Condono edilizio (TAR Campania, Napoli, n. 832/2013)

Redazione 08/02/13
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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2254 del 1997, proposto da **********, rappresentato e difeso dagli avvocati **************é e ***************é, con domicilio eletto presso gli stessi in Napoli, via Parco Margherita,3;

contro

il Comune di Castellammare di Stabia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ****************** e *******************, con domicilio eletto presso gli stessi in Napoli, via Tino di Camaino 6;

per l’annullamento

dell’ordinanza n. 31 di intimazione di integrazione dell’oblazione per il condono – sanatoria n. 2522 del 22.3.1986, notificata il 13.1.1997, con la quale “si comunica che (…) la differenza oblativa calcolata (…) risulta essere di lire 28.970.525; a tale somma si dovranno aggiungere gli interessi legali maturati, (…) per cui all’oggi tale differenza oblativa ammonta a lire 52.146.945”, “si intima (…) a provvedere entro 10 gg.”, altrimenti “si procederà all’applicazione delle sanzioni”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Castellammare di Stabia;

Viste le memorie difensive; visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2013 la dott.ssa *************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il 22.3.1986 il ricorrente ha presentato domanda di condono, ai sensi della legge n. 47/1985, per le opere edificate sine titulo nell’immobile di sua proprietà, sito in Castellammare di Stabia in via Pozzillo, utilizzando quattro differenti modelli in considerazione della tipologia e della funzione diversa dei manufatti abusivi, nonché della loro realizzazione in epoche differenti dal 1967 al 1977, calcolando la relativa oblazione in lire 16.106.750.

2. Il 17.10.1991, dopo cinque anni dalla data di presentazione della domanda di condono e tre anni dall’entrata in vigore del D.L. n. 2/1988, convertito nella legge n. 88/1988, l’amministrazione comunale ha chiesto al ricorrente chiarimenti in merito all’istanza de qua.

Il 22.10.1993 il Comune resistente ha invitato pertanto il ricorrente a integrare la documentazione allegata all’istanza e a ricalcolare l’oblazione dovuta e lo stesso ha provveduto al versamento dell’ulteriore importo di lire 25.000.000, comprensivo anche degli interessi dalla data di presentazione della domanda.

3. Con la nota prot. n. 1085 del 2.12.1994 l’amministrazione resistente ha, quindi, chiesto la somma di lire 29.000.000, a titolo di differenza dell’oblazione, come calcolata dall’Ufficio condono.

3.1. Nonostante le osservazioni presentate dal ricorrente, con nota prot. n. 430 dell’11.4.1995 l’amministrazione comunale ha ribadito che gli interessi erano dovuti dalla data di presentazione della domanda, a pena di improcedibilità dell’istanza di sanatoria. A fronte della contestazione stragiudiziale della somma richiesta e del tasso di interesse applicato, nonché dell’eccezione di intervenuta prescrizione, il Comune resistente con nota prot. n. 850 del 23.6.1995 ha comunicato al ricorrente di aver inoltrato apposita richiesta di parere all’Ufficio legale e successivamente con l’ordinanza n. 31 del 13.1.1997 gli ha ingiunto il pagamento della somma di lire 52.146.945, a titolo di differenza oblativa e di interessi legali maturati dalla data del dovuto.

4. Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge (art. 35, comma 12, della legge n. 47/1985, come modificato e integrato dal D.L. n. 2/1988, convertito nella legge n. 68/1988; art. 96 Cost.; artt. 1 e ss. della legge n. 241/1990) e per eccesso di potere sotto molteplici profili.

5. Il Comune di Castellammare di Stabia, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito, in via preliminare di rito, l’inammissibilità del gravame per avere il ricorrente prestato acquiescenza ai precedenti atti dell’Amministrazione aventi contenuto analogo all’ordinanza n. 31/1997 e con i quali in data 25.2.1995 (prot. n.244) e in data 11.4.1995 (prot. n. 430) è stata chiesta l’integrazione dell’oblazione per il medesimo ammontare, concludendo nel merito per la reiezione del ricorso.

6. Con l’ordinanza n. 434 del 17.4.1997 il Collegio ha accolto la domanda di misure cautelari, ritenendo sussistente il periculum.

