Il ricorso alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri

Il ricorso alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi in seguito ad un provvedimento di differimento o diniego.

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Uno dei rimedi previsti dalla legislazione corrente è quello di ricorrere alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in seguito ad un provvedimento di differimento o diniego, anche parziale, emanato dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato. Per approfondire, puoi consultare la nostra Guida normativa per l’Amministrazione Locale, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

Decisione Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi

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Indice

1. La vicenda: il tentativo di accesso ai documenti amministrativi


Il dipendente di un Ente Pubblico di ricerca partecipa al concorso pubblico bandito dalla stessa struttura di appartenenza, per l’assunzione con contratto a tempo pieno e indeterminato nel profilo di funzionario amministrativo di V livello professionale.
Non avendo superato le prove scritte lo stesso esercita il diritto di accesso ai documenti amministrativi attraverso la procedura ormai consolidata prevista dall’art. 22 dalla Legge n. 241 del 7 agosto 1990, chiedendo l’ostensione della valutazione dei titoli e delle prove scritte del richiedente e dei candidati ammessi alla prova orale. La richiesta peraltro è avvenuta in data successiva all’espletamento delle prove orali.
Con nota del Responsabile del Procedimento notificata al dipendente, la pubblica amministrazione, inaspettatamente, differisce l’accesso in quanto ritiene che vi sia “l’evidente necessità di non intralciare la conclusione del procedimento in corso assicurando al contempo la riservatezza dei lavori della commissione e la tutela dell’anonimato garantendo comunque, da un lato, il buon andamento e la trasparenza dell’azione amministrativa e, dall’altro, il diritto di difesa e l’interesse del privato istante”, richiamando giurisprudenza(ex multis, Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 4 dicembre 2017, n. 5726; T.A.R. Lazio, sede di Roma, sez. I-quater, sentenza 11 gennaio 2018, n. 275).
Decorsi trenta giorni dalla notifica dell’adozione del già menzionato atto, il concorrente torna a richiedere la documentazione relativa alla procedura concorsuale e con provvedimento illegittimo, l’Amministrazione accoglie solo parzialmente l’istanza, trasmetto alcuni verbali non utili alla valutazione delle prove, rigettando per il resto la richiesta.
Avverso tale parziale diniego il concorrente ritiene di adire la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, affinché si pronunci sulla legittimità del provvedimento ai sensi dell’art. 25 della legge 241/1990.
L’Amministrazione non fa pervenire la propria memoria alla Commissione; quest’ultima chiede di notiziare la propria Segreteria circa le conseguenti determinazioni assunte dall’Ente. Per approfondire, puoi consultare la nostra Guida normativa per l’Amministrazione Locale, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

2. La Commissione ed i suoi poteri


La CADA è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri ed è così composta: due senatori e due deputati, designati dai Presidenti delle rispettive Camere; quattro fra i magistrati e gli avvocati dello Stato, designati dai rispettivi organi di autogoverno; uno tra i professori di ruolo in materia giuridica – amministrativa, designato dal Ministero dell’Università e della Ricerca; il capo della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri è membro di diritto e svolge il supporto organizzativo per il funzionamento della Commissione (Capo del Dipartimento per il coordinamento amministrativo).
La Legge 11 febbraio 2005 n. 15 istituisce la Commissione modificando allo stesso tempo numerosi
articoli della L. 241/90. Il percorso è completato con il Decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile 2006, n. 184 (dove viene abrogato il vecchio d.P.R. 352/1992 e la decisione dell’adunanza plenaria del C.d.S. 7/2006) che disciplina i profili funzionali della Commissione ed ha di fatto attivato il concreto funzionamento della Commissione.
Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato la richiesta di riesaminare le determinazioni prese può essere rivolta alla Commissione oppure direttamente all’Ente che ha emanato il provvedimento. La Commissione svolge due funzioni: quella di vigilanza e quella giustiziale. La prima è esercitata nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni ed è indirizzata a garantire i livelli essenziali delle attività in materia di accesso, affinché sia attuato il principio di piena conoscibilità dell’attività della pubblica amministrazione con il rispetto dei limiti fissati dalla legge 241/1990. L’attività giustiziale consistente nel potere di decidere in merito ai ricorsi contro il diniego, anche parziale, o il differimento dell’accesso opposto dalle amministrazioni. Occorre precisare, dolendosi, che tale funzione scaturisce da atti e comportamenti amministrativi e come tali non hanno la forza coercitiva di imporre la decisione all’Ente, il quale potrebbe persistere nel rifiuto dell’ostensione degli atti sia con un provvedimento che conferma di diniego o il differimento, sia facendo decorrere i trenta giorni dalla decisione della Commissione senza darne seguito. In questo caso si formerebbe il silenzio-accoglimento a favore dell’istante ma proprio in ragione del fatto che non è una misura costrittiva non vi è la possibilità di agire per l’ottemperanza nei confronti della struttura; nella denegata ipotesi di silenzio-assenso o conferma del provvedimento, l’unico rimedio per ottenere l’ostensione degli atti rimane una pronuncia favorevole del T.A.R.. Ma vi è di più: per quanto la Legge n. 15 del 2005 abbia attribuito alla Commissione la nuova funzione giustiziale appare comunque che questa sia limitata nell’ambito dell’operatività perché è possibile ricorrere solo per atti di diniego, anche parziale, o di differimento dell’accesso adottati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, mentre contro gli atti emanati dalle Regioni, Provincie o Comuni si deve ricorrere al difensore civico.
La Commissione è poi titolare della funzione consultiva. L’art. 11 del d.P.R. 184/2006 prevede che può esprime pareri per finalità di coordinamento dell’attività organizzativa delle amministrazioni in materia di accesso e per garantire l’uniforme applicazione dei principi, sugli atti che le singole amministrazioni adottano ai sensi dell’articolo 24, comma 2, della legge 241/90, nonché, ove ne sia richiesta, su quelli attinenti all’esercizio e all’organizzazione del diritto di accesso.

