Corte d’Appello Sezione minorenni Bolzano 26/6/2007 n. 756; Pres. de Robertis L.

Redazione 26/06/07
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 26 marzo 2007 il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna, così accogliendo le conclusioni del P.M., del curatore speciale e del tutore dei minori, respingeva l’opposizione proposta da X avverso il decreto di adottabilità dei minori J. e N. (omissis), nati entrambi il (omissis)/2004, figli della X e di A. (omissis).

Osservava il Tribunale che già il 31 gennaio 2005 il Servizio sociale aveva comunicato di aver collocato i bambini in ambiente protetto ai sensi dell’art 403 cod. civ. Mentre erano ricoverati in ospedale, la madre aveva effettuato solo brevi e rare visite; i piccoli erano stati riconosciuti in ritardo e su sollecitazione del Servizio. I genitori presentavano gravi problemi: il padre, alcolista, era decaduto dalla potestà su due figlie nate nel 1983 ed era stato condannato per abusi sessuali ai loro danni. La madre, cittadina bosniaca da undici anni in Italia ancora priva – nonostante le numerose sanatorie intervenute – del permesso di soggiorno, aveva riportato una condanna per reati in materia di sfruttamento della prostituzione, conviveva con tale G. L. e dichiarava di voler andare a convivere con A. (omissis). Alla dimissione dei piccoli dall’ospedale, la madre aveva accettato di essere collocata con loro in struttura protetta.

Nonostante un certo progressivo adattamento alle regole di convivenza, alternava a momenti di sufficiente adeguatezza altri di forte aggressività, con repentini cambiamenti di umore che si ripercuotevano sui figli. Le era stato diagnosticato un disturbo borderline della personalità. Era stata pertanto aperta la procedura di adottabilità, con sospensione della potestà dei genitori, collocamento dei bambini da soli in ambiente protetto e incontri protetti con i genitori al fine di valutarne l’adeguatezza.

Dall’osservazione così effettuata emergeva l’incapacità della madre a farsi carico dei bisogni dei figli, in particolare con N.. Quanto alla situazione abitativa, la X continuava a convivere col G. L., pregiudicato per gravi reati, persona irascibile e con scarse capacità di discernimento. Le caratteristiche di personalità della madre e il contesto sociale evidenziavano lo stato di abbandono dei minori, che pertanto erano stati dichiarati adottabili.

L’opposizione andava rigettata: la declaratoria non si fondava sulle precarie condizioni economiche e abitative della donna, priva di permesso di soggiorno, positiva alla sifilide, ma sulla sua inadeguatezza genitoriale, espressa dalla inconsapevolezza dei problemi sanitari dei bambini, dalla scarsità delle visite durante il loro ricovero in ospedale, dai comportamenti aggressivi nei loro confronti accertati durante il collocamento in struttura, dalla inconsistenza dei progetti. Relativi miglioramenti nella condotta della X erano apparsi improntati a modalità stereotipate applicate con rigidità e ripetitività, senza coinvolgimento affettivo. Anche le più recenti esperienze di vita della madre ne evidenziavano la carenza di progettualità: conviveva con uomo diverso dal G. L. e del quale non intendeva rivelare il nome; nel luglio 2006 aveva avuto un altro figlio da un uomo sposato del quale pure non intendeva rivelare il nome.

La X, anche per il disturbo di personalità da cui era affetta, non era pertanto in grado di assicurare ai figli adeguata assistenza morale e materiale.

Avverso tale decisione, notificata il 16 aprile 2007, X proponeva appello, con atto depositato il 16 maggio 2007.

Veniva fissata per la discussione l’udienza odierna, con termine all’appellante per la notificazione del decreto alle altre parti; queste non si costituivano.

Il P.G. interveniva e concludeva per il rigetto del gravame.

