Ricongiungimento familiare: come funzione la procedura

Redazione 24/08/20
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Ricongiungimento e coesione familiare

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Definiamo ricongiungimento familiare l’istituto che consente al cittadino di un paese non appartenente all’Unione europea, regolarmente soggiornante in Italia, di ottenere l’ingresso e la conseguente autorizzazione al soggiorno per alcuni suoi familiari essi pure stranieri o apolidi, secondo modalità e limiti indicati dalla legge.
Riteniamo invece preferibile qualificare come “coesione familiare” l’esercizio del diritto al l’unità familiare da parte del cittadino straniero (non importa se apolide, cittadino dell’Unione europea o di un paese terzo) che richieda l’ingresso in Italia e/o l’autorizzazione al soggiorno perché familiare di un cittadino italiano o di un cittadino europeo che sta esercitando in Italia il suo diritto di libera circolazione.

A spiovere tra queste due fattispecie si colloca, inoltre, quella riguardante la coesione familiare con il cittadino “extracomunitario” già regolarmente soggiornante in Italia da parte di un cittadino europeo che non abbia da se stesso i requisiti di soggiorno.
L’individuazione nelle diverse situazioni, ora brevemente definite, segue solo in via tendenziale la ripartizione di competenza che vede il diritto europeo occuparsi dei familiari di cittadini europei (o italiani) e il diritto dell’immigrazione occuparsi invece dei familiari dei cittadini non europei soggiornanti in Italia.
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L’art. 23 del d.lgs. 30 del 2007, che dispone l’applicabilità anche ai cittadini italiani che non stiano esercitando la libertà di circolazione (e dunque anche ai loro familiari stranieri) la disciplina di recepimento della direttiva 2004/38/CE, rende meno rilevante, ai fini pratici di questo manuale, l’analisi dell’interessante giurisprudenza con la quale la Corte di Giustizia è andata individuando una serie di situazioni nelle quali sia pure in via eccezionale, a prescindere dall’ambito di applicazione del diritto derivato in materia di libertà di circolazione, non può comunque essere negato il diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo perché altrimenti verrebbe pregiudicato in capo al familiare europeo l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione.
Ciò avverrebbe se da tale diniego opposto al cittadino straniero derivasse la necessità per il familiare europeo di abbandonare lui stesso il territorio dell’Unione perdendo così il godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti connessi allo status di cittadino europeo (2).
Perché ciò accada la Corte ha però precisato che non è di per sé sufficiente “la mera circostanza che possa apparire auspicabile a un cittadino di uno Stato membro, per ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, che i suoi familiari, che non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro, possano soggiornare con lui nel territorio dell’Unione”.

La disciplina

La disciplina del ricongiungimento familiare è assoggettata a vincoli piuttosto labili di armonizzazione del diritto europeo (si veda in particolare la direttiva 2003/86/CE).
Va comunque sin d’ora segnalata l’importanza dell’interpretazione autentica del diritto europeo da parte della Corte di Giustizia, secondo la quale il carattere fondamentale del diritto alla vita familiare impone, per quanto possibile, di interpretare ampiamente le disposizioni della citata direttiva che garantiscono il ricongiungimento familiare e restrittivamente, invece, quelle che vi pongono limiti.
La Corte ha anche affermato che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86/CE “deve essere interpretato nel senso che, se è pur vero che gli Stati membri possono chiedere che il soggiornante dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari”, tuttavia nel fare ciò essi devono “esaminare le domande di ricongiungimento familiare nell’interesse dei minori interessati oltre che nell’ottica di favorire la vita familiare”, evitando di pregiudicare l’obiettivo di tale direttiva ed il suo effetto utile.
Proprio il favor minoris sembra inoltre sospingere la Corte europea dei diritti dell’uomo oltre il consueto limite della tutela della vita familiare degli immigrati solo riguardo alle famiglie già costituitesi sul territorio degli Stati membri, affermando che il diniego del ricongiungimento familiare del figlio debba comunque essere ben ponderato dalle autorità tenendo nel debito conto l’interesse del minore.
Quanto all’ordinamento interno, l’art. 28 t.u. riconosce in primo luogo, “il diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare agli stranieri titolari di carta di soggiorno (oggi: permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo) o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari”.
Hanno dunque diritto al ricongiungimento familiare sia gli stranieri titolari di protezione sussidiaria, sia gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, tanto più dopo l’estensione della validità di questo titolo di soggiorno a due anni quando il suo rilascio sia stato deciso dalla Commissione per il riconoscimento della protezione internazionale.
Può peraltro ritenersi che qualsiasi autorizzazione al soggiorno di durata non inferiore ad un anno legittimi la richiesta di ricongiungimento familiare. In tal senso sembrano porsi il prevalente orientamento giurisprudenziale ed alcuni importanti interventi della Consulta.
L’art. 28 del testo unico non va inteso nel senso che al momento della richiesta di ricongiungimento la scadenza della validità del permesso di soggiorno non debba essere inferiore all’anno. Occorre invece fare riferimento alla durata legale del titolo di soggiorno, come riportata nel documento di soggiorno stesso.
Norme derogatorie consentono però il ricongiungimento familiare anche ad alcuni privilegiati titolari di permessi di soggiorno della durata inferiore ad un anno, come nel caso dei titolari di un permesso di soggiorno per ricerca scientifica (art. 27-ter, c. 8, t.u, anche in mancanza del requisito di idoneità dell’alloggio); nonché dei titolari Carta blu UE (art. 27-quater, c. 16 e nei casi di cui all’art. 27-quinquies, c. 23).

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