Giudizio di ottemperanza: il giudicato che vincola l’amministrazione non si desume soltanto dal tenore del dispositivo della pronuncia, ma deve trarsi anche dalla parte motiva della sentenza (Cons. Stato n. 2260/2013)

Redazione 23/04/13
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FATTO

1. , Con sentenza del TAR per la Campania 30 aprile 2010 n. 2240, è stato accolto il ricorso della signora **********, titolare della rivendita di tabacchi n. 39 con sede in Pozzuoli via Artico 189, per l’annullamento del provvedimento 9 luglio 2008 n. 11374, con il quale l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato aveva autorizzato a trasferire la rivendita di tabacchi n. 24, gestita dal sig. *************, da via Artico 92 a via Artico n. 151, sempre in Pozzuoli.

Con atto notificato il 21 settembre 2011 la sig.ra P. ha proposto ricorso per l’ottmperanza alla detta sentenza n. 2240 del 2011.

Con provvedimento in data 10 ottobre 2011, n. 5381 l’Amministrazione ha autorizzato nuovamente il trasferimento della rivendita n. 24, di cui, frattanto, era divenuta titolare la signora ***************.

Con la sentenza n. 4658/2012, il TAR per la Campania ha accolto il detto ricorso per l’ottemperanza e, per l’effetto: 1) ha dichiarato la nullità del provvedimento n. 53818 del 10 ottobre 2011 dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, recante la nuova autorizzazione al trasferimento della rivendita di tabacchi n. 24 – Ricevitoria Lotto n. 1078 in Pozzuoli, alla via Artiaco, n. 151; 2) ha respinto la domanda avanzata dall’odierna appellata di fissazione di una somma ex art. 114, comma 2, lett. e), c.p.a.; 3) ha condannato l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli dello Stato a rifondere a ********** le spese del giudizio, liquidate in euro 1.000,00, oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., come per legge.

2. Con appello del 6 febbraio 2013 la *********************, ha impugnato la citata sentenza n. 4658 del 2012 del TAR per la Campania

A sostegno dell’odierno gravame l’appellante ha dedotto i seguenti motivi: a) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.a., difetto di motivazione, erroneità del presupposto, violazione del procedimento, error in judicando; b) violazione e falsa applicazione del d.lgs. 104/2010, difetto di motivazione, erroneità del presupposto, violazione del procedimento, error in judicando, violazione e falsa applicazione dell’art. 21 septies, l. 241/90.

3. Con memoria del 14 marzo 2013 si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sostenendo la validità del provvedimento dichiarato nullo dal primo giudice.

4. Con memoria di costituzione del 21 marzo 2013 si è costituita in giudizio la *****************, chiedendo la conferma della sentenza appellata, salvo per la parte in cui ha respinto la domanda avanzata dall’odierna appellata di fissazione di una somma ex art. 114, comma 2, lett. e), c.p.a..

5. Alla camera di consiglio del 26 marzo 2013 la causa veniva rimessa in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e merita di essere accolto.

