Condominio: nulla la mora per il ritardo nei pagamenti delle quote condominiali (Cass. n. 10196/2013)

Redazione 30/04/13
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Ritenuto in fatto

1. – Con atto di citazione in data 16 giugno 1997, C.G. ha convenuto in giudizio il Consorzio Stradale Monte Gentile, di cui è consorziato, opponendosi al decreto ingiuntivo n. 96/97 con cui il Pretore circondariale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale, gli aveva intimato il pagamento della somma di lire 8.803.000, oltre interessi al tasso convenzionale del 20%, per le quote consortili degli anni 1993 e 1994 relative al lotto n. 68.
Si è costituito il Consorzio, chiedendo il rigetto dell’opposizione e domandando, in via riconvenzionale, la condanna del C. al pagamento delle quote consortili relative agli anni 1995, 1996 e 1997.
Con sentenza in data 5 novembre 2001, il Tribunale di Velletri, subentrato al Pretore, ha rigettato l’opposizione, confermando il decreto opposto, e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, ha condannato il C. al pagamento della somma di lire 8.803.000, oltre agli interessi al tasso convenzionale del 20%, per gli oneri relativi agli anni 1995, 1996 e 1997.
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 2 marzo 2006, la Corte d’appello di Roma ha riformato la sentenza di primo grado, revocando il decreto ingiuntivo opposto, e ha condannato il C. al pagamento, in favore del Consorzio, della somma di lire 8.803.000 per oneri consortili 1993 e 1994, e di lire 2.947.331 per oneri 1997, con l’aggiunta degli interessi, ma soltanto al tasso legale, nonché al rimborso delle spese di giudizio.
2.1. – La Corte territoriale ha rilevato che non può ritenersi applicabile al C. la clausola votata dalla maggioranza dell’assemblea del Consorzio, relativa all’applicazione di un tasso di interessi del 20%, in assenza dell’approvazione del consorziato medesimo. Si tratta – ha precisato il giudice di secondo grado – di una delibera nulla, sicché non rileva la mancata tempestiva impugnazione della stessa, tanto più che il tasso del 20% è superiore al tasso soglia previsto dalla legge antiusura 7 marzo 1996, n. 108.
La Corte d’appello ha anche scorporato dal dovuto gli oneri consortili relativamente al medesimo lotto n. 68 per gli anni 1995 e 1996, già oggetto di una precedente sentenza di condanna del Tribunale di Velletri in data 11 novembre 2000.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il Consorzio Stradale di Monte Gentile ha proposto ricorso, con atto notificato il 21 marzo 2007, sulla base di cinque motivi.
Vi ha resistito con controricorso il C. .
In prossimità dell’udienza, il nuovo difensore del ricorrente, in sostituzione del precedente rinunciante al mandato, ha depositato una memoria.

