ulteriore inammissibilità (rectius: irricevibilità) dell’impugnazione, sollevata sia dalla Regione Emilia Romagna che dalla Provincia di Ravenna, relativamente alla delibera della Giunta Regionale del 22.7.2002, n. 1352, e della delibera della Giunta Provinciale di Ravenna n. 575 del 18.9.2002 sulla base del rilievo che esse avrebbero dovuto essere impugnate sin dal momento della loro adozione.
19.1. L’eccezione va respinta, perché l’interesse ad impugnare tali atti è sorto solo dal momento nel quale il Consorzio, in conseguenza della loro applicazione, è stato escluso dal novero dei beneficiari del contributo, non avendo tali atti, in se stessi, portata immediatamente o, almeno, chiaramente lesiva per l’odierno appellante.
20. Quanto alla notifica del ricorso e, in questo grado, dell’appello ai controinteressati, da identificarsi in tutti i soggetti partecipanti a tutte le graduatorie o, comunque, almeno nei soggetti inclusi nella “graduatoria intersettoriale” della Provincia di Ravenna, rileva il Collegio che il giudice di prime cure, esaminando direttamente il merito del ricorso, ha fatto retta applicazione dell’art. 49, comma 2, c.p.a., secondo cui l’integrazione del contraddittorio non è ordinata laddove, fra l’altro, il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto il ricorso del Consorzio, come ora si dirà esaminando i motivi d’appello reiterativi di quelli proposte in prime cure, era manifestamente infondato.
20.1. La Sezione ha già avuto modo di ribadire un orientamento, consolidato in questo Consiglio, secondo cui “ragioni di economia processuale e l’interesse ad una ragionevole durata del processo, infatti, possono far ritenere non necessario disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati non evocati nel giudizio di primo grado, quando nel merito l’appello è infondato” (v., da ultimo, Cons. St., sez. III, 27.5.2013, n. 2893).
20.2. Nel processo amministrativo di primo e di secondo grado, ai sensi degli artt. 49, comma 2, e 95, comma 5, c.p.a., non deve disporsi, infatti, l’integrazione del contraddittorio quando il ricorso è palesemente infondato (Cons. St., sez. IV, 14.1.2013, n. 160).
21. L’appello, ciò premesso, deve essere respinto.
22. Con il primo motivo il Consorzio appellante deduce l’error in iudicando per la violazione e l’errata applicazione dei principi generali in materia concorsuale, la violazione del principio della par condicio, l’omessa e/o carente motivazione della sentenza impugnata.
22.1. Il giudice di prime cure, lamenta l’appellante, ha affermato che i criteri di attribuzione del punteggio, fissati a livello provinciale, non avrebbero causato alcuna ingiustificata disparità di trattamento tra i concorrenti in ambito regionale, mentre in realtà i singoli concorrenti al finanziamento stanziato dalla Regione sono stati giudicati ciascuno con differenti criteri di valutazione, a seconda del territorio in cui ricade l’impianto oggetto di investimento.
22.2. Ogni Provincia ha adottato propri criteri, più o meno coerenti, ma comunque diversi, e il fatto che le graduatorie provinciali, diversamente formate, siano state tutte identicamente inserite in una graduatoria unica regionale, e unitariamente valutate, creerebbe disparità di trattamento.
22.3. Affinché tale operazione potesse essere correttamente effettuata, deduce il Consorzio nel predetto mezzo di gravame, avrebbe dovuto imprescindibilmente individuare anche i criteri di preferenza in caso di parità di punteggio intersettoriale.
22.4. Nessun criterio di preferenza, invece, sarebbe stato fornito dalla Regione per dirimere le eventuali situazioni di parità di punteggio intersettoriale che avrebbero potuto verificarsi, come è accaduto nel caso di specie, su scala provinciale.
22.5. Ciò, creando confusione, avrebbe ingenerato una palese violazione della par condicio dei concorrenti, una volta che i punteggi provinciali sono stati acriticamente recepiti nella graduatoria unica regionale.
