Disposizioni sull’attivita’ di contenzioso degli enti impositori nel periodo di emergenza covid-19 : “in claris non fit interpretatio” o meri errori materiali da sanare in sede di conversione?
di Maurizio Villani e Antonella Villani
Premessa
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 16 aprile 2019 n. 10/E– recante primi chiarimenti in tema di rinvio delle udienze e dei termini processuali in materia tributaria conseguenti alla emergenza epidemiologica COVID-19, così come disposto dal D.L. 18/2020 (c.d. Decreto Cura Italia) e dal D.L. 23/2020 (c.d. Decreto Liquidità Imprese) – opera una “correzione” ad un probabile errore materiale contenuto nell’art. 29, co. 3, del D.L. 23/2020 (c.d. Decreto Liquidità Imprese) in relazione all’attività di contenzioso degli enti impositori, destando dubbi e perplessità in un contesto già di per sé caotico e confusionario.
E invero, mentre l’art. 67 del “Decreto Cura Italia” ha disposto la sospensione dei termini delle attività di accertamento, di controllo, di riscossione e di contenzioso fino al 31 maggio 2020, successivamente, l’art. 29, comma 3, del “Decreto Liquidità Imprese” ha prorogato – solo per l’attività del contenzioso degli enti impositori – il suddetto termine al 31 luglio 2020 (per via del rimando effettuato all’art. 73 del Decreto Cura Italia); tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, con la recente Circolare n. 10/E del 16 aprile 2020, inserendo una propria nota di redazione, ha ritenuto che per l’attività del contenzioso degli enti impositori il termine finale di sospensione sia da intendersi all’11 maggio 2020 e non, invece, al 31 luglio 2020, in quanto, secondo l’Agenzia, il rimando normativo operato dal citato articolo 29 “Decreto Liquidità alle Imprese” non deve riferirsi all’art. 73 bensì all’art. 83, comma 2, del “Decreto Cura Italia”, e tanto al fine di non creare distinzioni tra le parti del processo tributario.
In primo piano: EMERGENZA CORONAVIRUS
I riferimenti normativi
Al fine di comprendere appieno la questione, occorre analizzare i riferimenti normativi di cui agli artt. 67, co. 1, e 73, co. 1, del “Decreto Cura Italia” e all’art. 29, co.3, del “Decreto Liquidità alle Imprese”.
In particolare, l’art. 67, comma 1, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto Cura Italia) ha disposto che:
<<Sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori. (…)>>.
Sul punto sono intervenuti chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 8/E del 3 aprile 2020 di cui si parlerà nel prosieguo (v. par. 3).
In seguito, l’art. 29, comma 3, decreto-legge dell’08 aprile 2020 n. 23, (c.d. “Decreto Liquidità Imprese”), intervenendo sul citato art. 67, comma 1, così ha disposto:
<<(…). 3. In deroga al termine fissato dall’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, la proroga del termine di cui all’articolo 73, comma 1, si applica anche alle attività del contenzioso degli enti impositori.>>
L’art. 73 del D.L. 18/2020 (Decreto Cura Italia), rubricato “Semplificazioni in materia di organi collegiali”, al comma 1 espressamente prevede che:
<< 1. Al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali, che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal presidente del consiglio, ove previsto, o dal sindaco, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti, sia assicurata la regolarità dello svolgimento delle sedute e vengano garantiti lo svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 97 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.(…)>>.
A riguardo, si precisa che la “Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020” – in G.U. Serie Generale n.26 del 01-02-2020, recante “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili” – fissa il termine finale dello stato di emergenza al 31 luglio 2020.
I chiarimenti da parte dell’agenzia e le problematiche irrisolte
Tanto premesso, dall’analisi delle citate disposizioni, decisamente complessa risulta la questione dei termini relativi all’attività del contenzioso da parte degli enti impositori.
Preliminarmente (e tale precisazione tornerà utile nel prosieguo) si osserva che già in precedenza- ma sempre in riferimento all’emergenza epidemiologica in atto- l’attività di contenzioso da parte degli enti impositori è stata oggetto di un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate che, con la Circolare n. 8/E del 3 aprile 2020, paragrafo 2.8., ha evidenziato che:
<< (…)l’articolo 67 del Decreto contiene una disciplina generale di riferimento per la sospensione dei termini delle attività degli enti impositori, fatte salve le specifiche deroghe previste dalle altre norme “speciali” contenute nel decreto stesso, quale ad esempio, appunto, l’articolo 83 del Decreto. Di conseguenza con riferimento a tutti i termini processuali e in particolare per la notifica del ricorso in primo grado e al termine per la conclusione del procedimento di mediazione risulta applicabile la specifica sospensione di cui al citato articolo 83, comma 2 del Decreto.>>.
