Sentenza Tribunale di Ragusa – sezione distaccata di Vittoria n. 75/04 del 20.4.2004

Redazione 08/07/04
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Sentenza Tribunale di Ragusa – sezione distaccata di Vittoria n. 75/04 del 20.4.2004, emessa a seguito di un’opposizione all’esecuzione, affronta la questione della natura previdenziale del trattamento speciale di disoccupazione agricola, risolvendola in senso positivo, alla luce della normativa istitutiva dello stesso e della giurisprudenza della Corte di Cassazione, e giunge alla conclusione della pignorabilità delle relative somme esclusivamente nei limiti stabiliti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 506 del 4.12.2002.

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI RAGUSA –
SEZIONE DISTACCATA DI VITTORIA
Il Tribunale in composizione monocratica nella persona del Giudice Dott. Claudio Maggioni, ha emesso la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile iscritta al n. 3111/02 avente ad oggetto “opposizione all’esecuzione” promossa da:
***, rappresentato e difeso dall’Avv. Vincenzo Sciacco, presso il cui studio in Vittoria è elettivamente domiciliato, giusta procura a margine del ricorso.
Opponente
contro
***’, rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore Criscione, elettivamente domiciliato in Acate presso lo studio dell’Avv. Giovanna Morando, giusta procura a margine della comparsa di risposta.
Opposto
All’udienza del 13.1.2004, precisate le conclusioni come da verbale in atti, la causa veniva posta in decisione con termini di giorni sessanta per comparse conclusionali e di giorni venti per memorie di replica.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in cancelleria in data 11.6.2002, *** *** esponeva che la ditta *** *** aveva pignorato presso l’I.N.P.S. delle somme ricomprese tra i crediti impignorabili ai sensi degli artt. 545, comma 2, c.p.c., 36 e 38 Cost., atteso il loro carattere assistenziale.
Chiedeva pertanto al Tribunale di dichiarare l’impignorabilità delle somme dovute dall’I.N.P.S. al ***. Con vittoria di spese e compensi.
Si costituiva in giudizio mediante comparsa di risposta *** Giovanni, titolare della ditta *** ***, esponendo che:
– il credito pignorato era quello relativo all’indennità per disoccupazione agricola, composto da due voci, cioè l’indennità di disoccupazione e l’assegno per il nucleo familiare;
– solo il secondo ha natura previdenziale, mentre l’indennità ha natura integrativa della retribuzione percepita dal lavoratore agricolo, per consentire allo stesso di raggiungere un reddito minimo;
– tale somma è pertanto pignorabile nei limiti di un quinto.
Chiedeva pertanto al Tribunale di rigettare l’opposizione e di assegnare al creditore, nella misura di un quinto, la somma pignorata presso il terzo, I.N.P.S. di Vittoria, limitatamente all’indennità di disoccupazione agricola, con esclusione delle somme dovute a titolo di indennità per nucleo familiare. Con vittoria di spese e compensi.
All’udienza del 13.1.2004, precisate le conclusioni, la causa veniva posta in decisione, con termine di giorni sessanta per comparse conclusionali e di giorni venti per memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’opposizione al pignoramento proposta da *** *** è fondata e deve pertanto essere accolta.
Il pignoramento del creditore opposto, effettuato presso l’I.N.P.S. di Vittoria, ha riguardato la somma di € 1.575,36, dovuta per trattamento speciale di disoccupazione agricola, e la somma di € 1.567,92, dovuta per assegno per il nucleo familiare.
Rileva questo Giudice che entrambi i crediti hanno chiaramente natura previdenziale, trattandosi di prestazioni corrisposte dall’I.N.P.S. nell’ambito dell’assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli, di cui al D. P. R. 3.12.1970 n. 1049 ed al D. L. 15.3.1965 n. 124, conv. in L. 13.5.1965 n. 431, quest’ultimo relativo all’assegno per il nucleo familiare.
Il D. P. R. n. 1049/70 è stato emesso in attuazione della delega contenuta nell’art. 31 L. 30.4.1969 n. 153, che prevede che il Governo emani “norme recanti modifiche al decreto-legge 21 gennaio 1956, n. 23, relativo al sussidio di disoccupazione dei lavoratori agricoli in modo da armonizzarne e coordinarne la disciplina a quella in vigore per i lavoratori dipendenti degli altri settori produttivi ed a raccogliere le norme in testo unico, coordinando ed integrando, qualora occorra, le norme relative all’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria con quelle della cassa integrazione guadagni degli operai dell’industria, ivi compresi i regimi riferentisi a particolari categorie di lavoratori, al fine di facilitare un armonico sviluppo di tutta la legislazione riguardante la previdenza e l’assistenza dei lavoratori in caso di disoccupazione totale o parziale ed un collegamento organico e funzionale fra le gestioni interessate”.