23. La censura deve essere disattesa.
23.1. Come ha correttamente rilevato il giudice di prime cure, infatti, la delega dell’individuazione di differenti metodologie di formazione della graduatoria intersettoriale alle Province è stata specificamente preordinata a calibrare i parametri di formazione di tale graduatoria in funzione delle specifiche realtà locali, in accordo con il “principio di collaborazione” con gli enti territoriali stabilito dall’art. 6 dello Statuto Regionale.
23.2. Tale scelta, nel merito, è poi incensurabile, in quanto appartenente alla sfera di valutazioni discrezionali rimesse alla Giunta Regionale dalla L.R. Emilia Romagna n. 39/1999, anch’esse perfettamente armoniche con l’assetto costituzionale dei rapporti tra Regione e Province, sicché a ragione il giudice di prime cure ha ritenuto la legittimità di tale scelta, adottata “sulla base ed in applicazione di apposita normativa regionale e con la pubblicità ed entro i termini da essa prevista” (p. 6 dell’impugnata sentenza).
23.3. Nemmeno appare condivisibile, sul piano fattuale, la doglianza secondo cui l’adozione di metodologie differenti tra le varie Province non avrebbe provocato, comunque, alcuna disparità di trattamento tra le domande valutate da ciascuna di esse, con privilegio di punteggio delle domande di competenza di un’Amministrazione provinciale a scapito di quelle valutate dalle altre.
23.4. L’Avviso Pubblico ha previsto, infatti, che l’istruttoria provinciale si svolgesse in due fasi, la seconda delle quali tesa a ricondurre tutte le domande di relativa competenza alla “graduatoria intersettoriale”, di cui all’art. 8 cpv., con obbligo di applicare un sistema di punteggio “a sei fasce”, stabilito dalla norma, e divieto di includere in ogni fascia oltre un sesto delle domande soggette a valutazione.
23.5. L’applicazione di tale sistema di punteggio, da parte di ciascuna Provincia, ha sortito pertanto la formazione di “graduatorie intersettoriali” del tutto assimilabili sotto il profilo della percentuale di domande ammesse alle varie fasce di punteggio.
23.6. Nemmeno può ipotizzarsi, come deduce l’appellante, una disparità di trattamento tra le domande incluse nella medesima “graduatoria intersettoriale” della Provincia, poiché, al di là della metodologia usata, è pacifico che la provincia di Ravenna abbia valutato le domande di rispettiva competenza sulla base di identici criteri, e che questi ultimi siano stati fissati, come si è detto, prima dell’inizio della fase istruttoria del procedimento.
23.7. Il motivo, pertanto, va respinto.
24. Con il secondo motivo di appello il Consorzio censura la sentenza del T.A.R. Emilia Romagna per la violazione e l’errata applicazione dell’art. 5 del d. lgs. 123/1998 e dell’art. 6 della L.R. 39/1999, in relazione alla lex specialis di concorso di cui alla deliberazione G.R. 1352/2002, nonché l’omessa, carente, contraddittoria e illogica motivazione.
24.1. La sentenza gravata, secondo l’appellante, avrebbe omesso di considerare che l’art. 6, comma 1, della L.R. 39/1999 attribuisce in via esclusiva alla Giunta regionale il compito di stabilire “i criteri di valutazione delle domande e le misure percentuali dei contributi, nonché le procedure di concessione nell’ambito di quelle previste dal d. lgs. 31 marzo 1998, n. 123”.
24.2. In base a tale assunto nell’Avviso Pubblico avrebbero dovuto essere definiti, in maniera esaustiva ed oggettiva, come prevede anche l’art. 5, comma 2, del d. lgs. 123/1998, tutti i criteri di priorità e di preferenza nella valutazione dei progetti, identici per tutti i concorrenti, ma così non è stato, poiché la lacuna contenuta nell’Avviso Pubblico avrebbe provocato un’abnorme proliferazione di differenti parametri valutativi, introdotti – a volte anche in maniera asseritamente arbitraria – dalle singole Province e causando, quindi, una illegittima eterointegrazione della lex specialis ad opera di queste ultime.
