Corte di Cassazione Civile sez. III 22/8/2007 n. 17844; Pres. Varrone M., Est. Scarano L. A.

Redazione 22/08/07
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Svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato il 28/5/1993 la sig.ra G.F. conveniva il Comune di Augusta avanti al Tribunale di Siracusa per ivi sentirlo condannare al pagamento della somma di L. 41.040.000 a titolo di canoni non corrisposti in relazione a contratti stipulati in data 12/5/1987 con i quali aveva al medesimo concesso in locazione gli immobili siti nella locale via (OMISSIS) angolo (OMISSIS), da adibirsi l’uno a scuola elementare e l’altro a scuola materna (verso il canone, rispettivamente, di L. 1.920.000 e di L. 1.500.000 mensili), per aver smesso di pagare i canoni in ragione del relativo danneggiamento a seguito del sisma del dicembre 1990.

Nella resistenza dell’Amministrazione convenuta l’adito giudice condannava quest’ultima al pagamento dei canoni per l’ammontare di L. 41.040.000, oltre ad interessi e spese di lite.

Ritenendo ricorrere nel caso un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta totale e definitiva della prestazione, con conseguente scioglimento ipso iure del contratto ed esonero del conduttore dall’obbligo di versamento dei canoni, atteso che – non potendo "in alcun modo utilizzare l’immobile tra il momento in cui il terremoto si era verificato ed il momento in cui, valutando non più utile la prosecuzione del rapporto", aveva rilasciato gli immobili locati, dei quali era stato d’altro canto dalla P.A. disposto lo "sgombero immediato" in ragione del "rischio che ne derivava alla incolumità degli occupanti"-, la Corte d’Appello di Catania riteneva il Comune invero non tenuto a corrispondere il canone di locazione, e in parziale riforma della decisione impugnata dal Comune di Augusta con sentenza del 14/2/2002 rigettava la domanda di pagamento dei canoni non corrisposti, condannando l’originaria attrice G. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Avverso la suindicata sentenza della corte di merito la G. propone ora ricorso per cassazione, sulla base di unico motivo.

Resiste con controricorso il Comune di *******.

Motivi della decisione

Con unico motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1591 c.c..

Lamenta essere stata dalla corte di merito erroneamente disattesa la domanda di risarcimento del danno da ritardata restituzione dell’immobile.

Si duole dell’"assai poco convincente" motivazione al riguardo da parte della corte di merito, che "invertendo l’onere della prova, pretende dalla locatrice la prova di non avere potuto utilizzare i locali detenuti dal Comune di Augusta e non riconsegnati", mentre ai sensi dell’art. 1591 c.c., il conduttore è comunque tenuto a corrispondere al locatore il canone convenuto fino alla riconsegna, salvo il risarcimento del maggior danno.

Lamenta che, scioltisi incontestatamente ipso iure i contratti di locazione de quibus al verificarsi del sisma, è stato invero ingiustamente disatteso il suo diritto a conseguire il risarcimento del danno da ingiustificata ritardata restituzione dei medesimi ex art. 1591 c.c. essendo stati i locali liberati sin dal febbraio 1991, giusta il relativo verbale di riconsegna, sicchè gli stessi sono stati indebitamente sottratti alla sua disponibilità laddove, seppure inutilizzabili per l’uso contrattuale convenuto, essi erano "certamente ripristinabili indipendentemente dal resto dell’edificio".

Il motivo è infondato.

Va anzitutto posto in rilievo come, diversamente che in occasione di altri eventi del genere, non risulta in relazione all’evento sismico de quo emanata una specifica disciplina legislativa volta a regolare (anche) le vicende dei contratti di locazione aventi ad oggetto gli immobili rimasti conseguentemente lesionati.

