Lo nuovo codice del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, approdato al tavolo del Consiglio dei ministri, prevede una riforma, quella fallimentare, in cui si vuole riscrivere quella penale, per renderla più uniforme a quella civile. Lo scopo è quello di anticipare lo stato di crisi e intervenire fino a quando è possibile, lasciando che la liquidazione giudiziale risulti l’ultimo momento.
Le novità
Una delle principali novità riguarda l’introduzione di meccanismi di allerta, i quali intervengono nel momento della manifestazione di eventuali segnali di possibile crisi, consentendo di attivare rimedi di tipo stragiudiziale e conciliativi in grado di risolvere la situazione attraverso negoziati, anche con una sola parte dei creditori. Presso le Camere di Commercio sono stati così istituiti organismi competenti ad assistere il debitore.
Al fine di prevenire la crisi enti quali l’Agenzia delle Entrate, l’Inps e gli agenti di riscossione sono obbligati a comunicare anticipatamente eventuali segnali di avversità dell’impresa. Per le persone giuridiche, invece, tale onere è demandato ai revisori contabili, alle società di revisione o agli organi di controllo.
L’esebitazione
Per quelle insolvenze minori è previsto l’istituto dell’esdebitazione di diritto, con cui una volta conclusa la procedura di liquidazione giudiziale, non si richiede alcun provvedimento dell’autorità giudiziaria.
All’opposto, quando l’insolvenza riguarda dei gruppi d’impresa è prevista una procedura unitaria, che si può realizzare in un’unica sede, attraverso criteri di competenza territoriale idonei o in sedi diverse, ma con reciproci obblighi d’informazione. Un uniunico quindi per ottenere l’omologazione degli accordi di ristrutturazione e per l’ammissione al concordato preventivo.
Per quel che attiene il concordato la riforma intende mantenere l’istituto limitatamente a quello “in continuità” visto che consente all’azienda di continuare l’attività, anche in presenza di una crisi o di un’insolvenza vera e propria.
Da ultimo, si intende aumentare le responsabilità in capo a imprenditori e amministratori, al fine di tutelare mercato e collettività. All’imprenditore la riforma chiede di proteggere l’integrità aziendale, attivandosi il prima possibile, se presagisce che la propria impresa possa andare incontro a un periodo di squilibrio finanziario. Maggiore responsabilità anche per gli amministratori delle società. A loro il compito di conservare il patrimonio sociale, visto che, qualora dovesse risultare insufficiente a soddisfare i diritti dei creditori, saranno chiamati a risponderne direttamente.
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Le vendite competitive nel fallimento
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