Risarcimento del danno: l’excursus storico

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Secondo la legge chiunque causa agli altri un danno ingiusto è tenuto al risarcimento dello stesso.

Il risarcimento dal danno si distingue dall’indennizzo, che viene versato nei casi previsti dalla legge quando un comportamento autorizzato dall’ordinamento comporta danni ai terzi.

Il danno risarcibile si distingue in danno patrimoniale e non patrimoniale.

La definizione di danno

Nell’Ordinamento Giuridico Italiano vige il principio secondo il quale ognuno si deve comportare in modo da non ledere la posizione altrui.

Si definisce danno il pregiudizio che deriva da un comportamento colposo, vale a dire causato da negligenza, imperizia o imprudenza, o volontario di un altro soggetto.

Se il danno è ingiusto e non esiste una norma che autorizza o impone quel determinato comportamento, la legge impone che l’autore del comportamento sia obbligato a risarcire il danno stesso.

Risarcimento del danno e indennizzo

Il risarcimento si distingue dall’indennizzo.
Il primo consiste nell’attività imposta dalla legge per riparare a un danno ingiusto, il secondo, è previsto quando non viene causato un danno ingiusto e non ci sarebbe nessun obbligo di risarcire i pregiudizi creati, ma la legge ritiene opportuno che il soggetto leso riceva una somma per equilibrare una situazione che rischierebbe di diventare ingiusta.
L’esempio più tipico è rappresentato dall’indennizzo previsto dall’articolo 2045 del codice civile che stabilisce che chi causa agli altri un danno per salvare se stesso o altri dal pericolo di un danno grave alla persona, sempre che il pericolo non sia stato causato da lui, non è tenuto al risarcimento, ma il giudice può riconoscere una somma al danneggiato a titolo di indennizzo.

Il cosiddetto “stato di necessità”.

Le condizioni del risarcimento

Il danno può essere risarcito se è considerato “ingiusto”, se il pregiudizio alla posizione altrui non è giustificato da una norma che impone o consente un determinato comportamento, come accade in caso di legittima difesa.
Il danno può derivare da un comportamento materiale tra due soggetti che non sono legati da nessun rapporto precedente, come accade nel caso del sinistro stradale.
In questi casi il danneggiato, per potere ottenere il risarcimento, oltre a provare l’esistenza di un danno che deriva da un comportamento di un terzo, dovrà dimostrare anche che il comportamento è stato negligente, il danneggiato deve provare la colpa dell’agente.

Il danno può anche essere la conseguenza dell’inadempimento di un contratto.

Ci sono situazioni nelle quali anche se le parti non sono legate da nessun contratto si ritiene che, per effetto del particolare rapporto che si instaura tra loro e del contesto nel quale matura, i loro obblighi siano regolati come se esse avessero stipulato un contratto.

In caso di violazione di questi obblighi si parla di responsabilità da “contatto sociale”.

Il danno può essere risarcito se è conseguenza immediata e diretta del comportamento del danneggiante.

Per questo chi vuole richiedere il risarcimento deve sempre dimostrare che il pregiudizio è in rapporto di causa-effetto rispetto al comportamento del danneggiante.

Si parla in questi casi di prova del nesso causale.
Il danno va sempre dimostrato, sia sotto il profilo della sua sussistenza sia sotto il profilo della sua quantificazione.
A fronte alla prova certa della presenza di un danno potrebbe non essere possibile quantificarlo.

In questi casi il giudice può procedere a una quantificazione secondo principi di equità, la cosiddetta valutazione equitativa del danno.

Questa regola presuppone sempre che sia dimostrata l’esistenza di un danno, non potendo il giudice utilizzare i suoi poteri equitativi per accertare la sussistenza del pregiudizio la prova del quale sarà sempre onere del danneggiato.

Il danno patrimoniale

Si definisce “danno patrimoniale” la lesione che un soggetto subisce al suo patrimonio e che si valuta subito in termini monetari.

Si distingue tra:

La lesione diretta del patrimonio del danneggiato o danno emergente.

La lesione del patrimonio in prospettiva rappresentata dai minori guadagni che il danneggiato realizzerà in seguito dalla lesione della sua posizione o lucro cessante.

Il danno non patrimoniale

Il danno non patrimoniale consiste nella lesione di un bene della vita che non può essere oggetto di quantificazione economica.

Ad esempio un danno all’onore.
La possibilità di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale è disciplinata dall’articolo 2059 del codice civile che si interpreta nel senso di consentire il risarcimento dei pregiudizi che seguono alla lesione di una posizione relativa alla persona, e che trova un riconoscimento nella Costituzione.

In un passato recente si era soliti distinguere il danno patrimoniale in categorie:

Il danno biologico, relativo alla vita, il danno morale, relativo al dolore per avere subito un reato e il danno esistenziale, relativo a lesioni della sfera personale che determinavano una situazione nella quale la vittima non era più in grado di portare avanti attività e abitudini che avevano caratterizzato il suo precedente stile di vita.

Questa suddivisione è stata abbandonata a seguito di una serie di pronunce della  Suprema Corte di Cassazione che ha ha chiarito che il danno non patrimoniale è una categoria unica e indivisibile e che i profili che in precedenza venivano utilizzati per effettuare questa distinzione hanno l’unica funzione di individuare dei parametri per la quantificazione del danno non patrimoniale a patto che incidano su beni della vita che sono riconosciuti e tutelati dalla Costituzione.
Per questo ad esempio, è stato più volte negato il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale che consiste nella perdita del legame affettivo con il proprio animale da compagnia che veniva ucciso, volontariamente o colposamente, da terzi, sulla base del rilievo per il quale questo tipo di rapporto non trova un esplicito riconoscimento nella Costituzione.

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