Nè può d’altro canto farsi nel caso applicazione di quanto disposto in particolare dal D.L. n. 333 del 1981, conv. in L. n. 456 del 1981, in tema di provvidenze in favore delle popolazioni colpite dal terremoto del 1980 secondo cui, fermo restando quanto previsto dal D.L. n. 776 del 1980, art. 4 ter "il locatario di immobili dichiarati inagibili è esentato dal pagamento del canone fino al collaudo dei lavori che consentano l’agibilità e l’abitabilità degli immobili medesimi", durante il periodo di esecuzione dei lavori, e sino alla dichiarazione di agibilità e di abitabilità dell’immobile, le parti sono esentate per legge dalle reciproche obbligazioni (art. 5 quater), sicchè il relativo mancato adempimento non depone per la tacita risoluzione consensuale della locazione (v. Cass., 10/6/2005, n. 12319), come pure della disciplina di cui al D.Lgs. n. 76 del 1990, art. 17, dettato per gli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1982 e del marzo 1982 per le regioni Basilicata, Campania e Calabria secondo cui "1. Il locatario di immobili dichiarati inagibili, per i quali occorrono opere urgenti di riattuazione, ha diritto a conservare il rapporto locatizio anche se è costretto ad allontanarsi temporaneamente dall’alloggio ed è esentato dal pagamento del canone fino al collaudo dei lavori che consentano l’agibilità e l’abitabilità degli immobili medesimi".

Trattasi infatti di leggi speciali, e alla relativa applicazione analogica osta il divieto di cui all’art. 14 preleggi.

Nel caso, attesa la situazione determinatasi in conseguenza del sinistro di impossibilità di godere gli immobili locati e di utilizzarli per l’uso (scuola pubblica) cui gli stessi erano adibiti, tanto da essere conseguentemente oggetto di ordinanze sindacali di sgombero e di inagibilità, è invero la disciplina generale in tema di estinzione del rapporto contrattuale per sopravvenuta impossibilità della prestazione non imputabile alle parti ex art. 1463 ss. c.c. (cfr. Cass., 16/2/2006, n. 3440; Cass., 9/6/2003, n. 9199) a venire in considerazione, quale rimedio all’alterazione del ed, sinallagma funzionale che rende irrealizzabile la causa concreta (v. Cass., 25/5/2007, n. 12235), comportante l’automatica risoluzione ex lege del contratto, con liberazione del debitore dall’obbligazione divenuta impossibile che nello stesso trovava fonte.

L’estinzione dei rapporti locatizi in argomento costituisce questione del resto ormai coperta dal giudicato, atteso che la declaratoria di scioglimento ipso iure dei medesimi ex art. 1463 c.c. contemplata nella decisione della corte di merito è rimasta invero priva di impugnazione.

Dall’estinzione dei contratti di locazione de quibus per impossibilità sopravvenuta del godimento degli immobili discende il conseguente esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni.

In particolare, all’impossibilità di godimento ed utilizzazione degli immobili in questione corrisponde la cessazione per il conduttore dell’obbligazione di pagamento del canone (cfr. Cass., 30/1/2006, n. 1980; Cass., 25/8/2003, n. 12439; Cass., 9/6/2003, n. 9199; Cass., 2/4/2001, n. 4799).

Lo scioglimento del rapporto rende peraltro attuale l’obbligazione di riconsegna dell’immobile oggetto di locazione, in base ai principi generali, all’esito della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione per le restituzioni si applicano le norme relative alla ripetizione dell’indebito (art. 1463 c.c.).

Vertendosi in tema di obbligazione di consegna di cosa certa e determinata (nel caso, beni immobili), è allora il combinato disposto di cui agli artt. 2037 e 1182 c.c. a venire propriamente in rilievo.

Ne consegue che, in base ai principi generali in tema di restituzioni (v., con riferimento all’art. 1458 c.c, Cass., 3/2/2006, n. 2439;

Cass., 20/10/2005, n. 20257; Cass., 16/6/2004, n. 11340; Cass., 19/5/2003, n. 7829; Cass., 12/3/2001, n. 3608) nonchè secondo quanto da questa Corte – seppure con riferimento a diverse fattispecieaffermato specificamente in tema di impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art. 1463 c.c., per far valere il diritto alla restituzione è necessaria apposita domanda da parte del creditore (v. Cass., 6/5/1980, n. 2973).

La ragione della domanda per la restituzione della cosa all’esito dell’estinzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art. 1463 c.c. è – come per la costituzione in mora da ravvisarsi nell’esigenza di vincere la presunzione di tolleranza dell’adempimento dilazionato (cfr. Cass., 10/4/1986, n. 2500; Cass., 28/12/1973, n. 3456; Cass., 2/9/1971, n. 2602. V. anche Cass., 23/7/1991, n. 8199; Cass., 3/4/1980, n. 2210. V. anche Cass., 27/1/2003, n. 1149), valendo esse a rendere il ritardo imputabile al debitore (conduttore).