Con la citata circolare, dunque, l’Agenzia delle Entrate, ha risolto l’antinomia normativa creata dal combinato disposto degli art. 67, co. 1, e 83, co. 2, del “Decreto Cura Italia” che comportava una disparità di trattamento nel processo tributario, emergendo una diversa sospensione dei termini processuali a seconda delle diverse parti del processo tributario e, in particolare:
– per il contribuente, dal 9 marzo al 15 aprile 2020 (ex art. 83, co, 2);
– per gli enti impositori dall’08 marzo al 31 maggio 2020 (art. 67, co. 1).
L’Agenzia delle Entrate, dunque, applicando il noto principio di diritto “lex specialis derogat generali”, ha evidenziato che l’articolo 67 cit,, contenendo una disciplina generale di riferimento per la sospensione dei termini delle attività degli enti impositori, poteva essere derogato da altre norme “speciali” contenute nel decreto stesso, quale, appunto, l’articolo 83, con la conseguente applicazione, anche all’attività di contenzioso degli enti impositori in relazione ai termini procedurali, della specifica sospensione prevista ex art. 83, co. 2 (9 marzo – 15 aprile 2020), anziché quella prevista dall’art. 67, co, 1 (8 marzo-31 maggio 2020).
Come detto, i termini di sospensione di cui all’art. 83 sono stati in seguito prorogati dall’art. 36 D.L. 23/2020 che ne ha disposto la proroga fino all’11 maggio 2020.
Nonostante il chiarimento di prassi che sembrava aver fugato ogni dubbio e rispristinato la parità processuale, tuttavia, una nuova problematica sarebbe sorta di lì a poco.
E invero, il Decreto Liquidità Imprese (del 8 aprile 2020), all’art. 29, comma 3, ha disposto esclusivamente per le attività del contenzioso degli enti impositori, in deroga al termine fissato dall’articolo 67, comma 1, una proroga del termine di sospensione richiamando espressamente il termine di cui all’art. 73, comma 1, Decreto Cura Italia (che fissa a sua volta il termine finale al 31 luglio 2020).
Tale disposizione ha nuovamente creato una disparità di trattamento tra le parti processuali del processo tributario, ripristinando quello status quo ante che ha reso necessario il chiarimento fornito dalla suddetta Circolare n. 8/E/2020.
E invero, una nuova problematica in relazione all’attività del contenzioso da parte degli enti impositori è stata causata dalla dicotomia che si è creata tra la sospensione disposta ai sensi dell’art. 67, comma 1, Decreto Cura Italia (secondo cui <<sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio i termini relativi alle attività di (…) contenzioso degli enti impositori>>) e la proroga, limitata alla sola attività di contenzioso degli enti impositori, disposta dall’art. 29, comma 3, del successivo Decreto Liquidità Imprese (secondo cui <<in deroga al termine fissato dall’art. 67, comma 1, (…) la proroga del termine di cui all’art. 73, comma 1, si applica anche alle attività del contenzioso degli enti impositori>>).
Così facendo, per via del rimando operato dall’art. 29 “Decreto Liquidità Imprese” al termine fissato dall’art. 73, co. 1 , “Decreto Cura Italia” (<<fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020>> , cioè 31 luglio 2020), ne discende che risulterebbero sospesi i termini dell’attività contenziosa degli enti impositori fino al 31 luglio 2020.
Ad ogni modo, si evidenzia che la sospensione non ha carattere preclusivo e, pertanto, gli enti impositori potranno comunque costituirsi in giudizio con modalità telematiche (anche indipendentemente dalla natura cartacea o telematica del processo per effetto dell’art. 29, co. 1 D.L. 23/2020).
In tale contesto, caratterizzato da un continuo rimbalzo tra articoli, provvedimenti governativi e chiarimenti amministrativi, l’Agenzia delle Entrate ha contribuito a rendere ancora più difficile l’interpretazione della questione, affermando nella Circolare n. 10/E del 16 aprile 2020, par. 2, pag. 7, che :
<< In via preliminare si rappresenta che l’articolo 29, comma 3, del decreto-legge n. 23 del 2020 è intervenuto in relazione all’articolo 67, comma 1, primo periodo del decreto-legge n. 18 del 2020, (…).
Più esattamente, il predetto articolo 29, comma 3, ha stabilito che «In deroga al termine fissato dall’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, la proroga del termine di cui all’articolo 73, comma 1 [rectius: articolo 83, comma 2, n.d.r.], si applica anche alle attività del contenzioso degli enti impositori >>.
