Non è valida la delibera relativa all’installazione nel vano scale di un ascensore se i condomini senza motivo decidono che il nuovo impianto non raggiunga l’ultimo piano

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Riferimenti normativi: art. 1120 c.c.;

precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12930 del 24/07/2012; Tar Lazio, Sez. 2, Sentenza n. 442 del 18/01/2016

La vicenda

Un condomino impugnava le delibere che avevano previsto l’installazione nel vano scale di un ascensore, ritenendole invalide.

In particolare l’attore, che era proprietario di due appartamenti posti all’ultimo piano del palazzo, considerava le decisioni nulle in quanto i condomini avevano deciso che il nuovo impianto – senza alcun motivo – non raggiungesse l’ultimo piano.

Il Tribunale dava ragione al condomino.

La Corte di Appello, invece, dava ragione al condominio, sottolineando come l’intervento, sebbene non prevedesse di raggiungere l’ultimo piano, era dovuto solo a ragioni di comodità e di incremento del valore degli immobili oltre che per l’opportunità di eliminare ostacoli ad eventuali portatori di handicap; in ogni caso i giudici di secondo grado escludevano che il diritto all’uso dell’ascensore fosse annoverabile tra i diritti individuali inviolabili.

Di conseguenza la Corte d’Appello riteneva che le delibere fossero annullabili e comunque fossero decaduti i trenta giorni per impugnarle.

Inoltre, ad avviso della Corte di Appello, dalle delibere approvate ed impugnate non appariva alcun pregiudizio per l’appellante in quanto esse contenevano solo il conferimento dell’incarico ad un tecnico per la valutazione di fattibilità dell’opera.

La questione

La delibera relativa all’installazione nel vano scale di un ascensore è valida anche se i condomini senza motivo decidono che il nuovo impianto non raggiunga l’ultimo piano?

La soluzione

La Cassazione ha ritenuto errate le motivazioni della Corte d’Appello.

In ambito condominiale, infatti, deve ritenersi nulla la delibera assembleare d’installazione dell’impianto di ascensore, approvata ed adottata nell’interesse comune, allorché essa implichi la violazione dei diritti anche di un solo condomino.

Secondo i giudici supremi è pacifico che il diritto all’utilizzo dell’ascensore possa essere annoverato tra i diritti individuali inviolabili.

In ogni caso la Suprema Corte ha sottolineato che tali delibere che incidono negativamente sul diritto del singolo (proprietario dell’ultimo piano) rispetto all’utilizzo di un bene comune (ascensore), incidono anche sul valore della proprietà esclusiva.

Di conseguenza sono decisioni radicalmente nulle e in quanto tali non soggette ai termini di impugnazione di cui all’art. 1137, ultimo comma, c.c.

La nullità può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque dimostri di avere interesse e, quindi, anche dal condomino che abbia espresso voto favorevole all’adozione delle predette delibere.

Le riflessioni conclusive

Ai sensi dell’art. 1120 c.c., comma 4, devono ritenersi vietate non solo le innovazioni che, sebbene adottate con le maggioranze qualificate di cui all’art. 1136 c.c., compromettano il pari uso e il concorrente diritto degli altri partecipanti nell’utilizzazione della cosa comune, ma anche quelle che pregiudichino la proprietà esclusiva dei singoli condomini.

In ogni caso, in base al Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001), un intervento di rimozione delle barriere architettoniche deve rispondere al criterio di accessibilità, cioè deve consentire, anche alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.

Ne deriva che sono nulle le delibere che siano lesive dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva.

Tale situazione si verifica anche quando il condominio delibera l’installazione di un ascensore ma, con immotivata decisione, esclude dal servizio i condomini all’ultimo piano.

Queste delibere che incidono negativamente sul diritto del singolo (proprietario dell’ultimo piano) rispetto all’utilizzo di un bene comune (ascensore), incidono anche sul valore della proprietà esclusiva e, quindi, sono nulle.

Infatti, sono ritenute “annullabili” quelle decisioni affette da vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritte, affette da vizi formali in ordine al procedimento di convocazione e/o informazione dell’assemblea, affette genericamente da irregolarità nel procedimento di convocazione, mentre sono considerate “nulle” le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito, con oggetto non ricompreso nelle competenze dell’assemblea, incidenti su diritti individuali o sulla proprietà esclusiva di un condomino (Cass. civ., Sez. II, 1/10/2019, n. 24476).

Del resto l’installazione di un ascensore in un caseggiato non può prevedere fermate ad un solo piano, né comportare una riduzione dell’accessibilità agli altri appartamenti ed agli spazi comuni.

Di conseguenza non è legittimo neppure il comportamento del Comune che autorizza l’installazione da parte di un condominio di un ascensore che non comporta un vantaggio in termini di accessibilità per tutti i condomini.

Lo ha chiarito il Tar del Lazio nella sentenza n.442/2016.

Questa vicenda iniziava quando un condominio, al fine di eliminare le barriere architettoniche, presentava al comune una scia con progetto di realizzazione di un impianto ascensore.

Una condomina, dopo l’inizio dei lavori, impugnava la delibera dell’assemblea con cui era stata approvata l’opera e, con segnalazioni ed esposti, richiedeva all’autorità comunale la verifica della legittimità dell’attività oggetto della scia.

Per installare l’ascensore, infatti, bisognava procedere alla demolizione di gradini e della rampa delle scale, interventi che riteneva pericolosi per la statica del caseggiato (un edificio storico) e lesivi dei suoi diritti, sia perché il suo appartamento non sarebbe stato servito dal nuovo impianto (era prevista una fermata solo al terzo piano), sia perché si sarebbe verificata la riduzione di luce e aria nelle scale e dello spazio di accesso all’ingresso dell’abitazione.

Nell’inerzia dell’amministrazione, la stessa condomina ricorreva al Tar, contestando, per le ragioni sopra esposte, precisate in apposita perizia,  l’attività oggetto di scia, ritenuta in contrasto con la disciplina in materia di eliminazione delle barriere architettoniche e con la normativa antisismica, antincendio e di prevenzione degli infortuni.

Il condominio si difendeva sottolineando la legittimità della delibera assembleare, la mancanza di rischi per la stabilità del caseggiato, l’inapplicabilità  della disciplina sulle barriere architettoniche (ritenuta applicabile soltanto per le nuove costruzioni e per la ristrutturazione degli edifici preesistenti).

Il Tar, però, ha dato ragione alla condomina, osservando in via preliminare come per lavori in questione sia sempre necessaria la preventiva acquisizione dell’istanza da parte dell’amministratore pro tempore, accompagnata dalla delibera assembleare di approvazione delle opere.

Ma soprattutto i giudici amministrativi hanno osservato che, sebbene nel caso in questione la normativa riguardante l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati non sia direttamente applicabile (riguarda costruzione di nuovi edifici privati o ristrutturazione di edifici preesistenti), risulta comunque ragionevole applicare i principi desumibili dalle suddette disposizioni normative volti a tutelare l’accessibilità degli edifici che deve essere garantita a tutta la collettività condominiale.

Di conseguenza l’installazione di un ascensore in un caseggiato non può prevedere fermate ad un solo piano, né escludere dal servizio  – senza alcun motivo – i proprietari degli appartamenti all’ultimo piano.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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