Si pone ulteriormente la questione se in ipotesi -come nella speciedi ritardata riconsegna dell’immobile già oggetto di locazione, trovi altresì applicazione la specifica disciplina di cui all’art. 1591 c.c..

Tale norma ha riguardo alle ipotesi di cessazione del rapporto alla scadenza di legge o di contratto, al cui verificarsi consegue per il conduttore l’obbligo di riconsegna della cosa.

In giurisprudenza di legittimità tale disciplina si ritiene invero applicabile anche in caso di cessazione anticipata – rispetto alla data di scadenza legale o convenzionale – del rapporto locatizio (cfr. Cass., 13/3/1995, n. 2910) e di risoluzione di diritto del contratto (cfr. Cass., 15/10/1997, n. 10115).

Il conduttore, il quale dopo la estinzione (per naturale scadenza) o per risoluzione del contratto sia rimasto nel godimento della res, si ritiene generalmente tenuto al corrispettivo fino alla effettiva riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno (v. Cass., 7/2/2006, n. 2525; Cass., 27/4/2004, n. 7982; Cass., 24/5/2003, n. 8240), quand’anche abbia cessato di utilizzarlo secondo la destinazione convenuta (v. Cass., 10/2/2003, n. 1941).

L’obbligo di restituzione ivi previsto si afferma insorgere alla scadenza ed essere di natura contrattuale (v. Cass., 15/5/2007, n. 11189; Cass., 14/2/2006, n. 3183; Cass., 8/3/1997, n. 2109; Cass., 29/3/1996, n. 2910; Cass., 28/10/1993, n. 10733; Cass., Sez. Un., 2577/1964, n. 2061. Contra, per la natura extracontrattuale, v. invece Cass., 27/3/1958, n. 1019; Cass., 26/10/1956, n. 3954), di tipo contrattuale conseguentemente essendo la responsabilità insorgente per la ritardata riconsegna della cosa (v. Cass., 15/12/2004, n. 23368; Cass., 12/9/2002, n. 13294; Cass., 23/5/2002, n. 7546).

L’obbligo, per il conduttore in mora (da intendersi propriamente come ritardo imputabile al debitore: cfr. Cass., 15/10/1997, n. 10115) nella restituzione dell’immobile oggetto della locazione, di corresponsione dell’indennità – commisurata all’ammontare del canone locativo – successivamente alla scadenza o alla cessazione del contratto ex art. 1591 c.c. trova ragione nel persistente godimento della cosa già concessa in locazione, naturalmente produttiva di utilità, benchè venuto meno il titolo in base al quale lo stesso era stato conseguito (cfr. Cass. 7/2/2006, n. 2525; Cass., 24/5/2003, n. 8240), salvo il risarcimento dell’eventuale maggior danno dal locatore subito per non aver potuto utilizzare direttamente e tempestivamente il bene o locarlo a canone più elevato, ovvero per aver perduto occasioni di vendita ad un prezzo conveniente, o, ancora, per altre particolari situazioni pregiudizievoli, la cui prova specifica incombe al locatore (v. Cass., 27/3/2007, n. 7499;

Cass., 13/7/2005, n. 14753; Cass., 8/1/2005, n. 268; Cass., 15/11/2004, n. 21581; Cass., 28/1/2002, n. 993; Cass., 10/2/1999, n. 1133; Cass., 15/10/1997, n. 10115. Diversamente, nel senso che anche per la prova del maggior danno di cui all’art. 1591 c.c., il locatore, cui incombe di provarlo in concreto secondo le regole ordinarie, può avvalersi di elementi presuntivi dotati dei requisiti previsti dall’articolo 2729 c.c. purchè consentano di ritenere l’esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsi il godimento dell’immobile dietro corrispettivo, v. peraltro recentemente Cass., 22/3/2007, n. 6958; Cass., 23/1/2006, n. 1224).

L’obbligo di restituzione per indebito presuppone viceversa normalmente il difetto del titolo.