7. Alla pubblica udienza del 24.1.2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

8. Deve essere esaminata, innanzitutto, l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’amministrazione resistente.

8.1. Secondo la prospettazione del Comune di Castellammare di Stabia il ricorso sarebbe inammissibile perché il ricorrente ha prestato acquiescenza alla nota prot. n. 244 del 25.2.1995 con la quale, in risposta all’istanza del 12.1.1995, la P.A. gli ha comunicato che “l’oblazione inerente l’istanza di cui all’oggetto, non è congrua in relazione alla tipologia e alle dimensioni dell’opera”, quantificando la differenza oblativa in lire 28.970.525, e alla nota prot. n. 430 dell’11.4.1995 con la quale, in riscontro alla nota del 22.3.1995, l’amministrazione ha nuovamente ribadito la debenza dell’importo di lire 28.970.525, a titolo di differenza rispetto all’oblazione versata, nonché della somma di lire 26.313.927, a titolo di interessi in ragione di anno dovuti sino al mese di aprile del 1995.

8.2. L’eccezione è infondata e va disattesa.

L’acquiescenza a un provvedimento amministrativo è configurabile quando sussista accettazione espressa o implicita da parte dell’interessato dei relativi effetti e presuppone, oltre alla piena conoscenza dell’atto e dei suoi effetti lesivi, anche la non equivocità e la spontaneità del comportamento. Pertanto, nel caso di specie non è configurabile acquiescenza del ricorrente all’atto di rideterminazione dell’oblazione giacché lo stesso non solo non ha corrisposto l’importo ingiunto, ma lo ha reiteratamente contestato (cfr. TAR Lazio, Roma, II bis, 17.5.2005, 3844).

9. Assume il ricorrente che l’integrazione dell’oblazione è stata richiesta per la prima volta con nota prot. n. 1085 del 2.12.1994, vale a dire ad oltre trentasei mesi dalla presentazione della domanda di condono (22.3.1986) e anche dall’entrata in vigore della disposizione che ha sancito la prescrizione (gennaio/marzo 1988). Nel merito il ricorrente deduce la contraddittorietà dell’azione della P.A. che non solo non fornisce i parametri in base ai quali giunge a richiedere ulteriori 29 milioni di lire, a titolo di oblazione, ma non dà neanche conto dell’esito del parere legale che si era impegnata a chiedere. Peraltro, l’amministrazione comunale avrebbe erroneamente fatto decorrere gli interessi anche per il periodo antecedente alla richiesta di integrazione.

10. L’eccezione di prescrizione sollevata dal ricorrente deve essere rigettata.

10.1. L’art. 35, comma 18, della legge n. 47/1985 prevede testualmente che “fermo il disposto del primo comma dell’art. 40 e con l’esclusione dei casi di cui all’art. 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all’ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all’accatastamento. Trascorsi trentasei mesi si prescrive l’eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti”.

10.2. Secondo l’orientamento della giurisprudenza condiviso dal Collegio, il richiamato termine di trentasei mesi decorre dalla presentazione della domanda di condono, ove completa di tutti gli elementi, ovvero, dall’avvenuto adempimento della richiesta integrazione documentale (cfr. Cfr. T.A.R. Campania, Salerno, I, 26.11.2012, n. 2138).

10.2.1. La giurisprudenza ha, peraltro, evidenziato, anche di recente, che l’omessa presentazione della documentazione prescritta per la domanda di condono impedisce il decorso sia del termine di ventiquattro mesi per la formazione del silenzio assenso sia di quello di trentasei mesi per la prescrizione di eventuali crediti a rimborso o a conguaglio dell’ oblazione versata (cfr. Consiglio Stato, IV, 7.8.2012, n. 4525; T.A.R. Campania, Napoli, II, 28.5.2012, n. 2497; TAR Sicilia, Palermo,III, 29.9.2006, n. 1996).

