Corte di Cassazione Civile sez. III 23/1/2009 n. 1680; Pres. Filadoro C.

Redazione 23/01/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 16 – 28 luglio 2003 la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione del locale Tribunale del 14 dicembre 2001, che aveva rigettato la domanda di M.G., intesa ad ottenere dal Comune di Roma il risarcimento dei danni conseguenti ad un incidente stradale.

Nell’atto introduttivo del giudizio il M. esponeva che la notte del 6 giugno 1991, alla guida della propria ***** 50, percorreva in (omissis) con direzione (omissis).

Giunto all’altezza di via (omissis), nel tratto in cui la carreggiata si articola in due livelli, nell’imboccare la semicarreggiata di sinistra, urtava contro il cordolo di marmo che funge da spartitraffico con l’altra semicarreggiata – che non era adeguatamente segnalata – cadendo rovinosamente a terra e procurandosi serie lesioni.

Chiedeva, pertanto, la condanna del Comune di Roma al risarcimento dei danni.

Il Comune di Roma, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda e l’autorizzazione a chiamare in causa la impresa R.R., incaricata della manutenzione di quel tratto di strada pubblica.

La società R. interveniva in giudizio, chiedendo il rigetto di ogni domanda nei suoi confronti.

Con sentenza 14 dicembre 2001, il Tribunale rigettava la domanda del M. per mancanza di nesso eziologico tra la dedotta omissione dell’Amministrazione comunale (presegnalamento orizzontale della biforcazione della strada in due semicarreggiate) e l’evento lesivo occorso.

La Corte d’Appello di Roma ha confermato tale decisione, compensando le spese tra tutte le parti.

Avverso tale decisione il M. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da un unico motivo.

Resistono con distinti controricorsi il Comune di Roma e la impresa M..

Con successivo provvedimento, il Presidente ha designato se stesso per la redazione della sentenza, in sostituzione del consigliere relatore, *****************.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2051 e 2697 c.c., rilevando che la Corte territoriale aveva rigettato l’appello per due ordini di motivi:

– perchè l’omessa apposizione della segnaletica orizzontale da parte dell’Amministrazione comunale – come già ritenuto dal primo giudice – non aveva costituito una concausa materiale dell’evento dannoso;

– perchè le risultanze processuali consentivano di escludere che le condizioni della strada (in particolare la presenza del muretto spartitraffico) fossero tali da costituire insidia o trabocchetto.

La motivazione adottata, ad avviso del ricorrente, si porrebbe in aperto contrasto con la giurisprudenza in materia di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia (art. 2051 c.c.).

Secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, l’assolvimento dell’onere della prova liberatoria a carico dell’ente deve spingersi sino alla dimostrazione dell’espletamento di tutta le normale vigilanza e manutenzione esigibile, in relazione alla specificità della cosa custodita.

In effetti, nessuna prova di questo genere era stata fornita dal Comune di Roma.

Il ricorso è inammissibile.

Sin dall’atto introduttivo del giudizio, l’attuale ricorrente ha prospettato unicamente la violazione dell’art. 2043 c.c., sotto il profilo della mancata eliminazione – da parte del Comune – di una situazione di grave pericolo occulto (costituente insidia o trabocchetto), individuata in uno spartitraffico non segnalato installato tra le due semicarreggiate nel (omissis), all’altezza di via (omissis).

Solo con l’atto di appello il M. aveva per la prima volta dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., vale a dire la responsabilità presunta da cosa in custodia. Tutto il ricorso del M. si basa su una decisione di questa Corte (Cass. 1 ottobre 2004 n. 19653) la quale ha decretato il superamento definitivo della concezione della inapplicabilità della responsabilità per custodia alla Pubblica Amministrazione con l’affermazione del principio che in relazione a situazioni pericolose connesse alla struttura del bene, l’assolvimento dell’onere della prova deve spingersi alla dimostrazione dell’espletamento, da parte dell’ente, di tutta la normale vigilanza e manutenzione, esigibile in relazione alla specificità della cosa.

In realtà, la decisione di questa Corte, ora richiamata, richiede innanzi tutto che il danneggiato dia la dimostrazione, non solo dell’evento dannoso, ma anche della esistenza del nesso eziologico tra la cosa e l’evento suddetto.

Tra l’altro, l’esistenza di tale nesso eziologico è stata esclusa, alla radice, nella sentenza di appello.