24.3. La disomogeneità dei criteri di preferenza, differenti a seconda del territorio provinciale in cui ricade l’impianto oggetto di investimento, sarebbe causa e sintomo di irrazionalità e di illogicità nel modus operandi dell’Amministrazione, rivelando, una volta di più, la violazione dei basilari principi operanti in materia concorsuale e di par condicio competitorum.
25. Anche questa seconda deve essere respinta.
25.1. La disposizione dell’art. 6 della L.R. 39/1999, invocata dall’appellante, ha trovato regolare applicazione nel caso di specie, poiché è stata proprio la Giunta Regionale a fissare i criteri di valutazione delle domande.
25.2. L’art. 8 dell’Avviso Pubblico, infatti, ripartiva tra Regione e Province la procedura di valutazione delle domande di ammissione dei contributi, demandano alla Regione la ponderazione dei requisiti a) e b) (e, cioè, “requisiti oggettivi posseduti dalle imprese” e “caratteristiche intrinseche del prodotto”) e alle Province il requisito c) (ovvero “ricaduta sul tessuto economico sociale del territorio”).
25.3. La stessa Giunta Regionale, inoltre, aveva stabilito che le Province predeterminassero, con atto motivato da trasmettersi alla Regione, i punteggi da attribuire a ciascuno dei suddetti elementi caratterizzanti il requisito c) e che, all’esito della valutazione, ciascun progetto venisse inserito in una sottograduatoria per fasce, con l’ulteriore previsione che “a ciascuna fascia dovrà essere ricondotto 1/6 del totale dei progetti trasmessi alla singola provincia”.
25.4. La Giunta, pertanto, non si è affatto spogliata del potere di disporre in merito alla “metodologia” di inserimento delle domande nella “graduatoria intersettoriale”, come erroneamente afferma il Consorzio appellante, limitandosi a delegarne l’individuazione alle singole Province.
25.5. L’Avviso Pubblico è chiaro, al contrario di quanto assume l’appellante, nello stabilire che ciascuna Provincia avrebbe dovuto definire tale “metodologia” nel rispetto dei sottocriteri, dei limiti di punteggio e del relativo sistema di attribuzione “a sei fasce” definiti in sede regionale (art. 8, cap. III) e che la singole “graduatorie settoriali”, formate anche sulla base dei punteggi assegnati da ciascuna Provincia, sarebbero state soggette all’approvazione della sola Giunta Regionale.
25.6. Inoltre l’Avviso Pubblico consentiva sin dall’inizio ai richiedenti di conoscere i criteri di valutazione delle domande, i punteggi assegnati a ciascuno di essi e i criteri di relativo computo.
25.7. Le Province, a loro volta, avrebbero provveduto a comunicare alla Regione i criteri, ma avrebbero dovuto anche, secondo le previsioni dell’Avviso Pubblico (art. 8, cpv. III), a comunicarli alla Regione, per la necessaria approvazione, e a renderli disponibili agli interessati prima dell’inizio della fase istruttoria del procedimento.
25.8. Nel caso di specie i “parametri di ponderazione” e la relativa “metodologia” sono stati legittimamente adottati dalla Provincia di Ravenna con le impugnate delibere di Giunta provinciale 22.7.2002, n. 1352, pubblicata il 27.8.2002, e 18.9.2002, n. 575, immediatamente esecutiva, entrambe adottate decine di giorni prima del termine di scadenza del termine ultimo previsto per il deposito delle domande di contributo del 28.10.2002 e addirittura un mese prima del deposito della domanda da parte del Consorzio appellante.