10.2.2. Muovendo da questa ricostruzione interpretativa, il Collegio ritiene che, anche per il conguaglio dell’oblazione dovuta in caso di condono edilizio, il dies a quo non possa coincidere con la presentazione della domanda, qualora questa sia sfornita della documentazione tecnica ed istruttoria prescritta dalla normativa. La decorrenza del termine di prescrizione di cui si discorre presuppone (tanto in favore dell’amministrazione per l’eventuale conguaglio, quanto in favore del privato per l’eventuale rimborso) che la pratica di sanatoria edilizia sia definita in tutti i suoi aspetti e siano, per l’effetto, precisamente determinabili, alla stregua dei parametri stabiliti dalla legge, l’ “an” ed il “quantum” dell’obbligazione gravante sul privato; ciò che riflette puntualmente la “ratio” sottesa all’art. 2935 cod. civ. secondo il quale, in generale, la prescrizione non può decorrere se non “… dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.

10.2.3. Nel caso in esame, l’Amministrazione ha chiesto con nota del 22.10.1993 un’integrazione documentale avente ad oggetto il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, nonché l’attestazione dell’avvenuto pagamento dell’oblazione e il ricalcolo dell’oblazione e degli interessi e il ricorrente, a fronte di tale richiesta, ha spontaneamente provveduto a versare la somma di lire 25.000.000, a titolo di integrazione dell’oblazione ed interessi. Successivamente, l’amministrazione ha provveduto a richiedere con ulteriori note (prot. n. 1085 del 2.12.1994, prot. n. 430 dell’11.4.1995) la somma dovuta a titolo di differenza oblativa e conseguentemente non è contestabile il fatto che il termine di trentasei mesi – fissato dall’art. 35, comma 18, della legge n. 47/1985 – sia decorso dalla data di acquisizione al protocollo del Comune dell’integrazione documentale richiesta con la nota del 22.10.1993 e che, quindi, la pretesa della P.A. non si sia prescritta giacché interrotta dalle rammentate richieste di pagamento.

11. Ciò posto nel merito il ricorso è infondato poiché, come emerge dalla copiosa corrispondenza intercorsa tra il ricorrente e l’amministrazione, la differenza oblativa richiesta dal Comune discende dal fatto che il ricorrente ha omesso di considerare ai fini del calcolo oblatorio alcune superfici e specificamente l’area destinata a terrazzo prospiciente l’immobile oggetto di condono, sebbene tale superficie fosse stata dichiarata nella perizia giurata allegata all’istanza di condono e accatastata dal tecnico di fiducia. Tale circostanza non viene in alcun modo smentita o contestata dal ricorrente che, quindi, non ha assolto all’onere probatorio su di lui gravante ai sensi dell’art. 2697 c.c..

12. Il ricorrente, infine, deduce che non vi sarebbe alcuna disposizione di legge che impone il pagamento degli interessi legali sulle somme dovute a titolo di differenza di oblazione e che, comunque, gli stessi dovrebbero decorrere dalla richiesta di integrazione dell’oblazione e non dalla data di presentazione della domanda di condono.

12.1. Le censure sono infondate e vanno disattese.

12.2. Il Collegio osserva che l’obbligo del pagamento degli interessi al tasso legale, ai sensi dell’art. 1282 c.c., costituisce principio di carattere generale, applicabile, in mancanza di una specifica disciplina di settore, in caso di ritardato pagamento di somme dovute. Peraltro l’art. 35, comma 12, della legge n. 47/1985, prevede che: “Entro centoventi giorni dalla presentazione della domanda, l’interessato integra, ove necessario, la domanda a suo tempo presentata e provvede a versare la seconda rata dell’oblazione dovuta, pari ad un terzo dell’intero, maggiorato del 10 per cento, in ragione d’anno. La terza e ultima rata, maggiorata del 10 per cento, è versata entro i successivi sessanta giorni.”.

12.3. Accertato, quindi, l’obbligo di corresponsione degli interessi legali, secondo la giurisprudenza condivisa dal Collegio, lo stesso decorre dalla data di presentazione della domanda nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, il richiedente la sanatoria abbia commesso un errore in sede di autoliquidazione dell’oblazione (cfr. TAR Puglia, Bari, III, 13.4.2011, n. 581).

13. Per tali motivi il ricorso deve essere respinto.

14. Sussistono giustificati motivi, in considerazione della particolarità della vicenda, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima),definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2013

Redazione