Ebbene, ecco che nel caotico scenario normativo fin qui delineato, l’Agenzia delle Entrate con la citata circolare, inserendo la dicitura <<[rectius: articolo 83, comma 2, n.d.r.]>>, ha nuovamente fatto riferimento- in relazione all’attività di contenzioso degli enti impositori- al termine di cui all’art. 83, comma 2, Decreto Cura Italia che, come detto, ad oggi, con la proroga disposta dall’art. 36, comma 1 del successivo Decreto Liquidità Imprese, sospende le udienze e tutti i termini procedurali dal 9 marzo all’ 11 maggio 2020.
Si precisa fin da subito che l’Agenzia delle Entrate, con la sigla “n.d.r.” (“nota della redazione” o “nota del redattore”), ha inteso chiarire che si tratta di una lettura operata dall’Amministrazione stessa, non essendo intervenuta alcuna fonte legislativa a modificare il contenuto dell’art. 29 cit.
In questo modo, secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, i termini per l’attività di contenzioso degli enti impositori devono intendersi sospesi fino all’11 maggio 2020 e non, invece, fino al 31 luglio 2020 come, invece, letteralmente disposto dall’art. 29, co. 3, del “Decreto Liquidità Imprese” per effetto del rinvio operato all’art. 73, co. 1, del “Decreto Cura Italia” che pone quale termine la data del 31 luglio 2020 (“data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020”).
Tale interpretazione, secondo l’Agenzia delle Entrate, troverebbe la sua ratio nell’applicazione del periodo di sospensione dal 9 marzo al 11 maggio 2020 indistintamente per tutte le parti del processo tributario (precisa la circolare:<<In definitiva, le disposizioni sulla sospensione dei termini di cui all’articolo 83, comma 2, riguardano tutte le parti del processo tributario, senza distinzione alcuna>>).
A supporto di tali conclusioni, l’Agenzia delle Entrate richiama in nota la citata Circolare n. 8/E del 3 aprile 2020 ove era stata fatta applicazione del principio “lex specialis derogat lex generali” e nella quale, appunto, era stata disposta una parificazione dei termini di sospensione per tutte le parti processuali.
Ciò posto, a parere degli scriventi, facendo riferimento al dato letterale dell’art. 29 cit., la tesi avanzata dall’Agenzia delle Entrate (secondo cui il rimando dell’art. 29 “Decreto Liquidità Imprese” dovrebbe riferirsi al termine di cui all’art. 83 anzichè all’art. 73 del “Decreto Cura Italia”) non pare condivisibile o, perlomeno, non sembra così automatica, in quanto sembrerebbe porsi in netto contrasto con la volontà del legislatore che all’art. 29 cit. espressamente parla di “proroga del termine” per le attività del contenzioso degli enti impositori.
E invero, se l’originario termine di cui all’art. 67 del D.L. 18/2020 ha disposto (tra le altre) la sospensione dell’attività di contenzioso degli enti impositori fino al 31 maggio 2020 e l’ art. 29, comma 3, D.L 23/2020 ha inteso disporne un’ulteriore proroga del suddetto termine, allora non si comprende per quale motivo si debba fare riferimento al termine dell’11 maggio 2020 (di cui all’art. 83, comma 2, “Decreto Cura Italia”, come modificato dall’art. 36 del Decreto Liquidità Imprese) individuato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 10/E/2020, laddove detto termine (11 maggio 2020) non rappresenta una proroga ma, bensì, un’anticipazione del termine cui all’art. 67 cit. (31 maggio 2020).
Ebbene, alla luce di quanto fin qui delineato, occorre porsi una domanda: è questa la vera voluntas legis e, pertanto, “in claris non fit interpretatio”, ovvero si tratta di un mero refuso che dovrà essere sanato dal legislatore in sede di conversione?
In conclusione, seguendo l’interpretazione delineata dall’Agenzia delle Entrate, si potrebbe correre il rischio sia di stravolgere l’intento del Legislatore che, addirittura, di sconvolgere le fonti del diritto, privilegiando una semplice Circolare ad un Decreto.
Attesa la delicatezza della questione e gli effetti che essa potrà avere in sede di contenzioso tributario, laddove il riferimento operato dal comma 3 dell’art. 29 D.L 23/2020 fosse realmente da intendersi all’art. 83, comma 2 anziché all’art. 73, comma 1, del D.L. 18/2020 e si trattasse, dunque, di un mero errore materiale, è auspicabile quanto prima un intervento del legislatore posto che la questione certamente non potrà essere risolta in via interpretativa.
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