1.1. La verifica della rispondenza dell’attività dell’amministrazione successiva al giudicato amministrativo deve essere compiuta sulla scorta dell’esatta regula juris che la pronuncia del TAR per la Campania ha enunciato in merito alla fattispecie sottoposta alla sua cognizione. Com’è oramai acquisito a seguito della cospicua elaborazione giurisprudenziale, il giudicato che vincola l’amministrazione non si desume soltanto dal tenore del dispositivo della pronuncia, ma deve trarsi anche dalla parte motiva della sentenza. Da ciò deriva che non tutte le pronunce di annullamento hanno portata autoesecutiva nel senso che non necessitano di un ulteriore intervento da parte del giudice dell’ottemperanza. La questione è già stata scandagliata da Cons. St., Ad. Plen., 4 dicembre 1998, n. 8, che ha chiarito come la necessità di un intervento da parte del giudice dell’ottemperanza si rende necessaria quando la sentenza resa nel giudizio di cognizione non è di per sé in grado di adeguare la realtà giuridica e materiale al giudicato. Ossia quando non v’è necessità di alcuna ulteriore attività amministrativa per rendere attuale il deciso. L’effetto conformativo che produce il giudicato attraverso la lettura combinata del dispositivo e della motivazione della sentenza passata in giudicato, vincola la riedizione del potere amministrativo, tracciando i confini all’intermo dei quali la successiva attività amministrativa può muoversi senza contrastare con la regola di diritto, prodotto del giudice di cognizione. Allo stesso tempo in sede di ottemperanza si realizza un giudizio composito che non tende soltanto alla mera esecuzione della pronuncia pregressa, ma presenta connotati tipici del giudizio di cognizione in omaggio al principio di effettività della tutela giurisdizionale (Cons. St., Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2). In questo senso si può affermare che, se il giudizio di ottemperanza presuppone la presenza di una pronuncia resa in sede di cognizione, l’accertamento in essa compiuto rappresenta solo la base di partenza dalla quale il giudice dell’ottemperanza deve muoversi per colmare ulteriormente quella richiesta di giustizia che all’indomani della sentenza eseguenda sarebbe rimasta inevasa a giudizio del ricorrente. Il giudizio di ottemperanza, quindi, si connota nel senso di circoscrivere ulteriormente l’esercizio del potere amministrativo, sulla scorta delle ulteriori censure che la parte vittoriosa nel giudizio di cognizione sottopone al giudice dell’ottemperanza. Pertanto, “la giurisdizione di ottemperanza è il mezzo attraverso il quale deve essere assicurato, grazie all’intervento del giudice, il pieno compimento di quell’attività che la p.a. avrebbe dovuto svolgere conformandosi al precedente giudicato, ed è intuitivo che essa non possa spingersi sino ad esiti che neppure all’agire spontaneo della medesima p.a. sarebbero più ormai consentiti” (Cass., Sez. Un., 9 novembre 2011, n. 23302). A tal fine, all’indomani dell’entrata in vigore della novella del 2005 alla l. 241/90 con l’introduzione dell’art. 21-septies e del c.p.a., il giudice dell’ottemperanza ha tra gli strumenti a sua disposizione anche la pronuncia dichiarativa della nullità degli atti amministrativi violativi o elusivi del giudicato.

1.2. Le conclusioni alle quali giunge la sentenza oggetto di gravame sono che l’amministrazione nella riedizione del potere ha “…violato il dictum giudiziale quanto all’accertamento della natura del trasferimento”. Questa affermazione va parametrata rispetto alla definizione che la giurisprudenza di questo Consiglio ha offerto circa la violazione del giudicato distinguendola della elusione del giudicato. Così, Cons. St., Sez. IV, 4 marzo 2011, n. 1415, ha chiarito che: “In tema di giustizia amministrativa, l’elusione del giudicato configura un fenomeno diverso dall’aperta violazione del decisum, sussistendo in quei casi in cui l’Amministrazione, piuttosto che riesercitare la propria potestà discrezionale in conclamato contrasto con il contenuto precettivo del giudicato amministrativo, cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che la giustificano”.

Nella fattispecie la pronuncia del TAR per la Campania n. 2240/2010, divenuta cosa giudicata, ha posto due regole alle quali la successiva attività amministrativa era tenuta a conformarsi: 1) la necessità di procedere all’accertamento della conformità dell’immobile all’interno del quale deve essere trasferita la rivendita di tabacchi e ricevitoria del lotto dell’odierna appellante al regime edilizio; 2) la lacunosità dell’istruttoria in ordine all’accertamento della natura del trasferimento, vale a dire se in zona o fuori zona, il quale ultimo richiede la verifica del mutamento dell’area di influenza commerciale della rivendita, “con forte incidenza o scavalcamento di quella di pertinenza di altri esercizi”. Queste regole è opportuno ricordare sono state declinate in relazione all’impugnazione del provvedimento di autorizzazione al trasferimento della rivendita di tabacchi n. 24 nel locale sito in Pozzuoli alla via Artiaco n. 151, del parere positivo della FIT, della nota della guardia di finanza n. 4059/932 del 28.4.2008 e di ogni altro atto preordinato, connesso e/o conseguente, ma non della disciplina contenuta in materia di trasferimenti delle rivendite ordinarie contenuta nella circolare ministeriale 04/63406 del 2001 titolo III). Il giudicato che, come sopra ribadito, si forma dalla lettura congiunta del dispositivo e della parte motiva della decisione, riguarda, quindi, l’esercizio del potere posto in essere dall’amministrazione resistente nella singola fattispecie mercé l’adozione del provvedimento autorizzativo. Pertanto, il potere amministrativo deve essere rieditato tenendo in considerazione non solo la disciplina desumibile dal giudicato amministrativo, ma anche quelle regole giuridiche che, se non toccate dalla pronuncia di cognizione, continuano a vincolare l’amministrazione nella riedizione del potere.