Difetto che può essere originario o, come nella specie, sopravvenuto.

Diversamente dall’ipotesi della scadenza o della cessazione anche anticipata del rapporto sottesa alla disciplina di cui all’art. 1591 c.c. per l’ipotesi in cui persiste il godimento dell’immobile pur essendo venuto meno il titolo in base al quale era stato conseguito, fondando la debenza della relativa remunerazione mediante indennità di ammontare ragguagliato al canone, nell’ipotesi di cui all’art. 1463 c.c. le prestazioni risultano invero impossibili in ragione del verificarsi di evento non imputabile al debitore. E laddove l’impossibilità affetti una sola delle obbligazioni, l’estinzione ipso iure del rapporto si spiega nel non trovare più l’obbligazione non colpita da impossibilità remunerazione nell’altra venuta viceversa meno.

Un tanto appare sintomaticamente confermato, argomentandosi a contrario, dal principio secondo cui in presenza di declaratoria di nullità del contratto di locazione, pur conseguendone in linea di principio il diritto per ciascuna delle parti di ripetere la prestazione effettuata, si esclude per chi ha usufruito del godimento dell’immobile la possibilità di ottenere la restituzione di quanto versato a titolo di corrispettivo per tale godimento, venendo altrimenti a conseguirne un inammissibile arricchimento senza causa in danno del locatore (v. Cass., 3/5/1991, n. 4849).

Rimanendo come nella specie invero inconfigurabile il godimento – anche di mero fatto – del bene oggetto di locazione, è allora da ritenersi non più dovuto il corrispettivo, che non può essere preteso e, se corrisposto, determina un ingiustificato arricchimento per converso da parte del (già) locatore.

Nell’ipotesi in considerazione deve pertanto escludersi l’applicabilità dell’art. 1591 c.c. (cfr. Cass., 17/12/1999, n. 14243).

Nel caso che ne occupa è rimasto in sede di giudizio di merito pacificamente accertato che l’asporto degli arredi e delle suppellettili dai locali de quibus è stato effettuato nel febbraio del 1991, con riconsegna delle chiavi avvenuta nel novembre del 1991, laddove i lavori di riattamento sono iniziati solamente nel giugno del 1992.

Emerge evidente, a tale stregua, che la riconsegna degli immobili è in effetti avvenuta senza (previa richiesta nè costituzione in mora da parte della locatrice ed odierna ricorrente, ben anteriormente alla proposizione (28/5/1993) della domanda stessa introduttiva del presente giudizio in primo grado, come indicato nell’impugnata sentenza ("il Comune di Augusta ha dato riscontro che le opere di manutenzione straordinaria iniziarono parecchi mesi dopo l’avvenuto rilascio, sicchè deve escludersi che la loro esecuzione sia stata intralciata dal conduttore").

Richiesta nel caso vieppiù necessaria, va osservato, in presenza di assoluta e generale impossibilità di godimento e di utilizzazione degli immobili in questione all’esito del sisma e della conseguente emanazione di ordinanze sindacali di relativo sgombero ed inagibilità (riguardanti invero non solo gli immobili oggetto di locazione in argomento ma l’intero stabile condominiale di cui i medesimi facevano parte). Con il venir meno pertanto anche dell’interesse della stessa amministrazione comunale alla relativa utilizzazione per gli scopi cui gli stessi erano adibiti, senza d’altro canto risultare per la locatrice ed odierna ricorrente nemmeno configurabile la possibilità di una utilizzazione diretta o di un reimpiego dei medesimi nel periodo tra la cessazione dei contratti e la loro effettiva riconsegna.

Correttamente la corte di merito ha dunque affermato nell’impugnata sentenza che, nell’ambito del "rapporto sinallagmatico" avvincente le fondamentali obbligazioni del locatore e del conduttore, con obbligo "rispettivamente di fornire un bene idoneo all’uso convenuto e di pagare il canone pattuito quale corrispettivo", il Comune di Augusta, non potendo "utilizzare l’immobile tra il momento in cui il terremoto si era verificato ed il momento in cui … lo aveva rilasciato", non era invero più tenuto "a corrispondere il canone locativo".

All’infondatezza del motivo consegue il rigetto del ricorso.

Le ragioni della decisione costituiscono peraltro giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Redazione