Esercizio abusivo della professione di odontoiatra: confermato il sequestro dello studio (Cass. pen. n. 35554/2012)

Redazione 17/09/12
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Svolgimento del processo

1. V.A. è indagato in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 348 c.p., per avere, in qualità di socio accomandatario del Centro odontoiatrico e Protesi dentale s.a.s., in concorso con B.F., direttore sanitario dello Studio dal 30-9- 2011; M.A., direttore sanitario fino al 30-9-2011;

D.G. e Q.P., segretarie e assistenti alla poltrona, eseguito materialmente, pur essendo odontotecnico, prestazioni odontoiatriche presso lo studio dentistico di (omissis). In (omissis) dall’anno (omissis) ed in permanenza attuale.

Per questo reato il Gip del Tribunale di Lodi emetteva in data 17-4- 2012 decreto di sequestro preventivo del predetto Centro odontoiatrico, con le relative apparecchiature elettromedicali, arredi e strumenti sanitari ivi installati.

Il Tribunale di Lodi, in funzione di giudice del riesame, on ordinanza in data 10-5-2012/rigettava la richiesta di dissequestro e restituzione dello studio odontoiatrico in questione.

2. Avverso questa ordinanza il V. ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, deducendo, con il primo e il secondo motivo,che il Tribunale non si è fatto carico delle esigenze di tutela dei diritti dei terzi riscontrabili nel caso di specie, posto che la disponibilità dei locali non fa capo ai V. in quanto odontotecnico – veste nella quale si assume che egli abbia commesso il reato – bensì in quanto amministratore della società di persone (alla quale partecipa anche la moglie) che ha organizzato la legittima attività odontoiatrica ed il relativo studio-azienda, nel quale lavorano medici odontoiatri abilitati, oltre a due impiegate amministrative. Il blocco assoluto dell’attività incide a tempo indefinito su diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto al lavoro e al libero esercizio dell’impresa, in omaggio ad una esigenza di cautela preventiva che non è collegata all’attività dello studio ma soltanto all’attività di odontotecnico del V..

2.1. Anche in ordine al periculum, il Tribunale ha erroneamente trascurato la circostanza che l’addebito è collegato ad un singolo episodio rispetto al quale il comportamento attribuito al V. è stato realizzato in assenza dei medici che operano nella struttura, per cui il vincolo di destinazione necessaria e strutturale dell’azienda alla commissione dei reato non è neppure ipotizzato, tanto più che gli altri professionisti sono regolarmente abilitati a svolgere la professione di odontoiatra e il V. non fa parte dello staff dello studio. Si chiede quindi annullamento dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

3. Il primo motivo è inammissibile per carenza di legittimazione in capo al ricorrente. Il V. infatti, nel caso di specie, fa valere la lesione di interessi facenti capo ad altri soggetti e cioè a coloro che prestavano la loro opera nello studio posto sotto sequestro. Lesione di interessi che solo i titolari sono legittimati a far valere. Nè può obiettarsi che il ricorrente deduce anche la lesione di un interesse che fa capo alla società di cui egli è legale rappresentante, in quanto socio accomandatario. Trattasi infatti di una società in accomandita semplice e pertanto di una società di persone e non di capitali, che non è quindi una persona giuridica. Essa non ha,conseguentemente, una soggettività giuridica autonoma, distinta da quella dei soci, e non è titolare di situazioni giuridiche soggettive proprie, la cui lesione possa essere dedotta in giudizio indipendentemente dalla lesione di situazioni giuridiche soggettive facenti capo ai soci o a terzi. Ne deriva che neanche come socio accomandatario della sas in disamina il V. può considerarsi legittimato a ricorrere.

4. Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso. Occorre infatti tener presente, al riguardo, che il ricorso per cassazione avverso una misura cautelare reale è ammesso dall’art. 325 c.p.p., comma 1, esclusivamente per violazione di legge. Costituisce, al riguardo, ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che nella nozione di “violazione di legge” rientrino la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e), (Sez. Un. 28-1-2004, ********, Cass. pen. 2004, 1913).

4.1. Nel caso di specie. Il Tribunale del riesame ha evidenziato che solo il vincolo sullo studio odontoiatrico conseguente al sequestro, impedendone l’uso al V., garantisce dal pericolo di reiterazione del reato ipotizzato da parte dello stesso. D’altronde – sottolinea il Tribunale – anche due medici odontoiatri, che risultano collaborare con la società del ricorrente, risultano essere iscritti nel registro degli indagati, ipotizzandosi a loro carico un concorso nel reato di cui all’art. 348 c.p., per aver consentito al V. di esercitare abusivamente la professione di medico odontoiatra. Onde anche sotto questo profilo è necessario impedire la libera disponibilità dello studio anche a soggetti diversi dal V..

Come si vede, non ci si trova di fronte ad una motivazione meramente apparente, trattandosi anzi di apparato giustificativo pienamente idoneo a render conto dell’iter logico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.

5. L’inammissibilità delle censure prospettate e quindi del ricorso comporta, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che si stima equo quantificare in Euro mille.

P.Q.M.

La Corte DIC
HIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI E DELLA SOMMA DI EURO 1.000,00 IN FAVORE DELLA CASSA DELLE AMMENDE. Così deciso in Roma, nell’Udienza, il 18 luglio 2012.

Redazione