La causa veniva quindi decisa come da dispositivo, del quale si dava lettura in udienza secondo il disposto dell’art. 17 della legge n. 184 del 1983, tuttora in vigore nella sua originaria formulazione, nonostante l’avvenuta modifica ai sensi dell’art. 16 della legge n. 149 del 28 marzo 2001, entrata in vigore il 27 aprile 2001. Infatti tale modifica legislativa è rimasta sospesa, limitatamente alle disposizioni processuali come quella in esame; il termine, già più volte prorogato, è stato ulteriormente prorogato fino al 30 giugno 2007 dal decreto legge 12 maggio 2006, convertito con legge 12 luglio 2006, n. 228 (cfr. Cass. 2 novembre 2004 n. 21054; 12 dicembre 2005 n. 27384; 28 febbraio 2006 n. 4407).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico, articolato motivo, l’appellante lamenta come il Tribunale abbia confermato l’abbandono dei minori nonostante l’insufficiente durata (sei mesi) del periodo di loro permanenza in struttura insieme alla madre; deduce l’insufficiente rilevanza attribuita dal primo giudice ai miglioramenti registrati e insiste per essere inserita con i figli in struttura protetta.

Ma il periodo di sperimentazione è stato congruo. La situazione dei minori non si presta ad ulteriori lunghe sperimentazioni e la valutazione delle risultanze operata dal Tribunale va condivisa.

Le carenze riscontrate non attengono tanto alle precarie modalità di vita della X (abitazione, lavoro) quanto piuttosto alla incapacità della madre di assicurare ai minori uno stabile riferimento educativo ed affettivo; incapacità da collegare non alle richiamate difficoltà, ma ai disturbi della X, in ordine ai quali la psichiatra che l’ha seguita, dott.ssa ********, ha ampiamente riferito all’udienza di opposizione (instabilità affettiva, reazioni di rabbia ecc. …: v. alle pagine 49 e seguenti della trascrizione).

D’altra parte l’inserimento, proposto con l’atto di appello, dei minori insieme alla madre X in una struttura protetta, sarebbe soluzione per sua natura transitoria, in vista di una piena assunzione delle responsabilità genitoriale. Ma i progetti della X sono del tutto vaghi e aleatori. Nel ricorso in appello essa afferma di essere stata costretta dalle sue difficoltà pratiche a continuare a vivere presso i fratelli G. e (omissis) L.; ma all’udienza del 13 marzo 2007 innanzi al Tribunale aveva dichiarato di aver lasciato quell’abitazione e di vivere presso un certo C. Z. (pag. 78 della trascrizione). In quella sede aveva aggiunto di aver avuto il precedente 31 luglio un bimbo da un uomo che non ha inteso nominare, ed aveva pure insistito per avere i figli presso di sé con l’aiuto dell’assistente sociale, ipotizzando di trovare un lavoro, una casa più grande, ma anche di rientrare eventualmente in Bosnia dove vive una sua figlia che vede una volta all’anno (pag. 79 e seguenti della trascrizione).

Si tratta di una progettualità confusa che contrasta con un percorso di piena assunzione delle responsabilità genitoriali.

Quanto ai modesti miglioramenti riferiti nella relazione del 26 agosto 2005, richiamata dall’appellante, la stabilità di tali miglioramenti è tutt’altro che scontata. D’altra parte il primo giudice non ha trascurato di esaminare quei dati, che ha però considerato superati dai chiarimenti in senso riduttivo forniti dagli operatori all’udienza di opposizione, sentiti specificamente sul punto (i miglioramenti riguardavano solo le modalità pratiche di accudimento, ma permaneva inalterata la rilevante difficoltà di comprendere stati d’animo e bisogni dei bambini; v. pagine 28 e seguenti della trascrizione).

In conclusione, poiché il diritto del minore ad essere allevato nella propria famiglia sancito dall’art. 1 della legge 4 maggio 1983 n. 184 non esclude certo che, quando la famiglia di origine sia risultata inadeguata a fornire idonea assistenza, il minore stesso debba essere dichiarato adottabile, l’impugnazione va respinta e la sentenza integralmente confermata.

P.Q.M.

La Corte, decidendo definitivamente,

letto l’art. 17 comma quarto della legge 4 maggio 1983 n. 184,

rigetta l’appello proposto da X avverso la sentenza n. 24, depositata il 26 marzo 2007, del Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna, che integralmente conferma.

Si notifichi.

Così deciso in Bologna il 21 giugno 2007

Redazione