25.9. È dunque evidente che non vi sia stata alcuna violazione dell’art. 6 della L.R. 39/199 né dell’art. 5 del d. lgs. 223/1998 né si riscontra alcuna carenza, illogicità o contraddittorietà nella motivazione dei provvedimenti impugnati.
Il secondo motivo di censura, quindi, deve essere anch’esso disatteso.
26. Con il terzo motivo di censura, infine, il Consorzio appellante ha dedotto, più nello specifico, l’error in iudicando per la violazione o l’errata applicazione del punto c) dell’Avviso Pubblico, l’eccesso di potere per irrazionalità ed illogicità manifesta del criterio “d” introdotto dalla deliberazione della Giunta della Provincia di Ravenna n. 575 del 18.9.2002, nonché l’eccesso di potere sotto la forma dello straripamento.
26.1. Il Consorzio censura l’impugnata decisione nella parte in cui essa, a suo avviso, non avrebbe considerato minimamente che il criterio-parametro introdotto dalla Provincia di Ravenna con la lettera “D” fa espresso riferimento a quanto previsto “al punto 8, lett. c), paragrafi 6 e 7 dell’allegato alla deliberazione di Giunta Regionale n. 1352 del 22/07/2002”.
26.2. Tale disposizione, sottolinea l’appellante, ha la funzione di risolvere la situazione di stallo che si verificherebbe in caso di parità di punteggio nelle singole graduatorie settoriali, postulando, sì, una posizione di parità, ma distintamente in singoli settori.
26.3. Utilizzare invece siffatti criteri in un contesto intersettoriale, come ha fatto la Provincia, sarebbe illogico e irragionevole, perché in alcuni settori le produzioni biologiche sono ampiamente diffuse, come nell’ortofrutticolo o nelle piante foraggiere, mentre in altri sono estremamente rare, come nel cerealicolo e nel viniviticolo.
26.4. Sarebbe inoltre matematicamente impossibile applicare il criterio delle iniziative dedicate a produzioni “Denominazione di Origine riconosciuta ai sensi dei Regg. (CEE) nn. 2081/92 e 2982/92 e della l. 164/1992 sulla denominazione dei vini a tutti i settori coinvolti nella produzione concorsuale, posto che non esisterebbe una Denominazione di Origine per i cereali, ma neppure per le foraggere e per la frutta.
26.5. L’appellante ne conclude che un criterio non applicabile a priori trasversalmente a tutte le tipologie di progetti pervenuti alla Provincia non può certamente essere ritenuto ammissibile al fine di determinare le sorti circa l’ammissione a finanziamento di beneficiari che operano in settori differenti, poiché alcuni criteri sono inapplicabili al settore cerealicolo (ad esempio, il criterio della Denominazione di Origine riconosciuta), mentre altri discriminerebbero un settore rispetto ad un altro (ad esempio, il criterio delle produzioni biologiche).
26.6. La Provincia, applicando tali criteri, avrebbe inoltre travalicato i limiti delle competenze assegnatele, valutando indebitamente profili di competenza regionale che nulla avrebbero a che fare con la ricaduta del progetto sul tessuto economico e sociale del territorio ravennate.
26.7. A dimostrazione di tale errore, ammesso per facta concludentia dalla Provincia stessa, starebbe il fatto, secondo l’appellante, che per una di poco successiva procedura concorsuale, bandita dalla Giunta della Regione Emilia Romagna con deliberazione n. 2639/2003, avente ad oggetto ulteriori finanziamenti relativi ad interventi da realizzare nel settore agroindustriale, e nella conseguente Deliberazione di Giunta n. 11, adottata il 16.1.2004 e attuativa dell’art. 8, lett. c), dell’Avviso Pubblico inerente a tale procedura, la Provincia, quasi ad accogliere ex post le censure sollevate dal Consorzio nella procedura di cui è controversia, avrebbe eliminato i criteri di preferenza oggetto di censura nella deliberazione qui impugnata, come si evincerebbe dalla tabella comparativa riportata a p. 18 del ricorso in appello.
