I rimedi contro gli atti dell’Ufficiale giudiziario

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In punto di diritto è esclusa in radice una autonoma impugnabilità, con azione ordinaria di cognizione, degli atti compiuti da qualunque ausiliario del giudice e, tra questi, di quelli dell’Ufficiale giudiziario dovendo tali atti essere sottoposti esclusivamente al controllo del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 60 cod. proc. civile.

Pertanto è stata dichiarata improcedibile la domanda di accertamento negativo o di opposizione esecutiva formulata avverso un atto dell’Ufficiale giudiziario dell’Uffici UNEP con cui veniva data notizia della pendenza di una procedura esecutiva mobiliare con avviso che, in mancanza di comunicazioni, si sarebbe proceduto all’apertura forzata per procedere al chiesto pignoramento.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la sentenza del 6 marzo 2018, n. 5175, mediante la quale ha rigettato il ricorso e disposta la cassazione senza rinvio con preclusione di ogni doglianza relativa al merito della vicenda ed al suo sviluppo processuale.

La vicenda

La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che l’avv. Mevia, consorte e già procuratrice dell’avv. Decio, cui Tizio aveva intimato nel 2013 precetto di pagamento fondato sulla sentenza n. 1XXX/2012 della Corte di appello di Brescia, insorse – prospettando la sua azione quale domanda di accertamento negativo o, in alternativa e rimettendone la qualificazione all’adito giudice, opposizione esecutiva – dinanzi al Tribunale di Bergamo avverso l’atto del 2014 (n. 6XXX crononologio) dell’Ufficiale giudiziario dell’Ufficio unico notifiche esecuzioni e protesti (UNEP) presso quell’ufficio, con cui, data anche a lei notizia della pendenza di una procedura esecutiva mobiliare, le si era dato avviso che, in mancanza di comunicazioni, si sarebbe proceduto all’apertura forzata per procedere al chiesto pignoramento.

Tizio contestava in rito e nel merito l’avversa domanda che, qualificata dal giudice come «opposizione ex artt. 617 e 618 cpc», fu rigettata qualificando come svista o distrazione dell’Ufficiale giudiziario la menzione nell’atto oggetto di causa pure dell’avv. Mevia, oltre che dell’effettivo esecutato avv. decio, espressamente qualificato come il solo contro cui era stata richiesta l’esecuzione dal procedente e poteva quindi dirsi pendente una procedura esecutiva.

Per la cassazione di tale sentenza Mevia ricorre con atto articolato su nove motivi.

I motivi di ricorso

Per quanto è qui di interesse la ricorrente avv. Mevia con il primo motivo lamenta la «violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.».

Con il secondo motivo (a pag. 13 del ricorso), lamenta «violazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. (A e B)».

Con il terzo motivo (a pag. 18 del ricorso), di «violazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2700 c.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.».

La decisione

La Corte di Cassazione, mediante la menzionata sentenza n. 5175/2018 ha ritenuto i motivi non fondati ed ha rigettato il ricorso.

Invero Mevia è insorta, prospettando l’azione alternativamente come di accertamento negativo o di opposizione esecutiva e lasciando al giudice la relativa qualificazione, avverso un atto compiuto da un ausiliario del giudice dell’esecuzione, quale l’Ufficiale giudiziario, consistente nel preavviso di un successivo accesso forzoso in adempimento di una richiesta di pignoramento mobiliare, la quale però si è rivelata essere stata dal creditore procedente formulata nei confronti del solo avv. Decio.

Ebbene, la giurisprudenza della Corte con orientamento consolidato nel tempo ha escluso in radice una autonoma impugnabilità, con azione ordinaria di cognizione, degli atti compiuti da qualunque ausiliario del giudice e, tra questi, di quelli dell’Ufficiale giudiziario.

Tali atti vanno, invero, sottoposti esclusivamente al controllo del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 60 cod. proc. civ. – o nelle eventualmente diverse, come nel caso dell’art. 591-ter cod. proc. civ. (Corte di Cassazione, ord. 20/01/2011, n. 1335), forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato – e solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull’istanza dell’interessato sarà possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all’art. 617 cod. proc. civ. (sul principio generale: Corte di Cassazione, 21/03/2008, n. 7674; successivamente: Corte di Cassazione, 30/09/2015, n. 19573; Corte di Cassazione, ord. 12/12/2016, n. 25317).

Di conseguenza, poiché il processo esecutivo comporta un sistema chiuso di rimedi e non è ammessa quindi azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative specificamente previste da detto sistema processuale (tra le ultime: Cass. 20/03/2014, n. 6521; Cass. 02/04/2014, n. 7708; Cass. 31/10/2014, n. 23182; Cass. 29/05/2015, n. 11172; Cass. ord. 14/06/2016, n. 12242), non può che rilevarsi come, qualunque ne fosse stata la qualificazione prospettata o rimessa al giudice, l’azione di cognizione, anziché il reclamo al giudice dell’esecuzione, non potesse essere in alcun modo o caso intrapresa: ciò che impone di cassare senza rinvio la sentenza che la ha definita.

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In conclusione deve trovare applicazione alla fattispecie il seguente principio di diritto: «poiché il processo esecutivo è articolato su di un sistema chiuso di rimedi e non è consentita azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative cognitive specificamente previste da detto sistema processuale, non è ammessa la contestazione di un atto dell’Ufficiale giudiziario (nella specie: avviso di prosecuzione di operazioni di pignoramento mobiliare rivolto anche a chi non era debitrice esecutata) nelle forme di un’ordinaria azione di cognizione o di un’opposizione esecutiva, essendo anche tale atto assoggettato esclusivamente al controllo del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 60 cod. proc. civ. o nelle eventualmente diverse forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato; sicché solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull’istanza dell’interessato è possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all’art. 617 cod. proc. civ.».

 

Avv. Mancusi Amilcare

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