Considerato in diritto

1. – Con il primo motivo di ricorso, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 1137 e 1138 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.”, il ricorrente censura la statuizione secondo cui la (pretesa) nullità assoluta della delibera in data 27 ottobre 1991 che fissava l’indennità di mora avrebbe comportato la nullità assoluta delle successive delibere, adottate in data 3 luglio 1994 e 12 novembre 1995, sulla cui base è stato chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo opposto, di mera applicazione dei criteri generali in precedenza stabiliti.
Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1382, 1136, 1138 cod. civ., 70 disp. att. cod. civ., in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ.) si sostiene che la modificazione della norma regolamentare di condominio prevedente il pagamento di un interesse di mora in caso di mancato o ritardato versamento degli oneri condominiali poteva essere approvata o modificata dall’assemblea dei condomini con la maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, cod. civ., in quanto richiamato dall’art. 1138 cod. civ..
Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1382, 1136, 1138 cod. civ., 70 disp. att. cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) il Consorzio ricorrente osserva che non sarebbe configurabile la nullità della delibera assembleare in questione, ricorrendo la nullità solo quando le delibere condominiali hanno un oggetto impossibile o illecito, ovvero che non rientra nella competenza dell’assemblea, o se incidono su diritti individuali inviolabili per legge. Si verserebbe quindi in un caso di delibera annullabile, da impugnare nel rispetto dei termini previsti dall’art. 1137 cod. civ..
1.1. – I tre motivi – da esaminare congiuntamente, stante la loro stretta connessione – sono infondati.
La delibera all’origine dell’attuale controversia, adottata in data 27 ottobre 1991, deve considerarsi nulla, perché non rientra nei poteri dell’assemblea, deliberando a maggioranza, stabilire interessi moratori a carico dei condomini nel ritardo dei pagamenti delle quote condominiali, potendo tale previsione essere inserita soltanto in un regolamento contrattuale, approvato all’unanimità (Cass., Sez. 2, 18 maggio 2011, n. 10929).
Tale nullità inficia e travolge le successive delibere nella parte in cui, nel ripartire gli oneri di gestione tra i consorziati in relazione ad ogni singolo anno, applicano il medesimo tasso di mora del 20%.
Anche le successive delibere, pertanto, sono affette dal medesimo vizio di nullità, la quale può essere fatta valere dal condomino interessato senza essere tenuto all’osservanza del termine di decadenza di trenta giorni ai sensi dell’art. 1137 cod. civ..
2. – Con il quarto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1382, 1138 cod. civ., 70 disp. att. cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.; omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) si censura che la Corte d’appello abbia omesso di considerare il fatto decisivo costituito dall’espresso conferimento all’assemblea, da parte dello statuto del consorzio, del potere di prevedere il pagamento di un’indennità di mora in caso di mancato o tardivo pagamento delle quote consortili. Nel caso di specie l’originario statuto consortile, avente natura di regolamento contrattuale, prevedeva che “Le quote di partecipazione alle spese consortili saranno versate dai lottisti in rate trimestrali entro i primi cinque giorni del trimestre. In caso di ritardo nel pagamento sarà dovuto un interesse di mora in ragione del 12% annuo modificabile di anno in anno dall’assemblea”. In ogni caso, ad avviso del ricorrente Consorzio, il tasso di mora non potrebbe essere individuato nell’interesse legale, restando al più operante la regola originaria secondo la quale l’interesse è fissato nella misura del 12%.
2.1. – Il motivo è inammissibile, perché pone una questione (i poteri dell’assemblea in relazione alla previsione dell’originario regolamento consortile, avente natura contrattuale; la reviviscenza dell’originaria pattuizione in caso di nullità della determinazione assembleare) che dal testo della sentenza impugnata non risulta essere stata affrontata nel corso del giudizio di merito e che il ricorrente Consorzio non indica quando e come sia stata prospettata nelle pregresse fasi processuali.
3. – Con il quinto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1382, 1136, 1138 cod. civ., 70 disp. att. cod. civ., della legge 7 marzo 1996, n. 108, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.; omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) si sostiene che i criteri fissati dalla legge n. 108 del 1996 per la determinazione del carattere usurario degli interessi non troverebbero applicazione nel caso di specie: sia perché i criteri stabiliti dalla legge sopracitata non potrebbero valere per le pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della stessa legge; sia perché quanto stabilito dalla legge n. 108 del 1996 non varrebbe per obbligazioni che non traggono origine da un rapporto in cui non è identificabile una causa di finanziamento.
3.1. – La censura è inammissibile, per difetto di interesse, perché investe una ratio decidendi concorrente.
Trova applicazione, a tale riguardo, il principio secondo cui quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che tali censure risultino tutte fondate. Ne consegue che, rigettato il motivo che investe una delle riferite argomentazioni a sostegno della sentenza impugnata, è inammissibile, per difetto di interesse, il restante motivo, atteso che anche se quest’ultimo dovesse risultare fondato, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta (Cass., Sez. 3, 24 maggio 2006, n. 12372).
4. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.300, di cui Euro 2.100 per compensi, oltre ad accessori di legge.

Redazione