28. Anche tale motivo, nelle sue complesse articolazioni argomentative, non merita condivisione da parte del Collegio.
28.1. A confutazione dei suoi infondati assunti occorre rilevare, anzitutto, che la Provincia di Ravenna, con la deliberazione 18.9.2002, n. 575, ha stabilito di utilizzare i medesimi criteri previsti dall’Avviso per risolvere le situazioni di parità nell’ambito delle graduatorie settoriali definitive, di cui al punto 8, lett. c), paragradi 6 e 7, della delibera regionale 22.7.2002, n. 1352, ma ciò ha fatto sulla base di una scelta consapevole e ben ponderata, rispettosa dei parametri normativa in materia, e dunque per nulla illogica e discriminatoria.
28.2. I criteri di priorità prescelti dalla Provincia sono costituiti, infatti, dalle iniziative promosse da soggetti che non hanno beneficiato di altri finanziamenti e dalle iniziative dedicate a produzioni biologiche.
28.3. Non può seriamente contestarsi che entrambi i profili siano applicabili a tutti i settori agricoli: cerealicolo, vitivinicolo, caseario, ortofrutticolo, etc.
28.4. Come ha correttamente rilevato il giudice di prime cure, infatti, la volontà di favorire le produzioni biologiche non è affatto eccentrica rispetto alle finalità perseguite dalla normativa di settore e, in particolare, proprio dalla più volte citata L.R. 39/1999, il cui art. 5, comma 2, accorda preferenza agli interventi che prevedano, letteralmente, “l’adozione di metodi di produzione biologici e di processi produttivi finalizzati alla sicurezza degli alimenti, al rispetto dell’ambiente e della salute dei consumatori”.
28.5. Non corrisponde al vero, peraltro, l’assunto che le produzioni biologiche siano ampiamente diffuse solo in alcuni settori, quali l’ortofrutticolo e le piante foraggere, mentre sarebbero estremamente rare nel cerealicolo e nel vitivinicolo.
28.6. I dati forniti dalla Provincia di Ravenna e, in particolare, il “Rapporto sull’agricoltura biologica in Emilia Romagna nel 2007”, prodotti in primo grado (doc. 14, p. 6) e non smentiti in alcun modo dall’appellante, stanno a dimostrare l’esatto contrario, se è vero quanto vi si legge e, cioè, che le superfici coltivate a cereali rappresentano ben il 13% del totale della superficie c.d. “a biologico” della Regione, numero, invero, non irrilevante né esiguo.
28.7. Improprio e fuorviante, infine, è anche il riferimento comparativo dell’appellante alla delibera di Giunta Regionale n. 2639/2003, estranea alla materia della quale si controverte.
28.8. La delibera n. 11/2004 della Provincia di Ravenna, che ha dato attuazione ai criteri di selezione per la procedura volta al “Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli”, ha un ambito del tutto diverso da quello in esame, che concerne “lo sviluppo dei sistemi agroalimentari”, sicché ben si comprende, non ravvisandosi alcuna contraddizione tra le due diverse griglie di criteri, che nella prima procedura la questione delle produzioni biologiche non abbia costituito un elemento di priorità a differenza che nella prima.
28.9. Anche il terzo motivo di appello, quindi, va respinto.
29. Conseguentemente deve essere rigettato anche il motivo con il quale l’appellante, senza fondamento, ripropone la domanda risarcitoria quale conseguenza della ritenuta illegittimità degli atti impugnati in prime cure, che deve invece escludersi, come ha ben ritenuto la sentenza impugnata.
30. L’appello, in conclusione, va respinto.
31. Attesa la complessità tecnica della materia, disciplinata da un quadro normativo di non facile decodificazione, sussistono comunque le gravi ragioni, di cui all’art. 26 c.p.a. e all’art. 92, comma secondo, c.p.c., per compensare interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2013

Redazione