L’interpretazione letterale del testo normativo porta all’univoca conclusione della natura previdenziale dell’indennità di disoccupazione, che si colloca sicuramente nell’ambito di quelle prestazioni di cui all’art. 38, comma 2, Cost. che prevede il diritto dei lavoratori ad ottenere mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Sulla natura previdenziale dell’indennità di disoccupazione la giurisprudenza di legittimità è pacifica: “La declaratoria da parte della Corte costituzionale (sentenza 27 aprile 1988 n. 497) della illegittimità costituzionale dell’art. 13 del d.l. 2 marzo 1974 n. 30, convertito in l. 16 aprile 1974 n. 114, ha fatto venire meno, con l’effetto retroattivo proprio delle decisioni di accoglimento l’operatività della norma, implicita nel detto art. 13, che vietava l’adeguamento dell’indennità di disoccupazione rispetto al valore monetario ivi indicato (lire 800); pertanto, attesa la natura e la funzione di tale indennità – prestazione previdenziale sostitutiva della retribuzione – si impone al giudice di merito di procedere all’adeguamento di essa alle esigenze di vita del lavoratore (art. 36, comma 1 e 38, commi 1 e 2 cost.) ricorrendo a tal fine, in mancanza di specifici interventi del legislatore ed in attesa di essi, al meccanismo della rivalutazione monetaria positivamente disciplinato dagli art. 429 c.p.c. e 150 disp. att. dello stesso codice, in base ai quali sia i crediti di lavoro, sia i crediti previdenziali (a seguito della sentenza della Corte cost. 12 aprile 1991 n. 156) sono necessariamente indicizzati in rapporto all’aumento del costo della vita” (Cass., Sez. lavoro, 5.1.1995 n. 145; nello stesso senso Sez. lavoro 7.3.2003 n. 3488; 12.3.2002 n. 3616; 10.9.1997 n. 8871).
Va evidenziato che la particolarità delle modalità applicative dell’istituto in esame in relazione ai lavoratori agricoli – che ricevono un’indennità determinata sottraendo da un tetto di 270 giornate (fissato dalla legge): le giornate di lavoro attribuite in relazione alla iscrizione negli elenchi nominativi, le giornate di malattia, infortunio, maternità e di integrazione salariale per le quali fossero state corrisposte le relative indennità previdenziali e le giornate di lavoro svolte in proprio o in altro settore produttivo – non può portare a ritenere la natura retributiva della prestazione in esame.
Invero, la ricorrenza dei medesimi elementi formali fondamentali, cioè la collocazione all’interno della gestione dell’assicurazione generale obbligatoria, l’assolvimento della medesima funzione di sollievo dal bisogno in caso di mancanza di lavoro (sia del prestatore di lavoro che della sua famiglia), sono tutti elementi che dimostrano l’omogeneità di struttura e di natura giuridica tra la prestazione di disoccupazione a favore dei lavoratori agricoli e quella a favore della generalità dei lavoratori dipendenti.
Risolta la questione sulla natura previdenziale dell’indennità di disoccupazione nel settore agricolo, va rilevato che la Corte costituzionale, con la sentenza 4.12.2002 n. 506, ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale “dell’art. 128 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui esclude la pignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare di pensioni, assegni ed indennità erogati dall’INPS, anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte”.
Sorge pertanto il problema di determinare la parte dell’indennità necessaria a garantire all’assicurato mezzi adeguati alle esigenze di vita. Al riguardo la Corte costituzionale ha affermato che rientra nella discrezionalità del legislatore l’individuazione della parte di pensione assoggettata al regime di assoluta impignorabilità: “Se è vero, infatti, che più volte il legislatore ha operato interventi che sembrano presupporre una valutazione della soglia minima vitale (concettualmente non dissimile dai «mezzi adeguati alle esigenze di vita», di cui è parola nell’art. 38, secondo comma, Cost.), è anche vero che nessuna di tali valutazioni consente a questa Corte di adottarla ai fini dell’individuazione della parte assolutamente impignorabile della pensione: quelle valutazioni – come conferma la loro stessa varietà – sono ispirate dalla considerazione anche di altri valori, quali le esigenze tributarie (soglia dei redditi totalmente esenti da IRPEF) o di finanza pubblica (livello della pensione sociale; doppio di essa ai fini della corresponsione dell’aumento perequativo; “soglia di povertà” fissata, dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, per l’accesso al cosiddetto reddito minimo di inserimento; ecc.)”.
Non essendo ancora intervenuto il legislatore per individuare l’importo di cui sopra, si deve ricorrere all’interpretazione analogica per colmare la lacuna normativa creatasi con la sentenza additiva della Corte.
Ritiene questo Giudice che possa essere utilizzato uno dei parametri indicati dalla Consulta in motivazione, in particolare quello dell’assegno sociale di cui all’art. 3, commi 6 e 7, L. 8.8.1995 n. 335, la cui ratio è proprio quella di assicurare ai cittadini ultrasessantacinquenni in disagiate condizioni economiche un reddito sufficiente per le minime esigenze di vita. Tale importo è stato fissato dall’art. 38 Legge 28.12.2001 n. 448 in misura pari ad € 516,46 al mese per tredici mensilità, per un totale di € 6.713,98 annui.
Nel caso di specie, atteso che le somme pignorate, dovute a titolo di indennità di disoccupazione ed assegno per il nucleo familiare, sono pari ad € 3.143,28, importo inferiore a quello minimo come sopra determinato, deve essere affermata l’assoluta impignorabilità delle stesse.
In relazione alle spese, tenuto conto della novità della questione giuridica, sussistono giusti motivi per compensarle integralmente tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c..
P. Q. M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa iscritta al n. 3111/02 R.G.:
1) in accoglimento dell’opposizione, dichiara l’impignorabilità delle somme dovute dall’I.N.P.S. a *** *** per i titoli di cui sopra, e, per l’effetto, dichiara la nullità del pignoramento notificato in data 30.5.2002 ;
2) compensa integralmente le spese tra le parti.
Così deciso in Vittoria,
Il Giudice
(Dott. Claudio Maggioni)

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