Riforma forense: come cambia il compenso dell’Avvocato

Redazione 08/01/13
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Anna Costagliola

La riforma forense, definitivamente approvata dal Parlamento il 21 dicembre 2012, già firmata dal Presidente della Repubblica ed attualmente in attesa di pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ha ridisegnato le norme sui compensi degli avvocati, anche alla luce dei parametri ministeriali introdotti con il D.M. 140/2012 per la liquidazione giudiziale delle parcelle ai professionisti.

Nel testo della riforma viene previsto, in linea generale, che il compenso professionale venga stabilito in accordo libero tra le parti; la pattuizione avverrà di regola per iscritto all’atto di conferimento dell’incarico. Già dall’art. 9, co. 4, del D.L. 1/2012, letto in combinato disposto con l’art. 2233, co. 3, c.c., si desumeva la necessità della forma scritta per l’accordo sul compenso degli avvocati; ora l’art. 13 della legge di riforma dice espressamente che nelle relazioni tra avvocato e cliente l’accordo sul compenso va fatto per iscritto.

La pattuizione del compenso può dunque avvenire liberamente; precisa il comma 3 che è ammessa la pattuizione:

a) a tempo;

b) in misura forfetaria;

c) per convenzione avente ad oggetto uno o più affari;

d) in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione;

e) per singole fasi o prestazioni o per l’intera attività;

f) a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione.

Si tratta peraltro di tecniche già utilizzabili prima che la riforma le coniasse, in applicazione del principio di libera determinazione del compenso nella prestazione dell’attività professionale (art. 2233 c.c.). Unico limite è dato dal divieto del patto di quota-lite, sancendosi l’espresso divieto dei patti con i quali l’avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa.

A carico del professionista è posta una serie di obblighi informativi, essendo questi tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico e degli oneri conseguentemente ipotizzabili, dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico. Il professionista, dunque, dovrà effettuare una valutazione ex ante dell’impegno che richiederà lo svolgimento della prestazione e degli oneri ipotizzabili, comunicando il tutto al suo assistito.

Il preventivo delle spese legali non è obbligatorio, ma solo facoltativo: pertanto, la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale, andrà comunicata al cliente solo previa sua richiesta.

Quando all’atto dell’incarico, o successivamente, il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, e nei casi in cui la prestazione professionale sia resa nell’interesse dei terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge, si applicheranno direttamente i «parametri» fissati ogni 2 anni con decreto ministeriale, sentito il Consiglio nazionale forense. La legge chiarisce come detti parametri, sostitutivi delle vecchie tariffe forensi, debbano essere formulati in modo da favorire la trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali e l’unitarietà e la semplicità nella determinazione dei compensi.

Da precisare, ancora, come la legge di riforma abbia reintrodotto nel sistema ordinistico forense, accanto al compenso per la prestazione professionale, comprensivo del rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, anche il rimborso delle spese forfetarie, la cui misura massima va determinata con lo stesso decreto di fissazione dei parametri. Si tratta, in pratica, di una voce di costo autonoma, indipendente dal valore e dalla complessità delle questioni trattate, e direttamente correlata alla gestione dello studio professionale, nonché alle spese relative, a titolo esemplificativo, al personale e all’acquisto e gestione degli strumenti utilizzati dal professionista.

Se, infine, avvocato e cliente non raggiungono l’accordo, ciascuno di essi può rivolgersi al consiglio dell’ordine affinché esperisca un tentativo di conciliazione. In mancanza di accordo, il consiglio, su richiesta dell’iscritto, può rilasciare un parere sulla congruità della pretesa dell’avvocato in relazione all’opera prestata.

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