La sentenza impugnata contiene, infatti, due accertamenti:

– il primo, secondo il quale il punto di separazione tra le due semicarreggiate era stato ampiamente superato dal M., che dunque aveva visto e oltrepassato l’ostacolo (il muretto di separazione) la cui mancata segnalazione era addebitata dall’attore alla Amministrazione Comunale;

– il secondo, per cui il manufatto spartitraffico – consistente in un vero e proprio muretto – era perfettamente visibile, sia per le sue dimensioni, sia per il colore, che per lo scarso traffico esistente al momento dell’incidente (1,45 di notte). La strada, nel punto in cui si era verificata la caduta del giovane motociclista, era risultata – dagli accertamenti compiuti subito dopo l’incidente – bene asfaltata, rettilinea, pianeggiante, asciutta ed in buono stato di manutenzione.

Secondo i giudici di appello, le condizioni della strada non costituivano una vera e propria "insidia" nel senso indicato dalla giurisprudenza, mancando entrambi gli elementi, quello oggettivo, della "invisibilità" e quello soggettivo della "imprevedibilità".

La Corte territoriale, sulla base di tali premesse, ha motivatamente escluso alla radice non solo la presenza di una insidia o trabocchetto, ma addirittura il nesso di causalità tra la presenza dello spartitraffico e il verificarsi dell’incidente, in quanto avvenuto a notevole distanza da esso.

Una volta esclusa, tuttavia, la esistenza del nesso di causalità tra la situazione denunciata (nel caso di specie: per la presenza del muretto spartitraffico e la mancanza di apposita segnaletica da parte della P.A.) e l’evento dannoso, viene meno anche il presupposto di ogni tipo di responsabilità (sia sotto il profilo generale dell’art. 2043 c.c., che sotto il diverso profilo dell’art. 2051 c.c., per la responsabilità da cose in custodia).

In tema di danno cagionato da cose in custodia, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere (Cass. 8 ottobre 2008 n. 24804) che – per l’affermazione di responsabilità del custode – è assolutamente indispensabile che sia accertata la sussistenza di un nesso di causalità tra la cosa ed il danno patito dal terzo, dovendo, a tal fine, ricorrere la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell’evento, nel senso che quest’ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso, e che l’antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l’evento (Conf. Cass. 6 aprile 2006 n. 8106, secondo la quale non sussiste responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., per le cose in custodia, qualora il danneggiato si astenga dal fornire qualsiasi prova circa la dinamica dell’incidente e il nesso eziologico tra il danno e la cosa, Conf. Cass. 20 febbraio 2006 n. 3651, 17 giugno 2001 n, 6767).

L’accertamento della esistenza (o inesistenza) del nesso causale tra il fatto illecito e l’evento dannoso rientra tra i compiti del giudice del merito ed è sottratto al sindacato di legittimità della Suprema Corte, la quale, nei limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è legittimata al solo controllo sull’idoneità delle ragioni addotte dal giudice del merito a fondamento della propria decisione.

Ad avviso del Collegio, tale rilievo appare assorbente anche in ordine alla questione della ammissibilità di una domanda ex art. 2051 c.c., proposta per la prima volta in sede di appello, in luogo di quella avanzata in primo grado – avente ad oggetto la responsabilità per fatto illecito, ai sensi dell’art. 2043 c.c.: domanda ritenuta inammissibile da questa Corte solo nel caso in cui essa implichi l’accertamento di fatti – in tutto o in parte – nuovi, rispetto a quelli allegati e provati nel primo giudizio (Cass. 22 febbraio 4591).

In ordine a tale questione, è appena il caso di ricordarlo in questa sede, le Sezioni Unite di questa stessa Corte, in un caso in cui la nuova domanda ex art. 2051 c.c., risultava formulata per la prima volta davanti al giudice di legittimità hanno osservato che: "Il danneggiato da un incidente stradale, che nei gradi di merito abbia dedotto la responsabilità dell’ente proprietario della strada sotto il profilo della mancata eliminazione di una situazione di pericolo occulto (cosiddetta insidia o trabocchetto), non può dedurre per la prima volta in sede di legittimità la questione della responsabilità dello stesso a norma dell’art. 2051 c.c., trattandosi di norma che implica, sul piano eziologico e probatorio, nuovi e diversi accertamenti, inammissibili in sede di legittimità". (Cass. S.U., 7 agosto 2001 n. 10893, cfr. Cass. 20 settembre 2006 n. 20328).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di questo giudizio tra tutte le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di questo giudizio.

Redazione