La Corte di giustizia dell’Unione Europea (Sezione V, sentenza 18 dicembre 2025 nella causa C-184/24) ha chiarito che gli Stati membri possono sanzionare il richiedente che ostacola il trasferimento, bensì devono garantire sempre un tenore di vita dignitoso, specie in presenza di minori. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
- 1. Padre e figlio minorenne a rischio esclusione dal sistema di accoglienza
- 2. Fino a che punto può spingersi la sanzione?
- 3. Revoca totale illegittima, ma lo Stato può intervenire con misure proporzionate
- 4. Poteri coercitivi sì, purché rispettino i diritti fondamentali
- 5. Implicazioni per l’Italia e per gli altri Stati membri
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1. Padre e figlio minorenne a rischio esclusione dal sistema di accoglienza
Un uomo e il figlio, all’epoca minorenne, erano ospitati presso un centro di accoglienza a Milano. Nel 2023 la Prefettura aveva disposto la revoca integrale delle condizioni materiali di accoglienza, ovvero alloggio, vitto e vestiario, dopo che l’uomo aveva rifiutato più volte il trasferimento in un’altra struttura, sempre collocata nel capoluogo lombardo. Il trasferimento era motivato da esigenze di indole organizzativa: il nucleo occupava un alloggio destinato a quattro persone, ritenuto più idoneo per famiglie numerose. L’uomo, però, si era opposto, sostenendo che il figlio frequentava una scuola nelle immediate vicinanze del centro originario. Il ricorrente aveva impugnato il provvedimento innanzi al TAR Lombardia, denunciando che la revoca totale lo privava della possibilità di soddisfare i bisogni primari propri e del figlio, in violazione della direttiva 2013/33/UE e delle tutele previste per i soggetti vulnerabili. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
2. Fino a che punto può spingersi la sanzione?
Il TAR Lombardia si è rivolto alla Corte di giustizia chiedendo se la normativa italiana, che consente la revoca totale delle condizioni materiali di accoglienza anche in caso di rifiuto del trasferimento, sia compatibile con l’articolo 20 della direttiva 2013/33/UE. Il nodo interpretativo risultava duplice:
- il rifiuto di trasferimento può essere equiparato all’abbandono del centro, che giustifica la revoca totale?
- la revoca integrale è ammissibile come sanzione per una violazione delle regole del centro?
3. Revoca totale illegittima, ma lo Stato può intervenire con misure proporzionate
Il collegio della V Sezione della Corte di giustizia della UE ha escluso che il comportamento dell’uomo possa essere qualificato come abbandono del centro o ritiro implicito della domanda di protezione. Il richiedente, infatti, non aveva lasciato la struttura né aveva cessato di cooperare con le autorità. Tuttavia, il rifiuto reiterato e ingiustificato di trasferirsi può costituire una grave violazione delle regole del centro, in quanto ostacola la gestione del sistema di accoglienza e impedisce l’utilizzo efficiente degli alloggi. Da ciò deriva che:
- una sanzione è possibile, ma
- non può mai consistere nella revoca totale delle condizioni materiali di accoglienza, né in misure che privino il richiedente della possibilità di soddisfare bisogni essenziali.
La Corte richiama il principio di proporzionalità e la necessità di garantire sempre un tenore di vita dignitoso, come imposto dall’articolo 20, paragrafo 5, della direttiva. Il divieto è ancora più stringente quando, come nel caso di specie, il nucleo familiare comprende un minore e un genitore singolo, categorie espressamente protette dagli articoli 21 e 23 della direttiva.
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4. Poteri coercitivi sì, purché rispettino i diritti fondamentali
La Corte di Giustizia UE riconosce che gli Stati membri possono ricorrere ai poteri coercitivi previsti dal diritto nazionale per eseguire il trasferimento, purché ciò avvenga:
- nel rispetto della dignità del richiedente,
- senza violare i diritti fondamentali,
- senza comportare la perdita dell’accesso ai bisogni primari.
In altre parole, lo Stato può forzare il trasferimento, ma non può “punire” il rifiuto con la privazione dell’alloggio o del sostentamento.
5. Implicazioni per l’Italia e per gli altri Stati membri
La decisione incide direttamente sull’interpretazione dell’articolo 23 del d.lgs. 142/2015, che disciplina la revoca delle misure di accoglienza. Il giudice nazionale dovrà ora verificare se il provvedimento prefettizio rispetti i criteri di proporzionalità e tutela dei soggetti vulnerabili, alla luce dei principi affermati dalla Corte. La sentenza si inserisce nel solco della giurisprudenza Haqbin e Ministero dell’Interno (C‑422/21), ribadendo che la gestione dell’accoglienza non può mai tradursi in misure che mettano a rischio la dignità umana. La Corte di giustizia UE chiarisce un punto cruciale, ovvero che il sistema di accoglienza può e deve essere gestito in modo efficiente, bensì non a costo di lasciare senza mezzi di sussistenza chi chiede protezione internazionale. Il rifiuto di un trasferimento può essere sanzionato, ma entro limiti rigorosi. La dignità del richiedente, e ancor più quella dei minori, rimane un confine invalicabile.
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