Riciclaggio mediante diritto penale: modifiche al codice penale

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Il legislatore, con il decreto legislativo, 8 novembre 2021, n. 195, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 30 novembre, dando attuazione alla direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante diritto penale, è intervenuto su tale disciplina a livello domestico, apportando diverse modificazioni al codice penale.

Orbene, scopo del presente scritto è quello di esaminare siffatte modificazioni.

Indice:

La modifica apportata all’art. 9 cod. pen.

L’art. 1, co. 1, lettera a), d.lgs. n. 195/2021 ha modificato l’art. 9 del cod. pen. nel seguente modo: “all’articolo 9, quarto comma, dopo la parola «321», è inserito il segno di interpunzione: «,» ed è soppressa la congiunzione: «e» e dopo la parola «346-bis», sono aggiunte le seguenti: «, 648 e 648-ter.1»”.

Di conseguenza, per effetto di tale intervento, adesso, nei casi previsti dalle disposizioni precedenti a questo articolo del cod. pen., non è più necessaria la richiesta del Ministro della giustizia o l’istanza o la querela della persona offesa, non solo quando si proceda per i delitti previsti dagli articoli 320, 321 e 346-bis cod. pen., ma anche quando si contestino i reati di cui agli articoli 648 e 648-bis del cod. pen..

La modifica apportata all’art. 240-bis cod. pen.

L’art. 1, co. 1, lettera b), d.lgs. n. 195/2021 ha emendato la norma che regola la confisca in casi particolari, vale a dire l’art. 240-bis cod. pen., nella susseguente maniera: “all’articolo 240-bis, primo comma, le parole «648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma» sono sostituite dalle seguenti: «648, esclusa la fattispecie di cui al quarto comma”.

Dunque, per effetto di questa norma, la confisca, preveduta dall’art. 240-bis, co. 1, cod. pen., non è obbligatoria, come invece previsto sempre da questo precetto giuridico, allorchè la ricettazione sia di particolare tenuità, fermo restando che è evidente come tale emenda sia stata dettata per una mera esigenza di coordinamento dovendo il “vecchio” comma secondo dell’art. 648 cod. pen. essere rinumerato come quarto comma alla luce delle modificazioni apportate all’art. 648 del cod. pen., sempre a causa della normativa qui in commento, che esamineremo da qui a poco.

Le modifiche apportate all’art. 648 cod. pen.

L’art. 1, co. 1, lettera c), d.lgs. n. 195/2021 ha apportato diverse modificazioni all’art. 648 cod. pen.. Difatti, con tale articolo, è stato disposto quanto segue: “all’articolo 648:
1) dopo il primo comma, sono aggiunti i seguenti: «La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 300 a euro 6.000 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi. La pena è aumentata se il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.»;
2) il secondo comma è sostituito dal seguente: «Se il fatto è di particolare tenuità, si applica la pena della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 1.000 nel caso di denaro o cose provenienti da delitto e la pena della reclusione sino a tre anni e della multa sino a euro 800 nel caso di denaro o cose provenienti da contravvenzione.»;
3) al terzo comma, la parola «delitto», ovunque ricorra, è sostituita dalla seguente: «reato»”.

Ebbene, esaminando queste modificazioni una per una, la prima consiste nell’inserimento di due ulteriori commi.

Il primo comma, invero, statuisce una pena inferiore rispetto a quella prevista di norma per questo illecito penale (da due a otto anni di reclusione e la multa da euro 516 a 10.329), e segnatamente un trattamento sanzionatorio, appunto più “mite”, che va da uno a quattro anni e della multa da euro 300 a euro 6.000, il quale ricorre quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

Dunque, è comminabile questa pena più lieve quando il reato presupposto sia: a) una contravvenzione; b) sanzionato con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

Va da sé quindi che tale comma non è applicabile ove non ricorrano congiuntamente queste condizioni.

Chiarito ciò, l’altro comma dispone che la pena è aumentata se il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

Si tratta di conseguenza di una aggravante speciale ad effetto comune, in quanto implica un aumento sino ad un terzo, che può ricorrere solo se il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

E’ pertanto necessario che vi sia questo legame causale tra il reato di ricettazione commesso e lo svolgimento di un’attività professionale, non potendo applicarsi questo elemento accidentale laddove tale legame non vi sia.