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3. I presupposti ed il ricorso


In primis occorre precisare che è assicurato il contraddittorio perché in seguito all’istanza presentata, la Commissione informa la struttura che ha emanato l’atto dell’avvio del ricorso e può domandare anche ulteriori spiegazioni all’Ente chiedendo atti utili ai fini della decisione. Quest’ultimo può costituirsi inviando alla Commissione la documentazione che ritiene necessaria. Nel caso di specie l’ente pubblico ha deciso di non produrre memoria ed il procedimento è proseguito in contumacia.
La notifica dell’avvio del procedimento è in capo al ricorrente e la tutela del controinteressato è garantita dall’articolo 12 del  d.P.R. 184/2006 il quale viene sostanzialmente equiparato al ricorrente principale in quanto nel termine di quindici giorni dall’avvenuta comunicazione può depositare le sue controdeduzioni, anche se, nel caso in esame, è stato precisato che non fosse necessaria la notifica agli altri concorrenti in ragione del fatto che non avrebbero rivestito la qualifica di “controinteressato” in senso tecnico.
Il ricorso deve contenere gli elementi indispensabili come previsto all’art. 12, comma 3, d.P.R. 184/2006 e può essere inviato a mezzo fax o per posta elettronica certificata. Devono inoltre essere allegati, come previsto al comma 4, tutti gli elementi richiesti utili ai fini della decisione. L’assenza di uno di questi comporta l’inammissibilità del ricorso.
Le sedute della Commissione non sono pubbliche e delibera a maggioranza dei presenti. Da notare che, qualora la Commissione sia chiamata a pronunciarsi su motivi inerenti dati personali di soggetti terzi, questa deve obbligatoriamente sentire il Garante per la privacy facendo così allungare i termini per la decisione di venti giorni.
Nel caso in commento e addentrandosi nel merito, non si può che essere d’accorso non quanto deciso dalla Commissione soprattutto perché la legittimazione ad accedere ai documenti amministrativi deriva proprio dal fatto di essere un partecipante alla selezione pubblica. Così anche il consolidato orientamento della Commissione e della giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, 5 agosto 2022, n. 11050). Inoltre, <<in linea di principio, sussiste il diritto di accedere a tutti gli atti della procedura concorsuale e non vi sono limiti ai documenti ostensibili, essendo noto che le domande e i documenti prodotti dai candidati, i verbali, le schede di valutazione e gli stessi elaborati di un concorso pubblico costituiscono documenti rispetto ai quali deve essere esclusa in radice l’esigenza di riservatezza e tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l’essenza della valutazione>> (cfr.ex plurimis, T.A.R. Roma, Lazio, sez. II, 10/12/2019, n. 14140).

4. La decisione


Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo (art 25, comma V, L. 241/90). La Commissione decide entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, decorso tale termine il ricorso si intende respinto (art 25, comma IV, L. 241/90).
Il ricorso, nel caso in esame, è fondato.
In seguito al differimento notificato al richiedente, quest’ultimo, decorsi trenta giorni dal provvedimento di accertamento della regolarità formale della procedura e di approvazione degli atti, torna a richiedere la documentazione relativa alla procedura concorsuale.
Con provvedimento l’Amministrazione resistente accoglie solo parzialmente la richiesta di ostensione e invia al richiedente, si desume con fare surrettizio, verbali e allegati non utili a confrontare e valutare le prove, rigettando per il resto l’accesso, con motivazione priva di ogni qualsivoglia pregio giuridico e amministrativo “in quanto non emerge alcun interesse diretto, concreto ed attuale dalla disamina della documentazione relativa alla fase di colloquio […] in assenza della dimostrazione circa la “stretta indispensabilità” della richiesta di documentazione onnicomprensiva, da Lei formulata, la Sua istanza di accesso finisce per tradursi nel tentativo “meramente esplorativo” di conoscere tutti gli atti della procedura concorsuale”.
L’istanza di accesso è rivolta all’acquisizione di atti già esistenti e specificamente individuati. L’interesse diretto, concreto ed attuale è per di più rinvenibile nel fatto intrinseco di aver partecipato alla selezione pubblica in quanto il soggetto è portatore di un interesse differenziato rispetto agli altri consociati e la indispensabilità di favorire l’accesso è congrua con il diritto del richiedente di ricevere documentazione valevole per il possibile esperimento del ricorso giurisdizionale e quindi l’istanza trova la ragione d’essere non solo sul principio generale di favorire la partecipazione, la trasparenza e assicurare l’imparzialità, ma anche e soprattutto nel fatto che l’accesso appare come un bene della vita autonomo che il legislatore tutela. Ne consegue che, con l’infelice locuzione “meramente esplorativo”, l’Amministrazione non coglie nel segno risultando di fatto un palese sotterfugio capzioso e anacronistico.
Confidando nel fatto che anche un popolo di diavoli necessita di una buona Amministrazione, è giusto credere che il diritto, se violentato, si ribella.

Avv. Massimo Sabatini Terreni

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