2. Appare, pertanto, fondata la censura con la quale l’odierno appellante evidenzia il non ricorrere della violazione del giudicato da parte del provvedimento contenuto nella nota del 10 ottobre 2011 prot. 53818, con cui l’amministrazione ha (nuovamente) autorizzato il trasferimento della rivendita n. 24 con annessa ricevitoria, la cui titolare è nelle more del giudizio divenuta Vittoria D. M. avente causa dell’originario controinteressato *************. La normativa operante in materia (circolare ministeriale 04/63406 del 2001), infatti, chiarisce che le istanze di trasferimento sia in zone che fuori zona devono essere sottoposte alla rituale istruttoria secondo le disposizioni di cui alla lettera A) e B) del Titolo I della stessa circolare anche per chiarire se il trasferimento è in zona o fuori zona. Questa istruttoria è tesa ad accertare: 1) il rispetto delle distanze tra le rivendite, che mutano in ragione della popolazione residente nel comune e nella fattispecie ai sensi della lett. A) n. 2 del Titolo I, non può essere inferiore a 250 metri; 2) il rispetto della produttività minima delle tre rivendite più vicine che muta a seconda della popolazione residente nel comune e nella fattispecie ai sensi della lett. B) del Titolo I, non può essere inferiore a £. 40.000.000. Una volta espletata la suddetta istruttoria e chiarito se il trasferimento è in zona o fuori zona, si consente il trasferimento nel primo caso subordinandolo al mero rispetto delle distanze; nel secondo al rispetto delle distanze e della produttività minima.

2.1. Nella fattispecie il potere autorizzativo in capo all’amministrazione ha natura discrezionale e deve contemperare l’interesse pubblico alla più ampia commercializzazione dei generi di monopolio e l’interesse di ciascuna rivendita a vedersi assicurata nella propria zona commerciale di influenza una minima capacità reddituale. Il provvedimento di conferma dell’autorizzazione al trasferimento della rivendita di beni di monopolio opera nel senso di rinnovare l’istruttoria come voluto dalla pronuncia resa in sede di giudicato. Non solo perché, come da atto la pronuncia gravata, rileva la conformità edilizia della struttura, sede delle privative a seguito del permesso in sanatoria rilasciato dal Comune di Pozzuoli in data 6 ottobre 2011, ma anche perché rileva l’ulteriore dato del rispetto dei livelli di produttività della rivendita di cui è titolare l’odierna appellata negli anni 2009 e 2010 (circostanza confermata anche con nota del 15 gennaio 2013, prot. n. 2932 dell’********) ed il rispetto delle distanze considerato che a rivendita rispetto a quella dell’odierna appellata ch è la più vicina delle tre è pari a 900 metri dalla rivendita di cui è stato autorizzato il trasferimento.

3. Non si registra, quindi, violazione del giudicato, perché la regola contenuta nella sentenza deve incastonarsi nella normativa vigente in materia non potendo andare al di là di quello che è il thema decidendumi, cristallizzato nella parte dispositiva della stessa pronuncia. Da qui deriva anche l’irrilevanza del parametro legato alla densità abitativa, che assume influenza solo per i comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti e la possibilità grazie alla parziale rinnovazione dell’istruttoria di rileggere quei dati oggettivi contenuti nei pareri della Guardia di Finanza e della Federazione italiana tabacchi già acquisiti con la precedente istruttoria.

4. La domanda avanzata dall’odierna appellata di fissazione di una somma ex art. 114, comma 2, lett. e), c.p.a., respinta dal primo giudice, non riproposta con appello incidentale, ma con senplice memoria di costituzione, va giudicata inammissibile.

4. La complessità delle questioni in esame giustifica la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello (ricorso n. 1188/2013), e per l’effetto in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado..

Spese compensate dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013

Redazione