Detto questo, a sua volta, se il precedente secondo comma dell’art. 648 cod. pen. si limitava a stabilire che la “pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 516 se il fatto è di particolare tenuità”, è stata ora elevata la pena pecuniaria da euro 516 a 1000, nel caso di denaro o cose provenienti da delitto, ed euro 800, nel caso di denaro o cose provenienti da contravvenzione.

All’ultimo comma (in precedenza comma terzo), infine la parola “delitto” è sempre sostituita dalla parola “reato”.

E’ dunque, se prima era sancito che le “disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto”, è adesso invece disposto quanto segue: “Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del reato, da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale reato”.

Le modifiche apportate all’art. 648-bis cod. pen.

L’art. 1, co. 1, lettera d), d.lgs. n. 195/2021 ha modificato l’art. 648-bis del cod. pen. nella susseguente maniera:
“1) al primo comma sono soppresse le parole «non colposo»;
2) dopo il primo comma, è aggiunto il seguente:
«La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.»”.

Dunque, in relazione al delitto di riciclaggio, possono registrarsi le seguenti modificazioni:

a) è adesso configurabile questo illecito penale anche se il denaro, i beni o le altre utilità, oggetto di questa condotta delittuosa, provengano da un delitto colposo;

b) è ora contemplata una pena più lieve, ossia la pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500, in luogo della pena prevista dal comma primo dell’art. 648-bis cod. pen., consistente nella pena della reclusione da quattro a dodici anni e della multa da 5.000 euro a 25.000 euro, quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

Le modifiche apportate all’art. 648-ter cod. pen.

L’art. 1, co. 1, lettera e), d.lgs. n. 195/2021 ha modificato l’art. 648-ter del cod. pen. in questi termini: “all’articolo 648-ter:

1) dopo il primo comma, è aggiunto il seguente: «La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.»;
2) al terzo comma, la parola «secondo» è sostituita dalla seguente: «quarto”.

Da ciò deriva che tale norma incriminatrice prevede ora, come già stato fatto per l’art. 648-bis, una pena più lieve quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi mentre la sostituzione della parola “quarto”, in luogo di “secondo”, in seno al comma terzo, è stata fatta per una mera esigenza di coordinamento stante le modifiche apportate all’art. 648 del cod. pen. (e già esaminate in precedenza).

Le modifiche apportate all’art. 648-ter.1 cod. pen.

L’art. 1, co. 1, lettera e), d.lgs. n. 195/2021 ha modificato l’art. 648-ter.1 del cod. pen., essendo ivi enunciato quanto segue: “all’articolo 648-ter.1:
1) al primo comma sono soppresse le parole «non colposo»;
2) dopo il primo comma, è aggiunto il seguente: «La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.»;
3) il secondo comma è sostituito dal seguente: «La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.»;
4) al terzo comma, le parole «7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni» sono sostituite dalle seguenti: «416-bis.1»”.

Dunque, per effetto di questo precetto giuridico, in materia di autoriciclaggio, sono rinvenibili le seguenti novità normative:

I) è configurabile tale illecito penale anche se il denaro, i beni o le altre utilità, oggetto di questa condotta illecita, provengano da un delitto colposo;

II) è adesso sancita una pena più mite (pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500) quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l’arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi;

III) se prima era disposto che si applicava la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provenivano dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni, è adesso sancito che la pena è diminuita (e quindi sino ad un terzo) se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto, pure colposo, per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

L’ultima modifica prevista, ossia la sostituzione delle parole «7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni» con «416-bis.1» è stata prevista per una esigenza di mero coordinamento trovando la sua ragione del fatto che la norma da ultimo citata ha riprodotto sostanzialmente il contenuto di quanto era preveduto in questo articolo del decreto legge n. 152/1991 che è stato abrogato per effetto dell’art. 7 del d.lgs., 1 marzo 2018, n. 21.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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